L’idolatria

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Paolo Schicchi
Vi è mai successo di assistere alla venuta d’un gran sovrano in una città dove non lo si era mai visto per lo innanzi?
Una folla di babbei si accalca alla stazione parecchie ore avanti l’arrivo annunciato. Dappertutto gente ansiosa che va, viene, corre di qua e di là, si domanda reciprocamente: «È arrivato? – Quando arriva?». Ogni rumore di locomotiva, ogni fischio di vaporiera passa di bocca in bocca, attraversa in ogni senso la città: «È lui! – Non è lui! – Verrà! – Non verrà!».

Finalmente il treno reale arriva, un Oh! formidabile esce da tutti… gli intestini, le musiche intonano la marcia reale, il cannone saluta, dovunque nelle più recondite vie folla che accorre, babbei che affaticati annunziano l’arrivo e finalmente la serie interminabile dei vivaaaa! dei servi e degli idioti.
Chi si fosse trovato ieri sera domenica 8 novembre 1891 alla sede della federazione collettivista anarchica avrebbe assistito per filo e per segno ad un simile spettacolo; con questa differenza, che la folla invece di dirsi monarchica si diceva anarchica ed al posto d’un re c’era un papa.
I babbei alla stazione ferroviaria, i messaggeri che portavano le notizie di là alla associazione, le domande, le esclamazioni, la folla accorrente, i banditori, gli applausi… Nulla mancava, neppure la musica. Un piano del 1111 assassinava la Marsigliese e, più che questa, le orecchie. Una sola cosa dimenticarono le marmotte collettiviste: i cento ed un colpo di cannone sacramentali; forse perché trattandosi d’un papa che viene col santissimo crocefisso in mano, il cannone sarebbe stato un contro senso, e specialmente per anarchici pacifici, seri, onesti, organizzati ecc. ecc.
Sbalordito da tutto quell’apparato e da quel movimento insolito domandai ad un idolatra:
– Che c’è? Forse sono incominciati i trattenimenti di carnevale? Preparate una mascherata?
– Come?!… Non sai??!!… che… stasera???!!! (commozione profonda) Errico!!!! (svenimento) Mina…, no, Malatesta!!!!!! (convulsioni ripetute).
Io a dirvi il vero mezzo intontito cominciavo a guardarmi le mani per sapere se tenevo qualche cosa con cui avessi potuto ferirlo senza accorgermene. Assicuratomi della mia innocenza, aspettai che il mio eroe si fosse riavuto e quando lo vidi tornare in sé, dopo averlo calmato con due caramelle di sperma d’asino – di cui vado sempre provvisto in previsione di simili accidenti – ripigliai:
– Che viene a fare qui?
– Come??!!…
– Alt, per carità! non cominciare daccapo, perché caramelle non ne ho più.
– Viene per pigliar parte al meeting máximo dell’anniversario de los mártires de una nueva religion.
– I martiri d’una nuova religione?… Quali, quelli dell’Armée du salut?
– Come??!!…
– Per carità!…
– I Martiri di Chicago (piangendo).
– E la nuova religione?
– Come??!!…
– Per carità, le caramelle sono finite!
– L’Anarchia (ragliando).
– ?!
– Per commemorare i grandi ci vogliono i grandi!
– Ma, dimmi un poco, Mina… no, Malatesta parla bene in spagnolo? Non avete altri buoni oratori qui?
– Mina… testa è sempre mina… teste, anche nel centro dell’Africa, e tu vedrai tutta Barcellona accorrere a vederlo.
– Come si accorre a vedere una bestia rara, nevvero?
– No, il genio dell’Anarchia.
– Nespole!
A parte la burla, vi garantisco l’autenticità di questi dialoghi e di questi fatti. A tanto siamo arrivati. L’anarchia è la nuova religione (un canonico del collettivismo anarchico lo proclamò in un pubblico meeting), ed i comizi anarchici sono degli spettacoli da circo equestre dove il maggiore o minor concorso dipende dai saltimbanchi e dai clown di grido che vi si presentano. O, meglio ancora, una cerimonia religiosa, in cui la presenza del sommo pontefice o d’un alto porporato attira la ciurma dei bigotti e delle beghine.
