Una lettura di Nazionalismo e Cultura, Rudolf Rocker (1937) it/fr

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Nationalism and Culture, 1937, Los Angeles, Rocker Publications Committee. Il libro doveva uscire in tedesco, quando il nazismo prese il potere e l’esilio forzato di Rudolf Rocker portò il suo manoscritto fino agli Stati Uniti.

Opera complessa e vasta, pubblicata per la prima volta in Italia nel 1960 in due volumi, tutte le referenze rinviano qui all’edizione italiana Nazionalismo e Cultura, Vol 1 e 2, Edizioni della Rivista Anarchismo, Catania 1977.

Come in tutte le opere vaste e dense, le tesi qui presenti sono molteplici e s’incastrano le une nelle altre. Io non pretendo qui sviluppare tutta la complessità dei soggetti trattati da Rocker, piuttosto tracciare il percorso di un filo che ho visto srotolarsi attraverso le sue pagine. È un percorso che passa dalla storia alla filosofia, sempre ancorato alla prospettiva anarchica propria alla sensibilità dell’autore.
Proverò qui a sviluppare una prospettiva che emerge dal suo testo, seguendo lo sviluppo delle idee di Rocker. Non un riassunto parziale quindi, piuttosto una lettura.

 

Critica del materialismo storico

All’inizio della suo libro, Rocker espone chiaramente il punto di vista che adotterà per analizzare la questione al centro della sua tesi: i principi fondamentali del potere e il loro rapporto alla Storia.

Egli identifica le cause centrali dello sviluppo della Storia nei desideri e nelle volontà umane, nella volontà di potenza propria agli uomini. Sono in primo luogo le intenzioni, i propositi, le voglie e i fini umani che determinano gli eventi sociali; e le volontà umane, come tutte le idee di finalità, sono legate ad una questione di fede.

Rocker denuncia l’insufficienza del determinismo economico [materialismo storico] nella spiegazione dei fenomeni sociali. L’errore del materialismo scientifico sarebbe di mettere sullo stesso piano le cause dei fenomeni sociali e le cause degli eventi meccanicistici della natura. Trovando la spiegazione di tutti i fenomeni storici nelle condizioni di produzione economica, il materialismo storico dà alla storia un senso determinato. Le azioni e gli eventi sociali non seguono delle leggi scientifiche come i fenomeni naturali, che comunque condizionano gli uomini. Quando vediamo gli eventi storici come una sequenza necessaria, dice Rocker, sacrifichiamo il futuro al passato (p.26). Cosciente dell’importanza dei fattori economici e materiali nella possibilità delle azioni umane, il suo sguardo resta, ciò nonostante, critico del materialismo storico. Per Rocker, la volontà di potenza che nasce dagli individui e dai piccoli gruppi è di fatto la più potente forza costruttrice della storia (p.27).

È su questa base che Rocker si appoggia per chiarire i concetti di Nazionalismo e Cultura, che identifica come due emblemi dello sviluppo della società umana. Se il nazionalismo sintetizza effettivamente la nuova religione politica moderna, la cultura rappresenta per Rocker la forza dell’immaginazione e della diversità umane che, sole, possono far uscire l’umanità dalla schiavitù, dandogli la libertà.

Per capire che cos’è il Nazionalismo, Rocker percorre la genealogia dei principi di cui è composto, passando in rassegna gli autori che nella storia hanno contribuito a forgiare questo concetto.

Politica e religione

Tutto quello che è politico ha per Rocker le sue radici in concetti religiosi. La religione esplica il sentimento di dipendenza dell’uomo verso delle potenze superiori. La paura di Dio, che l’autore considera come il preliminare necessario alla sottomissione volontaria, costituisce il fondamento del sistema di dominio. La politica è sempre religione, poiché si poggia sulla coscienza religiosa degli uomini per esercitare il suo potere.
Il potere dirige secondo un principio di autorità basato sull’immagine divina, che si tratti di Dio personificato, o di un altro spirito del tempo, questo principio d’autorità tende sempre ad essere assoluto, perché animato da una volontà di potenza che tende alla totalità. La condizione di esistenza di ogni sistema di potere è di separare il popolo dai detentori di privilegio, lasciando apparire la condizione sociale di ogni uomo, che determina chi è padrone e chi è schiavo, come cosa naturale, come ricevuta da Dio. Ogni politica di potere ha in effetti fino ad oggi avuto come obiettivo di incidere negli uomini la fede in un destino inevitabile, meccanico, santificato. L’accettazione di questo destino naturale (già presente in Platone e Aristotele) separa gli uomini in superiori ed inferiori: questo giustifica le divisioni sociali, (classi, caste, razze), e produce la fede nell’esistenza di razze e nazionalità superiori e di altre elette, condizione indispensabile al mantenimento dell’ordine e della sottomissione.

Il potere politico aspira all’uniformità, cercando di omologare tutte le forme di attività umana. Agisce in senso distruttivo, incastrando i fenomeni della vita sociale nel corpo unico delle leggi. Al contrario, la cultura si basa sulla diversità e la varietà delle attività umane, è fluttuante, non è mai stata creata dagli Stati o dai dominatori. La cultura nasce dal libero accordo tra gli uomini, dallo scambio; il potere è invece nelle mani di individui o piccoli gruppi. Ne risulta un’opposizione permanente tra potere e cultura, alla grandezza di uno, corrisponde la debolezza dell’altra (p.75).

Genealogia

Appoggiandosi tanto su eventi storici che sulla riflessione sulle idee di certi filosofi che hanno particolarmente marcato l’evoluzione politica e culturale dell’Europa e delle Americhe, Rocker rimonta alle radici dello Stato democratico moderno, sempre riflettendo al rapporto che si struttura tra “l’individuo” e la collettività, la comunità, le forme che prende la società, la gestione collettiva delle esigenze, ma anche dei desideri e delle volontà umane.

