UN SOGNO LIBERTARIO ALL’OMBRA DELLA SERRA

BugellaCivitas1668

Biella, il Quartiere di Riva e gli Anarchici.
Il nostro è un ricordo che corre sul filo delle vicende che hanno marcato il movimento libertario nella zona di Biella. E’ una storia di sorrisi, amicizie, aspre lotte e lacrime.: chi a questa storia si avvicina avverte con forza il sapore della dignità che traspira dalle parole di chi è stato partecipe di queste stagioni.

E perché ne scriviamo su Nunatak? Più di un argomento ce ne da motivo, a partire necessariamente dall’interesse ad approfondire la conoscenza di eventi ed esperienze che hanno caratterizzato l’agitazione rivoluzionaria, ed i conflitti che questa ha ispirato, nelle zone montane o ad esse immediatamente vicine. In questo senso, affrontare le vicende del gruppo anarchico biellese a cavallo tra gli anni settanta e ottanta offre il campo ad una serie di considerazioni sull’importanza del movimento politico extraparlamentare di quegli anni e delle sue pratiche, tanto la mobilitazione sociale quanto di attività armata: un contributo che, lontano da nostalgiche mitizzazioni e della demonizzazione e dai tentativi di rimozione storica di cui è fatto oggetto dalle politiche e dalla rottura e dalla cultura di Stato, pensiamo faccia parte a pieno titolo del patrimonio di lotte e ribellioni che, attraverso secoli, ha arricchito i movimenti di emancipazione da sfruttamento e Autorità.
Risaliamo al 1972, quando nel popolare quartiere Riva, nel centro storico di Biella, viene aperta una sede della Federazione Anarchica Italiana. Pochi militanti, ed un’attività basata sulla diffusione del settimanale “Umanità Nova” e sulle consuete iniziative di rivendicazione ideologica, come gli anniversari dei moti popolari od al ricordo di Sacco e Vanzetti. Ma i tempi non sono certo quelli del “produci-consuma-crepa” con cui ci ritroviamo oggi, e la sede anarchica diventa nel corso degli anni il crocevia di svariati percorsi che s’incontrano sulla necessità dell’autorganizzazione e del rifiuto dei modelli politici e produttivi imposti da Stato e Fabbrica: ci sono gli anarchici “storici”, i proletari del quartiere, in gran parte immigrati del sud e dalla Sardegna, per i quali spesso la legalità non rappresenta il criterio per trovare di che campare, ed i giovani che scendono in città dalle campagne e dalle vallate vicine. Agli anarchici si mescolano così le caratteristiche di un mondo della malavita “vecchia maniera” (prostituzione, furti e rapine), ed il patrimonio ed i simboli della resistenza nelle Alpi: la Resistenza Antifascista, di cui ogni famiglia ha il “suo” da raccontare, e Fra Dolcino, la cui commemorazione, ogni settembre, diviene un momento d’incontro importante per la Biella altra rispetto a quella degli industriali tessili e dei banchieri.
E’ ancora il tempo in cui le concentrazioni urbane ai piedi delle Alpi, con i quartieri in cui si trova ammassata la forza lavoro portata dalle realtà rurali lontani e vicine, non vivono uno sviluppo ed una quotidianità staccata del tutto dal mondo rurale. E le attività del gruppo anarchico biellese in questo senso si indirizzano, legando insieme la distribuzione di prodotti agricoli, la presenza nel quartiere, la solidarietà attiva nei confronti dei tanti compagni che in quegli anni sfidarono con le armi la violenza dello Stato e l’attività dei gruppi fascisti.
Il territorio in cui vivevamo, poco distante dalle grandi città e dalle montagne, con i loro valichi ed i loro boschi poco frequentati, rappresentavano un luogo ideale per le esercitazioni, custodiva nascondigli, era disseminato di rifugi e baite dove poter tirare il fiato, ed offriva un ambiente ancora poco sorvegliato che si confaceva a tutte le pratiche che il movimento in quegli anni ha saputo esprimere.
Non per niente, per individuare sentieri rifugi utilizzati dai ribelli in armi, le forze dell’antiterrorismo dovettero accompagnare in elicottero i cosiddetti pentiti a sorvolare le nostre montagne.
Da una lato la Serra, formazione morenica testimone del ritiro di immensi ghiacciai in un passato molto remoTo, ci separavano dal Canavese e dalla Valle d’Aosta; dietro di noi, le valli Cervo e Mosso, la Valsesia e le sue lotte dolciniane, facevano da cornice ad una terra di contadini e montanari che seppero trovare, pure nello spazio cittadino, un linguaggio comune con genti venute da altre terre: il linguaggio della solidarietà e del rispetto, concetti non sconosciuti agli ambienti rurali.
La nostra presenza nei quartieri era costante e attraverso le diverse iniziative, che spaziavano dl progetto radiofonico di Radio Monte Rubello all’esperienza dei mercatini rossi, passando per la tipografia dove si stampavano manifesti e volantini che accompagnavano le nostre attività, avevano avuto modo di conoscere nuove persone, estendendo così il nostro intervento nelle lotte sociali, nelle fabbriche e nelle scuole, dove era attivo il Comitato Rivoluzionario Scuola, altra componente importante della sede di via Scaglia. La lotte ci coinvolgevano in un vortice di pratiche, discussioni, mutamenti sociali, e la sensazione che qualcosa potesse davvero cambiare non era condivisa soltanto dai militanti più attivi.
La reazione dei padroni e dei loro cani da guardia fu dura e spietata. La repressione che ne conseguì, tra il 1981 ed il 1983, portò all’arresto di 12 persone e alla conseguente interruzione, salvo qualche sporadico proseguo che ci porta ai nostri giorni, delle attività e delle iniziative che si portavano avanti.
ARGURRE.

