Il testo è tratto dalla rivista Acción Libertaria, n° 5, ottobre 1910. Grazie ai compagni e compagne di El Amanecer per averlo riproposto sul loro blog.
traduzione: Kōtoku
Ricardo Mella – L’inutilità delle leggi
Chi dice legge, dice limitazione; chi dice limitazione, dice mancanza di libertà. Questo è un assioma. Chi si affida alla riforma delle leggi per migliorare la vita, e pretende perciò di aumentare la libertà, manca di logica o mente sapendo di mentire. Perché una nuova legge distrugge le vecchie leggi. Distrugge dunque vecchi limiti, ma ne crea di nuovi. E così, le leggi sono sempre di ostacolo al libero sviluppo delle attività, delle idee e dei sentimenti umani. Pertanto è un errore, generalizzato quanto si vuole, ma pur sempre un errore, il credere che la legge sia garanzia di libertà. No, la legge è e sempre sarà la sua limitazione, ovvero la sua negazione.
“Può essere – ci dicono – che la legge non possa dare facoltà a chi non ne possiede alcuna; è anche possibile che ostacoli le relazioni umane, anziché facilitarle; sarà, se si vuole, una limitazione della libertà individuale e collettiva; però è innegabile che solo per mezzo di buone leggi si riesce a impedire ai cattivi di offendere e calpestare i buoni e che i forti abusino dei deboli. La libertà, senza leggi che la regolino, degenera in libertinaggio. La legge è la garanzia della libertà”.
Con questo trito ragionamento ci rispondono tutti quelli che credono nella legge per risolvere il problema del bene e del male, senza accorgersi che, con un tal modo di ragionare, anziché giustificare la legge rafforzano, al contrario, le nostre opinioni antilegaliste.
Forse che è possibile che i deboli impongano la legge ai forti? E se non sono i deboli, ma i forti, coloro i quali sono in grado di far rispettare la legge, non si offre in questo modo un’arma in più ai forti nella lotta contro i deboli? Si parla di buoni e cattivi; ma per caso esistono due specie di uomini sulla terra?
Esiste qualcuno al mondo che non abbia mai compiuto una cattiva azione o qualcuno che non abbia mai fatto una buona azione? Chi sarebbe dunque nelle condizioni di poter dire “questi sono i buoni; quelli sono i cattivi”? Altri uomini? E chi ci garantirà la bontà di questi uomini in tali condizioni? Preferiremo gli intelligenti agli ignoranti? La cattiveria non è solitamente proporzionale all’intelligenza? E in questo modo, non ne abuseranno gli ignoranti? E se accordassimo agli ignoranti la costituzione delle leggi, che tipo di leggi usciranno dalle loro mani? Ordinate che le leggi le facciano gli ingenui e verranno aggirate dagli astuti; stabilite che le facciano gli astuti e saranno malintenzionate e a danno dei giusti.
Il problema è sempre il solito. Gli uomini sono cattivi? Sì? Allora non possono fare leggi. Sono buoni? Allora non ne hanno alcun bisogno.
La inutilidad de las leyes
Quien dice ley, dice limitación; quien dice limitación, dice falta de libertad. Esto es axiomático. Los que fían a la reforma de las leyes el mejoramiento de la vida y pretenden por ese medio un aumento de libertad carecen de lógica o mienten lo que no creen. Porque una ley nueva destruye otra ley vieja. Destruye pues, unos límites viejos, pero crea otros límites nuevos. Y así, las leyes son siempre traba al libre desenvolvimiento de las actividades, de las ideas y de los sentimientos humanos. Es, por tanto, un error, tan generalizado como se quiera, pero error al fin, la creencia de que la ley es garantía de la libertad. No, es y será siempre su limitación, que es como decir su negación.
“Puede ser –se nos dice– que la ley no pueda dar facultad a quien no posee ninguna; es posible también que obstaculice en lugar de facilitar las relaciones humanas; será, si se quiere, una limitación de la libertad individual y colectiva; pero es innegable que sólo mediante buenas leyes se llega a impedir que los malvados ofendan y pisoteen a los buenos y que los fuertes abusen de los débiles. La libertad, sin leyes que la regulen, degenera en libertinaje. La ley es la garantía de la libertad.”
Con este común razonamiento nos responden todos aquellos que en la ley confían la solución del problema del bien y del mal, sin fijarse en que, con semejante modo de razonar, en lugar de justificar las leyes dan, al contrario, mayor fuerza a nuestras opiniones antilegalistas.
¿Acaso es posible que los débiles impongan la ley a los fuertes? Y si no son los débiles, sino los fuertes, los que están en condiciones de imponer la ley, ¿no se da en tal caso un arma más a los fuertes contra los débiles? Se habla de buenos y malos; pero por ventura, ¿hay dos especies de hombres sobre la tierra?
¿Hay alguno en el mundo que no haya cometido nunca una mala acción o alguno que no haya hecho una acción buena? ¿Quién estará entonces en condiciones de poder afi rmar: éstos son los buenos; aquéllos los malos? ¿Otros hombres? ¿Quién nos garantizará la bondad de estos hombres que están en tales condiciones? ¿Daremos la preferencia a los inteligentes sobre los ignorantes? ¿Acaso la maldad no está generalmente en proporción con la inteligencia? Y de este modo, ¿no abusarán los ignorantes? Y si acordamos la confección de las leyes a los ignorantes, ¿qué especie de leyes no saldrán de sus manos? Encargad que las leyes las hagan los ingenuos y serán burladas por los astutos; estableced que las hagan los astutos y entonces serán mal intencionadas y en perjuicio de los justos. El problema es siempre el mismo. ¿Son malos los hombres? ¿Sí? Entonces no pueden hacer leyes. ¿Son buenos? entonces ninguna necesidad tienen de ellas.
Ricardo Mella,
Publicado en el Periódico Acción Libertaria, n° 5, octubre de 1910.