Machiavelli

Machiavelli, nel Principe, ha portato la ragione di Stato al di là di ogni questione etica. In politica non c’è posto per la morale: per quanto riguarda i problemi di gestione del potere, tutti i mezzi necessari sono giustificati. Il Rinascimento si presenta per Rocker come il primo momento rivoluzionario nella storia d’Europa, in cui la solidarietà della comunità è crollata sotto gli interessi economici divergenti tra individui e piccoli gruppi di individui.

Questo passaggio è rappresentativo per Rocker della dissoluzione della comunità che, quando è vera, si appoggia sul libero scambio e il libero accordo tra le genti, ma che crolla, davanti a qualsiasi forma di sovranità. Machiavelli avrebbe sintetizzato la nascita della fede nel grande uomo, l’uomo-padrone, l’individuo forte, l’eroe. È così che il popolo diviene folla, fedele all’uomo-padrone che solo crea il destino di tutti. Così Rocker svela la matrice comune dell’apparato di potere statale e dell’astratta idea di nazione. Machiavelli non ha dimenticato la religione, cosciente del suo ruolo essenziale nell’edificazione di ogni forma di sistema di potere. Egli, piuttosto, ha lavorato per elevare a forma divina le istituzioni dello Stato. La religione diviene qui un instrumentum regni.

La Riforma

Con la Riforma il potere papale si sgretola, così come l’unità europea dell’umanità cristiana, lasciando il posto alla separazione dell’Europa in più Nazioni. Se il protestantesimo ha aiutato a modo suo alla liberazione della coscienza degli uomini dal giogo della Chiesa, questo fu per metterlo sotto il giogo dello Stato. Ha infatti realizzato quello che Hegel chiamerà più tardi “conciliazione tra la religione e il diritto”, aiutando a traslare il principio di autorità dal campo religioso, a quello politico. Il diritto si trasforma così in una rivelazione divina, e il cesaro-papismo si sveglia con una nuova apparenza e una nuova vita.

Il rapporto tra l’uomo e la comunità resta la questione centrale dell’opera, così come le differenti forme di società che si modellano durante lo sviluppo storico dell’Europa. Gli uomini sono considerati come degli individui sottomessi a delle necessità maggiori, in dialogo costante con le tendenze differenti, varie ed imprevedibili di ogni individuo. La riflessione porta alle forme collettive di questa risposta, conducendo da una parte alla libera associazione, e dall’altra alla sovranità, la sottomissione, la dipendenza.

Hobbes

Hobbes trova l’essenza del contratto sociale nella paura. Paura degli altri che porta all’inesorabile potere di Stato. Per il filosofo inglese, lo Stato rappresenta la fine della guerra di tutti contro tutti, che permetterà di legare insieme gli uomini sotto le stesse leggi, tutte frutto della volontà di Stato, che è la sola vera legge. Poiché la volontà di Stato si identifica alla coscienza pubblica, più importante di tutte coscienze private. Per Hobbes, la fede nello Stato è religione, fede nel suo potere di dirigere il destino degli uomini nel buon senso: si tratta di una stessa forma di sovranità, che implica la sottomissione degli uomini e dei loro obiettivi alla ragione di Stato.

Seguendo lo sviluppo del pensiero di Rocker, che non ritiene sufficienti le ragioni economiche per giustificare formazione degli Stati come di ogni altro fenomeno storico, è interessante cogliere la natura dello Stato, e come la sua venuta sia legata all’adesione volontaria e, infine, alla volontà se non si tutti gli individui, per lo meno delle folle.

Seppur, i pericoli di una tale sottomissione erano già stati sottolineati dell’altra parte dell’oceano. Thomas Paine aveva già parlato della società come frutto dei bisogni degli uomini, e aveva messo in guardia contro i pericoli della tirannia della maggioranza; e Godwin aveva già riflettuto al problema centrale della società, essendo nell’essenza stessa dello Stato, e non in alcuna sua forma particolare.

Liberalismo e democrazia

Rocker pone un’opposizione netta tra il pensiero liberale e la democrazia. Nel liberalismo, secondo lui, l’individuo resta centrale e il contesto sociale dovrebbe promuovere al meglio lo sviluppo naturale delle differenti personalità umane. Il liberalismo si basa sulla vecchia saggezza di Protagora, per cui “l’uomo è la misura di tutte le cose” (p.147). Vista così, la società è un processo organico che risulta dalle necessità umane, e si basa sulle libere associazioni tra gli uomini, tendenti al loro migliore sviluppo, ma che perdono il loro ruolo nel momento stesso in cui raggiungono il loro obiettivo. Il punto di partenza è l’uomo, e i mezzi che lui si dà per vivere meglio da lui discendono e a lui ritornano.

Lo spirito della democrazia è invece uno spirito collettivo, il popolo, la comunità. Qui, l’uomo non è che una parte del gruppo, sia la comunità del popolo o della nazione. Una volontà è formalizzata, un modo di essere cui bisogna adattarsi, la volontà comune (o della nazione). L’individuo è sacrificato al cittadino, la ragione individuale alla volontà generale (p.162). L’uomo diviene così una macchina da regolare, da formattare a dovere, una macchina tenuta ad assolvere il ruolo assegnatole dalla volontà comune: adattarsi, così da divenire un cittadino modello.

Rousseau, la Rivoluzione Francese

Opponendo la volontà generale fondata sul contratto sociale, concetto ispirato dal radicalismo politico inglese, all’assolutismo del monarca, le idee di Rousseau hanno contribuito all’abbattimento del vecchio sistema di monarchia assoluta. Ma, Rocker dice, dimentichiamo spesso che le sue idee sono state egualmente profetiche della nuova religione politica che fonda l’idea moderna e astratta di Stato (p.148).

