Sulla Federazione Anarchica Italiana (2010)

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È del 16 dicembre scorso un comunicato della Commissione di
Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana in merito ai
fatti di Gradisca d’Isonzo e di Milano. Una nota molto rassomigliante
a quella diffusa il 28 dicembre 2003 subito dopo i fatti di Via
Gerusalemme a Bologna.

Ora, doversi ritrovare tra le mani questi
trafiletti degni delle penne migliori del Giornale o del Resto del
Carlino lascia davvero l’amaro in bocca, quando non monta il prurito
alle mani. Che dei “compagni” siano così dediti alla
delazione e all’infamia, quali che siano le proprie pratiche e i
propri pensieri, da far invidia a scribacchini e questurini è
indecente.
Sicuramente certe pagine potrebbero benissimo essere
ignorate o utilizzate nel caso si finisca la carta igienica, ma la
faziosità e la malcelata paura di poter essere scambiati per
anarchici più silenti e meno pantofolai inducono a qualche
riflessione.
Tralasciando la querelle tra federazione di sintesi e
federazione informale, tra gradualismo rivoluzionario e
insurrezionalismo, se si passa ad analizzare i due comunicati a firma
Federazione Anarchica Italiana in merito ad azioni rivendicate dalla
Federazione Anarchica Informale balzano agli occhi molti elementi
interessanti.
In primis, la FAI come Federazione Anarchica Italiana è un
marchio registrato che pretende esclusività. Fuori dalla
Federazione Anarchica Italiana non vi possono essere anarchici. Al
massimo qualche “poliziotto di vocazione” che si camuffa di nero.
Perché gli anarchici, quelli veri, quelli a volto scoperto,
quelli protetti da copyright, non devono essere associatia infami
azioni provocatorie. E tanto meno la loro sacra e storica sigla. La
stessa del Fondo Italiano per l’Ambiente e della Federazione
Autotrasportatori Italiani. Forse sarebbe consigliabile, dal momento
che le due sopra citate realtà sono tutto tranne che
informali, che la FederazioneAnarchica Italiana
intraprendesse le
vie legali, per mezzo del pool di avvocati che scrive sui loro organi
federali, al fine di riapproppriarsi di ciò che le spetta per
divino volere: la santa firma FAI. Quante cavillose e inutili
precisazioni sul proprio nome indossate a maschera per nascondere il
timore di passare per i cattivi. Se si volesse, al contrario, pensar
male si potrebbe perfino arrivare a concludere che con questa marea
di carta sprecata per puntualizzare che non si è brutti e neri
terroristi si sia in cerca di pubblicità e/o di legittimazione
politica. Ma non ci allarghiamo troppo…
La FAItaliana arriva
addirittura a sostenere che la Federazione Anarchica Informale additi
alla repressione i compagni (cioè loro stessi, in preda al
panico sotto lecoperte) per una “infelice” scelta di nome. Per di
più con un furbesco tono da “dico – non dico” con cui si
vuole sottintendere che la sigla FAInformale altro non sia che
l’ennesima macchinazione statale atta a criminalizzare i veri
anarchici federati sotto la bandiera di Saint-Imier (che si sia
rimasti unpo’ indietro con gli anni?).
Pare, però, alquanto
più verosimile che chi addita i compagni alla repressione sia
la Federazione Anarchica Italiana, che si arroga la qualifica di
“principato degli anarchici”, nel quale gli anarchici di origine
controllata sottostanno ad un unico pensiero e danno vita soltanto a
determinate pratiche.
Al di fuori di queste non si è più
anarchici, ma provocatori e infami, se non sbirri. E,
conseguentemente, scattano scomuniche e fogli di via.
Perchè una federazione come si deve non può che essere formale, di
sintesi. Chissà, che l’informalità non sia un nuovo
trucchetto di quei malandrini dei poliziotti a cui però si
deve rispetto umano? Mah… giusto per istillare un po’ di dubbi… e
magari tirare acqua al proprio mulino.
Nessuno può
pretendere che all’interno di un variegato movimento come può
essere quello anarchico (assodato poi che di movimento si possa
parlare, ma prendiamo per buoni i termini usati nei comunicati) ogni
sua anima si riconosca nelle pratiche di tutte le altre. Ma c’è
una gran differenza tra il non riconoscersi in determinate azioni e
lo sconfessarle pubblicamente, bollandole di infamia e provocazione.
Se la Federazione Anarchica Italiana non adotta certi metodi come
propri ciò non significa che altri anarchici non possano
