AMB
Meglio che non ci rubino niente: almeno
così non si avranno guai con la polizia.
Karl Kraus
Senza la polizia niente Stato. Se per i teorici della democrazia quest’ultima è il punto di arrivo della massima estensione possibile della mia libertà di fronte al rispetto per la libertà concretamente identificabile degli altri, questo punto di arrivo porta i contrassegni del poliziotto.
Non c’è figura istituzionale dello Stato, dal presidente della Repubblica all’ultimo vigile urbano di uno sconosciuto paesetto, che non comprenda in sé, avvolto nella carta trasparente delle chiacchiere ideologiche, l’autorità del poliziotto. Ciò è chiaro riflettendo sulla protezione legale, via via sempre più sfumata ma mai inesistente, di cui queste figure godono. Non posso sbeffeggiare né il presidente della Repubblica né il più rimbambito dei vigili urbani senza trovarmi ad affrontare un giudizio in tribunale in base a un articolo del codice penale.
Il fatto è che perfino il conducente di un autobus (incaricato di un servizio pubblico) gode di una certa protezione istituzionale e mette così in mostra, visibilmente, un piccolissimo lembo di divisa poliziesca.
Lo Stato odierno, il più democratico degli Stati odierni, dove tutti gli uomini politici si riempiono la bocca quotidianamente con parole di libertà, è sempre uno Stato di polizia.
La vecchia definizione di “Stato di polizia”, basata sull’esistenza di leggi che sospendevano i “diritti” dei cittadini per un certo periodo di tempo o in certe occasioni, regge ancora oggi. Queste sospensioni e questi divieti esistono ancora, e ognuno si sente sottoposto a indagine dal primo momento in cui è avvicinato da un poliziotto (di qualsiasi genere).
Ora, non c’è uomo che, investito da un potere qualsiasi, non si trasformi. L’autorità che quel potere conferisce secerne il peggio di ogni uomo, fa venire alla superficie la miseria aggressiva che la stupidità e la vigliaccheria tengono sommersa quasi sempre per paura. La divisa funziona come segnale per gli altri: «attento, io sono un’autorità e, in base a questa investitura sacra, non solo sono intoccabile, ma sono anche autorizzato a sottoporti ad indagine». Ma questo straccio e i relativi, ridicoli, ammennicoli che lo identificano con maggiore precisione, ha anche una conseguenza funesta su chi lo indossa: mette alla luce quella vigliaccheria e quella miseria di cui dicevamo prima, e le avvolge in una sorta di crescendo di stupidità che quasi sempre impedisce al buonsenso e alla intelligenza (anche i poliziotti, sebbene raramente, possono possedere qualche residuo di quest’ultima qualità non proprio comune) di ostacolare quel crescendo. Se il comune imbecille, privo di contrassegni, ha bisogno quasi sempre di dire: «lei non sa chi sono io!» per affermare se stesso, l’uomo in divisa non ha questa necessità, la divisa parla per lui.
Prendete adesso un esemplare qualsiasi di uomo in divisa, e nella mia ormai lunga vita ne ho conosciuti a migliaia. I migliori fra essi, e debbo ammettere di averne individuati una manciata, seppure capaci di frenare gli istinti bestiali che il proprio lavoro metteva in moto, erano tutti, e ne convenivano discutendo con me, che riuscivo a stringerli di fronte alle loro responsabilità, dei vigliacchi. Quasi sempre vedevano l’ignominia attorno a loro ma non muovevano un dito per non perdere il lavoro e la pensione. Guardando da un’altra parte, questa cosiddetta élite intelligente e di buon animo era quindi anche peggiore del bruto picchiatore nel buio di una stanza appositamente attrezzata.
Ma che conta parlare dei pochi di fronte ai molti?
Il massacro “messicano” (definizione data da un funzionario di polizia) a cui abbiamo assistito a Genova nel 2001 in occasione del G8 non è stato che la messa in scena, a livello un poco più ampio e meno camuffato, di una pratica che coinvolge la totalità dei poliziotti.
Con il termine “poliziotti” intendiamo tutti coloro che indossano una divisa militare o paramilitare, esercito, carabinieri, finanza, polizia, polizia penitenziaria, vigili urbani, guardie private, ecc.