–Quella domenica c’era solo la linea della Serra che divideva il biellese dal canavesano, era lì insieme ad altri compagni per salutare Sole e Baleno. Un po’ i ricordi, un po’ gli occhi umidi, e la rabbia tanta, mi sentivo le ossa stanche ed i pensieri correvano. La Serra ha vissuto anni duri: la Resistenza, l’emigrazione alla ricerca di “lavori sicuri”, la terra abbandonata, le lotte sociali e per ultimo il fuoco, che ogni tanto ne divora un pezzo..
Oltre la serra appunto c’è il biellese, che è la mia terra.
Di questo parlavo con due compagni un sabato pomeriggio intenso, ricco di quelle emozioni che non si dimenticano mai. Siamo passati in via Scaglia, che era la sede nostra, dove si riunivano gli anarchici biellesi, ed abbiamo attraversato il quartiere Riva, dove abbiamo militato per anni. Vien voglia di parlarne di quei momenti: li porto il cuore, con tutti coloro che ci hanno lasciato. Visi, strette di mano, abbracci, pugni chiusi e voglia di cambiare tutto.
Tanti anni sono passati e, senza voler fare dell’archeologia industriale o “edificare” musei, mi piacerebbe provare a raccontare che quegli anni sono stati un punto di riferimento per tante persone, ed il lavoro svolto allora fa parte di una crescita comune.
Riva ha una particolarità, che gli è rimasta negli anni: l’odore del luppolo che fermenta, nella vicina fabbrica di birra, è unico. Quell’odore ci accompagnava nei nostri giri per il quartiere: al sabato mattina ci si trovava in piazza, e velocemente dai vari furgoni tiravamo giù i banchetti, la verdura, le patate, le mele…ed ecco i mercatini rossi. Bisognava fare in fretta, la madama arrivava, sequestrava e denunciava. Il sabato dopo, la scena si ripeteva, eravamo ottimisti e la piazza, si sa, ha il suo fascino. Lo slogan era “dal produttore al consumatore senza mediazione alcuna”, senza tasse, passamani e imboscamenti era possibile un’altra economia. In poco tempo vuotavamo i furgoni, c’era il passaparola ed il quartiere era veloce nel comprendere cosa stava accadendo.
Al venerdì, tutti in sede a pesare le patate, dividere le casse di mele, imbustare i polli e riempire le ceste di tutti gli alimenti che potevamo comprare direttamente dai contadini. Certo, i negozianti e bottegai vari non erano proprio contenti, ma non è che si può accontentare tutti!!!
Dopo un tot di denunce, pensavamo di aprire uno spaccio dover poter continuare a praticare l’idea di una nuova economia, un modo per affermare che esistono utopie possibili. Nacque quindi lo spaccio di piazzaq Battiani, aperto tutti i sabati, con i suoi murales, sulla strada e gli alimenti al “giusto prezzo”.
C’è una cosa che mi ha lasciato, allora avevo sedici anni, la Federazione Anarchica biellese: poco politichese, poche lunghe e noiose discussioni sui massimi sistemi, ma tanto, tanto lavoro politico di strada e di questo ringrazio quei compagni che indirizzarono in tal senso quel gruppo.