prendere vie diverse, ma evidentemente certi ragionamenti non sono
abbastanza avanguardisti per essere capiti.
Per la FAItaliana, vere azioni dirette contro il dominio e le sue
articolazioni sono funzionali alla “strumentalizzazione mediatica”,
nonché un impedimento al regolare svolgersi delle vere lotte
che solo i veri anarchici compiono, ossia gli scioperi, il
sindacalismo di base e l’apertura di circoli.
Saremmo tentati di
ricordare ai compagni della FAI (quella legalmente riconosciuta, per
carità!) che forse ancora non hanno capito in che secolo ci si
ritrova a vivere. Il 1900 è passato da un pezzo e voler
riproporre ostinatamente strumenti di lotta validi allora in un
contesto, come quello attuale, radicalmente cambiato, è per lo
meno miope. Purtroppo o per fortuna, la guerra sociale deve dotarsi
di armi adeguate alle condizioni dello scontro. Le condizioni dai
tempi di Malatesta sono un pochettino state trasformate. Ma forse il
vino delle osterie, tra un nostalgico brindisi e l’altro, ha
leggermente rallentato i compagni gradualisti. Speriamo si
riprendano, un giorno.
Per ritornare ai “famigerati” pacchi
bomba, la Federazione Anarchica Italiana scrive che il loro impiego è
“oggettivamente” antianarchico (quale dogma e verità
incontestabile), per non parlare poi del fatto che possano colpire
indiscriminatamente. In effetti, una pacco bomba recapitato ad un CIE
potrebbe finire in mano ad uno dei reclusi, così come un
ordigno piazzato in una università e programmato per esplodere
alla tre di notte potrebbe ferire qualche studente o bidello. Se
invece, per chi scrive, nella categoria dell’indiscriminatamente
rientrano Croce Rossa, Misericordia o le mura dell’Università,
noi saremmo stati felici che si fosse assistito a qualche
indiscriminata vittima.
Ma non avevamo capito! Le bombe di Milano e di Gradisca altro non
sonostate che il giochetto dello Stato per distogliere l’attenzione
(sempre mediatica, mai dimenticarlo. E come dimenticare i continui
appelli ai colleghi “operatori dell’informazione” affinchè
compiano bene il proprio mestiere?) dalle tante manifestazioni a
marchio FAI italiana per ricordare. Ricordare cosa? Ah si, Pinelli e
le stragi.
Perchè lo Stato “non può tollerare”
che si ricordi quello che i verianarchici da quarant’anni non fanno
altro che urlare ai quattro venti. Che Pinelli (ormai assunto a
martire cherubino) è stato ucciso dalla polizia e che Piazza
Fontana fu una strage di Stato. Verità certamente
incontestabili, ma ci pare che allo Stato pochi importi che ogni
tanto qualche decina di persone giri per le piazze con lumini e
drappi neri a raccontare storie ritrite. È difficile credere
che lo Stato non possa tollerare tale carica sovversiva.
Di omicidi a mano sbirresca se ne contano uno al giorno e quelli di
quarant’anni fa anche se vengono ricordati… amen, in fondo si
tratta di qualche vecchietto innocuo. Questo penserà lo Stato,
al massimo.
Ma la Federazione Anarchica Italiana, in preda a
costante vittimismo, si ferma qua. Si compiace di come siano bravi a
ricordare alla gente come il potere sia brutto, cattivo e birbone.
Sottoscriviamo.
Nel predicare al cielo la FAItaliana è
davvero una campionessa. Mad’altronde si sa, spesso chi predica bene
(e neanche tanto in questo caso), razzola male. E dai fiumi di parole
e d’inchiostro, la FAItaliana non sa che stringere banalità e
stupidità.
Un miopismo reazionario, tanto per usare un
termine a loro caro, che si affianca alla paura dello slancio in
avanti e alla malafede delle delazioni.
I “bei tempi andati”,
unico carburante di un cadavere in putrefazione sono andati. Prima ce
ne si accorgerà meglio sarà per tutti.
Ma, più realisticamente parlando, fa comodo a certi non accorgersene, per
poter meglio ammantare la propria vigliaccheria con le solfe
dell’educazionismo e delsindacalismo.
Nel concludere, una sola
precisazione: le critiche qui espresse non ritengono essere rivolte a
tutte le individualità che compongono la Federazione
Anarchica Italiana. Certamente nella base di quell’organizzazione ci
sono persone mosse da buona fede e da buoni propositi, ed a loro
diciamo: sveglia!
A chi invece si riconosce nei comunicati della
Commissione di Corrispondenza non ci resta che ricordare che le Forze
di Polizia assumono sempre.

Alcuni informali corrispondenti

Sulla Federazione Anarchica Italiana