Alcune righe sul TAP (it/fr/nl)

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Un breve riassunto

Il gasdotto o metanodotto TAP (Trans Adriatic Pipeline) dovrebbe compiere un tragitto di circa 900 km, partendo dal Mar Caspio per approdare nel Salento, sulla riva di San Foca (Le), per trasportare gas naturale. A fine giugno il consorzio di Shah Deniz in Azerbajgian composto, tra gli altri, da British Petroleum, Total e Statoil ha fatto la sua scelta a favore del Tap, preferendolo al progetto Nabucco che avrebbe dovuto percorrere Romania, Bulgaria, Ungheria, Austria. Il progetto Tap, holding composta da Axpo (svizzera), E.On (tedesca), Statoil (norvegese), è stato considerato di interesse strategico dal governo italiano e dall’Unione Europea e andrà a servire il mercato europeo del gas.

 

Alcune domande

L’opposizione al Tap, o a una qualsiasi nocività, così come una lotta contro un carcere, costituisce la classica “lotta parziale”; parziale, per essere chiari, non in un’accezione negativa, ma nel senso di definire un aspetto particolare. Avere però un orizzonte allargato, in tutto quello che si fa e nelle lotte che si conducono, provare a individuare potere e autorità, di qualunque tipo, in ogni loro configurazione e tentare di opporsi ad esse è l’auspicio che ci si pone. La prospettiva dovrebbe essere alla base del proprio agire, un pensiero che ci accompagna costantemente, oltreché una modalità di approccio alle lotte. Quando ci si oppone alla guerra, alle nocività, a una galera, alla repressione, allo sfruttamento, all’autorità, alla morale, bisognerebbe tenere sempre a mente tutti questi aspetti e provare ad avere una visione di insieme. Un esempio: quando ci si oppone ad una centrale nucleare, ci si oppone alla nocività che essa rappresenta, alla distruzione ambientale irreversibile, ma ciò che si tiene a mente è anche l’uso che si farà di quella energia nucleare, il suo utilizzo per continuare a riprodurre un sistema economico-industriale di sfruttamento, o a perpetuare la vita super tecnologica e super controllata delle città a misura di merce piuttosto che a misura di uomo. Questo esempio, che può essere valido per molte altre fattispecie, pone un problema. Ci si può occupare di una lotta settorializzando, separando, differenziando?

Con lo stesso Tap sono state poste in campo varie questioni: dalla devastazione ambientale, alla guerra, alla depredazione delle risorse, al neocolonialismo capitalista, ecc; a ben vedere tutti discorsi strettamente collegati. Ma ciò che non è stato fatto, forse, è il tentativo di collegare questi aspetti da un punto di vista della prospettiva. L’opposizione al Tap è un’opposizione parziale di una più ampia che è quella allo Stato e all’economia: in una parola, al cosiddetto Dominio, che è poi quello che regola le nostre vite come quelle di miliardi di individui e a causa del quale siamo precarizzati, sfruttati, controllati, repressi, ecc. Ora, non si ha la pretesa che tutti quelli con cui ci si rapporta in una lotta, che siano compagni o gente qualsiasi, giusto per intenderci, abbiano questa impostazione, ma il nostro tentativo va in questa direzione perché quando si parla o si agisce contro lo sfruttamento, nei confronti della natura o delle persone, non lo si fa per un esercizio retorico, ma perché ciò che si auspica è l’esistenza di rapporti orizzontali tra gli individui e la fine, appunto, dello sfruttamento.

 

Alcune note sul metodo

Fatta tutta questa premessa, forse ovvia ma utile per provare a fare chiarezza, si giunge alla modalità di azione rispetto alla quale non ci sono preclusioni a rapportarsi con nessuno, purché ciò avvenga orizzontalmente e in maniera auto-organizzata. La logica istituzionale, partitica e di delega fanno parte del problema, per cui sono parte della nostra opposizione. Anche qui nel Salento si sono subito creati dei comitati contrari al gasdotto Tap, con la motivazione principale che quest’opera danneggerebbe la vocazione turistica del territorio, e da subito hanno messo in campo le solite modalità standard e istituzionali: delega al parlamentare di turno, raccolta firme, partecipazione a tavoli di discussione con Tap, cioè con la multinazionale che dovrà realizzare il gasdotto, manifestazioni auto-rappresentative, nel senso che spesso contengono solo lo striscione con la loro sigla, interviste a televisioni e giornali vari, contribuendo più alla spettacolarizzazione dell’opposizione che all’opposizione stessa; tanto più poi che anche televisioni e giornali fanno parte del problema. Ma tant’è, ognuno sceglie la sua strada e agisce di conseguenza. La cosa più importante è che quello non è il nostro modo di lottare e poiché l’opposizione al Tap interessa anche noi e ci coinvolge, e non solo perché si trova sul territorio dove abitiamo, la ricerca va verso un’altra modalità di intervento. L’errore che si compie, a nostro parere, è quello di pensare che quando si creano dei comitati, lì si possano trovare necessariamente dei complici per lottare insieme; potrebbe anche accadere, ma pensarlo in maniera automatica, come se fosse un dato di fatto, è un errore che fa perdere, tra l’altro, tempo ed energie. La lotta contro il TAV in Val Susa, a cui tutti si rifanno, ha probabilmente contribuito a creare questo equivoco, come se la lotta, importante, che si sta verificando lì da alcuni decenni sia riproducibile ovunque o sia l’unico modello attuabile. Spesso i comitati hanno una struttura e un modo di fare molto politico che poco si distanzia dal modo di fare istituzionale, e che non riusciamo a vedere perché abbagliati da una parvenza di azione dal basso.

