Adesso – Foglio di critica sociale – Rovereto, 28 settembre 2001 – Numero 9

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Malati di normalità

Come annunciato, questo nono numero di Adesso esce come contributo alla lotta contro l’apertura del “manicomio dorato” di Man/Madonna bianca a Trento, una struttura di duemila metri quadrati che l’Azienda sanitaria vuole aprire ai primi di ottobre. Come spieghiamo in questo foglio, alla luce della nuova proposta di legge (presentata da Burani di Forza Italia) sulla “malattia mentale”, il progetto di Madonna bianca appare fin troppo chiaro: ritornare a forme sostanzialmente manicomiali di psichiatria. Detto più chiaramente, si vuole legalizzare una situazione di fatto diffusa (ricoveri coatti che durano mesi o anni, l’impossibilità da parte del “paziente” di rifiutare le “terapie”, eccetera). Tutto ciò sorprenderà soltanto chi non ha riflettuto su questa semplice constatazione: nella sua storia, la psichiatria ha continuamente modificato i propri strumenti (a seconda del contesto politico e soprattutto del grado di indifferenza sociale su cui poteva contare), senza mai cambiare la propria logica. E qual è questa logica? Determinati comportamenti sono il frutto di una misteriosa “malattia mentale” che bisogna “curare”, indipendentemente dalla volontà di chi ne è “affetto”. Di fronte a certi conflitti (di ordine famigliare, morale, sociale, eccetera) si esclude una delle parti in causa, la si priva di ogni possibilità di spiegare le sue ragioni. Ecco, il concetto di “malattia mentale” serve a questo: separare certe azioni dai loro autori, bollando questi ultimi come irresponsabili (è la malattia che agisce, non loro) e condannandoli a una sorta di morte civile, quando non psichica. Chi mai ascolterebbe le motivazioni di un “malato di mente”? Quando alcuni contrasti sono o sembrano difficili da affrontare, li si elimina trasformandoli in problemi clinici. La violenza diventa “terapia”, i carcerieri dei “medici”, e noi siamo tutti più tranquilli: siamo innocenti. Perdurano questa logica – la stessa che ritroviamo in tutti i luoghi, siano essi centri diurni, case-famiglia, comunità protette o altro, in cui qualcuno per professione o per ruolo “aiuta” in senso unilaterale gli altri – anche gli antichi strumenti ritornano in uso. Torture quali l’elettroshock, ad esempio, non solo non sono mai state abolite, ma vengono ancora praticate (magari sotto il nome di “distensive”). Il manicomio, insomma, è la psichiatria; è la definizione stessa di malattia mentale con tutte le figure che vi ruotano attorno. Si tratta di una gabbia che può chiudersi attorno a chiunque. Solo in un anno, in Italia, vengono somministrai trenta milioni di Tavor (di cui dodici milioni in Trentino) e circa dieci milioni di individui hanno a che fare con la psichiatria. Sempre più persone fanno fatica a vivere in questa società: i “medici dell’anima” ne controllano il malessere. Quanti sanno, tanto per fare un esempio, che il concetto di “schizofrenia” (alla base di moltissimi ricoveri) è nato in un manicomio, tra le lobotomie e i coma insulinici? D’altronde, a chi sono stati affidati i “pazienti” se non a quegli stessi psichiatri di fronte alle cui violenze ci dicevamo inorriditi? E il centro di Man? Che abbiano o meno il giardino, che abbiano o meno un parco giochi aperto al quartiere, delle strutture in cui si è costretti a stare, a lavorare (il lavoro rende “sani”: non vi ricorda nulla?), a “curarsi”, sono ancora dei manicomi. Impedire che aprano significa battersi per la libertà di tutti. Eppure, le altre violenze della psichiatria non sono per questo da trascurare. Partire da un obiettivo specifico (all’insegna del saggio principio di dare all’ingiustizia sempre nome e indirizzo) è per noi un’occasione significativa per portare la critica pratica alla psichiatria in tutta la società, per estirpare quanto più possibile le sue radici dalla nostra vita quotidiana.  

