Lettera di Jeff Luers

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tratto da veganlink.antifa.net
11 agosto 2007

Pubblichiamo l’ultimo dispaccio dal carcere di Free, con un doveroso commento che spinga alla riflessione.

Ad un certo punto della traduzione di questa lettera di Jeff Free Luers c’e’ sorta prepotente l’idea di lasciare l’impresa incompiuta, di rinunciare alla diffusione di questo scritto tanto e’ pieno di disfattismo e tanti sono i dubbi ed i cattivi pensieri che puo’ far nascere. Ma alla fine e’ prevalsa una volonta’ diversa, sforzandosi di non pensar male ed al tempo stesso traendone spunto per qualche parola di segno opposto; che vada cioe’ verso la promozione della lotta.
Una lotta necessaria e possibile in ogni situazione.
Jeff Luers fu arrestato nel giugno 2000 con l’accusa di aver incendiato tre SUV in una concessionaria. Il giudice dimostro’ tutta l’umanita’ della categoria di gente a cui appartiene, condannandolo a 22 anni. Da allora Jeff e’ stato sempre generoso di scritti dal carcere, interventi di tutto un altro tenore rispetto a quest’ultimo.
Adesso una nuova prospettiva, grazie ad una prossima revisione della sentenza, con la possibilita’ per lui di uscire presto. Cosa della quale siamo estremamente felici, ma ci dispiace vedere come le sue convinzioni siano cosi’ drasticamente cambiate.
Ma non e’ questo il punto.
Chiunque e’ liberissimo di cambiare idea in qualsiasi momento, cio’ che e ‘negativo e’ che nel fare cio’ Jeff danneggia il movimento; cio’ che ci ha disturbato non sono le considerazioni che egli fa riguardo a se stesso ed ai suo progetti per il fututo, ma il tentativo di voler far passare queste sue scelte come una conseguenza di una “sconfitta” del movimento, sconfitta che esiste sono nella sua testa.
Perche’ voler giudicare un movimento dalle ultime vicende repressive nell’Ovest degli USA?
Perche’ vedere solo le sconcertanti vicende dell’Operazione Backfire?
Le conseguenze di questa operazione possono essere state traumatiche quanto si vuole ed ormai e’ chiaro che qualcosa da quelle parti non funziona essendosi perso il conto degli infami gia’ da qualche anno.
Ma che razza di movimento ha in mente Jeff?
Un movimento confinato a poche persone in una porzione degli USA?
Quella e’ solo una parte minima di cio’ di cui ci sentiamo parte Noi.
Non doveva coinvolgere nella propria resa anche altri decretando cosi’ in due righe la sconfitta di un movimento, in un momento oltretutto difficile, aggiungendo sconforto a sconforto in coloro che gia’ possono essere “debilitati” dagli sviluppi della repressione, dalla morte di Bill Rogers..ecc.
Nessuno puo’ dare un giudizio cosi’ negativo e definitivo, semplicemente perche’ nessuno ha le conoscenze e la quantita’ di dati necessari, tanto e’ sconfitto questo movimento!!
In realta’ esso e’ giovane ed ancora ha da dare il meglio e da subire di conseguenza repressioni e sconfitte ben piu’ pesanti di quelle testimoniate fino ad ora.
E’ superfluo doverlo affermare, ma Jeff sembra dimenticarsi ADESSO di tante cose che controbilanciano di granlunga la collaborazione con l’FBI di una mezza dozzina di persone.
Si dimentica che ogni giorno, ogni ora che passa, gente combatte in tutto il mondo per difendere la propria autonomia, la Natura e gli animali, la possibilita’ di poter vivere liberi fuori dal giogo dello Stato e del capitale.
Si dimentica delle centinaia di migliaia di contadini indiani e brasiliani che stanno frenando con successo le manovre dei giganti del biotech, cosa nella quale sono affiancati egregiamento dai manipoli di sabotatori in Francia, Gran Bretagna, Germania ed altrove..
Si dimentica, o forse non sa’, dei molti ecologisti uccisi in Centro America da sicari del potere e dei molti altri che si ritrovano dietro le sbarre e di cui raramente si arriva a sapere il nome, QUASSU’.
E di quei novelli pirati, neri, arrmati e muscolosi che danno filo da torcere alle multinazionali del petrolio in Nigeria.
E del popolo Mapuche in lotta contro le multinazionali predatrici.
E dei liberatori di animali che niente e nessuno riesce a fermare e che stanno apparendo sempre in nuovi posti come la Russia ed il Sud America.
E di quei milioni di persone di tanti continenti e comunita’ diverse che lottano, con piu’ o meno violenza secondo i casi, contro strade, dighe, discariche, fabbriche, miniere, disboscamenti, linee ferroviarie, ecc.
Ovunque, cosi’ tanti da essere troppi per poterne avere anche solo un’idea.
Jeff, infine, si dimentica anche di noi, che, fra tutte le altre cose, abbiamo sempre fatto del nostro meglio affinche’ anche da queste parti si sapesse chi era Jeff Luers, e per quale lotta stesse pagando un prezzo cosi’ alto. Segno della paura di un sistema mostruoso che per quanto potente sia se la deve vedere con un’altra potenza.
E’ di questa potenza (per quanto di colpi duri ne abbiamo subiti anche noi!) che ci sentiamo ancora parte.
E se ti sei stancato delle danze, Jeff, va anche bene ma non venirci a dire che c’e’ silenzio perche’ noi la musica continuiamo a sentirla bene.