Porre da subito sul piatto la nostra modalità di intervento, senza deleghe, senza politica e la nostra critica alle merci e all’esistente; cercare di trovare dei complici o degli interlocutori a partire da noi: questo è quanto sentiamo di mettere in campo per provare fin da subito a puntare in alto e a lottare contro una nocività, un gasdotto nella fattispecie, per agire contro questo esistente mortifero.Qui si pone però un’altra questione: ma se non trovassimo nessuno con cui portare avanti una lotta, che fare? La risposta dipende dalla discussione, dalla voglia e dalla rabbia che si mette in campo. Se si parte dall’idea espressa da un compagno, che potenzialmente ognuno di noi può cambiare le cose, allora ciò che bisogna aggiungere sono alcuni ingredienti: la determinazione, lo studio, la fantasia che possono a volte essere “armi” molto più forti e potenti di quanto non pensiamo. Anche in pochi, se determinati si può portare avanti una lotta, o almeno tentare di inceppare il meccanismo contro cui ci opponiamo. La logica del quantitativo invece porta a pensare che se non si è un numero sufficiente non si può fare nulla e questo costituisce una rinuncia e un’occasione in meno per portare avanti la nostra critica all’esistente. È chiaro che a volte può essere importante essere in tanti, perché si possono fare cose che da soli non è possibile fare, ma noi che non cerchiamo consenso, né ragioniamo necessariamente in termini organizzativi, abbiamo più libertà in questo senso.

 

Contro la delega

Qualcuno all’interno dei comitati, come sempre accade, è mosso da un’autentica intenzione di opposizione alle nocività, ma le sue modalità, raccolta firme o uso dei media sono antitetiche alle nostre. Tanto più che l’abitudine dei loro leader ad intervenire in ogni occasione, sentendosi i soli rappresentanti della lotta, per parlare per gli altri o dissociarsi da altri metodi non viene mai meno. È bastata una scritta “No Tap”, vergata da qualcuno sul muro di cinta di un golf club (che già di per sé costituisce una nocività, tenuto conto che per irrigare i suoi immensi prati si toglie l’acqua ai coltivatori vicini abbassando paurosamente la falda acquifera), che ospitava a porte chiuse e blindato dalle forze dell’ordine, un incontro tra membri del Tap e amministratori locali, per far scattare la delazione e la dissociazione. Ci chiediamo se quando arriveranno le ruspe a compiere i lavori questi simpatici attivisti dei comitati chiederanno leggi speciali e deportazione contro chi avrà voglia e rabbia per opporsi veramente. Attendere che i vari aderenti ai comitati si rendano conto che la raccolta firme o la delega al parlamentare non porteranno da nessuna parte è un’illusione, tanto più che delegare significa riprodurre, non ostacolare, questo sistema rappresentativo e autoritario. L’argomentazione, la critica e l’azione possono invece essere subito strumenti validi di opposizione, anche molto semplici e a portata di tutti, tenendo conto di quella prospettiva di cui si parlava all’inizio. Il Tap è solo un aspetto del Dominio, seppur molto grosso, ma ciò su cui ci interessa intervenire è anche il rapporto tra gli individui; ciò che ci interessa propagandare e agire è una modalità veramente orizzontale, auto-organizzata e dal basso. E se la lotta si riuscisse a condurre con queste modalità, magari coinvolgendo qualcuno o molti diversi da noi, allargando la critica all’autorità e mettendo in discussione almeno parte di questo esistente, allora si sarebbe agito in una buona direzione, anche a prescindere dal risultato finale della lotta contro una specifica nocività.