La volontà comune per Rousseau emerge direttamente dal contratto sociale, e porta allo Stato. Questa volontà è sempre giusta in sé, indipendentemente dalle differenti volontà individuali, infallibile perché basata sempre sul bene collettivo (p.149). La volontà generale è il fondamento della nuova forma di dominazione. Alla sovranità del re si sostituisce quella del popolo, basata sulla volontà generale. Nel Contratto Sociale, Rousseau aveva opposto la sovranità del popolo a quella del re, identificando così l’ideale democratico in opposizione all’ancien regime, e donandogli così un soffio di libertà.

Nell’ideale giacobino di libertà, troviamo la libertà di fare derivare tutte le volontà personali dalla volontà di Stato; è la libertà di fare ciò che lo Stato decide, la libertà di obbedire alle leggi. In quanto la legge è divenuta l’immagine santa della nazione (p.155). Ma se la nazione incorpora la volontà generale per natura lei deve essere una e indivisibile (p.162), e Rocker mostra come con la Rivoluzione Francese si compia questa transizione.

Se con la rivoluzione era stato abbattuto il vecchio sistema di dominio, era contemporaneamente stato rinforzato l’ideale del potere e il principio autoritario, legandoli ad un nuovo dogma. La sovranità nazionale dona nuova efficacia al principio di potere, in quanto ella rende ogni cittadino portatore della sua volontà, anche quando gli impedisce di interpretarla secondo il suo intelletto (p.162). L’assemblea popolare è il corpo della nuova fede nella volontà generale. In nome della nazione Robespierre, Saint Just, Bonaparte. La gloria della patria è proclamata, la nazione santificata (p.163).

La religione dello Stato democratico è nata, il moderno nazionalismo. Ogni opposizione alla nazione è un peccato contro la volontà comune e deve essere punito, per Saint Just, con il ferro. La ghigliottina resta strumento essenziale per governare.

Il pensiero di Rousseau si terminava con la completa fusione dell’uomo nelle necessità di un ideale non meno metafisico di una divinità: la nazione. Ma questa nuova religione politica cerca di modellare ogni essere umano con la stessa forma, lo trasforma in una macchina da dirigere, in nome dell’eguaglianza, ha elevato in principio il conformismo (p.165). Ogni forma di creatività è soffocata, la volontà comune vuole l’unità della Grande Nazione, e la sua grandezza è basata sull’obbedienza e l’uniformità dei cittadini, innamorati delle loro patrie, liberi di sacrificarsi sull’altare della nuova religione politica di Stato, il nazionalismo.

Hegel

La filosofia della storia di Hegel ha contribuito a santificare la direzione meccanica del destino degli uomini. Per Hegel, la storia degli uomini non è che il processo di presa di coscienza di sé dello Spirito del mondo. Spirito che dona ad ogni popolo un suo ruolo storico da svolgere, e che determina così le cause obbligatorie dello sviluppo dei fenomeni (p.179). Così Hegel ha consolidato la teoria di una missione storica e necessaria degli uomini, al quale lo Spirito del mondo ha dato un certo ruolo. Lo Stato è per lui la realtà dell’idea morale, e contribuisce così alla sua deificazione.

Per Hegel lo Stato è come Dio in terra, e così ha contribuito alla formazione di una fede nell’ideale statale, in nulla differente dagli altri fenomeni religiosi provati altrove verso delle divinità più o meno sacre e lontane. Lo Stato diventa l’organizzazione di una Chiesa politica, che fonda il suo credo sulla fede nella nazione, la coscienza nazionale essendo un credo religioso quanto il cattolicesimo o il protestantesimo. È lo Stato che crea la nazione, con la formazione di un concetto volontario, addomestica gli uomini con un vero e proprio allenamento (p.185), separando così l’unità del genere umano, strutturando delle differenze fittizie, alimentate da interessi particolari.

Non bisogna dimenticare, dice Rocker, che dietro la coscienza nazionale abbiamo l’espressione di quelli che possono formulare questa volontà collettiva, e che infine non è altro che una fede propagata da considerazioni di potere politico.

Nazionalismo – Stato – Fascismo

Come ogni sistema di potere, anche il nazionalismo tende a uniformare tutte le differenze umane. Si basa, come abbiamo detto, sull’attaccamento al suolo nativo. Ma Rocker ci fa riflettere sulla differenza essenziale che esiste tra la coscienza nazionale da una parte, e l’amore per il proprio paese, dall’altra. Come ogni potere, questa (la coscienza nazionale) cerca di uniformare la moltitudine delle varietà e dei sentimenti degli uomini, il loro amore per casa, in uno stesso colore e tonalità, tali sentimenti devono infatti essere livellati e appiattiti, inseriti in una stessa forma unica e prescritta.

Lo Stato diventa così un fine in sé, e l’attività degli uomini deve essere canalizzata per cercare la sua grandezza. L’uomo è così assorbito integralmente nei meccanismi del potere. È così che comprendiamo come, secondo Rocker, opera il fascismo moderno, movimento religioso di massa sotto forma politica: ha stabilito un nuovo vangelo per l’uomo, che viva per lo Stato.

