tratto da ParoleArmate
Presentiamo di seguito la nostra traduzione di quello che reputiamo un ulteriore contributo contro la repressione interna. Questo testo, scritto da una compagna anarchica inglese in risposta a quello dell’Anarchist Federation (omologa della Federazione Anarchica Italiana), rappresenta un’interessante critica delle contraddizioni interne ad una concezione “civile” dell’anarchia e di molto anarchismo contemporaneo. La lunga riflessione che presentiamo può tranquillamente rappresentare una risposta anche alle penose posizioni di federazioni e anarchici al di qua della Manica.
Riflessioni scandalose – alcune note sull’anarchismo civile
Ogni tanto, ciclicamente, l’anarchismo collettivo o sociale diventa restrittivo nei confronti di alcuni anarchici e si riafferma un certo individualismo anarchico. E’ successo alla fine del ventesimo secolo quando alcuni grandi pensatori anarchici hanno iniziato a mettere in dubbio alcuni dei dogmi comunisti. Sta accadendo di nuovo, e ancora una volta siamo testimoni di alcuni anarchici sociali in preda al panico visto che il loro sogno confortevole è stato disturbato ed essi consapevolmente o no rinforzano la morsa dello Stato condannando i loro fratelli e sorelle indisciplinati che sembrano minacciare il compito di ciò che un compagno ha adeguatamente definito “anarchismo civile”.
E’ una creatura orrenda questo anarchismo civile. Un mostro viscido, vile e dispotico con occhi dietro la testa che cerca di essere ciò che probabilmente l’anarchismo non sarà mai – ovvero commestibile per le moderne masse consumatrici.
Una delle più grandi qualità che cercano quelli coinvolti nella realizzazione degli attacchi è riscoprire la conoscenza di se stessi e degli altri, il potere personale, attuare una rottura radicale e drammatica dalla società, con la sua gabbia intollerabile della norma sociale e la conseguente morte della sensibilità individuale. Alcuni comunicati di questa tendenza sono ricercati e poetici all’estremo, e non sono per tutti i gusti, ma leggere un comunicato della Federazione Anarchica è mortificante. Esso è il materialista corteo funebre della politica contro la vita, la voce patriarcale del “motivo politico” contro il selvaggio spirito ribelle, della politica contro di me.
I combattenti cercano di recuperare la volontà e di scacciare la falsità. Questo può partire solo della propria esperienza, non dall’esperienza o dai dogmi di altri, sebbene essa riguardi il tuo rapporto con alcuni compagni all’interno della “massa” o della “classe lavoratrice”. Fino a quando questo è vero, per strada, c’è una piccola e sincera lotta da trovare in alcune astratte folle di persone con cui non hai relazioni. Sembra incredibile leggere le riflessioni di quelli che si identificano come anarchici della Federazione (formale) e ancora più inutile doverle criticare. E’ un po’ come criticare lo spettacolo di un pagliaccio secondo i criteri applicati a un serio dramma. Qui la questione per me è lo stesso rifiuto dell’individualità che impone lo stato – il raccogliere in greggi alcuni esseri umani unici in alcune categorie utilitaristiche fatte da pedagoghi e padroni che considerano ingombrante e pericoloso l’individuo, ma reputano immensamente confortevole un’astratta gabbia ideologica.
Questa mancanza di autenticità e le politiche alquanto anacronistiche della loro “organizzazione rivoluzionaria” nel suo complesso si riflette nell’indignazione in riferimento all’attacco armato contro il dirigente del settore nucleare italiano Roberto Adinolfi e al pacco esplosivo inviato al capo dell’agenzia italiana di riscossione debiti Marco Cuccagna. La Federazione manipola maliziosamente i fatti in particolare quest’ultimo al fine di vendere la propria ideologia descrivendo il dirigente dell’agenzia come un “lavoratore”. Non solo ciò è un insulto all’intelligenza di chiunque possa vedere abbastanza chiaramente che l’obiettivo era uno dei padroni che rapina ogni giorno le loro paghe duramente guadagnate, ma è sconcertante che essi pretendano di “preoccuparsi” della sofferenza di questi obiettivi e dichiarino categoricamente di aver cura anche della “classe lavoratrice”. Se io fossi coerente, allora direi che non mi preoccupo se questo rapinatore burocratico è stato attaccato, ferito, ucciso. In verità, mi fa piacere. Immagino che anche molte persone non si preoccupano e magari possono anche essere soddisfatti o addirittura felici per queste notizie.
