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Ho la febbre in tutto il corpo – Una lettera a Josefina Scarfò

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Domenica 19 agosto 1928.

«Mia amica. Ho la febbre in tutto il corpo. Il tuo contatto mi ha riempito di tutte le dolcezze. Mai come in questi lunghissimi giorni, ho tanto centellinato i sorsi della vita. Prima vivevo le ore tranquille di Tantalo ed ora, oggi, l’oggi eterno che ci ha uniti, vivo, senza saziarmi, tutti i sentiti armoniosi dell’amore tanto cari a Shelley ed alla George Sand. Ti dissi – in quell’amplesso espansivo – quanto tempo ti amavo, ma vorrei dirti anche quanto ti amerò, perché il pane della mente che sa materializzare tutte le idealità elette dell’esistenza umana,ci sa rà la guida più esperì a, pieno di tante abilità, risolutrice di tutti i problemi nostri, che – e te lo dico con tutta la sincerità di un amico, di un amante di un compagno il nostro unisono bene sarà bello e lungo, godente e pieno di tutti i sentimenti, grande e sconfinatamente eterno. Quando ti parlo di eternità – tutto ciò che il cuore ha voluto ed amato è eterno – voglio alludere all’eternità dell’amore. L’amore mai muore. L’amore che ha germogliato lontano dal vizio e dal pregiudizio, è puro e nella sua purezza non si può contaminare e l’incontaminato è dell’eternità.Vorrei potermi esprimere sempre nel tuo idioma (Fina gli scriveva sempre in Castigliano, n.d.r.) per cantarti ogni attimo del tempo la dolce canzone dell’anima mia, farti comprendere i palpiti che percuote fortemente il cuore, le delicate figurazioni del pensiero mio che di tè invaghitesi non potrà mai dare il “finis” della sua elegia. Ma d’altra parte – io che credo che il mio amore è da te contraccambiato con tutta la possanza della tua gioventù ancora in bocciolo, l’ho letto tante volte sulle tue nere pupille – mi contento nel sapere che per comprendere queste linee debbono essere rilette più di una volta da tè. Tu non avrai tempo di scrivermi. Tu devi ancora dedicarti allo studio. Baciami come io ti bacio. Rendimi duplicato il mio bene che ti voglio. Sappi che ti penso sempre, sempre, sempre. Sei l’angelo celestiale che mi accompagna in tutte le ore tristi e liete di questa mia vita refrattaria e ribelle. Con te, ora e sempre».
Severino Di Giovanni

Lo viejo y lo nuevo en el anarquismo

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Piotr Archinov

En el órgano anarquista de Ginebra Le Reveil, como suplemento, el camarada Errico Malatesta ha publicado una artículo crítico sobre el proyecto de la Plataforma Organizativa editado por el grupo de anarquistas rusos en el exilio.

Este artículo nos ha producido perplejidad y pesar. Esperábamos, y aún esperamos, que la idea del anarquismo organizado encontraría una obstinada resistencia por parte de los partisanos del caos, tan numerosos entre las filas anarquistas, porque tal idea obliga a que todos los anarquistas que participan en el movimiento sean responsables y a que adopten nociones de deber y constancia. Hasta ahora, el principio favorito en que la mayoría de los anarquistas habían sido educados puede ser explicado por el siguiente axioma: “Hago lo que quiero y no doy cuenta de nada”. Es muy natural que los anarquistas de esta especie, impregnados de tales principios, sean enérgicamente hostiles a toda idea de anarquismo organizado y de responsabilidad colectiva.
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Gli eroi guerreschi come grandi criminali (Ed. Archivio Famiglia Berneri 1987)

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Camillo Berneri

Camillo Berneri – Gli eroi guerreschi come grandi criminali (Ed. Archivio Famiglia Berneri 1987)
[Puj] Io per rilassarmi solitamente leggo vecchi opuscoli anacronistici. Questo, a firma di Camillo Berneri, filosofo anarchico anti-fascista, morto in Spagna durante la guerra civile, è anche ricco di spunti interessanti e pure attuali. Il libretto raccoglie alcuni articoli redatti tra il ‘25 e il ‘29 quando Berneri, in fuga dall’Italia fascista, si era rifugiato in Francia. L’autore si scaglia contro il mito dell’eroismo del soldato, linfa vitale di tutta la propaganda patriottica e guerresca tanto di moda all’epoca, smontandolo pezzo per pezzo.
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Émile Armand (21 texts)

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Is the Illegalist Anarchist our Comrade?

Émile Armand (1911)

(Notes: From “L’Illégalist anarchiste, est-il notre camarade?” Paris and Orleans, Editions de “l’en-dehors.” [n.d].Translated for marxists.org by Mitchell Abidor.)

 

When we consider the thief as such we can’t say that we find him less human than other classes of society. The members of the great criminal gangs have mutual relations that are strongly marked with communism. If they represent a survival from a prior age, we can also consider them as the precursors of a better age in the future. In all cities they know where to address themselves so they’ll be received and hidden. Up to a certain point they show themselves to be generous and prodigal towards those of their milieu. If they consider the rich as their natural enemies, as a legitimate prey — a point of view quite difficult to contradict — a large number of them are animated by the sprit of Robin Hood; when it comes to the poor many thieves show themselves to have a good heart.

(Edward Carpenter: Civilization, its Cause and Cure.)

I am not an enthusiast of illegalism. I am an alegal. Illegalism is a dangerous last resort for he who engages in it, even temporarily, a last resort that should neither be preached nor advocated. But the question I propose to study is not that of asking whether or not an illegal trade is perilous or not, but if the anarchist who earns his daily bread by resorting to trades condemned by the police and tribunals is right or wrong to expect that an anarchist who accepts working for a boss treat him as a comrade, a comrade whose point of view we defend in broad daylight and who we don’t deny when he falls into the grips of the police or the decisions of judges. (Unless he asks us to remain silent about his case)
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LETTERE DI SEVERINO ALLA SUA AMANTE AMERICA

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 e lettere che Severino Di Giovanni scrisse alla giovane amante, l’adolescente d’origine calabrese Josefina America Scarfò detta Fina,  furono scovate da Osvaldo Bayer, il giornalista argentino che sull’anarchico svolse accurate ricerche culminate nella pubblicazione di una fondamentale biografia nota anche in Italia (Osvaldo Bayer, Severino Di Giovanni, l’idealista della violenza, Edizioni Collana “V. Vallera”,  Pistoia 1973).
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