Lo Stato nella sua forma suprema è un fine in sé, con le sue radici nell’unione tra legge, nazionalità e religione (p.205). E anche i nuovi partiti operai, che hanno cercato poco a poco di conquistare il potere politico per realizzare il socialismo, si sono infine convertiti alla macchina statale, e inoltre, hanno contribuito a restituirgli equilibrio e potenza. Si è trattato di una lenta assimilazione delle teorie socialiste nello Stato borghese (p.217). In quanto, ripete ancora Rocker, non è la forma del sistema di potere ad essere sbagliata, ma il potere, in sé, sotto qualsiasi forma si eserciti, è ontologicamente oppressore. Nel momento in cui si approfondisce il sentimento di dipendenza dell’uomo, come ogni principio religioso fa, si opprime la potenziale creatività umana, la sua cultura. Ogni dipendenza accettata, santificata da una volontà meccanica che glorifica e determina il nostro destino, conduce inesorabilmente ad un sistema di schiavitù.
Per questo Rocker parla di un’opposizione essenziale tra nazionalismo, come ogni forma di potere, e cultura. Perché il potere cerca di omologare e determinare delle forme d’essere e di condotta degli uomini, mentre la cultura è forza creatrice, dona all’uomo coscienza delle sue voglie, rende l’uomo costruttore del proprio destino, approfondisce il sentimento di comunione con gli altri dal quale nasce tutto ciò che è grande (p.235).

Analisi : uomo- macchina, nazionalismo – cultura

Rocker riflette sul rapporto tra gli uomini, nella storia. Oppone la cultura da una parte, e ogni sistema di potere dall’altra, l’una essendo fondamentalmente l’opposto dell’altro; l’una germogliando dai differenti, vari e imprevedibili interventi dell’uomo nel corso dei fenomeni naturali, per essenza anarchica; l’altro, ogni sistema di potere, provocando sempre dipendenza, schiavitù.

Ogni volta che un’astrazione è fatta tra la carne dell’uomo e la sua immagine astratta, l’umanità con i suoi desideri, voglie e volontà è perduta, per lasciare posto alla macchina, al calcolo astratto che dovrebbe formattare i suoi comportamenti. L’individuo è sacrificato al cittadino, la libertà cede il posto all’obbedienza, l’immaginazione all’omologazione, l’uomo si liquefà in folla.

Chiamiamo repressione ogni tentativo di forzare i comportamenti umani nella stessa griglia. Quando i desideri devono essere gli stessi, le volontà personali catturate nelle maglie della volontà collettiva, una e santa. È la dittatura dell’uniforme, la sua arma la legge, il potere della sua parola tagliente come lama di ghigliottina, freddo come le sbarre di una prigione.
Come dice Rocker, sono i desideri e le volontà umane, la sua volontà di potenza, che animano la storia degli uomini. Egli sottolinea il rapporto diretto esistente tra questi desideri e la fede religiosa, sentimento d’irrazionale dipendenza verso un’entità superiore che determina il nostro destino, la nostra condizione presente, il nostro avvenire, i nostri comportamenti. L’individuo è sempre sacrificato, poco importa se lo sacrifichiamo in nome di dio, della volontà generale, della nazione, della classe o dello Stato. La condizione d’appartenenza ad un’entità superiore, la comunità, il gruppo o la nazione, privano già l’uomo della sua libertà.
La distinzione tra governo fascista e democrazia diviene quindi un fittizio gioco di parole. Le forme di questi sistemi incatenano nello stesso modo gli uomini in un sistema di dominazione dove la fede nel bene collettivo deve sempre primeggiare sulla volontà individuale, oppressa e soffocata. La povertà culturale provoca poi la paura, la volontà di seguire, di nascondersi dietro una personalità superiore, mitica e santificata, che permette di ignorare tutte le ingiustizie compiute in nome di questa stessa entità superiore. La guerra tra le comunità e le nazioni schiaccia la solidarietà tra gli uomini.

Il rapporto che si stabilisce tra gli uomini e la comunità, che sacrifica l’individuo in nome della volontà collettiva, è carne della stessa consistenza, sistema di potere tendente all’assoluto, che uniforma gli uomini a sua immagine. Ogni forma di potere che tende a dirigere le volontà e i desideri umani e ad orientare le sue azioni è totalizzante, ed è nella logica propria dello Stato totalitario di assorbire nel suo campo ogni attività sociale.

Allora non è più questione di fascismo storico, fascismo dell’anima, neofascismo, o democrazia. La matrice è una, lo stesso principio di dominazione e di oppressione discende dalla sua sola presenza. La forma della sua espressione non è che il prodotto di un’epoca, che, come ogni evento, è comprensibile solamente nella sua interdipendenza con gli altri. E gli eventi come le culture e le idee non conoscono barriere nazionali né statali, ma seguono il ritmo dell’aria che tutta l’umanità respira.

http://www.non-fides.fr/?Una-lettura-di-Nazionalismo-e

 

Une lecture de “Nationalisme et culture” de Rudolf Rocker

Nationalism and Culture, 1937, Los Angeles, Rocker Publications Committee. Le livre devait paraître en allemand quand le nazisme prit le pouvoir et l’exil forcé de Rudolf Rocker conduisit son manuscrit jusqu’aux État Unis.
Ouvrage complexe et vaste, publié pour la première fois en Italie en 1960 en deux volumes, toutes les références ici renvoient à l’édition italienne Nazionalismo e Cultura,Vol 1 et 2, Edizioni della Rivista Anarchismo, Catania 1977.

Comme dans tout ouvrage vaste et dense, les thèses ici présentées sont multiples et s’enchaînent les unes dans les autres. Je ne prétends pas ici développer toute l’étendue des sujets traités par Rocker, mais plutôt tracer le parcours d’un fil que j’ai vu se dérouler à travers ses pages. C’est un parcours qui rebondit de l’histoire à la philosophie, par le prisme de la sensibilité anarchiste particulière à l’auteur.
Je vais ici essayer de développer une perspective qui découle de son ouvrage, en suivant le déroulement des idées de Rocker. Non un résumé partiel, mais plutôt une lecture.

 

Critique du matérialisme historique

Au début de son ouvrage, Rocker pose clairement le point de vue qu’il adoptera pour analyser la question au centre de son essai : les principes fondamentaux du pouvoir et leur rapport à l’Histoire.

