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Virginia Bolten

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 Virginia Bolten, una luchadora por los derechos laborales femeninos a fines del siglo XIX, se atrevió a arengar a los obreros el 1 de mayo de 1890 en Rosario, cuando se celebró por primera vez el Día del Trabajador, y también fundar un periódico, cuyo slogan fue: “Ni Dios, ni patrón, ni marido”, en tiempos en que las mujeres no tenían ni voz ni voto.
La dimensión que alcanzó su tarea reivindicadora fue llevada al cine con un guión basado en la investigación de dos rosarinas, Nora Alicia Usenky y Mariana Fontana.
La palabra, la personalidad y la lucha de esta mujer que fundó el primer periódico de América Latina que reflejó las ideas anarquistas y feministas son retratadas en “Ni Dios, ni patrón”, que se exhibió en el festival de cine Pantalla Pinamar.
“Virginia era hija de un alemán que se había instalado en San Luis. Después sus padres se separaron y vino a Rosario. Trabajó en la Refinería Argentina de Azúcar, en ese momento la empresa más grande del rubro en Sudamérica, donde observaba las pésimas condiciones laborales de las mujeres”, contó a Télam Usenky.
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Natale

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Kordian (Giuseppe Ciancabilla)
È Natale. C’è nell’aria frizzante della via la voluttà del tiepido raccoglimento accanto al fuoco, in casa, dopo i pasti famigliari, nell’ora beata della digestione.
C’è nello sfarzo dei magazzini insolitamente ricolmi di merci e di cibarie, tutta una sfumatura di note vivaci che inneggiano alla vita, all’abbondanza, al piacere.
E c’è una grande maggioranza di persone – uomini e donne, vecchi e giovani, bambini e adulti – che muoiono o vanno lentamente morendo, per mancanza di tutto, di casa, di cibi, di vesti, di gioie.
Così, mentre le cose, la grande maggioranza delle cose, si sciupano nell’inutilità di servire agli uomini, si sciupano marcite, logorate, putrefatte, vi sono degli esseri che muoiono per la mancanza delle cose – o, meglio, non per la mancanza delle cose, ma perché vi sono altri uomini socialmente più forti, i quali impediscono loro di servirsene, ingiustamente.
Questa ingiustizia è così facile a comprendersi, e pure quei che ne soffrono non sanno, non vogliono capirlo. Solo il giorno in cui la verità avrà fatto la luce nelle loro anime, il Natale dell’umanità sarà per tutti tiepido, abbondante, felice.
(La Protesta Umana, anno II, n. 38 del 26/12/1903)

Natale

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È Natale. C’è nell’aria frizzante della via la voluttà del tiepido raccoglimento accanto al fuoco, in casa, dopo i pasti famigliari, nell’ora beata della digestione.
C’è nello sfarzo dei magazzini insolitamente ricolmi di merci e di cibarie, tutta una sfumatura di note vivaci che inneggiano alla vita, all’abbondanza, al piacere.
E c’è una grande maggioranza di persone – uomini e donne, vecchi e giovani, bambini e adulti – che muoiono o vanno lentamente morendo, per mancanza di tutto, di casa, di cibi, di vesti, di gioie.
Così, mentre le cose, la grande maggioranza delle cose, si sciupano nell’inutilità di servire agli uomini, si sciupano marcite, logorate, putrefatte, vi sono degli esseri che muoiono per la mancanza delle cose – o, meglio, non per la mancanza delle cose, ma perché vi sono altri uomini socialmente più forti, i quali impediscono loro di servirsene, ingiustamente.
Questa ingiustizia è così facile a comprendersi, e pure quei che ne soffrono non sanno, non vogliono capirlo. Solo il giorno in cui la verità avrà fatto la luce nelle loro anime, il Natale dell’umanità sarà per tutti tiepido, abbondante, felice.
Kordian (Giuseppe Ciancabilla)
(La Protesta Umana, anno II, n. 38 del 26/12/1903)

Natale

Kordian (Giuseppe Ciancabilla)
È Natale. C’è nell’aria frizzante della via la voluttà del tiepido raccoglimento accanto al fuoco, in casa, dopo i pasti famigliari, nell’ora beata della digestione.
C’è nello sfarzo dei magazzini insolitamente ricolmi di merci e di cibarie, tutta una sfumatura di note vivaci che inneggiano alla vita, all’abbondanza, al piacere.
E c’è una grande maggioranza di persone – uomini e donne, vecchi e giovani, bambini e adulti – che muoiono o vanno lentamente morendo, per mancanza di tutto, di casa, di cibi, di vesti, di gioie.
Così, mentre le cose, la grande maggioranza delle cose, si sciupano nell’inutilità di servire agli uomini, si sciupano marcite, logorate, putrefatte, vi sono degli esseri che muoiono per la mancanza delle cose – o, meglio, non per la mancanza delle cose, ma perché vi sono altri uomini socialmente più forti, i quali impediscono loro di servirsene, ingiustamente.
Questa ingiustizia è così facile a comprendersi, e pure quei che ne soffrono non sanno, non vogliono capirlo. Solo il giorno in cui la verità avrà fatto la luce nelle loro anime, il Natale dell’umanità sarà per tutti tiepido, abbondante, felice.
(La Protesta Umana, anno II, n. 38 del 26/12/1903)

Ciancabilla, Contre l’organisation

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« Il n’est pas vrai que nous sommes des individualistes, si on essaye de définir ce mot en termes d’isolation et de séparation des éléments, évitant toute association dans la communauté sociale et supposant que l’individu puisse se suffire à lui-même. Nous soutenons le développement des initiatives individuelles. Quel anarchiste ne voudrait pas se rendre coupable de cet individualisme ? Si l’anarchiste est celui qui aspire à l’émancipation de toute forme d’autorité morale et matérielle, comment ne pourrait-il pas reconnaître que l’affirmation de son individualité, libre de toutes obligations et de l’influence autoritaire externe, est tout à fait bienveillante ? Car elle est la plus certaine des indications d’une conscience anarchiste. »

Contre l’organisation, La Protesta umana, 1903.

Brochure téléchargeable sur Infokiosques.net

Contre l’organisation

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Il n’est pas vrai que nous sommes des individualistes, si on essaye de définir ce mot en termes d’isolation et de séparation des éléments, évitant toute association dans la communauté sociale et supposant que l’individu puisse se suffire à lui-même. Nous soutenons le développement des initiatives individuelles. Quel anarchiste ne voudrait pas se rendre coupable de cet individualisme ? Si l’anarchiste est celui qui aspire à l’émancipation de toute forme d’autorité morale et matérielle, comment ne pourrait-il pas reconnaître que l’affirmation de son individualité, libre de toutes obligations et de l’influence autoritaire externe, est tout à fait bienveillante ? Car elle est la plus certaine des indications d’une conscience anarchiste.
Contre l’organisation, La Protesta umana, 1903.
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