 

Una scintilla che si può propagare

Dal momento in cui il progetto Tap è stato scelto per la realizzazione del gasdotto, le varie istituzioni locali e nazionali hanno espresso la loro posizione. Alcune associazioni ambientaliste come Legambiente si sono sentite in dovere di esprimere il proprio parere positivo. Il governo italiano ha subito dichiarato il suo favore verso quest’opera, considerandola strategica per l’economia nazionale e iniziando a mistificare la realtà delle cose su ricaduta sul territorio, posti di lavoro e bollette più leggere. I politici locali e regionali invece, ad iniziare dal governatore Vendola e i suoi assessori, hanno iniziato a parlare di concertazione, negoziazione, confronto e dialogo necessario con le popolazioni locali, di coinvolgimento dei cittadini e dei comitati nella realizzazione dell’opera. Non è molto difficile comprendere che la loro idea di dialogo significa pacificare, evitare che lo sfavore verso quest’opera della gran parte degli abitanti del Salento, chi per interessi personali come operatore turistico, chi seriamente preoccupato dell’impatto ambientale, si trasformi in ostilità. L’opera si deve fare, si dice, ma è necessario che l’opposizione sia tenuta sotto controllo, che resti nel recinto democratico della raccolta firme e dei metodi legalitari, che si dia la parvenza della partecipazione anche mentre si subisce. Che si mascheri l’imposizione di un progetto inutile e dannoso e che serve solo a far lucrare qualche multinazionale, dialogando con le amministrazioni locali, magari proponendo qualche serio vantaggio economico e monetario, cercando di convincere i cittadini della bontà dell’opera, ma soprattutto della sua inevitabilità. Il popolo è un bambino, direbbe qualcuno, e questo è il momento delle caramelle. Se ciò non basterà, la strategicità dell’opera potrà sempre portare alla sua militarizzazione. Ma questo discorso nasconde anche una paura, un punto debole per chi detiene il potere. L’opposizione ad una nocività può diventare una scintilla, un inizio, un fuoco che si propaga e mette in discussione molto altro. Un’occasione per opporsi in prima persona e fermare un mostro per poi fermarne molti altri, e tra questi anche la mentalità della delega. Dal lavoro, alla scuola, alla casa, al tempo libero, ai luoghi che abitiamo, pezzi di vita ci vengono sottratti e dei quali vogliamo riappropriarci mandando al diavolo i sostenitori del progresso e di questo mondo.

[Tairsìa, n°5, agosto 2013]

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Quelques lignes sur le TAP

Un bref résumé

 

Le gazoduc ou méthanoduc TAP (Trans Adriatic Pipeline) devrait parcourir environ 900 km, partant de la Mer Caspienne pour atterrir dans le Salento [extrémité Sud des Pouilles, NdT], sur le rivage de San Foca (province de Lecce), pour transporter du gaz naturel. Fin juin, le consortium de Shah Deniz en Azerbaïdjan, composé entre autres de British Petroleum, Total et Statoil, a fait son choix en faveur du Tap, le préférant au projet Nabucco qui aurait dû parcourir la Roumanie, la Bulgarie, la Hongrie et l’Autriche. Le projet Tap, holding composé de Axpo (suisse), E.On (allemand) et Statoil (norvégien), a été considéré d’intérêt stratégique par le gouvernement italien et l’Union Européenne et approvisionnera le marché européen du gaz.

 

Quelques questions

 

L’opposition au Tap, comme à n’importe quelle nuisance, tout comme une lutte contre une prison, constitue une « lutte partielle » classique ; partielle, pour être clairs, pris non pas dans une acceptation négative, mais dans le sens de la définition d’un aspect particulier. Mais avoir un horizon plus vaste dans tout ce que nous faisons et dans les luttes que nous menons, essayer d’identifier le pouvoir et l’autorité, de n’importe quel type et dans toutes leurs configurations, et tenter de nous y opposer, voilà le but que nous nous posons. Notre perspective devrait être à la base de notre action, une pensée qui nous accompagne en permanence en plus d’un mode d’approche des luttes. Quand on s’oppose à la guerre, à des nuisances, à une prison, à la répression, à l’exploitation, à l’autorité, à la morale, il faudrait toujours garder à l’esprit tous ces aspects et essayer d’avoir une vision d’ensemble. Un exemple : quand on s’oppose à une centrale nucléaire, on s’oppose à la nuisance qu’elle représente, à la destruction irréversible de l’environnement, mais ce que l’on a à l’esprit c’est aussi l’usage qui sera fait de cette énergie nucléaire, son utilisation pour continuer à reproduire un système économique et industriel d’exploitation, ou à perpétuer la vie super-technologique et super-contrôlée des villes à la mesure des marchandises plutôt qu’à la mesure de l’homme. Cet exemple, qui peut être valable dans beaucoup d’autres cas, pose un problème. Peut-on s’occuper d’une lutte en sectorisant, en séparant, en différenciant ?