Il identifie les causes centrales du déroulement de l’ Histoire dans les désirs et volontés humaines, dans la volonté de puissance propre aux hommes. Les intentions humaines, propositions, envies et finalités déterminent prioritairement les événements sociaux, et les volontés humaines, comme toute idée de finalité, sont liées à une question de foi.

Rocker dénonce l’insuffisance du déterminisme économique [matérialisme historique] dans l’explication des phénomènes sociaux. L’erreur du matérialisme scientifique serait de mettre sur le même plan les causes des phénomènes sociaux et les causes des événements mécaniques de la nature. En trouvant l’explication de tout phénomène historique dans les conditions de production économique, le matérialisme historique donne à l’histoire un sens déterminé. Les actions et événements sociaux ne suivent pas des lois scientifiques comme les phénomènes naturels, qui pourtant affectent les hommes. Quant on voit les événements historiques comme une séquence nécessaire, dit Rocker, on sacrifie le futur au passé (p.26). Conscient de l’importance des facteurs économiques et matériels dans la possibilité des actions humaines, son regard demeure cependant critique vis-à-vis du matérialisme historique. Pour Rocker, la volonté de puissance naissant des individus et des petits groupes est en fait la plus puissante force conductrice de l’histoire (p.27).

C’est sur cette base que Rocker s’appuie pour éclaircir les concepts de Nationalisme et de Culture, identifiés comme les deux emblèmes du développement de la société humaine. Si le nationalisme synthétise effectivement la nouvelle religion politique moderne, la culture représente pour Rocker la force de l’imagination et la diversité humaine qui, seules, peuvent sortir l’humanité de l’esclavage, lui donnant la liberté.

Pour comprendre ce qu’est le Nationalisme, Rocker fait une généalogie des principes dont il se compose, et passe en revue les auteurs qui ont dans l’histoire contribué à forger ce concept.

Politique et religion

Tout ce qui est politique a pour Rocker ses racines dans des concepts religieux. La religion explicite le sentiment de dépendance de l’homme envers des puissances supérieures. La peur de Dieu, que l’auteur considère comme le préliminaire nécessaire à la soumission volontaire, constitue le fondement du système de domination. La politique est toujours religion car elle s’appuie sur la conscience religieuse des hommes pour exercer son pouvoir [1].

Le pouvoir dirige selon un principe d’autorité basé sur l’image divine, que ce soit Dieu personnifié, ou un autre Esprit du temps, ce principe d’autorité tend toujours à être absolu, parce qu’animé par une volonté de puissance qui vise à la totalité. La condition d’existence de tout système de pouvoir est de séparer le peuple des détenteurs de privilèges, en laissant ainsi apparaître la condition sociale de chaque homme, déterminant qui est maître ou esclave, comme chose naturelle, comme reçue de Dieu. Chaque politique du pouvoir a en effet eu jusqu’ici pour but d’ancrer chez les hommes la foi dans un destin inévitable, mécanique, sanctifié. L’acceptation de ce destin naturel (déjà présent chez Platon et Aristote) sépare les hommes en supérieurs et en inférieurs : cela justifie les divisions sociales, (classes, castes, races), et produit la foi dans l’existence de races et de nationalités supérieures et d’autres élues, conditions indispensables au maintien de l’ordre et de la soumission.

Le pouvoir politique aspire à l’uniformité, cherchant à homologuer toute forme d’activité humaine. Il agit dans un sens destructif, en encastrant les phénomènes de la vie sociale dans le corps unique des lois. Au contraire, la culture se base sur la diversité et la variété des activités humaines, elle est flottante, elle n’a jamais été crée par les États ou les dominants. La culture naît du libre accord entre les hommes, de l’échange ; le pouvoir est dans les mains d’individus ou de petits groupes. Il en résulte une opposition permanente entre pouvoir et culture, à la grandeur de l’un correspond la faiblesse de l’autre (p.75) [2].

Généalogie

En s’appuyant autant sur des événements de l’histoire que sur l’exposé des idées de certains philosophes qui ont particulièrement marqué l’évolution politique et culturelle de l’Europe et des Amériques, Rocker remonte aux racines de l’État démocratique moderne, toujours en réfléchissant sur les rapports qui se structurent entre « l’individu » et la collectivité, la communauté, les formes que la société prend, la gestion collective des exigences, mais aussi des désirs et volontés humaines.

Machiavel

Machiavel, dans Le Prince, a mené la raison d’État au delà de toute question éthique. En politique il n’y a pas de place pour la morale : pour ce qui relève des problèmes de gestion du pouvoir, tout moyen nécessaire est justifié. La Renaissance se présente pour Rocker comme le premier moment révolutionnaire dans l’histoire de l’Europe, où la solidarité de la communauté s’effondre sous les intérêts économiques divergents entre individus et petits groupes d’individus.

Ce passage est représentatif pour Rocker de la dissolution de la communauté qui, quand elle est véritable, s’appuie sur le libre échange et le libre accord entre les gens, mais qui s’effondre, confrontée à toute forme de souveraineté. Machiavel aura synthétisé la naissance de la foi dans le grand homme, l’homme­-patron, l’individu fort, le héros. C’est ainsi que le peuple devient la foule, fidèle à l’homme-patron qui crée le destin de tous. Ainsi Rocker dévoile la matrice commune de l’appareil de pouvoir étatique et de l’idée abstraite de nation. Machiavel n’a pas laissé tomber la religion, fortement conscient de son rôle essentiel dans la mise en place de toute forme de système de pouvoir. Il va plutôt travailler à élever à la forme divine les institutions d’État. La religion devient ici un instrumentum regni.