CON NUOVI ARTIGLI

Intorno agli anni Settanta, la lotta contro la psichiatria divenne tanto forte e diffusa che, per non permettere che l’ideologia psichiatrica fosse rasa al suolo a partire dalle fondamenta, il governo fu costretto a concedere la legge 180, più conosciuta come legge Basaglia, entrata in vigore il 13 maggio 1978. Questa legge prevedeva manicomi aperti (fino ad allora cronicari per gli indesiderabili sociali), per poi procedere al loro graduale smantellamento. In realtà, dal 1978 a oggi i manicomi hanno solo cambiato nome. L’apparenza che la lotta contro la psichiatria fosse vinta ha permesso alla maggioranza delle anime che vi avevano preso parte di addomesticarsi. Così, trascorsi 23 anni, sopito il dissenso, la psichiatria torna ad affilare gli artigli. E’ infatti del 30 maggio 2001 una nuova proposta di legge che punta a “limitare i danni” portati dalla 180 al potere psichiatrico. Presentata dal deputato Burani Pietraccini, è stata avviata il 19 settembre 2001. Questa proposta prevede la reistituzione dei manicomi sotto forma di “strutture residenziali con assistenza continuata” (SRA), dove potranno essere internate tutte le persone che, a partire dall’età di quattordici anni, verranno considerate malate di mente, i reduci da ospedali psichiatrici giudiziari (gli ex manicomi criminali), o semplicemente i recalcitranti alle cure, sia psichiatriche che generiche. Si vuole così togliere la possibilità di opporsi a terapie mediche di qualunque genere, poiché “il malato ha diritto alla cura anche quando la sua alterazione mentale lo porti a rifiutare ogni aiuto” (art. 4 par. 1). Il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) d’urgenza, infatti, “può essere effettuato anche in caso di patologie fisiche che il malato si rifiuta di curare” (art. 3 par. 2 comma A). Insomma, si rende praticamente impossibile opporsi a qualunque tipo di terapia, pena l’internamento per mezzo di TSO. I TSO vengono divisi in due categorie: normali e d’urgenza. I primi “possono essere richiesti da chiunque ne abbia l’interesse”, vengono effettuati in caso di “alterazioni psichiche tali da arrecare danno al malato o a terzi” (Ibidem.). Hanno una durata massima di 72 ore, senza possibilità di rinnovo, ma possono essere prolungati fino a due mesi “a scopo diagnostico o nell’attesa di trovare strutture alternative” (art. 3 par. 4). In pratica un TSO d’urgenza può trasformarsi in un TSO normale e durare all’inifini visto che quest’ultimo “ha una durata massima di due mesi, rinnovabile”. Esso consiste in “visite mediche a domicilio presso il CSM (centro di salute mentale), somministrazione a domicilio di farmaci, ricoveri presso strutture residenziali, esami clinici e di laboratorio ed in genere in trattamenti diagnostici da effettuare presso gli ospedali dotati di reparto di psichiatri (art. 3 par. 2 comma B). Tutto questo senza uno straccio di consenso della vittima o dei famigliari. Quanto a questi ultimi, possono riunirsi in associazione ed eleggere un rappresentante che andrà a far parte, con un giudice tutelare e uno psichiatra, della “commissione per i diritti del malato di mente”. Tale commissione ha funzioni ispettive e di controllo e sarà incaricata di esaminare i ricorsi a seguito dei TSO. Uno psichiatra “che eserciti la sua professione da almeno dieci anni” che farà? I giudici tutelari non si sono mai opposti ad un TSO. Ben si conosce, infine, la collaborazione tra le associazioni dei famigliari e gli psichiatri (chi si è mai chiesto perché nessuna “associazione di famigliari” è mai nata per opporsi ai manicomi?). Al di fuori di questa commissione, solo il medico responsabile della struttura o, in caso di somministrazione di terapie a domicilio, il medico curante possono liberare la persona. Dopo essere stati rinchiusi nelle SRA, con o senza consenso, gli psichiatrizzati saranno costretti a lavorare. Dovranno farlo all’esterno (tramite liste di collocamento) o all’interno delle suddette strutture e, con il ricavato, pagare il “soggiorno obbligato”, le terapie e gli operatori sanitari. Spetterà loro unicamente un quarto del guadagno (art. 4 parr. 2 e 3). Il concetto di “ergoterapia” (terapia del lavoro) era fondamentale nella psichiatri manicomiale degli anni ’50, non a caso. Verranno ripristinate a pieno titolo tutte le strutture che hanno funzionato come ospedali psichiatrici prima e dopo la legge 180 – per lo meno quelle che potranno “essere dotate di adeguati spazi verdi e di ricreazione” (art. 2 par. 3 comma B) – così gli psichiatri democratici saranno contenti. Per finire, almeno un ospedale ogni cinquecentomila abitanti dovrà dotarsi di un pronto soccorso ventiquattr’ore su ventiquattro, attravero il quale effettuare TSO e trattamenti vari. Riassumendo, questa aberrante proposta di legge si propone di attaccare ulteriormente la possibilità di ciascuno di decidere per la propria salute fisica e del proprio modo di essere, di rendere il potere della psichiatria ancora più forte e assassino attraverso la potenziale eternizzazione dei ricoveri, e di istituire una sorta di lavori forzati. Alla luce di tutto questo, la struttura manicomiale di Man, che entrerà a pieno titolo a far parte delle SRA, svela la sua vera funzione. Sarà un piccolo modello per un progetto nazionale che consiste nel far tornare la psichiatria agli antichi splendori, nel medicalizzare i conflitti sociali, nello sfruttare la sofferenza.

Né con le loro uniformi, né coi loro camici bianchi

“…L’uomo muore in tutti coloro che mantengono il silenzio di fronte alla tirannia… in qualsiasi popolo

che volontariamente si sottomette alla quotidiana umiliazione della paura, l’uomo muore”.