Avec le Tap ont émergé plusieurs questions : de la dévastation environnementale à la guerre, au pillage des ressources, au néocolonialisme capitaliste, etc. ; tous ces discours étant étroitement reliés. Mais ce qui n’a pas été fait est peut-être la tentative de relier tous ces aspects du point de vue des perspectives. L’opposition au Tap est une opposition partielle s’inscrivant dans une plus large qui est l’opposition à l’Etat et à l’économie : en un mot, à ce que l’on nomme la Domination, qui est d’ailleurs ce qui réglemente nos vies comme celles de milliards d’individus et à cause de quoi nous sommes précarisés, exploités, contrôlés, réprimés, etc. Maintenant, nous n’exigeons pas que tout ceux avec qui nous sommes en rapport dans une lutte, qu’ils soient des compagnons ou n’importe quels gens (juste pour qu’on se comprenne), aient cette même approche, mais notre tentative va dans cette direction, parce que quand on parle ou agit contre l’exploitation, que ce soit celle de la nature ou des personnes, on ne le fait pas comme un exercice rhétorique, mais parce que ce que l’on souhaite est l’existence de rapports horizontaux entre les individus et justement la fin de l’exploitation.

 

Quelques notes sur la méthode 
 


 

Après ce préambule peut-être évident mais utile pour tenter d’être clairs, nous en arrivons à la modalité d’action, selon laquelle il n’est pas exclu d’entrer en relation avec qui que ce soit du temps que cela se fait de manière horizontale et auto-organisée. La logique institutionnelle, des partis et de la délégation font partie du problème, et font donc partie de ce à quoi nous nous opposons. Ici aussi dans le Salento, des comités contre le gazoduc Tap se sont tout de suite créés, avec pour motif principal que cette construction causerait du tort la vocation touristique du territoire, et ont immédiatement appliqué les schémas habituels standards et institutionnels : délégation au parlementarisme, pétitions, participation à des tables de discussion avec le Tap, c’est-à-dire avec la multinationale que devra réaliser le gazoduc, manifestations auto-représentatives, dans le sens où elles ne sont souvent constituées que de banderoles avec leur sigle, interviews à la télévision et dans divers journaux, contribuant plus à la spectacularisation de l’opposition qu’à l’opposition elle-même ; d’autant plus d’ailleurs que la télévision et les journaux font partie du problème. Mais c’est comme ça, chacun choisit sa route et agit en conséquence. La chose la plus importante est que cela n’est pas notre façon de lutter et que puisque l’opposition au Tap nous intéresse aussi et nous implique, et pas seulement parce qu’elle se trouve sur le territoire où nous habitons, nos recherches vont vers un autre mode d’intervention. L’erreur, à notre avis, est de penser que si des comités se créent, on peut forcément y trouver des complices pour lutter ensemble ; cela pourrait aussi arriver, mais le penser de manière systématique, comme si c’était une donnée de fait, est une erreur qui fait perdre, entre autres, du temps et de l’énergie. La lutte contre le TAV en Val Susa, à laquelle tout le monde se réfère, a probablement contribué à créer cet équivoque, comme si la lutte importante en cours là-bas depuis quelques décennies était reproductible n’importe où ou était l’unique modèle réalisable. Souvent, les comités ont une structure et une façon de faire très politique qui se distingue peu de la façon de faire institutionnelle, ce que l’on ne réussit pas à voir parce qu’on est aveuglés par un semblant d’action à la base.

Poser tout de suite sur la table notre mode d’intervention, sans délégations, sans politique et notre critique des marchandises et de l’existant ; chercher des complices ou des interlocuteurs à partir de nous-mêmes : c’est ce que nous entendons mettre en œuvre pour tenter dès maintenant de viser haut et de lutter contre une nuisance, en l’occurrence un gazoduc, pour agir contre cet existant mortifère. Mais ici apparaît une autre question : si on ne trouve personne avec qui mener une lutte, que faire ? La réponse dépend de la discussion, de la volonté et de la rage qu’on y met. Si l’on part de l’idée exprimée par un compagnon, que potentiellement chacun de nous peut changer les choses, alors il n’y a plus que quelques ingrédients à ajouter : la détermination, l’étude, la fantaisie qui peuvent parfois être des “armes“ bien plus fortes et puissantes que nous ne le pensons. Même à peu, si l’on est déterminés, on peut mener une lutte, ou au moins tenter de perturber le mécanisme contre lequel on s’oppose. La logique quantitative amène à penser, au contraire, que si l’on n’est pas assez nombreux on ne peut rien faire, et ceci constitue un renoncement et une occasion en moins de mettre en avant notre critique de l’existant. Il est clair qu’il peut parfois être important d’être beaucoup, parce que l’on peut faire des choses qui ne sont pas faisables seuls, mais nous qui ne cherchons pas le consensus et ne réfléchissons pas nécessairement en termes d’organisation, avons plus de liberté dans ce sens-là.

