Genova:contributo in vista dell’udienza per 414c.p.

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Il 24 maggio si terrà  il processo ad un compagno di Genova accusato di istigazione a commettere reati,con l’aggravante di finalità di terrorismo(art. 414 cp)per un suo scritto solidale con gli autori dell’attacco all’AD di Ansaldo Nucleare, Adinolfi .di seguito il contributo in vista dell’udienza di alcuni  anarchici  genovesi solidali .

CONTRIBUTO IN VISTA DELL’UDIENZA PER IL REATO 414 cp.
IL 7 maggio 2012 a Genova viene gambizzato l’allora amministratore delegato di Ansaldo Nucleare,
Adinolfi Roberto. A rivendicare l’attacco furono due compagni anarchici, Alfredo Cospito e Nicola
Gai, tuttora per questo detenuti nel carcere di Ferrara.
Ricevuto l’urto, nell’interesse al suo mantenimento il sistema si organizzò per smorzare e contrastare
il senso dell’accaduto, screditandolo e criminalizzandolo affinché non trovasse seguito. Se da un
lato repressori e polizia attuavano diverse perquisizioni a varie persone nella città e fuori, dall’altro
il Potere mosse stampa ed istituzioni, che data la loro commistione, si adoperarono nella piena
collaborazione.
Niente di nuovo rispetto a come il dominio si organizzi a vari livelli contro chi cerchi di sovvertirlo,
e nel caso reale dell’azione rivoluzionaria cerchi di recuperarne il senso affinché non si diffonda e
non si traduca in memoria storica. Rivisitare a proprio vantaggio gli eventi è una dinamica tipica del
sistema, come talvolta la negazione degli avvenimenti. Invece i libertari o chi si propone in modo
critico nei confronti del dominio da piuttosto vita agli avvenimenti critici o ne contribuisce in senso
analitico, partendo da una base di onestà intellettuale che distingue la critica dal commento subdolo
e dalla retorica negativa; ed esclude interpretazioni fondate su manipolazioni e falsificazioni, prive
di profondità di analisi.
Nel caso dell’attacco ad Adinolfi, una cosa ambigua arrivò dall’ “interno del movimento”, quando
qualche individuo decise di prendere posizione, prendendo le distanze, dall’azione compiuta dai
compagni.
E’ ovvio che interventi come questo, oltre che poter essere inquadrati facilmente come isteriche
reazioni da manie di persecuzione e panico della repressione, portano con se spiacevoli dinamiche
di indebolimento interno.
A questo proposito ha senso qualche riflessione di approfondimento.
La dissociazione
Partiamo dalla banalità di base per cui ad interventi di questo tipo solo il Potere può trovare una
utilità. Infatti, a livello più ristretto, le Magistrature ne traggono spesso utili consigli, e a livello più
macroscopico una certa “compattezza” utile al “movimento” per affrontare le situazioni più accese
anche di fronte alla repressione, si sgretola, provocando frammentazioni. In modo fermo e deciso, è
sempre da criticare il tentativo di chi cerca di differenziare dall’interno il buono ed il cattivo, come il
personalismo di chi cerca riparo di fronte alla tempesta ed è disposto, per questo, ad abbandonare
ogni etica.
Le prese di distanza, le dissociazioni, in cui ultimamente o non, ci capita di imbattere,
certo non aiutano i percorsi di lotta. Ci sembra invece particolarmente opportuno soffermarci in
senso critico di fronte a ciò, alla gravità di ciò che rappresenta, a cosa appartiene e di cosa ne
consegue. Sopratutto considerando la confusione dilagante che porta poi a formulare prese di
distanza, dissociazioni, testimonianze in aula in sede di processo contro i coimputati, insinuazioni
delatorie on-line o delazioni in Tribunale ecc.
Fermo restando i diversi contesti e le singolarità di ogni episodio, dunque le differenti conseguenzeeffetti-
responsabilità, indipendentemente dalle reali motivazioni e intenti degli autori, l’idea di
prendere distanze e/o negare, a seconda dell’opportunità, l’esperienza dell’azione diretta e il
conseguente processo di desolidarizzazione nei confronti degli autori della stessa, è incompatibile
con un sentimento anarchico o più in generale con un sentimento di rivolta. Altrettanto i tentativi di
“relativizzare” l’azione diretta e la sua validità.
Ma se non ci sentiamo coinvolti e/o rappresentati nel momento in cui la violenza riconosce il suo
oggetto e sfida l’autorità, quando il senso anarchico e di opposizione si esprime nella sua efficacia,
quando ci sentiamo vivi?! Da riconoscere, in questo senso, quanto interventi come dissociazioni e
prese di distanza vadano nel senso del recupero piuttosto che della lotta multiforme. In antitesi a
