28 Febbraio 1978: l’assassinio di Roberto Scialabba. Non dimentichiamo, non perdoniamo

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Il 28 febbraio 1978 i fascisti dei NAR assassinano Roberto Scialabba, militante comunista.

Un mese e mezzo dopo la strage di Acca Larentia un gruppo di neofascisti si presenta a Cinecittà alla caccia dei compagni.

Sono i fratelli Fioravanti, Anselmi, Alibrandi, Pedretti, Rodolfo, Bianco e Cordaro. Si incontrano al bar del Fungo, quartiere Eur, noto ritrovo dei fascisti. È anche la notte in cui ricorre l’anniversario della morte di Mikis Mantakas, avvenuta il 28 febbraio del 1975. Il gruppo dei NAR si è procurato nuove armi nel pomeriggio ed è determinato a vendicare i quattro morti neofascisti con un’unica azione esemplare: colpire le case occupate di Via Calpurnio Fiamma dove, secondo quanto riferito a Valerio Fioravanti da Dario Pedretti, sono partiti gli autori della strage di Acca Larentia1.

“Uscito dal carcere, Dario Pedretti mi dice: «Dentro mi hanno dato una dritta. Dicono che a sparare ad Acca Larenzia sono stati i compagni del centro sociale di via Calpurnio Fiamma»2.

 

L’occupazione di Via Calpurnio Fiamma era già stata sede di un attentato il 27 gennaio, venti giorni dopo la strage di Acca Larentia, quando un ordigno esplosivo ne aveva distrutto il portone.
Quando il gruppo dei NAR arriva in Via Calpurnio Fiamma scopre che l’occupazione era stata già da qualche mese sgomberata e sigillata dalla Polizia. Per questo decide di ripiegare su Piazza Don Bosco, notoriamente frequentata da militanti e simpatizzanti di sinistra. Qui si ferma perché vede un gruppo di ragazzi «vestiti da compagni», così parcheggiano l’Anglia Ford della madre dei fratelli Fioravanti e la 127 di colore bianco di Rodolfo, lontano dalla piazza, mentre la Fiat 132 di Cordaro viene parcheggiata nei giardinetti adiacenti alla piazza con la targa coperta. Cristiano Fioravanti spara alcuni colpi contro Nicola Scialabba, ferendolo gravemente, mentre Valerio Fioravanti spara contro Roberto Scialabba, ferendolo e atterrandolo, e poi si siede a cavalcioni sopra di lui e gli spara il colpo mortale in testa.
Anche nelle parole scritte dal missino Nicola Rao trasuda la vigliaccheria e l’infamia di questo omicidio:

 

“Verso le 21.30 un convoglio di tre macchine lascia il Fungo: direzione sud-est. Le auto sono la solita Ford Anglia di proprietà della madre dei Fioravanti, la 127 bianca di Massimo Rodolfo e la Fiat 132 color oro che Paolo Cordaro ha preso al padre, a sua insaputa. Arrivati davanti al centro occupato di via Calpurnio Fiamma, i giustizieri neri scoprono che la polizia l’ha sgomberato. Ma ormai la macchina della vendetta è partita e non si può fermare. Così, cominciano a girare per le vie del quartiere e arrivano a piazza Don Bosco. Al centro dello spiazzo ci sono cinque o sei ragazzi con un look inequivocabilmente da “zecche”. Valerio dice: «Vendichiamoci su di loro». L’Anglia e la 127 vengono parcheggiate a un chilometro di distanza, con Cordaro, Pedretti e Rodolfo di guardia, mentre Valerio, Cristiano, Anselmi e Alibrandi salgono tutti sulla 132 guidata da Bianco. Arrivati nei pressi della piazza, Bianco e Alibrandi aspettano in macchina, i fratelli Fioravanti e Anselmi scendono, corrono incontro ai compagni e comincia il tiro al piccione. Anselmi ferisce Roberto Scialabba, contro il quale spara due colpi anche Valerio. Il compagno cade a terra, Valerio lo tiene fermo con un piede e lo finisce, mentre Cristiano colpisce due volte un altro compagno: Nicola Scialabba, fratello di Roberto. Sono le 23.15 del 28 Febbraio 1978. Poco dopo le solite telefonate di rivendicazione ai giornali. Compare per la prima volta una nuova sigla. Dice un fascista al centralino:

 

Onore ai camerati assassinati. Vendicheremo i camerati assassinati in via Acca Larenzia. Sangue chiama sangue… Nuclei Armati Rivoluzionari3.

 

In realtà la prima telefonata di rivendicazione all’Ansa, dagli atti giudiziari risulta essere, a nome della Gioventù nazional-rivoluzionaria e non NAR .

 

Francesco Bianco, fascista dei Nar, recentemente venuto alla ribalta per la squallida vicenda delle assunzioni farsa all’Atac e per gli insulti agli studenti del movimento dell’Onda e alla comunità ebraica, dichiarò a Rao che:

 

“Io guidavo una delle auto. Valerio ci portò in via Calpurnio Fiamma. Era una casa occupata, ma quando arrivammo era vuota, i compagni l’avevano abbandonata. Allora cominciammo a girare per il quartiere. La macchina era di uno che stava con noi e l’aveva presa al padre a sua insaputa. Così cercai di coprire la targa con un foglio di giornale. Ma in realtà ‘sto foglio svolazzava, quindi i numeri si leggevano bene. Per fortuna era buio. Parcheggiai a un centinaio di metri da un gruppo di ragazzi, seduti su una panchina. Gli altri sono scesi, si sono avvicinati e hanno cominciato a sparare. Mi ricordo che a Franco si inceppò una pistola, così tornò di corsa alla macchina, io gli diedi la mia, lui tornò là e riprese a sparare…”4.