 

Contre la délégation 
 


 

Comme cela arrive toujours, quelqu’un au sein des comités est mû par une authentique intention d’opposition aux nuisances, mais ses modes d’action, pétitions ou utilisation des médias, sont antithétiques aux nôtres. D’autant plus que leurs chefs ne perdent jamais l’habitude d’intervenir en toute occasion, se sentant les uniques représentants de la lutte, pour parler à la place des autres ou se dissocier d’autres méthodes. Il a suffit d’une inscription “No Tap”, griffonnée par quelqu’un sur le mur d’enceinte d’un club de golf (qui constitue déjà lui-même une nuisance, compte tenu que pour irriguer ses immenses pelouses on prend l’eau aux cultivateurs voisins, faisant baisser effroyablement la nappe phréatique) qui accueillait, à portes closes et protégée par les forces de l’ordre, une rencontre entre des membres du Tap et des administrateurs locaux, pour déclencher délation et dissociation. Nous nous demandons si, quand les scrapers arriveront pour commencer les travaux, ces sympathiques activistes des comités demanderont des lois spéciales et la déportation contre qui aura assez de volonté et de rage pour s’y opposer vraiment. Attendre que les différents adhérents des comités se rendent compte que les pétitions ou la délégation au parlementarisme n’apporteront rien est une illusion, d’autant plus que déléguer signifie reproduire, ne pas entraver, ce système représentatif et autoritaire. La discussion, la critique et l’action peuvent au contraire être tout de suite des instruments d’opposition valides, très simples et à la portée de tous, en tenant compte de cette perspective dont nous parlions au début. Le Tap n’est qu’un des aspects de la Domination, même si très grand, mais ce sur quoi il nous intéresse d’intervenir est également le rapport entre les individus ; ce qu’il nous intéresse de diffuser pour l’action est un mode véritablement horizontal, auto-organisé et à partir du bas. Et si la lutte peut être menée sur ce mode, peut-être même en impliquant quelques ou beaucoup d’autres gens très différents de nous, en étendant la critique de l’autorité et en mettant en question au moins une partie de cet existant, alors on aura agit dans une bonne direction, même abstraction faite du résultat final de la lutte contre une nuisance spécifique.

 

Une étincelle qui peut se propager 
 


 

A partir du moment où le projet Tap a été choisi pour la réalisation du gazoduc, les diverses institutions locales et nationales ont exprimé leur position. Quelques associations écologistes comme Legambiente se sent senties en devoir d’exprimer également leur avis positif. Le gouvernement italien s’est immédiatement déclaré en faveur de ce projet, le considérant stratégique pour l’économie nationale et commençant à mystifier la réalité à propos des retombées sur le territoire, des nouveaux emplois et des factures plus légères. Les politiciens locaux et régionaux, à commencer par le gouverneur [de la région] Vendola [gauche, NdT] et ses adjoints, ont par contre commencé à parler de concertation, de négociation, de confrontation et de dialogue nécessaire avec les populations locales, et de l’implication des citoyens et des comités dans la réalisation de l’ouvrage. Il n’est pas bien difficile de comprendre que leur idée du dialogue signifie pacifier, éviter que la défiance d’une grande partie des habitants du Salento à l’égard du projet, certains par intérêt personnel en tant que professionnels du tourisme, certains sérieusement préoccupés par l’impact sur l’environnement, ne se transforme en hostilité. Les travaux doivent se faire, dit-on, mais il est nécessaire que l’opposition soit maintenue sous contrôle, qu’elle reste dans l’enclos démocratique des pétitions et des méthodes légalistes, en faisant semblant de participer alors qu’on subit. Que l’on dissimule l’imposition d’un projet inutile et nuisible qui ne sert qu’à faire gagner à quelques multinationales, en dialoguant avec les administrateurs locaux, peut-être même en leur proposant un sérieux avantage économique et monétaire, en cherchant à convaincre les citoyens de la bonté de cette œuvre, mais surtout de son caractère inévitable. Le peuple est un enfant, comme dirait quelqu’un, et voilà le moment des bonbons. Si cela ne suffit pas, le fait que cette construction soit stratégique pourra toujours amener à sa militarisation. Mais ce discours cache pourtant une peur, un point faible de ceux qui détiennent le pouvoir. L’opposition à une nuisance peut devenir une étincelle, un commencement, un feu qui se propage et met en discussion beaucoup plus. Une occasion de s’opposer à la première personne et d’arrêter un monstre pour en arrêter ensuite bien d’autres, et parmi eux également la mentalité de la délégation. Du travail à l’école, à la maison, au temps libre, aux lieux que nous habitons, des morceaux de vie nous sont dérobés et nous voulons nous les réapproprier en envoyant au diable les défenseurs du progrès et de ce monde.