Povera anarchia! I papi, i cardinali ed i prelati ce li hai; i preti, i frati ed i sagrestani pure; i credenti, le settimane sante, le pasque, i natali, le messe semplici e cantate, i quaresimali non ti mancano; quando cominceranno a fabbricare le chiese ed i conventi sarai una vera nuova religione e potrai raggiungere le altre. Ed è così che si vuole rinnovellare da cima a fondo la terra, redimere l’umanità, educare le plebi, abbattere tutti i privilegi.
Io credo che se l’idolatria in qualsiasi individuo è ignobile e degradante, negli anarchici rappresenta il colmo dell’idiotismo e dell’abiezione. Voi volete distruggere i pregiudizi ed intanto li perpetuate. Quale spettacolo più sconfortante di quello che offrono alcuni anarchici che pendono dalle labbra di qualche compagno più o meno noto e che dalla parola di costui ne fanno un dogma e della sua persona un’immagine sacra?
Alcune volte rendono ridicolo anche il martirio. Ho visto in certi circoli ritratti degli anarchici di Chicago accomodati sopra una specie di altare con allori, lampade ed accessori. Se per caso Malatesta, o Merlino, od altro pontefice viene arrestato od espulso, apriti cielo! Proteste sopra proteste, comizi, sottoscrizioni e che so io. Quando Merlino fu espulso da Bruxelles, da un gruppo ricevetti una protesta, per pubblicarla nella Croce di Savoia, il cui stile era qualche cosa di cortigianesco, d’ignobile. Sembrava si trattasse dell’esecuzione capitale d’un gran signore e della protesta dei suoi salariati. […]
Ecco come intendono costoro l’anarchia, questa sublime espressione della più completa autonomia della personalità umana e del rispetto incondizionato alla libertà altrui. Perché seguitate a chiamarvi ancora anarchici mentre tutti avete comune colle fogne borghesi anche le persone sacre ed inviolabili; e non una come i monarchici, ma parecchie?
Quanti poveri martiri non gemono oscuri, ignorati nella galere borghesi? Quanti proletari senza toga né mitra vengono espulsi, imprigionati, perseguitati per la causa?
Chi li nomina? Chi li ricorda? Chi li aiuta? Chi protesta per loro? Nessuno. Scrivete quel che volete contro compagni senza rinomanza, calunniateli, assassinateli anche; state sicuri che nessuna lettera di scomunica v’arriverà, giacché non si tratta di pontefici e di avvocati moralisti. Nello stesso tempo in cui si metteva sottosopra tutta la retorica anarchico-ermafrodita per l’arresto di Malatesta a Lugano, eccovi ciò che succedeva a Ginevra. Il compagno Arturo Fatigati lavorando a disfare impalcature in legno fu colpito da una trave lungo tutto il corpo ferendosi alla testa, alle spalle, al braccio ed al piede. Condotto quasi agonizzante all’ospedale, dopo qualche giorno ricevette il decreto d’espulsione come disertore anarchico, ed in uno stato da far pietà anche ai cannibali, fu cacciato alla frontiera, senza panni e senza un soldo dell’indennità dovutagli secondo la legge sugli infortuni del lavoro. Era questa una bella occasione per far della propaganda, nevvero? Ebbene credereste che gli stessi anarchici di Ginevra s’accorgessero dell’accaduto? Neppure per idea. Ed intanto mi arrivava all’orecchio l’eco dei clamori e delle sottoscrizioni pro Mina… testa. Da quel giorno l’odio contro tutto ciò che sapesse di papismo e d’idolatria in me ha assunto le proporzioni del fanatismo (come dice qualche idolatra).
Se vogliamo davvero la rivoluzione, e la rivoluzione per l’anarchia, bisogna assolutamente distruggere ogni idolatria, abbattere tutti i papi, sferzare i sagrestani, abituarci ad agire e pensare da noi, render liberi noi stessi prima d’avere la pretensione di voler liberare gli altri. Dal momento che uno comincia ad avere un po’ di autorità fa d’uopo attaccarlo, poiché se l’idolo dal punto di vista delle idee anarchiche è un insulto alla ragione umana, dal punto di vista della tattica è un pericolo permanente di tradimenti e di defezioni. Chi creò i Costa, i Prampolini, gli Alcibiade Moneta, i Brousse e tutti i più rinomati farabutti, se non l’idolatria? Togliete all’individuo i mezzi d’innalzarsi e vi resterà eroe, capace di qualunque sacrificio; avvelenatelo coi miasmi dell’adulazione, dell’idea di superiorità, dell’orgoglio ed avrete il traditore ed il rinnegato.
[El Porvenir Anarquista, n. 8, 1891]