Qualcuno di voi di sicuro si dice ancora che la macchina lo libera. Essa lo libera provvisoriamente in una maniera, una sola, ma che sfugge alla sua immaginazione; la macchina lo libera, in qualche misura, dal tempo; essa gli fa “guadagnare del tempo”. Tutto qui. Ma guadagnare del tempo non è sempre vantaggioso. Quando si va verso il patibolo, per esempio, è preferibile andarci a piedi.
George Bernanos, La libertà per fare cosa?, 1947
Anche le valli liguri, come la Valsusa ed il Mugello, si apprestano ad essere lo scenario di nuovi scempi, di nuove devastazioni. Secondo i nostri solerti amministratori, infatti, le montagne dell’entroterra genovese dovranno accogliere i cantieri del TAV Genova-Milano, quelli della Gronda (30 km di autostrada da Chiavari a Bolzaneto, 15 trafori, 3 corsie per carreggiata per un ampiezza di 30 metri) ed un inceneritore a Scarpino.
La Valsusa sta dimostrando concretamente, con la sua opposizione, che i lavori della Torino-Lione potranno proseguire con estrema difficoltà, e solo grazie alla progressiva e continua militarizzazione della valle. Sta dimostrando che non possono bastare i tentativi di dissuasione e disinformazione per convincere le popolazioni, locali e non, a rinunciare alle proprie ragioni, alla possibilità di decidere sul territorio in cui si vive, in virtù del benessere economico esclusivo della Patria e dell’Europa, del Progresso, dello Sviluppo.
Infatti, se da un lato il TAV sarà una boccata d’ossigeno per l’industria del cemento, per la Fiat, l’Eni e per altri trafficanti – come già accaduto per tutte le opere realizzate nel corso degli anni e magari rimaste incompiute -, dall’altro esso verrà utilizzato unicamente per il trasporto merci, e da coloro che hanno fatto del business il senso della vita e necessitano di fare la tratta Genova-Milano in 50 minuti: amministratori pubblici e privati, gestori della politica, dello spettacolo, non viaggiatori ma merci-uomini che se potessero si sposterebbero alla velocità della luce, alla velocità del profitto.
Ecco a chi serve l’Alta Velocità, ecco dove devono correre i suoi committenti ed i loro amici, ecco il suo evidente carattere “di classe”. Ecco perché, a sentir loro, è un’opera del tutto irrinunciabile!
Dietro le presunte necessità e benefici di queste opere, che ci vengono spacciati come collettivi – quelle di diminuire il trasporto su ruote, decongestionare il traffico, smaltire la “rumenta” che produciamo – e al di là delle contestazioni di chi le ritiene speculazioni finanziarie, o semplicemente inutili o non risolutive, si nascondono unicamente le necessità di sopravvivenza del Progresso: questi progetti e i loro apparati di ricerca – dal Tav, dalla Gronda e dagli inceneritori, fino al nucleare ed al biotech -, sono del tutto indispensabili al Capitale, alla sua fuga in avanti, al suo plurisecolare tentativo di annientare la comunità umana.
Da Hiroshima a Bhopal, dalla Haven a Seveso, dalla Prestige a Scanzano, ogni progresso dell’Economia è una regressione della vita, ogni sua avanzata un passo indietro per ogni prospettiva di rovesciamento dell’esistente.
Il senso dell’opposizione radicale alle nocività, alla loro devastazione ambientale ed umana, sta nel riconoscere nello Sviluppo un modello incompatibile con una vita degna di essere chiamata tale, nell’intraprendere una lotta per riconquistare quello che vorrebbero definitivamente strapparci, l’autonomia e la libertà per ricostruire le nostre esistenze.
Il Progresso, con i suoi disastri continui a cui tenta di porre rimedio producendone di nuovi, non è che un treno che corre all’impazzata su un binario morto. Sta a noi farlo deragliare, sta a noi fermare la corsa verso il patibolo.
alcuni abitanti delle vallate
alcuni nemici del progresso industriale
[Genova, febbraio 2006; tratto da Guerra Sociale]
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