 

[Traduit de Tairsìa, n°5, août 2013]

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Enkele zinnen over de TAP

Korte samenvatting

De gasleiding of methaangasleiding TAP (Trans Atlantic Pipeline) zou zowat 900 km moeten afleggen: vanuit de Kaspische Zee tot in Salento (het uiterste zuiden van Apulië) waar ze boven zou koman aan de kust van San Foca (provincie van Lecce). Eind juni gaf het consortium Shah Denz uit Azerbeidzjan dat bestaat uit ondermeer British Petroleum, Total en Statoil, de voorkeur aan de TAP boven het project Nabucco dat Roemenië, Bulgarije, Hongarije en Oostenrijk had moeten doorkruisen. Het project TAP, een holding bestaande uit Axpo (Zwitsers), E.On (Duits) en Statoil (Noors) wordt door de Italiaanse regering en de Europese Unie van strategisch belang geacht en zal de Europese markt voorzien van gas.

 

Enkele vragen

Het verzet tegen de TAP is, zoals tegen elke strijd tegen een milieuverwoesting of tegen een gevangenis, een klassieke “partiële strijd”; partiëel, om duidelijk te zijn, niet als negatieve interpretatie, maar in de zin van de definitie van een specifiek aspect. Maar een bredere horizon hebben in alles wat we doen en in de strijden die we voeren, proberen de macht en de autoriteit van eender welk type en in al hun configuraties te identificeren, en proberen ons ertegen te verzetten: dat is het doel dat wij vooropstellen. Ons perspectief zou aan de basis moeten liggen van onze actie en bovenop een benaderingswijze van de strijden, een gedachte zijn die ons voortdurend vergezelt. Wanneer je je verzet tegen de oorlog, tegen een milieuverwoesting, tegen een gevangenis, tegen de repressie, tegen de uitbuiting, tegen de autoriteit, tegen de moraal, zou je altijd al deze verschllende aspecten in het achterhoofd moeten houden en proberen om een visie op het geheel te hebben. Een voorbeeld: wanneer we vechten tegen een kerncentrale, vechten we tegen de milieuverwoesting die deze kerncentrale betekent, tegen de onomkeerbare verwoesting van de natuur, maar we houden ook het gebruik voor ogen dat van deze kernenergie zal gemaakt worden, haar aanwending om een economisch en industriëel uitbuitingssysteem te reproduceren, of de voortzetting van het supertechnologische en supergecontroleerde leven van de steden naar de maatstaf van de koopwaar eerder dan op maat van de mens. Dit voorbeeld dat kan opgaan in vele andere gevallen, werpt een probleem op. Kunnen we ons bezighouden met een strijd door op te delen in sectoren, door te scheiden, door te onderscheiden?

Met de TAP zijn meerdere kwesties opgerezen: van de natuurverwoesting tot de oorlog, van de plundering van de grondstoffen tot het kapitalistische neokolonialisme enzovoort; al deze argumenten zijn nauw verbonden. Maar wat niet gebeurd is, is misschien de poging om al deze aspecten te verbinden vanuit het opzicht van perspectieven. Het verzet tegen de TAP is een partieel verzet dat zich inschrijft in een breder verzet, namelijk het verzet tegen de staat en de economie: kortom, wat we de Overheersing noemen, hetgeen wat trouwens onze levens net zoals die van miljarden individuen reglementeert en waardooor we geprecariseerd, uitgebuit, gecontroleerd, onderdrukt enzovoort worden. Nu, wij eisen niet dat allen met wie we in relatie staan in een strijd, of ze nu kameraden of welke mensen dan ook zijn (gewoon maar opdat we elkaar hier begrijpen), er diezelfde benadering op nahouden, maar onze poging gaat in die richting, want wanneer we spreken of handelen tegen de uitbuiting, of het nu die van de natuur of van mensen is, doen we dat niet als retorische oefining, maar omdat wat we willen het bestaan van horizontale verhoudingen tussen individuen en net het einde van de uitbuiting is.