La Réforme

Avec la Réforme le pouvoir papal s’effondre, ainsi que l’unité européenne de l’humanité chrétienne, en laissant place à la séparation de l’Europe en plusieurs Nations. Si le protestantisme de son côté a aidé à la libération de la conscience des hommes du joug de l’Église, ce fut pour la placer sous le joug de l’État. Il a réalisé ce que Hegel appellera plus tard la « conciliation entre la religion et le droit », en aidant à déplacer le principe d’autorité du champ religieux, vers celui du politique. Le droit se transforme ainsi en une révélation divine, et le césaro-papisme se réveille avec une nouvelle apparence et une nouvelle vie.

Le rapport entre l’homme et la communauté demeure la question centrale de l’ouvrage, ainsi que les différentes formes de société qui se modèlent durant le développement historique de l’Europe. Les hommes dans leur ensemble sont considérés comme des individus soumis à des nécessités majeures, en dialogue constant avec les tendances différentes, variées et imprévisibles de chaque individu. La réflexion menant aux formes collectives de cette réponse, elle vise d’un côté la libre association, de l’autre la souveraineté, la soumission, la dépendance.

Hobbes

Hobbes trouve l’essence du contrat social dans la peur. Peur des autres menant à l’inexorable pouvoir d’État. Pour le philosophe anglais, l’État représente la fin de la guerre de tous contre tous, qui va permettre de lier ensemble les hommes sous les mêmes lois, toutes fruit de la volonté d’État, qui est la seule véritable loi. Parce que la volonté d’État s’identifie à la conscience publique, plus importante que toute conscience privée. Pour Hobbes, la foi dans l’État est religion, foi dans son pouvoir de diriger le destin des hommes dans le bon sens : il s’agit d’une même forme de souveraineté, qui implique la soumission des hommes et de leurs objectifs à la raison d’État.

En suivant le déroulement de la pensée de Rocker, qui ne croit pas suffisantes les raisons économiques pour justifier la mise en place des États comme de tout phénomène historique, il est d’autant plus intéressant de comprendre comment non seulement l’État existe, mais aussi comment sa mise en place s’est appuyée sur l’adhésion volontaire et, au final, sur la volonté sinon de tous les individus, du moins de celle des foules.

Pourtant, les dangers d’une telle soumission avaient déjà été révélés de l’autre coté de l’océan. Thomas Paine avait déjà parlé de la société comme fruit des besoins des hommes, et avait mis en garde contre les périls de la tyrannie de la majorité ; et Godwin avait déjà réfléchi au problème central de la société, partie de l’essence même de l’État, et non dans aucune de ses formes.

Libéralisme et démocratie

Rocker pose une opposition nette entre la pensée libérale et la démocratie. Dans le libéralisme , selon lui, l’individu demeure central et l’environnement social est censé promouvoir au mieux le développement naturel des différentes personnalités humaines. Le libéralisme se base sur la vieille sagesse de Protagoras, pour qui « l’homme est la mesure de toutes choses » (p.147). Ainsi vue, la société est un processus organique résultant des nécessités humaines, et se base sur des libres associations entre les hommes, visant leur meilleur développement, mais qui perdent leurs rôles au moment-même où elles accomplissent leur but. Le point de départ est l’homme, et les moyens qu’il se donne pour mieux vivre en découlent.

L’esprit de la démocratie est au contraire un esprit collectif, le peuple, la communauté. Ici l’homme n’est qu’une partie du groupe, soit de la communauté, du peuple ou de la nation. Une volonté est formalisée, une manière d’être à laquelle il faut s’adapter, la volonté commune (ou de la nation). L’individu est sacrifié au citoyen, la raison individuelle à la volonté générale (p.162). L’homme ici devient une machine à régler, à bien formater, machine censée accomplir le rôle qui lui est assigné par la volonté commune : s’adapter afin de devenir le modèle du citoyen.

Rousseau, la Révolution Française

En opposant la volonté générale fondée sur le contrat social, concept inspiré par le radicalisme politique d’Angleterre, à l’absolutisme du monarque, les idées de Rousseau ont contribué au renversement du vieux système du monarque absolu. Mais, dit Rocker, on oublie parfois qu’elles ont également été prophétiques de la nouvelle religion politique qui fonde l’idée moderne et abstraite d’État (p.148).

La volonté commune chez Rousseau émerge directement du contrat social, et mène à l’État. Elle est toujours juste en soi, indépendamment des différentes volontés individuelles, infaillible parce que basée toujours sur le bien collectif (p.149). La volonté collective est le fondement de la nouvelle forme de domination. À la souveraineté du roi se substitue celle du peuple, basée sur la volonté générale. Dans le Contrat Social, Rousseau avait opposé la souveraineté du peuple à celle du roi, identifiant ainsi l’idéal démocratique en opposition à l’ancien régime, et lui donnant enfin un élan de liberté.

Dans l’idéal jacobin de liberté, on trouve la liberté de faire découler toutes volonté personnelle de la volonté d’État ; c’est la liberté de faire ce que l’État décide ; la liberté d’obéir aux lois. Parce que la loi est devenue l’image sainte de la nation (p.155). Mais si la nation incorpore la volonté générale dans sa nature elle doit être une et indivisible (p.162), et Rocker montre comment la révolution française accomplit cette transition.
Si avec la révolution on avait abattu l’ancien système de domination, on avait également contribué à renforcer l’idée de pouvoir et le principe autoritaire, les reliant à un nouveau dogme. La souveraineté nationale redonne en effet son efficacité au principe du pouvoir, car elle rend chaque citoyen porteur de sa volonté, même quant elle l’empêche de l’interpréter suivant sa compréhension (p.162). L’assemblée populaire est le corps de la nouvelle foi dans la volonté générale. Au nom de la nation Robespierre, Saint Just, Bonaparte. La gloire de la patrie est proclamé, la nation sanctifié (pp.163).

