Lettera di Carlos López “Chivo” dalla clandestinità

hyt1

Compagni, scrivo queste brevi righe con l’intenzione di far conoscere la mia attuale condizione di vita, che da una prospettiva molto particolare ho deciso portare avanti per via di una serie di situazioni che si sono venute a creare nel recente contesto della lotta individuale e/o sociale e la repressione contro quest’ultima.

C’è una lunga lista di compagni e compagne che sono stati pressati e investigati per l’attività anarchica degli ultimi tempi qui nel paese, in particolare nella zona centro e sud, facendoli pedinare per osservare i loro movimenti e la gente con la quale si organizzano, mandando fottute spie schifose per prendere informazioni, segnalando i compas stranieri di finanziare le lotte e una lunga serie di eccetera; anche quando avvenne la detenzione che mi ha portato in carcere insieme alle mie compagne d’affinità Amelie e Fallon, hanno cercato di vincolare molte persone dell’ambiente libertario/anarchico per legarle al nostro caso (5E), perquisendo alcune case per cercare delle “prove” (senza riuscirci) e così avere maggiori argomentazioni per dare un duro colpo all’interno del piccolo mondo acrata.

Tutto ciò portò al successivo arresto del compagno “Tripa” [1] (oltre alla persecuzione di altri compagni che dovettero allontanarsi) e fortunatamente in quel momento si è potuto contare sulla opportuna reazione dei compas del GASPA [2] per tirarlo fuori d’immediato visto che le accuse erano infondate. Subito dopo (Tripa) decise di fuggire e non è che avesse molta scelta visto che, accusandolo dei suoi precedenti “delittuosi”, cercavano di legarlo alle indagini di terrorismo, sabotaggio e altre stronzate che volevano accollarci, non gli restavano molte alternative che prendere quella decisione.

Per simili ovvietà e avendo la facoltà di scegliere liberamente, ho deciso prendere il cammino della fuga per varie ragioni, principalmente per la mia stessa sicurezza e quella degli altri compagni visto il tipo di persecuzioni che stanno prendendo il via. Non sarò né il primo ne l’ultimo a farlo, nell’aver scelto un percorso di lotta che in parte si accompagna con il riappropriarmi della mia stessa vita ma anche del lato violento, frontale e refrattario contro ogni autorità; per cui non è che sia cosa da eruditi capire che sarai nella mira di investigatori e pubblici ministeri che cercheranno di relazionarti/immischiarti in ogni caso di azione diretta che si generi nel campo di battaglia, e nel mio caso essendo uscito con la misura cautelare della firma è chiaro che mi avrebbero tenuto a disposizione per arrestarmi nuovamente quando gli venisse voglia, piacere che non voglio dargli, almeno nella misura delle mie possibilità.

Oltre a non avere la minima intenzione di collaborare con il fottuto teatrino giuridico che sarebbe venuto dopo la mia scarcerazione, è dal primo momento della mia liberazione fisica che ho deciso non essere la loro preda, per il fatto di tenermi controllato tramite la periodica visita al posto dove si suppone che dovrei andare per lì plasmare la mia orrenda firma per un altro anno e mezzo e per questo ho optato per non presentarmi il giorno dopo (la scarcerazione) davanti il giudice cercando di dare un taglio a questa che io interpreto come una forma di persecuzione.

Questo non vuol dire che mi allontani dalla lotta o che sia pentito di quello che devo vivere per portarla avanti, al contrario, continuerà ad essere il fattore personale principale che mi spingerà a questa facciata insurrezionale verso lo sconosciuto della libertà. Anche “dal di fuori” si può continuare la quotidianità dell’attacco permanente nelle sue ampie forme e contenuti, cercando di dar seguito ai miei progetti altrove ma con le stesse visioni, avendo chiaro che non è la pretenzione di portare avanti la mia lotta dalla clandestinità, né cercare una forma specializzata o superiore di attacco, ma sapendo che queste sono parte delle conseguenze che dobbiamo affrontare e mettere in conto nel transitare per questi sentieri del conflitto, nel fare le cose che crediamo e come lo crediamo possibile e necessario.

Ho sempre saputo che opponendomi ferreamente alle forme di subordinazione e contenuti ideologici che i tecnici della menzogna democratica utilizzano per mantenere i loro privilegi e lo stato di cose, avrebbe portato con sé circostanze avverse a quelle che qualsiasi persona “normale”vorrebbe per la propria vita, però visto che io non voglio essere questo tipo di persona normale e accettare di essere uno schiavo fra tanti, mi compiaccio di fare le cose in questa maniera, come farebbe qualsiasi irriducibile andando avanti partendo dalla sua maniera di percepire le cose.