 

Enkele bemerkingen over de methode

Na deze misschien evidente inleiding die evenwel zinvol is om duidelijk te zijn, komen we aan de actiemodaliteit die niet uitsluit om met wie dan ook in relatie te treden zolang dat maar op horizontale en zelfgeorganiseerde manier gebeurt. De institutionele logica, de partijen en de delegatie zijn deel van het probleem, en dus deel van waartegen we vechten. Ook hier in Salento werden onmiddellijk comités tegen de gasleiding TAP gevormd, met als voornaamste motief dat de bouw ervan de toeristische roeping van het gebied zou schaden. Onmiddellijk hebben ze de gewoonlijke standaard en institutionele schema’s toegepast: een afvaardiging naar het parlement, petities, deelname aan debatten samen met de TAP, dus met de multinational die de gasleiding gaat bouwen, zelfvertegenwoordigende betogingen in de zin dat ze vaak gewoon bestaan uit spandoeken met hun logo, interviews aan de televisie en in verschillende kranten waarmee ze meer bijdragen tot de spektakularisering van het verzet dan tot het verzet zelf; te meer vermits televisie en kranten deel uitmaken van het probleem. Maar zo is het nu eenmaal, ieder kiest zijn weg en handelt daarnaar. Het belangrijkste is dat dit niet onze manier van strijden is en dat, aangezien het verzet tegen de TAP ook ons interesseert en aangaat, en niet alleen maar omdat ze zal gebouwd worden in het gebied waar we wonen, onze zoektochten in de richting gaan van een andere interventiewijze. Volgens ons bestaat de vergissing erin te denken dat wanneer er comités worden opgericht, we er noodzakelijkerwijze medeplichtingen kunnen vinden om samen te strijden. Dat zou kunnen gebeuren, maar dat op een systematische wijze geloven alsof het een gegeven feit was, is een vergissing die ondermeer tijd en energie doet verliezen. De strijd tegen de TAV-hogesnelheidstrein in Val Susa waar iedereen naar verwijst heeft waarschijnlijk bijgedragen tot deze misvatting, alsof de belangrijke strijd die daar sinds enkele decennia bezig is eender waar reproduceerbaar of het enige realiseerbare model zou zijn. Vaak hebben de comités een erg poltieke structuur en manier van doen die zich maar weinig onderscheidt van de institutionele manier van doen, en men slaagt er niet in om dat te zien want men is verblind door een schijn van actie aan de basis.

Onmiddellijk onze interventiewijze op tafel leggen, zonder delegatie, zonder politiek en mét onze kritiek van de koopwaar en het bestaande op tafel leggen; medeplichtigen of gesprekspartners zoeken vertrekkende vanuit onszelf: dat is wat we in gang willen zetten om vanaf meet af aan hoog te richten en tegen een milieuverwoesting te strijden, in dit geval een gasleiding, en zo te handelen tegen dit doodse bestaande. Maar daar werpt zich een andere kwestie op: wat doen we als we niemand vinden om een strijd mee te voeren? Het antwoord hangt af van de discussie, wil en woede die we erin steken. Als we vertrekken vanuit de idee die een kameraad onder woorden bracht dat ieder van ons mogelijks de dingen kan veranderen, dan zijn er alleen nog maar wat toe te voegen ingrediënten nodig: vastberadenheid, studie en fantasie kunnen soms krachtigere en sterkere “wapens” zijn dan we zouden denken. Zelfs met weinigen kunnen we een strijd voeren als we vastberaden zijn, of op z’n minst proberen om het mechanisme te verstoren waar we tegen vechten. De kwantitatieve logica leidt ertoe om daarentegen te geloven dat wanneer je niet met velen bent je niets kan doen, en komt dan neer op een verloochening en weer een gelegenheid minder om onze kritiek van het bestaande naar voren te schuiven. Het is duidelijk dat het soms belangrijk is om met velen te zijn omdat we dan dingen kunnen doen die niet doenbaar zijn op je eentje, maar wij die geen consensus nastreven en niet noodzakelijkerwijze denken in termen van organisatie, hebben meer vrijheid in die zin.

 

