Ricordando… Gogliardo Fiaschi

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Il 29 luglio è una data simbolica nel movimento anarchico italiano: quel giorno, nel 1900, venne portata a compimento l’uccisione del re Umberto I a Monza, ad opera di Gaetano Bresci, anarchico di Prato (vicino Firenze) emigrato negli Stati Uniti d’America e tornato per quella circostanza. Il regno non cadde, ma le condizioni sociali migliorarono notevolmente in Italia dopo quel gesto, il movimento operaio poté organizzarsi alla luce del sole per almeno 20 anni, prima che un’altra tirannia – quella capeggiata da Mussolini ma tenuta a balia dalla monarchia e dalla borghesia industriale – imponesse ancora un ventennio di buio.

Nel centenario della giornata di Monza, a Carrara si è spento Gogliardo Fiaschi, al seguito di una malattia che lo minava da anni e che lo aveva costretto negli ultimi 14 mesi in ospedale.

Carrara è conosciuta in tutto il mondo per la lavorazione della pietra che si estrae dalle sue montagne: il marmo, ed anche per essere ritenuta “culla dell’anarchia” in Italia. Qui infatti negli anni ’60 dell’800 si formarono i primi gruppi di lavoratori internazionalisti, temuti dallo Stato al punto che giunse, nel 1894, a dichiarare lo stato d’assedio arrestando migliaia di cittadini e istituendo un Tribunale di Guerra che distribuì quasi 2500 anni di carcere a 454 condannati. A Carrara è nata anche una delle prime Camere del Lavoro, che poterono agire pubblicamente soltanto dopo il 29 luglio 1900, ed il movimento operaio locale è riuscito a conquistare la giornata di lavoro di 6 ore e 50 minuti quasi 90 anni fa per i cavatori. Il periodo fascista è stato particolarmente aspro e la lotta partigiana di Liberazione si è organizzata massicciamente dopo l’8 settembre 1943, giungendo a liberare 2 volte la città dall’invasione tedesca prima dell’arrivo delle truppe Alleate che stazionarono per quasi un anno a pochi chilometri di distanza, mai decidendo l’avanzata fino alla città.

Proprio in questo periodo ha inizio l’impegno anarchico di Gogliardo: ha tredici anni, e per partecipare alla lotta partigiana non esita a falsificare il documento di nascita facendosi risultare più vecchio di un anno. Il mitra che riesce a conquistarsi è grosso quasi come lui e il coraggio e la fiducia in un futuro migliore sono il suo nutrimento in quei momenti. La città è vicina al fronte, in una terra che produce marmo ma ben pochi generi alimentari, del tutto insufficienti a mantenere la popolazione assediata e i rifugiati da zone ancor più esposte. Accompagna più volte come insospettabile scorta armata i cortei di donne che a piedi valicano gli Appennini per recarsi a Parma, Reggio o Modena percorrendo 150 km a piedi pur di tornare con del grano, della farina, dei legumi e talvolta anche con qualche pezzo di maiale, e che sui monti a loro volta rischiano di vedersi portar via tutto da qualcuno altrettanto affamato. Nel ’44 si stabilisce sui monti retrostanti Modena ed è accettato come “mascotte” nella Brigata Costrignano, con la quale farà l’ingresso nella città capoluogo, liberata nell’aprile 1945, come portabandiera.

Torna poi a Carrara e riprende il lavoro alle cave, dove era salito fin da quando aveva 8 anni, come si usava a quel tempo accompagnando il padre e lo zio cavatori. Ben presto fa parte del Circolo anarchico “Pietro Gori” di Canal del Rio, della gioventù libertaria che negli anni seguenti la fine della guerra organizzano feste di sottoscrizione per il movimento e la diffusione della stampa. Negli anni ’50 è fra gli animatori dei campeggi anarchici e del comitato di solidarietà coi profughi spagnoli. Questi dall’esilio in permanenza riorganizzano gruppi di guerriglieri nel tentativo di rientrare in Spagna – che insieme al Portogallo sono rimaste le uniche dittature fasciste in Europa – ed i militanti vorrebbero vederle crollare sotto il peso delle proprie azioni, visto il palese tradimento dei capi di stato vincitori del nazifascismo, che ora non esitano a sostenere Franco e Salazar.