Veganlink antifa staff – Individualita’ ribelli

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28 Giugno 2007
Messaggio di Jeff Luers dal carcere

Nel corso degli anni queste lettere sono diventate una specie di diario per me.
Hanno scandito la mia vita dietro le sbarre diventando certe volte un’oasi di rifugio o anche solo qualcosa dove mettere le mie speranze.
Quando fui arrestato nel 2000 ero rassegnato alla galera. In effetti al momento che decisi di passare alle vie di fatto sapevo che c’era la possibilita’ di finire al fresco una volta o l’altra. Essere un guerriero significa anche accettare le conseguenze delle tue azioni ben prima di cominciare ad agire.
Tuttavia nei primi anni di lotta mantenevo la speranza di potermela cavare con poco; questa speranza fu schiacciata il giorno della condanna.
Quella sera, nella solitudine della doccia piansi, quando uscii ero a posto. Quei brevi momenti sono tutto quanto ho concesso a me stesso di soffrire per la perdita della mia liberta’.
Dal giorno della sentenza ho accettato l’idea di aver da passare due decenni in una prigione di massima sicurezza. E stata dura, ho dovuto salutare molte persone che amavo, e’ una cosa rovinosa per le relazioni, non ho mai perso tanti affetti come nei primi tre anni di detenzione.
In ogni caso rimasi determinato a proseguire il mio cammino come un guerriero e non come un detenuto. Non ho mai chinato la testa ne’ ho smesso di contribuire alla lotta per cui avevo dato la mia liberta’.
Ci sono stati dei momenti in vui ero arrabbiato con il movimento per la sua mancanza di azione e di risultati. Altre volte ero invece esaltato e commosso oltre ogni immaginazione. Comunque mi sentissi mi sono sempre considerato parte di questa lotta, del movimento e dei suoi sostenitori. Questo mio coinvolgimento e’ stato accolto con una instancabile campagna di supporto a livello internazionale. Per questo la mia gratitudine sara’ eterna.