Non molti sanno che in tutte le stazioni di carabinieri, in tutti i commissariati di polizia e in tutte le caserme di qualsiasi tipo, esistono attrezzi e stanze speciali dove si custodiscono, pronti all’uso, strumenti di tortura adeguati a fare “parlare” coloro che in vista di dare fondamento alle “indagini in corso” si trovano nella disgraziata situazione di affrontare questa prova. Nessuno pensi che si tratta di “vergini di Norimberga” o fruste medievali, basta un sottopancia di cavallo in cuoio, un grosso secchio pieno d’acqua sporca, uno strofinaccio umido, un elenco telefonico e due mani robuste. Non ci sono indagini che non sono sostenute da opportuni ammorbidimenti.
Chi scrive ne sa qualcosa.
Quando a questi cani alla catena viene allentato il guinzaglio, in altri termini quando chi sta al governo manifesta chiari segni di strette autoritarie, le peggiori attitudini sadiche si manifestano subito e si innesta una sorta di moltiplicatore che spesso arriva agli estremi. Dietro i campi di sterminio nazisti ci stava un meccanismo teorico e di propaganda vastissimo che aveva reclutato i migliori cervelli fra gli scienziati tedeschi dell’epoca.
Ma, nel suo piccolo, ognuno fa qual che può.
Fra le tante torture che ho subito, mi ha fatto particolare impressione la presenza di due donne nel corso del “trattamento”, durato undici ore, che è stato adottato nei confronti miei e del compagno che era con me, dopo l’arresto per la rapina di Bergamo, nel febbraio del 1989, nella locale questura. È stata l’unica volta in cui ho visto delle donne presenti in situazioni del genere. La parità dei sessi, anche vent’anni fa, era a buon punto.
In nome della democratica repubblica.
Annotazioni significative
Queste “annotazioni significative” compaiono a corredo di alcuni articoli della nostra rivista. Che farne? Non lo sappiamo, noi le mettiamo a futura memoria senza sapere bene il motivo. Fatto sta che tutto quello che appare in queste infauste elencazioni ha sue responsabilità precise. Quali sono queste responsabilità? Che monta metterle qui? Se a qualcuno stiamo parlando, stiamo forse parlando a degli stupidi?
FORNITURE PER FORZE DI POLIZIA
Radiocomunicazioni, videocontrollo, allestimenti e centrali operative
ALADINA RADIO
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10151 Torino
BRUEL & KJAER ITALIA
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20089 Rozzano (MI)
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Corso Susa 299/a
10098 Rivoli (TO)
Tel. 011.9550331
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42100 Mancasale (RE)
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Via Manzoni 7/9
24020 Cene (BG)
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Via Carpegna 9
47838 Riccione (RN)
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Tel. 051.565696
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Tel. 06.79841887
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35020 Saonara (PD)
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KRIA srl
Via Lavoratori Autobianchi 1
Polo Tecnologico Brianza, Edificio 23/G
20033 Desio (MI)
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Via San Vitale 3
20038 Seregno (MI)
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25030 Torbole Casaglia (BS)
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24124 Bergamo
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Via Pacinotti, 23
20092 Cinisello Balsamo (MI)
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Viale Monastir km. 8,200
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27011 Belgioioso (PV)
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Via XX settembre 32
27011 Belgioioso (PV)
Via U. Dozzio 11
27011 Belgioioso (PV)
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30035 Mirano (VE)
Tel. 041.5702583
Dispositivi scarico armi
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Allestimenti speciali per veicoli
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FOCACCIA
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RADAR LEATHER DIVISION
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50054 Fucecchio (FI)
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VEGA HOLSTER srl
Via di Mezzo 31
56030 Calcinaia (PI)
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Scuola per operatori di sicurezza pubblica e privata
ACCADEMIA DI SICUREZZA OPERATIVA
Via De Faveri 7
35010 Massanzago (PD)
Tel. 049.9360293
«Gli unici sentimenti che un uomo abbia mai potuto ispirare a un poliziotto sono l’ambiguità e la derisione»
François-Eugène Vidocq (1775-1857) ex ladro, fondatore della Sûreté Nationale
[Da “SenzaTitolo”, n. 2, inverno 2008]