Maxi-processo all’Onda: richiesti 71 anni di carcere

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A cinque anni di distanza dai fatti contestati, si avvia alla conclusione il maxi-processo agli studenti del movimento dell’Onda e, più in generale, a chi tra il 2009 e il 2011 si è reso protagonista delle lotte sociali in città. Settantuno anni di carcere distribuiti tra settanta imputati. Confermata l’accusa di associazione a delinque su sette imputati, alla base dell’inchiesta che nel 2011 aveva già prodotto l’applicazione di 35 misure cautelari utilizzate dalla procura per attaccare e intimidire le lotte che si producevano in città.

Intanto i movimenti si preparano a scendere in piazza il 9 Aprile con una manifestazione che metterà al centro la legittimità delle lotte e la solidarietà a chi si trova sotto processo.

Riportiamo di seguito il comunicato del Movimento di lotta per la casa e Iniziativa Antagonista Metropolitana:

Una possibilità a cui non rinunceremo.

Più di settant’anni di carcere e più di trecentomila euro di risarcimento per settanta tra gli 86 imputati: questa la richiesta di PM e parti civili avanzata nell’aula bunker del tribunale di Firenze. Si avvicina così alla sentenza il maxi-processo che a Firenze mette sotto accusa le lotte che si sono svolte in città tra il 2008 e il 2011. Il PM ha avanzato la richiesta di condanna per il reato di “associazione a delinquere” per tutti e 7 i compagni imputati per questo reato. Per loro le richieste vanno dai 2 anni e 7 mesi ai 2 anni e mezzo. Confermata anche l’assurda imputazione di “attentato ai diritti politici” per il danneggiamento a una vetrina del PDL. A cinque anni di distanza, viene quindi confermata la volontà della Procura di utilizzare l’accusa di “associazione a delinque” come dispositivo di normalizzazione e disciplinamento delle lotte.
Al centro dell’inchiesta ci sono le iniziative di lotta messa in campo dalle migliaia di studenti che animarono il movimento dell’Onda: blocchi del traffico, occupazioni dei binari ferroviari, la contestazione alla “onorevole” Santanchè, occupazioni di scuole e università e una miriade di cortei “non autorizzati”. Insomma, quel ricco e determinato patrimonio di pratiche che una larga composizione giovanile, durante quel movimento, scelse come forme di opposizione alla cosiddetta riforma Gelmini, all’aziendalizzazione dell’istruzione pubblica e all’involuzione autoritaria e meritocratica della formazione superiore. Ma non solo: dentro quel movimento trovò il suo spazio di espressione anche il rifiuto di una generazione a pagare i costi della crisi economica. “Noi la crisi non la paghiamo”, si ripeteva… Agli inizi della crisi era già chiaro dentro quel movimento che le politiche di austerità avrebbero significato ulteriore impoverimento e aumento della precarietà. Ora sotto processo c’è la radicalità di quelle lotte, ma è evidente come – prima con gli arresti preventivi e oggi con le condanne – si voglia attaccare, più in generale, la possibilità stessa di lottare fuori dai recinti della compatibilità.
Una possibilità a cui non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare. Qualcuno di noi c’era, qualcuno no, ma questo poco importa. Esiste un filo rosso che lega le lotte di ieri e quelle di oggi. E’ la convinzione che non ci sia possibilità di riscatto e trasformazione se non passando per la contrapposizione e le pratiche di conflitto. La stessa convinzione che vive nelle lotte per la casa, il reddito e la dignità.
Non vogliamo restare a guardare mentre la Magistratura attacca i movimenti sociali e la stessa libertà di movimento. A Padova come a Firenze, l’accusa di associazione a delinquere rende la cifra dell’isteria repressiva con cui si vuole cercare di zittire i dissensi e arrestare le lotte. E’ evidente che le lotte e i movimenti che dal basso lanciano la propria sfida ai governi della crisi e dell’austerità continuano a rappresentare un vero e proprio bastone tra le ruote al progetto renziano di un governo della società senza opposizioni e conflitti. E non è un caso che all’epoca dei fatti contestati Renzi fosse sindaco della città.
Collettivi e gruppi di compagni finiscono sotto processo, ma bisogna leggere nelle iniziative repressive l’obiettivo di arginare l’articolazione sociale dei conflitti e attaccare la medietà dei comportamenti antagonisti. Il 9 Aprile dobbiamo scendere in piazza per respingere l’accusa di “associazione a delinquere”, manifestare la solidarietà a tutti i compagni sotto processo, ma soprattutto rivendicare collettivamente la legittimità delle lotte che, oggi come ieri, ci vedono schierati dalla parte giusta della barricata.

Nelle scuole, nelle università, nei quartieri, nei luoghi dello sfruttamento:
Siamo tutti colpevoli di lottare. Giù le mani da chi lotta!

Manifestazione sabato 9 Aprile ore 15.30 piazza Sata Maria Novella.

Iniziativa Antagonista Metropolitana
Movimento di lotta per la Casa Firenze

 

 

firenzedalbasso.org