Il 13 giugno la Corte d’Appello dell’Oregon ha deciso di riconsiderare i termini della mia condanna. Certo, rimane un mistero quale sara’ la nuova pena, ma per la prima volta in sette anni mi sento quasi con un piede fuori, non guardo piu’ al 2021 come alla data del mio rilascio.
Ho dato la mia intera vita di adulto alla lotta.
Non ho mai conosciuto un altro modo di vivere.
Lasciai la scuola per dedicare 40 ore settimanali al lavoro per il Sierra Club, mollai questa associazione per dedicarmi ad un attivismo autorganizzato. Mi ritrovai ad Eugene, Oregon, sapendo di seguire la strada che mi avrebbe portato al mio destino. Mi dedicai ad un attivismo piu’ militante, vivendo su un albero per proteggere una zona di antica foresta, e fu su quell’albero che decisi di dedicare la mia vita alla rivoluzione.
Adesso non piu’.
Ho vissuto una vita affascinante, conosciuto e collaborato con alcune delle persone piu’ grandi e carismatiche di questo paese. Non mi pento di nessuna delle scelte fatte. Ma e’ giunto il momento per me di dirigere le energie verso me stesso. Non ho idea di cosa faro’ quando saro’ fuori. Per certi versi uscire fa piu’ paura della vita in gabbia. Ho conosciuto solo due modi di vivere: la lotta e la prigionia.
Adesso non so’ che ruolo vorro’ continuare a svolgere nel movimento.
Sono consapevole di quanto sia diventata importante la mia voce in questi anni. Spero di trovare un compromesso tra la voglia di vivere una vita gioiosa ed il continuare ad essere promotore del cambiamento. Ma sono stanco di vivere una lotta continua.
Non voglio piu’ combattere.
In un certo senso, credo che abbiamo vinto molte battaglie solo per perdere infine la guerra. Vedo un movimento che continua a sbattere la testa contro un muro invece di trovare una via al di sopra di esso.
C’e’ stato un momento in cui ero pronto a perdere la vita per questa lotta, reclamando un riconoscimento ufficiale del mio status di prigioniero politico. Dopo numerosi scambi di idee con il collettivo di solidarieta’, avevo iniziat a gettare le fondamenta di uno sciopero della fame. C’era gia’ una data fissata ed avevo cominciato a comunicare la cosa a coloro che mi erano oiu’ vicino.
Dopo poco cominciarono gli arresti di massa dell’Operazione Backfire. Un traditore ha quasi distrutto un movimento senza alcuna reazione, senza una risposta. Se un tale atto di codardia non smuove una qualsiasi reazione, cosa poteva fare il mio sacrificio? Abbandonai l’idea dello sciopero della fame.
Dopo che piu’ della meta’ degli imputati dell’Operazione Backfire ha preso a collaborare con lo stato ho anche cominciato a rivalutare la mia vicinanza a questo movimento radicale.
Mi sono accorto che nonostante la retorica diffusa dalle molte pubblicazioni ed i duri proclami degli attivisti stessi, questa lotta per proteggere il nostro pianeta, le specie, gli ecosistemi e noi stessi dal capitalismo, e’ in fondo una questione simbolica e frutto del privilegio.
Con questo non condanno nessuno, prendo coscienza di un dato di fatto.
Come movimento radicale abbiamo fallito. Non c’e’ vergogna ad ammetterlo, semmai a negarlo. Quello che e’ peggio e’ che come societa’ intera abbiamo fallito. Delusione per noi e per le generazioni future. Siamo intrappolati in un processo di mutamenti climatici che portera’ all’estinzione di un terzo delle specie. Questo dato, insieme con altre conseguenze pessime, si aggrava ogni giorno che passa senza che si intervenga.
Il futuro mi spaventa.
Credo che un cambiamento immediato e profondo sia la nostra migliore speranza. Ma non credo che saranno prese delle misure contro questo disastro. L’unica soluzione realistica nella quale riporre delle speranze e’ qualche riforma.
Negli ultimi sette anni ho tenuto saldi i miei principi e non ho mai rinnegato le mie scelte di azione militante.
La verita’ e’ che noi abbiamo ragione, che si combatta o no.
Ma e’ solo questo.
Non voglio piu’ starmene da solo a difendere dei principi, non voglio continuare a subire le conseguenze di quelle azioni.
Noi abbiamo provato a correggere i guasti delle generazioni passate. Ci siamo sforzati per creare una nuova direzione. E’ troppo tardi per fermare il cambiamento climatico ed i suoi effetti a livello planetario. Ma non e’ troppo tardi per mitigare i danni e cercare soluzioni.
Voglio imparare come rendere sostenibili le nostre comunita’ ed imparare come sopravvivere e far fronte ai cambiamenti che verranno.
Voglio trasnettere queste conoscenze ai figli ed ai nipoti di questa generazione e scusarmi con loro per il nostro fallimento nel capire quello che succedeva e nel trovare dei rimedi.
Questa lotta e’ parte di me, ma vedo ormai me stesso non come uno impegnato a combattere ma piuttosto a sanare.
Non solo me stesso ma anche le relazioni con chi mi e’ vicino e chi amo, nel tentativo di scoprire modi per rimediare a qualcuna delle ferite di questo pianeta.
Sono sicuro che in futuro, quando i disastri ambientali saranno peggiori ed avranno un evidente impatto sociale ed economico, vedremo ancora fiammate di opposizione e resistenza.
Saro’ solidale con questi nuovi ribelli perche’ comprendo l’amore nei loro cuori che li obbliga ad agire.
Verra’ il momento che avremo una possibilita’ concreta.
Mi domando: riconosceremo quella opportunita’ o resteremo prigionieri di un ciclo continuo di lotte simboliche ogni decennio?
La risposta e’ nelle vostre mani e nelle scelte che fate.

Jeff Luers