Dal carcere di Lucca (1978)

Anni_di_piombo3

Sandro Meloni

A-rivista anarchica, marzo 1978

Mi chiamo Sandro Meloni ed abitavo a Pero (Milano). Sono un compagno “imputato di appartenenza all’organizzazione eversiva Azione Rivoluzionaria”. Dal 20 ottobre 1977, giorno del mio arresto, sono stato trasferito in sei carceri, nel penultimo dei quali (Fossombrone), ho conosciuto Oliva e Malagoli, che sono in corrispondenza con voi. Vincenzo Oliva mi ha fatto leggere la vostra ultima lettera in cui chiede la collaborazione dei detenuti per la realizzazione di un servizio sulle carceri. Vi invio, quindi, queste mie riflessioni.

In carcere si distinguono due tipi di prigionieri: i comuni e i politici. I prigionieri comuni sono quelli che hanno fatto quei reati che ormai non sono più molto temuti dai padroni, essendo questi riusciti a contenerli entro un certo limite di sicurezza, assoldando un fedele esercito di mercenari (carabinieri, poliziotti, guardie carcerarie). I reati comuni oggi sono addirittura voluti dai padroni, perché con la scusa dell’ordine pubblico possono incutere terrore fra gli sfruttati. I prigionieri comuni non sono né rivoluzionari né controrivoluzionari. Sono semplicemente dei – chiamiamoli così – semirivoluzionari, in quanto rifiutano la logica dello sfruttamento e lottano violentemente contro il padronato per la riappropriazione dei beni sociali; però, non avendo coscienza di classe, non mirano alla distruzione totale dello stato di cose attuale. Per diventare dei rivoluzionari completi devono innanzitutto liberarsi dalla mentalità borghese che i padroni hanno loro inculcato e acquistare contemporaneamente coscienza politica di classe. In Italia questo fenomeno si è verificato in larga scala dal ’68 in poi. In quel periodo infatti, in seguito alle rivolte nelle fabbriche e nelle scuole, grandi masse di politici furono mandati ad incrementare la popolazione carceraria. Accortisi del pericolo che comportava questo contatto fra prigionieri comuni e politici, i padroni si mossero per porvi rimedio. È su questo principio che sono state costruite le “carceri speciali” (lager). Sono stati stanziati 400 miliardi per la costruzione di questi lager e per rendere più sicure le altre prigioni. In tutte le carceri si è ristretto il contatto fra i prigionieri, non solo fra politici e comuni, ma anche fra comuni e comuni (evidentemente non più tanto “comuni”). I lager per il momento in Italia sono 10: Asinara, Favignana, Pianosa, Fossombrone, Novara, Trani, Termini Imerese, Cuneo, Nuoro, Messina (femminile). Queste carceri sono del tipo di quelle tedesche. I prigionieri vivono in completo isolamento per 21-22 ore al giorno, l’aria è di 2-3 ore al giorno ed è divisa in turni di 20-30 prigionieri per volta, i colloqui si fanno con la separazione del vetro antiproiettile e parlando al citofono, le guardie non possono parlare coi prigionieri. All’Asinara una guardia che lo aveva fatto, è stata pestata dai suoi stessi camerati. Le perquisizioni sono continue, i libri e le riviste sono censurati, i piatti e le posate sono in plastica. A Fossombrone dove sono prigioniero io, sussistono queste condizioni, ma non è che uno dei meno peggio dei lager di Stato. I peggiori sono Novara e l’Asinara. A Novara i prigionieri vengono continuamente provocati e pestati, senza neanche quei motivi che servono a giustificare tali azioni davanti alle leggi borghesi. L’Asinara non ha niente da invidiare a Stammheim. I prigionieri “godono” di un’ora e mezza d’aria. I prigionieri se sono da soli non hanno contatti con nessuno, se sono in compagnia hanno contatti soltanto con i compagni di cella (anche all’aria). Le guardie depredano i pacchi dei detenuti senza che questi possano reagire (pena i pestaggi), li minacciano in continuazione e gli rendono la vita la più penosa possibile (sbattono le porte e i cancelli della cella con forza, suonano le sbarre impiegando un tempo eccessivamente lungo, accendono e spengono la luce quando vogliono, lasciano i detenuti alla fame, ecc. ecc.). In Italia come abbiamo visto ci sono 3 tipi differenti di prigioni: le prigioni “normali”, i lager e i lager a repressione maggiore (punta di diamante della prigionia lagerizzata). I ladri in generale servono per terrorizzare i prigionieri delle carceri “normali” e farli desistere da qualsiasi forma di lotta e rivendicazione, pena la traduzione in essi. Le punte di diamante dei lager servono invece per terrorizzare i prigionieri dei lager meno peggio, per farli desistere da qualsiasi ribellione. In tali condizioni i prigionieri vengono distrutti sia fisicamente che psicologicamente. Non è raro che molti compagni un tempo molto calmi, si lascino andare a scatti di nervosismo per delle banalità. Ormai è chiaro che in queste condizioni non si può sconfiggere i propositi omicidi dei padroni con delle semplici rivolte e i miti appoggi dei compagni esterni. Ci deve essere una maggiore unità politica e di lotta fra i compagni esterni e interni al carcere. L’istituzione carceraria e tutte le istituzioni repressive si distruggono, non si riformano. Contro il capitale lotta radicale.

Saluti libertari