Fiaschi entra perciò a far parte del gruppo di José Luis Facerias, “Alberto” per i compagni italiani. Insieme con un terzo componente, “Mario”, valicano clandestinamente nell’agosto del 1957 i Pirenei, con in spalla ciascuno una bicicletta per passar meglio inosservati una volta giunti in territorio spagnolo. Riescono a raggiungere Barcellona ma il 29 agosto Facerias è ucciso in un’imboscata in città mentre Gogliardo è arrestato nei boschi del Tibidabo legato ad un albero col fil di ferro per una notte in attesa dell’eventuale rientro di Facerias mentre Mario, staccatosi qualche giorno prima dal gruppo, era già detenuto.

Seguono pestaggi, torture ed infine il processo al termine del quale è condannato a 20 anni e 1 giorno pur non avendo commesso alcun reato sul territorio spagnolo, se non l’infrazione alla frontiera, indossare la fondina di una pistola e soprattutto rendere omaggio durante il dibattimento processuale al compagno caduto. Rimane quasi un decennio nelle carceri di quel paese, girandone 40: una media di 3 mesi per carcere!

Negli istituti di pena riesce a sopravvivere grazie a tre principali fattori:

1) Il clima di comunanza e di solidarietà che vi è fra detenuti politici, sempre animati in discussioni sulla società futura, sulla giustizia, sul progresso, sull’esame della storia, che costituiscono un’autentica salvezza per lo spirito: una vera e propria università dei militanti CNT e FAI presenti a migliaia negli istituti di detenzione spagnoli. Nelle riunioni sempre vi era una parte di tempo dedicata alla tematica dei preparativi per la prossima fuga, e da qui si comprende il perché di tutti quei trasferimenti.

2) Una continua ginnastica corporale, che verte a tenere in movimento persino i muscoli più reconditi (roteare gli occhi sotto le palpebre, percorrere con la lingua tutta la struttura dentale e le gengive, far tendere e rilassare la pelle della faccia e della nuca, muovere alternativamente le palpebre e la mandibola e così via, 15 o 20 volte ogni esercizio). Anche negli anni seguenti e fino alla vigilia della morte Gogliardo ha sempre praticato, ogni giorno gli oltre 100 movimenti necessari a conservare agile il fisico, mantenendo un’agilità straordinaria.

3) Un lavoro di precisione e di concentrazione. Gogliardo ha scelto di disegnare piccoli cuori su dei cartoncini formato cartolina, in una disposizione armonica di forme e colori, giungendo a farne entrare 15-20 su ogni pezzo. Ne ha disegnate e dipinte migliaia, spedendole a conoscenti ed amici, che una volta riottenuta la libertà ha provveduto a raccogliere ed ora formano parte di una collezione del tutto singolare che è stata esposta al pubblico finora soltanto due volte: si tratta di quadri mediamente 50×70 cm comprendente ognuno da dieci a venti cartoline – tutte ed ognuna con i cuoricini – per un’estensione di 70 metri.

A metà degli anni ’60 dovrebbe essere scarcerato ma, pur non esistendo alcun trattato di estradizione fra Spagna ed Italia, Fiaschi viene imbarcato sotto falso nome su una nave e consegnato alla polizia italiana. Nel frattempo nei suoi confronti si erano svolti dei processi ai quali non aveva assistito e non avendone avuta notizia non aveva neppure fatto presenziare un proprio difensore. In questi processi, a suo parere del tutto illegalmente era stato condannato per rapina e dunque lo attendevano nel suo paese altri anni di carcere. Un groviglio burocratico impediva che gli venisse restituita la libertà. Nella sua città pochi compagni lo sostenevano: alcuni avevano disapprovato le azioni di autofinanziamento di “Alberto” che avevano finito col mandare in carcere diversi militanti anarchici e dunque si tenevano in disparte, altri avevano fatto circolare la voce che Facerias era stato arrestato per una sua mancanza, e dunque esitavano a mostrargli solidarietà. Lui non era in grado di difendersi da queste calunnie, nella situazione che viveva.