Tegen delegatie

Zoals altijd zijn er mensen binnen de comités die bewogen worden door een authentieke bedoeling om zich te verzetten tegen natuurverwoesting, maar hun actiemanieren, petities of gebruik van de media staan antithetisch tegenover de onze. Te meer daar hun chefs nooit de gewoonte loslaten om op alle momenten tusenbeide te komen, omdat ze zich de enige vertegenwoordigers van de strijd voelen, om te spreken in naam van de anderen of afstand te nemen van andere methodes. Een tag “No TAP” die door iemand op de muur van een golfclub (die zelf al een milieuverwoesting is, rekening houdende met het feit dat om haar enorme grasvelden te bevloeien ze het water afnemen van de naburige landbouwers waardoor de grondwaterspiegel verschrikkelijk zakt) gekrabbeld werd waar achter gesloten deuren en beschermd door de ordehandhavers een ontmoeting plaatsvond tussen de leden van de TAP en de lokale bestuurders, volstond om de trein van verklikking en dissociatie op gang te trekken. Wij vragen ons af of deze sympathieke activisten van de comités, wanneer de graafmachines gaan toekomen om aan de werken te beginnen, speciale wetten en deportatie zullen eisen tegen degene die voldoende wil en woede zal hebben om zich er daadwerkelijk tegen te verzetten. Wachten tot de verschillende aanhangers van de comités zich bewust worden van het feit dat petities of parlementaire afvaardigingen niets opleveren is een illusie, meer nog omdat delegeren het reproduceren, en niet het dwarszitten, betekent van dit vertegenwoordigende en autoritaire systeem. Discussie, kritiek en actie kunnen daarentegen onmiddellijk geldige, erg eenvoudige verzetsinstrumenten zijn die binnen het bereik van allen liggen, rekening houdende met het perspectief waar we het al eerder over hadden. De TAP is maar één van de aspecten van de Overheersing, ook al is het een erg groot aspect, maar we willen eveneens interveniëren in de verhouding tussen individuen; wat ons interesseert voor de actie is het vespreiden van een werkelijk horizontale, zelfgeorganiseerde wijze van onderop. En als de strijd op die manier kan gevoerd worden, misschien zelfs met enkele of vele mensen die erg verschillen van ons, door de kritiek van de autoriteit uit te breiden en op z’n minst een deel van dit bestaande in vraag te stellen, dan zullen we in de goede richting gehandeld hebben, zelfs abstractie gemaakt van het uiteindelijke resultaat van de strijd tegen een specifieke milieuverwoesting.

 

Een vonk die zich verspreiden

Vanaf het moment dat het projet TAP uitgekozen werd voor de realisatie van de gasleiding hebben de verschillende lokale en nationale instellingen hun mening te kennen gegeven. Enkele ecologistische verenigingen zoals Legambiente voelden zich verplicht om eveneens een positief advies te geven. De Italiaanse regering gaf onmiddellijk te kennen voor dit project te zijn. De regering acht het project van strategisch belang voor de nationale economie en begon de realiteit van de gevolgen voor het gebied, van nieuwe jobs en lagere rekeningen al te verdraaien. De lokale en regionale politici, te beginnen met de gouverneur van de regio Vendola (links) en zijn assistenten, begonnen daarentegen onmiddellijk te praten over overleg, onderhandeling, noodzakelijke confrontatie en dialoog met de lokale bevolking en de betrekking van de burgers en de comités in de realisatie van de TAP. Het valt niet moeilijk te begrijpen dat hun idee van dialoog pacificeren betekent, vermijden dat de argwaan van een groot deel van de bevolking van Salento ten opzichte van het project, sommigen uit persoonlijk belang omdat ze in de toeristische sector werken, anderen erg bezorgd over de impact op de omgeving, zich omvormt tot vijandigheid. De werken moeten gebeuren, zegt men, maar het verzet moet onder controle worden gehouden, moet binnen het democratische omheinde terrein van petities en legalistische methodes blijven door te doen alsof er geparticipeerd wordt terwijl er ondergaan wordt. Ze moeten het opleggen van een zinloos en schadelijk project dat alleen maar dient om enkele multinationals geld te doen opstrijken verhullen door te dialogeren met de lokale bestuurders, misschien zelfs door hen serieus economisch en financiëel voordeel voor te stellen, door de burgers te proberen overtuigen van de gunstigheid van dit project, maar vooral van haar onvermijdelijkheid. Het volk is een kind, zoals iemand zou zeggen, en nu is het het moment van de snoepjes. Als dat niet volstaat is er nog altijd de mogelijkheid dat deze bouw omwille van haar strategisch belang gemilitariseerd wordt. Maar dat verbergt vooral een angst, een zwakke plek van degenen die aan de macht zijn. Het verzet tegen een milieuverwoestintg kan een vonk worden, een begin, een vuurtje dat zich verspreidt en veel meer aspecten in vraag stelt. Een gelegenheid om zich in eerste persoon te verzetten en een monster tegen te houden om er vervolgens nog vele andere tegen te houden, waaronder ook de mentaliteit van delegatie. Van werk tot school, thuis, in de vrije tijd, tot de plekken waar we wonen worden stukjes leven ons ontrukt en wij willen die terugnemen door de verdedigers van de vooruitgang en deze wereld naar de maan te sturen.

 

[Vertaald uitTairsia, nummer 5, augustus 2013, Italië]

tabula rasa