Carcere | Agrigento – Scritto collettivo dei prigionieri su rifiuto di rientro dal passeggio

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Segue un testo collettivo, pervenutoci solo ora, sulle ragioni del rifiuto di rientro dall’aria dei prigionieri del carcere di Agrigento, che illustra chiaramente le condizioni afflittive di quella struttura:

Alla direzione C.C. Agrigento, ai mezzi di informazione di tutti i tipi, alle associazioni pro-detenuti, al garante dei detenuti, al ministro della giustizia, al magistrato di sorveglianza.

Noi detenuti a partire da oggi, domenica 29 novembre, entriamo in sciopero che manifestiamo  nel rimanere al passeggio a tempo indeterminato, perché si è già oltrepassato il limite della disumanità che il carcere di Agrigento produce. Ci sono dei principi di civiltà e dignità che devono separare la pena da scontare dalla tortura e questo non potete non saperlo e lo stato è nella piena violazione dei più elementari diritti dell’essere umano.

Il detenuto ha diritto a un trattamento giusto e umano e deve lottare per migliorare le proprie condizioni. Non sopportiamo più il trattamento bestiale, umiliante, degradante e di tortura che le condizioni detentive ci infliggono ogni giorno, sia a livello di struttura fatiscente e non a norma di legge, che di regolamento interno, che annulla tutti i nostri diritti, la nostra umanità, che ci farà uscire di prigione ammalati, disturbati, abbruttiti con una rivalsa vendicativa nei confronti della società perché è il carcere mera vendetta che non risponde al dettato costituzionale ed è perciò un’istigazione al suicidio, all’autolesionismo, alla castrazione chimica.

Vi ricordiamo i fatti: non esiste il diritto alla salute per carenza di farmaci e di cure adeguate, un esempio è il Sig. Angelo Castagna che da 20 giorni ha estrema difficoltà a camminare (si fa la doccia seduto) e ha perso già 35 kg di peso nel giro di 2 mesi.

Non c’é mai stata una disinfestazione. Pericolo di malattie infettive, con blatte, piattole e topi in libera circolazione.

Non esiste neanche un defribillatore in infermeria, uno strumento che pensiamo avrebbe salvato la vita a Mohamed, il ragazzo algerino morto in questo carcere due mesi fa. L’ennesima vittima che miete lo stato nelle sue patrie galere.

Sovraffollamento nelle celle insostenibile, dove non esistono riscaldamenti, senza acqua calda, neanche nelle uniche due docce, ridotte male, presenti in sezione; e quando capita per un breve lasso di tempo che esce acqua calda, è vietato riempire un secchio per portarselo in cella, pena rapporto disciplinare e soppressione del
proprio turno doccia (3 volte a settimana).

Il freddo è pungente ma ci proibiscono di avere guanti di lana o cuffiette o un maglione in più per proteggerci dal gelo.

Nel carcere piove dentro dappertutto. Le tubature delle celle sono marce in quanto anche dall’acqua fredda che scorre dai rubinetti, esce odore di fogna e quindi non è potabile.

I bagni minuscoli privi di finestra, hanno un aspiratore che non ha mai funzionato, costringendoci a respirare i maleodoranti bisogni fisiologici quotidiani dei propri compagni di cella, e non c’é areazione per consentire una rapida evacuazione. La situazione diventa sempre più nauseabonda! Ci chiudono il blindo e ci spengono i
televisori in violazione della legge. Neanche il magistrato di sorveglianza è garante dei nostri diritti. Non possiamo neppure accenderci e spegnerci la luce autonomamente in quanto la cella è priva di interruttore.

Non c’é lavoro e il criterio con cui lo gestiscono è tutto sballato.
Agli stranieri che non hanno niente non gli viene garantito un sussidio periodico (neppure uno) per un minimo di sopravvivenza dignitosa, rendendo la galera tripla!

L’area trattamentale non esiste. Ci sono detenuti che da anni non conoscono l’educatore, e quelli che sono definitivi da tanto tempo non hanno ancora lavorato. Siamo nell’ozio forzato più assoluto, senza senso, sempre chiusi tra
angoscia, stress, soprusi, ingiustizie che la fanno da padrona.

Senza barbiere da tempo, non ci garantiscono nemmeno un minimo di decoro verso noi stessi e le persone con cui facciamo colloquio, per non parlare della frantumazione del rapporto affettivo per chi ha la famiglia lontana.

La lista sarebbe ancora lunga delle nefande condizioni cui versala galera e ci sembra inutile proseguire.

Col nostro sciopero non chiediamo di risolvere tutti questi violenti “problemi”, perché siamo realisti e sappiamo già che niente cambierà! Quello che vogliamo invece è la libertà immediata fino a quando non ci sarà una prigione che rispetti i diritti.

“La dignità umana è inviolabile, essa deve essere tutelata e rispettata”.

 novembre 2015

http://www.informa-azione.info/carcere_agrigento_scritto_collettivo_dei_prigionieri_su_rifiuto_di_rientro_dal_passeggio