 

Inizialmente la Polizia segue incredibilmente la pista della droga, così come farà anche per la vicenda di Fausto e Iaio, e le indagini restano ferme a questa ipotesi per anni, nonostante il fratello e i compagni di Roberto Scialabba avessero da subito indicato nei fascisti la matrice assassina. Nonostante Lotta Continua fin da subito inizierà a pubblicare articoli e lettere in cui si evidenzia chiaramente la matrice fascista.

 

La verità verrà fuori solo in seguito alla confessione di Cristiano Fioravanti al Giudice Istruttore del 12 marzo 1982, confermata dalle dichiarazioni dei suoi camerati dei NAR, Walter Sordi e Stefano Soderini, ma anche da quelle dello stesso Valerio Fioravanti, in seguito alla chiamata in correo dei suoi complici.

 

A seguito delle dichiarazioni degli ex-NAR, perfino la Corte d’Assise riconoscerà che è stata seguita per anni una pista completamente sbagliata:
“La Polizia brancolava nel buio perché riteneva che a commettere il delitto fossero stati alcuni drogati. Avevano visto giusto, invece, i comunisti del quartiere, insistendo sulla matrice fascista del crimine”5.
La fuorviante pista della droga viene seguita dagli inquirenti nonostante l’assassinio fosse stato rivendicato dalla sigla Gioventù Nazional Rivoluzionaria all’ANSA e a diverse redazioni di quotidiani.

 

Perché la Polizia non indagò subito verso la pista neofascista?

 

Perché l’omicidio non fu rivendicato dalla sigla NAR ma da altre, sigle per così dire semisconosciute?

 

Quello che si può dire, in merito a quest’ultimo interrogativo, è che l’uso di sigle diverse è una pratica che i NAR hanno adottato per diversi omicidi al fine di depistare le indagini.

 

Un caso esemplare è quello dell’omicidio dell’agente di Polizia Maurizio Arnesano, avvenuto nel 1980 per mano di Valerio Fioravanti e Giorgio Vale. L’omicidio fu due volte rivendicato a
nome di Prima Linea, un espediente che, a detta dello stesso Valerio Fioravanti, serviva a confondere gli inquirenti e ad alimentare l’odio contro le organizzazioni armate di sinistra6.

 

Avvenne anche per l’omicidio di Valerio Verbano, la cui prima rivendicazione, a nome del Gruppo Proletario Organizzato Armato, accusava Valerio di essere un delatore al fine di depistare le indagini7.

 

 

Lotta continua del 3 marzo del 1978 riporta le parole dei compagni di Cinecittà:

 

“Roberto era uno dei tanti giovani proletari che vivono nel quartiere ghetto di Cinecittà. Ultimamente non era mai mancato a tutte le manifestazioni indette dal movimento, per i compagni uccisi e contro il confino. Frequentava non assiduamente piazza Don Bosco. Dove si recava per salutare gli amici e farsi uno spinello in compagnia. Il suo passato è quello di molti giovani proletari, con tutte le sue contraddizioni. Come tanti anche lui era stato imprigionato nelle carceri di Stato per furto, uscito dal carcere si è ritrovato assieme ai compagni della sezione di Lotta continua, vivendone tutte le crisi e le gioie sino al suo scioglimento. Rimasto nel movimento aveva partecipato all’occupazione dello stabile di via Calpurnio Fiamma. Roberto era un compagno che lottava, come tutti noi, contro l’emarginazione che Stato e polizia gli imponevano. E’ caduto da partigiano sotto il fuoco fascista e non permettiamo a nessuno di infangare il nome, la vita, la militanza di Roberto con accuse infamanti che tendono a criminalizzare la lotta di classe”8

 

 

 

Venerdi 28 Febbraio bandiere rosse al vento, uccidono un compagno ne nascono altri cento!

 

 

Roberto Scialabba: ucciso dai fascisti, dal 1978 non dimentichiamo e non perdoniamo.

VENERDI’ 28 FEBBRAIO 2014

ORE 15.00 La memoria non si cancella, un murales per Roberto (via Calpurnio Fiamma 136)

ORE 16.30 CORTEO DI QUARTIERE (partenza da via Calpurnio Fiamma 136)

ORE 17.00 Un fiore per Roberto (P.zza Don Bosco)

 

 

1Cfr, Marco Capoccetti Boccia, Valerio Verbano una ferita ancora aperta, Castelvecchi, Roma, 2011, pag. 100

 

2Cfr. Nicola Rao, Il Piombo e la celtica, Sperling e Kupfer, Milano, 2009, pag. 160

 

3Cfr. Nicola Rao, Il Piombo e la celtica, Sperling e Kupfer, Milano, 2009, pag. 161

 

4Cfr. Nicola Rao, Il Piombo e la celtica, Sperling e Kupfer, Milano, 2009, pag. 162

 

5Archivio del Giudice Istruttore, Tribunale di Roma, fasc. 589/80A , Proc. Pen. n. 4/83 contro Fioravanti Valerio e Cristiano, Pedretti, Rodolfo, p. 22.

 

6Cfr. Nicola Rao, Il Piombo e la celtica, Sperling e Kupfer, Milano, 2009, pp. 253-255

 

7Cfr. Marco Capoccetti Boccia, Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta, Castelvecchi, Roma, 2011, pp. 234-235

 

8Lotta continua, L’assassinio di Roberto è un delitto politico, 3 marzo 1978

28 Febbraio 1978: l’assassinio di Roberto Scialabba. Non dimentichiamo, non perdoniamo