Riccardo d’Este, Malattia e società capitalista neomoderna

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Il rapporto che si ha con il proprio corpo, la sua caducità e dunque con la vita e con la morte; in questo senso l’AIDS risulta esemplare. Abbiamo già visto come non sia una malattia ma la possibilità di un gran numero di malattie. Il corpo, già espropriato delle sue capacità erotiche e creative, si vede così espropriato anche di usare le malattie come fasi della sua difesa ed eventualmente della sua rigenerazione. (…)
Avendo perso il senso del ciclo, avendo sovrapposto alla prima natura la seconda (il capitale), è al capitale stesso che si richiedono delle ipotetiche soluzioni. In particolare: alla scienza medica o alla morale o alla filosofia ecc. Nel buio di esistenze perdute si vedono soltanto i fuochi fatui.

 

L’AIDS cammina con la società, con il capitale, con i sacerdoti medici. Siamo noi a doverci rifiutare di camminare con loro. Anche a costo della vita, che peraltro già ci fanno scontare nella sopravvivenza.
Come si è detto un tempo, e va costantemente ripetuto, «meglio una fine nell’abisso che un abisso senza fine». E forse, chissà, riusciremo a non farci male. Giocandocela

tutta subito, oggi, in rivolta.

Riccardo d’Este, Malattia e società capitalista neomoderna, 24 pagine, 2.00 €

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