La religion de l’État démocratique est née, le nationalisme moderne. Toute opposition à la nation est un péché contre la volonté commune et doit être puni, pour Saint Just, avec le fer. La guillotine demeure un outil essentiel pour gouverner.

La pensée de Rousseau se terminait par la complète fusion de l’homme dans la nécessité d’un idéal pas moins métaphysique qu’une divinité, la nation. Mais cette nouvelle religion politique cherche à modeler tout être humain sous une même forme, le transforme en machine à diriger, au nom de l’égalité, elle a élevé en principe le conformisme (p.165). Toute forme de créativité est étouffée, la volonté commune veut l’unité de la Grande Nation, sa grandeur est basée sur l’obéissance et l’uniformité des citoyens, amoureux de leur patrie, libres de se sacrifier sur l’autel de la nouvelle religion politique d’État, le nationalisme.

Hegel

La philosophie de l’histoire de Hegel a contribué à sanctifier la direction mécanique du destin des hommes. Pour Hegel, l’histoire des hommes n’est que le processus de prise de conscience de soi par l’Esprit du monde. Esprit qui donne à chaque peuple un rôle historique à accomplir, et qui détermine ainsi des causes obligatoires au déroulement des phénomènes (p.179). Ainsi Hegel a consolidé la théorie de la mission historique et nécessaire des hommes, auquel l’Esprit du monde à donné un certain rôle. L’État est chez lui la réalité de l’idée morale, il contribue ainsi à sa déification.

Pour Hegel l’État est comme Dieu sur terre, et ainsi il a contribué à la formation d’une foi dans l’idéal étatique, en rien différente des autres phénomènes religieux éprouvés ailleurs vers des divinités plus au moins sacrées et lointaines. L’État devient l’organisation d’une Église politique, qui fonde son credo sur la croyance dans la nation, la conscience nationale étant un credo religieux autant que le catholicisme ou le protestantisme. C’est l’État qui crée la nation, avec la formation d’un concept volontaire, il domestique les hommes avec un véritable entraînement (p.185), séparant ainsi l’unité du genre humain, en structurant des différences fictives, alimentées par des intérêts particuliers.

Il ne faut pas oublier, dit Rocker, que derrière la conscience nationale on a l’expression de ceux qui peuvent formuler cette volonté collective, et qu’elle est en réalité une foi propagée par des considérations de pouvoir politique.

Nationalisme- État- Fascisme

Comme tout système de pouvoir, le nationalisme cherche également à uniformiser toutes les différences humaines. Il se base comme on l’a dit sur l’attachement au sol natif. Mais Rocker nous fait réfléchir sur la différence essentielle qui existe entre la conscience nationale d’un coté, et l’amour pour son pays de l’autre. Comme tout pouvoir, elle cherche à uniformiser la multitude des variétés et sentiments des hommes, leur amour du chez-soi, dans une même couleur et tonalité, ces sentiments doivent être nivelées et aplaties, insérées dans une même forme unique et pré-écrite.

L’État devient ici une fin en soi, et l’activité des hommes doit se canaliser pour chercher sa grandeur. L’homme est ainsi absorbé intégralement dans les mécanismes du pouvoir. C’est ainsi que l’on comprend, aux yeux de Rocker, comment opère le fascisme moderne, mouvement religieux de masse sous une forme politique : il a dressé un nouvel évangile pour l’homme, qu’il vive pour l’État.
L’Etat dans sa forme suprême est une fin suffisante en soi, avec ses racines dans l’union entre loi, nationalité et religion (p.205). Et même les nouveaux partis ouvriers, qui ont cherché peu à peu à conquérir le pouvoir politique pour réaliser le socialisme, se sont finalement convertis à la machine étatique, et plus, ont contribué à lui restituer équilibre et puissance. Il s’agit d’une lente assimilation des théories socialistes dans l’État bourgeois (p.217). Parce que, répète encore Rocker, ce n’est pas la forme du système de pouvoir qui est mauvaise, mais le pouvoir en soi, sous n’importe qu’elle forme qu’il va prendre pour s’exercer, il est ontologiquement oppresseur. Lorsque l’on contribue à approfondir la dépendance de l’homme, comme tout principe religieux le fait, on opprime la potentielle créativité de l’homme, sa culture. Chaque dépendance acceptée, sanctifiée par une volonté mécanique qui glorifie et détermine notre destin, conduit inexorablement à un système d’esclavage.

Pour cela Rocker parle d’une opposition essentielle entre nationalisme, comme toute forme de pouvoir, et culture. Parce que là où le pouvoir cherche à homologuer et déterminer des formes d’être et de conduite des hommes, la culture est au contraire force créatrice, elle donne à l’homme conscience de ses envies, elle fait l’homme constructeur de son destin, elle approfondit le sentiment de communion avec les autres duquel naît tout ce qui est grand (p.235).

Analyse : homme-machine, nationalisme-culture

Rocker réfléchit au rapport entre les hommes, dans l’histoire. Il oppose la culture d’un coté, et tout système de pouvoir de l’autre, l’un étant fondamentalement l’envers de l’autre ; l’un découlant de la différence, variété, et imprévisibilité des interventions de l’homme dans le cours des phénomènes naturels, en elle-même anarchiste ; l’autre, chaque forme de pouvoir produisant toujours dépendance, l’esclavage.

Chaque fois qu’une abstraction est faite entre la chair de l’homme et son image abstraite, l’humanité avec ses désirs, envies et volontés est perdue, pour laisser place à la machine, au calcul abstrait qui devrait formater ses comportements. Quant à l’individu, il est sacrifié pour le citoyen, la liberté laisse la place à l’obéissance, l’imagination à l’homologation, l’homme se liquéfie en foule.