quel che viene ritenuta una forza, ovvero la solidarietà, la comunanza e la complicità.
Chi, propone un’ idea di rivolta permanente dovrebbe confrontarsi sul se e sul modo di relazionarsi
in maniera efficacie a questi spiacevoli eventi, contrariamente a quanto magari si fa.
E’ assodato che volgendo lo sguardo al panorama antagonista attuale, il fatto di riconoscersi come
compagni reciprocamente si ferma alla teoria e ad un’idea romantica, ma pericolosamente falsata, di
movimento. Alcune componenti di questo movimento , implicitamente od esplicitamente,
propongono un’ idea ad intermittenza dell’azione diretta e della solidarietà ai compagni in lotta fuori
e dentro le galere, resisi responsabili o accusati per atti di rovesciamento dell’esistente. Oltre a ciò,
spesso si fatica a considerare la critica ed il confronto come momenti arricchenti di crescita
individuale oltreché collettiva, ed accecati dal proprio protagonismo politico e personale li si
rifugge o li si combatte.
La solidarietà
Cerchiamo sempre di progredire, analizzare e migliorare le esperienze passate anche se a volte non
è facile nella carenza di organizzazione che connota il presente. Assistiamo a volte ad una
virtualizzazione della vita, oltreché della lotta nella quale si rappresenta lo spettacolo della rivolta e
a letture politiche strumentali a differenziare la legittimità o meno delle azioni. Non ci stiamo.
L’azione anarchica contro le strutture pari a quella contro gli individui fa parte di un percorso di
emancipazione e di rovesciamento. La solidarietà ai compagni che subiscono la repressione dello
Stato e dei suoi apparati, la complicità ideologica, come la riproducibilità dell’atto, sono alcuni dei
passaggi di questo percorso, nella ricchezza della lotta multiforme. Dove per multiforme non si
intende la necessità di includere pratiche riformiste nell’esperienza rivoluzionaria, ma piuttosto
l’esprimersi in varie forme, ma sempre secondo una logica di incompatibilità e conflittualità con il
potere e le sue diramazioni, senza dare spazio al recupero.
Il reato 414 cp. con finalità di terrorismo
Se all’esterno depreda, conquista, compie genocidi, devasta le vite e di territori in nome del profitto,
all’interno lo Stato si arma contro li dissenso. Oltre a colpire direttamente cerca di isolare e
parcellizzare gli atti di liberazione e giustizia sociale. Anche contro chi sostiene eticamente l’azione
diretta è prevista una punizione penale. Il codice penale italiano prevede l’articolo 414 cp ,
“istigazione a commettere reati, con l’aggravante della finalità di terrorismo”.
Sono vari i casi in cui abbiamo visto applicare questo tipo di accusa con rinvio a giudizio, uno
quello di Carlo, un compagno genovese accusato in relazione ad uno scritto solidale con l’azione di
Alfredo e Nicola titolato “a chi non si dissocia” , in risposta al testo di presa di distanza “i puntini
sulle i”. Non si tratta del primo caso di procedimenti di questo tipo, ricordiamo la situazione di altri
compagni, con condanna in appello, nell’ambito del processo per l’Operazione Shadow, che ha già
visto 3 condanne a tre anni per la pubblicazione KNO3. Altri due compagni sottoposti a giudizio a
marzo 2016 e assolti, in merito ad uno scritto del 2014 di Nicola. Un altro caso in Trentino di un
compagno condannato in primo grado per un articolo comparso sul giornale “Invece”.
Di recente, anche un avviso di conclusione indagini nei confronti di alcuni anarchici a Palermo per
la diffusione di alcuni manifesti murali e altre pubblicazioni.
A tutti loro va la nostra solidarietà!
Il 24 maggio dalle ore 10 saremo al palazzo di Giustizia di Genova per esprimere il nostro sostegno
a Carlo in occasione dell’ udienza che lo vede imputato.
Senza scadere nel dogmatismo, isolandoci e privandoci della possibilità di incontrare e conoscere
nuovi compagni di lotta, nella lotta, e senza prestare il fianco alle gerarchie informali e a pericolose
strumentalizzazioni di chi ritiene che un metodo di lotta offensiva vada bene un giorno e l’altro no,
in un posto e nell’altro no, in tanti si ma non in pochi, fatto da certi si da altri no, e così via…
Continueremo ad esprimerci e portare alto il valore della lotta. Solidarizzare con i compagni
prigionieri e sostenere ogni attacco ed ogni atto di rivolta e sovversione. Perché solo così ci
sentiamo vivi…
Anarchici genovesi e solidali

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test in pdf:Contributo 24 maggio

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