Finalmente l’anarchico di Ragusa Franco Leggio riuscì ad interessare al suo caso un buon avvocato abile nel districarsi fra gli imbrogli della giustizia ed ottenne la scarcerazione il 31 marzo 1974: dopo quasi 17 anni finalmente poteva riabbracciare i suoi. Gli restavano l’anziana madre e la sorella inferma, ed egli si dedicò completamente a cercar di ripagare gli anni di lontananza con una dedizione ed un affetto costanti.

Subito si rese attivo per far uscire o sostenere altri compagni ancora detenuti e ben presto prese in affitto un locale che adibì a libreria e Circolo Culturale Anarchico al quale dedicò tutti i momenti lasciati liberi dalla cura della famiglia, promuovendo ogni genere di attività e di propaganda libertaria. Anche la lotta per la difesa del “Germinal”, sede storica degli anarchici di Carrara conquistata con la lotta di Liberazione e che gli speculatori – economici e politici – nel 1990 volevano spartirsi, lo ha visto in primo piano: sono stati sei mesi di occupazione permanente, cortei e scontri con la polizia, affissione di manifesti, concerti e convegni, presidio dei tribunali ove se ne discuteva, e soprattutto parlare con la gente, per far comprendere la giustezza delle nostre posizioni.

Negli ultimi anni, quando ha cominciato a vedere che si manifestava una malattia cui non avrebbe potuto sopravvivere, si è dedicato a stendere le sue memorie, che restano in attesa di pubblicazione, e a battersi affinché il “Germinal” venisse del tutto restituito e dedicato almeno in parte a raccogliere gli Archivi del movimento anarchico.

La preparazione della manifestazione del Primo Maggio lo ha sempre visto impegnato fin dal momento della riacquistata libertà. Dopo quello del 1999 Gogliardo ritenne che era venuto il momento di dare l’addio alla vita: si predispose al suicidio ma alcuni compagni ed amici, venutolo a sapere, gli si strinsero intorno per convincerlo a rinviare il gesto. Si persuase a farsi ricoverare in un ospedale, per tentare di porre un rimedio alla malattia che ormai lo dilaniava, ma prima di entrarvi disse: “Una volta sarebbe andato bene anche il suicidio, perché si sarebbe potuto lasciare il corpo alla scienza per i progressi della medicina; oggi invece è necessario consegnarsi vivi, perché possano studiare. So già che su di me si faranno ogni genere di sperimentazioni, e poiché sono comunque condannato e voi me lo chiedete, cercherò di essere all’altezza anche di questo compito”. Non poteva essere più preciso profeta.

Al suo funerale hanno partecipato varie centinaia di anarchici convenuti da tutto il paese ed è stato tutto uno sventolare di bandiere ed un diffondersi di canzoni anarchiche. E’ sepolto vicino a Gino Lucetti e Stefano Vatteroni, che attentarono a Mussolini, a Giuseppe Pinelli, scaraventato dalla finestra della Questura di Milano nel 1969 e a dozzine di altri compagni. Come avrebbe voluto.

Tanta era la stima che il Cavaliere dell’Ideale si era riconquistata in questi 25 anni che perfino il Sindaco della città, capo di un organismo solitamente sottoposto a durissime critiche di parte anarchica, ha pensato bene di far affiggere un manifesto di saluto che si conclude con un “grazie Gogliardo”.

Conoscerlo e frequentarlo è stato un privilegio ed una lezione di vita che non si dimenticano facilmente.

Alfonso Nicolazzi

Carrara 1 agosto 2000

P.S. Un riconoscimento va ai compagni interratori i quali, pur di risparmiare a Gogliardo la sgradita sosta nella chiesina, hanno accettato di portare a termine il loro lavoro nella calda domenica di luglio.

Da “Umanità Nova” n.26 del 3 settembre 2000