On appelle répression tout tentative de forcer les comportements humains dans la même grille. Quand les désirs doivent êtres les mêmes, les volontés personnelles capturées dans les mailles de la volonté collective, une et sainte. C’est la dictature de l’uniforme, son arme la loi, le pouvoir de sa parole tranchante comme une lame de guillotine, froid comme les barreaux d’une prison.

Comme Rocker le dit, ce sont les désirs et volontés humaines, sa volonté de puissance, qui animent l’histoire des hommes. Il souligne le rapport direct existant entre ces désirs et la foi religieuse, sentiment d’irrationnelle dépendance vis-à-vis d’une entité supérieure qui détermine notre destin, notre condition présente, notre avenir, nos comportements. L’individu est toujours sacrifié, peu importe si on le sacrifie au nom de dieu, de la volonté générale, de la nation, de la classe ou de l’État. La condition d’appartenance à une entité supérieure, la communauté, le groupe ou la nation, dépossède déjà l’homme de sa liberté.

La distinction entre gouvernement fasciste et démocratie devient ainsi un jeu de mots fictif. Les formes de ces systèmes de pouvoir enchaînent également les hommes dans un système de domination où la foi dans le bien collectif doit toujours primer sur la volonté individuelle, opprimée et étouffée. La pauvreté culturelle provoque ensuite la peur, la volonté de suivre, de se cacher derrière une personnalité supérieure, mythique et sanctifié, qui permet de négliger toute injustice accomplie au nom de ces mêmes entités supérieures. La guerre entre les communautés et les nations écrase la solidarité entre les hommes.

Le rapport qui s’établit entre les hommes et la communauté, qui sacrifie l’individu au nom de la volonté collective, est une chair de la même consistance, système de pouvoir tendant à l’absolu, qui uniformise les hommes à sa figure. Chaque forme de pouvoir qui tend à diriger les volontés et désirs humains et à orienter ses actions est totalisant, et c’est dans la logique de l’État totalitaire d’absorber dans son champ toute activité sociale.

Alors il n’est plus question de fascisme historique, fascisme de l’âme, néo-fascisme, ou de démocratie. La matrice est une, le même principe de domination et d’oppression coule de sa présence même. La forme de son expression n’est que le produit d’une époque, et comme chaque événement, elle est compréhensible seulement dans son interdépendance avec les autres. Et les événements comme les cultures et les idées ne connaissent pas de barrières nationales ni étatiques, mais suivent le flou de l’air que toute l’humanité respire.

alaluska@riseup.net

Notes

[1] On devine ici une opposition entre le concept de culture chez Rocker et chez Gramsci (comme chez d’autres marxistes). Gramsci, héritier d’une philosophie de la praxis qui tend à faire découler tout processus historique des conditions matérielles de reproduction sociale, dans sa théorie de l’hégémonie culturelle soulignait l’importance de la diffusion d’une certaine culture pour que la philosophie de la praxis (le marxisme) puisse s’accomplir. Pour le philosophe italien la culture comme bagage de la société humaine n’est pas en contradiction ontologique avec le pouvoir en lui- même. Il définit au contraire la nécessité, chez les détenteurs du pouvoir, de bien canaliser les tendances différentes et imprévisibles des désirs et croyances humaines, pour qu’elles soient au service d’un certain ordre étatique. Même si, camouflé par le mot communisme, cet ordre reste fidèle à la logique d’État et du pouvoir. Il pose au fondement de l’histoire la lutte entre les classes, en perpétuant ainsi la division fondamentale entre l’unité humaine, accrochant encore une fois le destin des hommes à l’évolution des phénomène sociaux liés à la réponse aux nécessités humaines, définies par la loi et la volonté collective (de la classe), elle-même idée abstraite d’une collectivité où chaque homme n’est qu’un modèle à reproduction illimitée. Pour Rocker tout ce qui concerne un système de pouvoir, désirant diriger les conduites et désirs humains, est essentiellement destructeur de toute manifestation de culture, par essence fruit des différentes réponses des individus aux nécessites de la vie. (Il en émanerait une réflexion sur la fonction des mots dans l’histoire, car leur usage peut amener à négliger les différentes implications pratiques du contenu de leur signification.)

[2] On devine ici une opposition entre le concept de culture chez Rocker et chez Gramsci (comme chez d’autres marxistes). Gramsci, héritier d’une philosophie de la praxis qui tend à faire découler tout processus historique des conditions matérielles de reproduction sociale, dans sa théorie de l’hégémonie culturelle soulignait l’importance de la diffusion d’une certaine culture pour que la philosophie de la praxis (le marxisme) puisse s’accomplir. Pour le philosophe italien la culture comme bagage de la société humaine n’est pas en contradiction ontologique avec le pouvoir en lui- même. Il définit au contraire la nécessité, chez les détenteurs du pouvoir, de bien canaliser les tendances différentes et imprévisibles des désirs et croyances humaines, pour qu’elles soient au service d’un certain ordre étatique. Même si, camouflé par le mot communisme, cet ordre reste fidèle à la logique d’État et du pouvoir. Il pose au fondement de l’histoire la lutte entre les classes, en perpétuant ainsi la division fondamentale entre l’unité humaine, accrochant encore une fois le destin des hommes à l’évolution des phénomène sociaux liés à la réponse aux nécessités humaines, définies par la loi et la volonté collective (de la classe), elle-même idée abstraite d’une collectivité où chaque homme n’est qu’un modèle à reproduction illimitée. Pour Rocker tout ce qui concerne un système de pouvoir, désirant diriger les conduites et désirs humains, est essentiellement destructeur de toute manifestation de culture, par essence fruit des différentes réponses des individus aux nécessites de la vie. (Il en émanerait une réflexion sur la fonction des mots dans l’histoire, car leur usage peut amener à négliger les différentes implications pratiques du contenu de leur signification.)

http://www.non-fides.fr/?Une-lecture-de-Nationalisme-et