Dal lato comodo, per me sarebbe stato molto meglio dopo essere uscito di prigione e aver calpestato la strada, vedere familiari, amici e stare al fianco della mia amata figlia; così come stare al fianco dei compagni, compagne e affini di diversa tendenza per continuare ad agire assieme; ma so che questo non è un gioco e che la lotta va portata avanti fino alle ultime conseguenze, è necessario darle la serietà richiesta per cui esistono occasioni in cui è necessario prendere decisioni che possono essere dolorose per via dell’allontanamento fisico con le persone amate. Ê per questo che vedo nella fuga non la unica via d’uscita però allo stesso tempo la più vicina alla visione che ho della situazione; tra le varie cose, ho ritenuto adeguato agire in questo modo per quello che ho già detto prima riguardo il non dare agio a persecuzioni e tentativi di vincolarmi in futuri atti violenti simili a quelli per cui sono stato prigioniero, e di conseguenza vincolare anche altri compagni e coloro che si incrocia sul cammino; è chiaro che sappiamo di cosa si avvale lo Stato e i suoi sbirri della legge e dell’ordine e (dico ciò) non per paura, bensì partendo dal fatto che prendersi cura dei e delle nostre (compagnx) è anch’esso un atto insurrezionalista.

Parte della mia insurrezione individuale consiste nella rottura con ogni forma di incatenamento e come parte preponderante è necessaria la costante distruzione di qualsiasi relazione personale/sociale emanata dall’odiato nemico Stato/Capitale e qualsiasi autorità dalla quale continuo a dichiararmi in guerra permanente nell’ambito delle mie possibilità; tali relazioni riflesse nella società alienata che riproduce solo quello che impara nei suoi istituti educativi e religiosi, nei mezzi d’informazione e di produzione economica/tecnologica, così come le sue forme di condotta negli aspetti quotidiani che conducono solo alla dominazione e, dovuto a ciò, la mia necessità di non partecipare nel gioco giuridico di essere un “buon cittadino” che possa dimostrare che il castigo usato tramite le leggi e i suoi mentori funzionano, vaffanculo!

Per questo, preferirei morire nel tentativo, prima di cercare qualche concessione, mediazione, aiuto o patto con lo stesso nemico che cerco di distruggere, intendendo che ognuno ha le proprie prospettive o maniere di fare le cose, rispettando ciò che ognuno faccia con le sue lotte e appoggiando quelle con cui mi sento in affinità o che almeno mostrino certa ostilità verso il nemico; però questa è la mia e a questa mi attengo.

Senza aggiungere altro, un forte abbraccio a chi arrivi a leggermi, in special modo alle mie amicizie, compagni e compagne di lotta, ai miei familiari e a tutti quelli che si identificano nella lotta contro il potere in tutte e ognuna delle sue sfaccettature. La lotta continua, non riconoscendo la situazione come premessa del finale ma solo la continuazione del libero agire.

¡PER LA LIBERTÀ DEI E DELLE PRIGIONIERX NEL MONDO!

¡PER LA SOLIDARIETÀ CON COMPAS IN FUGA, CHE IL VENTO CANCELLI LE VOSTRE TRACCE!

¡PER LA DISTRUZIONE DEL POTERE IN TUTTE LE SUE MANIFESTAZIONI!

¡SOLIDARIETÀ CON I COMPAS IN SCIOPERO DELLA FAME!

¡GUERRA SOCIALEOVUNQUE!

¡VIVA LA ANARCHIA!

Carlos López “Chivo”
Da qualche posto del mondo
5 aprile 2015

[1] In quel periodo Mario López (detto Tripa) era in libertà condizionale, per cui doveva recarsi ogni settimana a firmare presso un giudice. Il 20 gennaio 2014 dopo aver firmato, venne trattenuto su richiesta della PGR (Procura Generale della Repubblica) per una presunta indagine in corso. Successivamente viene arrestato per aver violato la Legge Federale su Armi e Esplosivi nel giugno 2012, reato per cui aveva passato circa sei mesi in carcere ed era stato fatto uscire pagando una cauzione. Mario viene scarcerato dopo una decina di giorni pagando una cauzione e in quel momento decide di darsi alla fuga (Qui una sua lettera dove spiega la sua presa di posizione: http://reporter.indivia.net/prima-lettera-pubblica-di-mario-lopez-el-tripa/)

[2] Gruppo di Avvocati Solidali con i Prigionieri Anarchici