Wole Soyinka

Nono si sa bene chi sia il nemico, ma siamo in guerra. Ancora una volta la paura ci sta sottomettendo al suo regno. Quella stessa paura che, precari nelle nostre condizioni di vita e insicuri rispetto al futuro, ci fa cercare un comodo capro espiatorio (il Diverso, lo Straniero) e accettare ancora più controlli, ancora più polizia, ancora più repressione. Quella stessa paura che minaccia la nostra normalità e ci spinge a chiamare “pazzi” o “malati” tutti coloro che si esprimono, vivono, soffrono in modo non conforme alle Norme. É la paura di cui si nutrono gli Stati e le guerre; la paura su cui si costruiscono i manicomi. Le loro guerre assomigliano molto alla loro pace fatta di oppressione, di sfruttamento, di bombardamenti mediatici. I loro manicomi assomigliano molto alle loro finte comunità (famiglia, scuola, fabbrica, nazione…) – ne rappresentano il minaccioso rovescio. Con la manipolazione della paura e delle coscienze, bombardare una popolazione già stremata (quella afghana) sarebbe una “Giustizia infinita” (come quella di Dio…); mente i terroristi sarebbero gli altri (ma gli altri chi?), solo perché hanno applicato in piccolo la stessa schifosa logica: accomunare nel terrore un governo e la sua popolazione, gli sfruttatori e gli sfruttati, i generali e le massaie. Chi uccide in modo incomprensibile la propria amata è un pazzo da rinchiudere. Chi massacra un’intera popolazione è un eroe di guerra, addirittura un portatore di civiltà. Insomma, il numero legalizza. Attaccare la paura è possibile: la loro forza, siamo noi. Smettiamo di collaborare con le loro istituzioni assassine, con la loro produzione nociva e alienante, con i loro mass media ruffiani e bugiardi. Inceppiamo la macchina del potere. La situazione in cui ci troviamo è drammatica, ma semplice: finché faremo pace con la loro pace, saremo costretti a fare guerra alle loro guerre.

alcuni disertori di tutte le patrie

(testo di un volantino distribuito a Trento)


Se si togliesse la parola alla psichiatria e la si desse alle persone che dalla psichiatria vengono “raccontate”, non una sola intenzione, né un solo pensiero, né una sola sofferenza coinciderebbero. Niente di quanto è stato fatto in loro nome coincide con quanto loro avrebbero fatto. Li hanno addormentati quando avrebbero voluto rimanere svegli. Li hanno zittiti quando avrebbero voluto rivelare verità inconfessate. Li hanno legati quando avevano bisogno di muoversi. Li hanno derisi quando hanno parlato. Li hanno traditi quando hanno rivelato i loro segreti. Li hanno compatiti quando quando avrebbero voluto essere abbracciati. Li hanno riportati all’inferno mentre cercavano il paradiso. si sono eclissati quando li hanno chiamati. Sono arrivati in forze quando avrebbero voluto rimanere soli… Dietro la parola degli psichiatri c’è la violenza delle loro istituzioni.


UN COORDINAMENTO AUTORGANIZZATO

Dopo alcuni mesi di iniziative contro l’apertura del manicomio di Man realizzate separatamente, alcune realtà (iscritti allo Slai cobas, anarchici, famigliari di psichiatrizzati, studenti di sociologia) hanno deciso di creare un Coordinamento autorganizzato. Quello che segue è il testo che ne riasume i metodi. «E’ nato un coordinamento autorganizzato contro il manicomio dorato di Man. Si tratta dell’unione di individui che in vario modo mettono in discussione la logica e l’istituzione psichiatriche; l’obiettivo specifico è quello di opporsi concretamente alla “struttura per psicopatici” che l’Azienda sanitaria vuole aprire nel prossimo mese di ottobre nel quartiere di Madonna bianca a Trento. Il coordinamento si caratterizza per i seguenti metodi: – l’autonomia, cioè la completa indipendenza nei confronti di partiti, sindacati e associazioni; tale indipendenza presuppone l’autofinanziamento dei partecipanti, perché chi dipende economicamente (sponsor, sovvenzioni, eccetera) dipende anche politicamente; – l’autogestione, cioè la decisione diretta di tutti i partecipanti, il rifiuto della delega e della gerarchia (comprese quelle rappresentate dai “portavoce” create ad arte dai mass media); per ogni iniziativa del coordinamento la decisione è assembleare e basata sull’accordo di tutti, liberi i gruppi e gli individui di organizzarsi a modo loro per tutto il resto; – la conflittualità permanente, cioè un’opposizione costante e senza compromessi: finché esisterà l’obiettivo del coordinamento (impedire la messa in funzione della struttura psichiatrica di Man), esisterà la lotta. Con il venir meno del suo obiettivo, si scioglierà anche il coordinamento, al fine di evitare che un raggruppamento stabile e con più scopi utilizzi eventuali “successi” della lotta per acquisire qualche potere. La critica della psichiatria e del suo mondo non si riduce certo alla sola opposizione al “manicomio dorato” di Man. Altre forme di lotta nasceranno allora per altri obiettivi.»   Adesso – Foglio di critica sociale – Rovereto, 28 settembre 2001 – Numero 9