Anche l’etere fu oggetto dei nostri sogni che si trasformavano in realtà: Radio Monte Rubello, poi Radio Tupamara, e la comunicazione passava, dai manifesti attaccati sui muri, all’interno delle case, ci ricordo giovani ribelli, fieri dell’idea a cui ci dedicavamo, che rompavamo i maroni un po’ a tutti. Non solo militanti seri, ma anche spensierati amanti del vino e della festa alla Bochetta di Margosio, quando si saluta Fra Dolcino con lo sguardo verso le montagne che l’hanno visto resistere.
Così passarono quegli anni nel nostro quartiere, e con il materiale di informazione e propaganda prodotto si potrebbero tappezzare vie intere…da una lotta all’altra, l’”essere presenti”, e non solo con le bandiere, era il chiodo fisso del nostro gruppo. Come quando difendemmo, la terra che volevano espropriare ad un allevatore per costruirvi una strada…anche se poi il Dio Denaro e le sue banche riuscirono a piegare la mobilitazione.
81/82/83 non sono numeri da giocare al Lotto, ma le tre ondate di arresti che colpirono la Federazione: più della metà dei compagni del gruppo si ritrovò in galera…già, la repressione, brutta storia. Una cosa si può dire: la solidarietà militante, quella vera, fatta anche di rischi, non l’abbiamo negata a nessuno. Le montagne ha le loro ombre, i colori nascosti dell’inverno, i cantoni che portano i venti giù nelle valli, ed abbiamo percorso quegli anni così, stando nella lotta che infuriava, non lasciando il terreno al terrorismo di Stato, provando a resistere.
Via Scaglia si svuotava, era difficile condurre il lavoro di sempre, e Riva stava cambiando, l’eroina uccideva i ragazzi di strada ed il tessuto sociale di un tempo scompariva. E intanto la Federazione Anarchica biellese stava in galera..un brutto casino!
Già, ma c’era l’idea, ci sono le montagne ed una resistenza mai cancellata del tutto…e c’è sempre la voglia non solo di raccontare, ma di provare a riprendere l’utopia possibile. Su questo orizzonte voglio salutare tutti i compagni con cui ho camminato, ricordando Delfina e Giuseppe, che porto nel mio cuore. In un fraterno abbraccio.

(estratto da “Nunatak” n.10, primavera 2008)

Nunatak – Rivista di storie, culture, lotte della montagna
Dinnanzi al dilagare degli scempi sociali ed ecologici prodotti dalla società della Merce e dell’Autorità, le montagne della Terra tornano ad essere lo spazio della resistenza e della libertà. Nunatak vuole dare voce alle esperienze di chi in montagna, oggi come ieri, vuole vivere e lottare, affinchè una vita meno alienata e meno contaminata possa, giorno dopo giorno, scendere sempre più a valle.

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