Alcune domande fondamentali alla Federazione che davvero non richiedono risposte: chi siano queste persone della “classe lavoratrice” di cui parlate; quante persone che fanno parte della “classe lavoratrice” conoscete personalmente; come fate a sapere che tutta questa gente condanna gli attacchi ai padroni, agli esattori e alle infrastrutture capitaliste; cosa vi da il diritto di parlare a nome di tutti; cosa ne pensate della gente della “classe lavoratrice” che si è rivoltata a Londra nell’Agosto 2011 (e nel corso della storia)? Anche fare queste domande sembra ridicolo, ma un veloce sguardo al discorso della Federazione sembra essere necessario visto quanto si sentono sicuri di se.
La mentalità della Federazione/Libcom continua con la sua valutazione psicometrica delle supposte “tattiche terroriste”. Essi prendono in prestito un altro fantasma insensato dai media ostili e dallo stato – l’idiota e indiscriminato “terrorista” anarco-insurrezionalista. Di nuovo, quanti di questi individui sono conosciuti dalla Federazione, e come sa la Federazione che queste azioni non sono parte di una vita più ricca e complessa. Inoltre, per dire un’ovvietà, i metodi insurrezionalisti sono diffusi tra gli ostili del mondo cosi come nell’”organizzazione”, e qualche volta hanno più in comune con la rivolta della “classe lavoratrice” che con ciò che riguarda la Federazione. La Federazione è significativamente silenziosa su questa realtà, preferendo solo dei cenni parentali alla rabbia della “classe lavoratrice” che sarebbe più costruttiva solo se gli indisciplinati acquisissero la saggezza dei fisici della Federazione e ingoiassero le loro prescrizioni.
Qui la Federazione si rivela nuovamente essere incapace di liberarsi dalla morsa dell’ideologia; un nuovo rifiuto della complessità dell’essere umano e del suo approdare in alcune utili categorie astratte. Ma se guardiamo alle reazioni della Federazioni nei confronti di altri anarchici, essa diventa più sinistra e in ciò frequentemente è il più indistinguibile dei nostri nemici. La sua scelta di campo è internet. Una breve rassegna non solo delle critiche della tecnologia, ma anche l’esperienza di essa, rivela come sia distruttiva questa forma di virtuale interazione di massa. Inoltre, il linguaggio usato dalla Federazione è simile al provare il pugno della repressione che si abbatte sul volto umano dell’anarchismo. La Federazione rinforza lo stato, adottando la retorica del sistema industriale-militare-tecnologico, vista la sua recente condanna sopra citata delle “tattiche terroriste” anarchiche.
Nella ricerca della liberazione, l’individuo deve potersi esprimere e seguire stesso. L’individuo non è sempre in contrasto con il collettivo ma cercare di indirizzare gli aspetti individuali verso qualche gruppo o società contro il proprio volere è totalmente inutile. L’individuo si ribellerà presto o tardi perché una collettività di massa forgiata alle spese di un individualità libera comporterà regole e norme (sebbene informali o anche non dette) che vanno contro la libertà della vita, dei sentimenti e dei pensieri. Queste tendenze sono state in guerra in precedenza, e vale la pena leggere gli scritti di Voltairine de Cleyre su questo tema con le sue suggestioni in merito all’individuo anarchico libero di esprimere la propria ribellione a proprio modo. Attacchi violenti contro i padroni e lo Stato allontaneranno alcune persone, ma non tutte. L’azione pacifista allontanerà alcune persone ma non tutte. Anche se riuscissimo una volta per tutte ad identificare ogni persona della “classe lavoratrice” e a farle concordare sul fatto di essere “classe lavoratrice”, davvero le Federazioni pensano che questa massa di gente terrà una visione omogenea sul cambiamento sociale, sulle cause della miseria e sul miglior modo per liberarsi (se tutti concordiamo sul fatto che la liberazione sia il loro obiettivo). Gli anarchici civili stanno cercando di condurre di proposito la consapevole classe proletaria che non esiste più nel modo in cui la descrivono come soggetto rivoluzionario in Occidente. Essi si sono imbarcati in una vuota ricerca che finisce in sterilità riguardo all’attuale e incontrollabile scontro sociale di massa, e comunque ampiamente inutile per seguire le loro politiche tramite le loro conclusioni.
La divisione delle persone in classi in qualche modo è un non senso quando come base non si prendono le azioni o le opinioni individuali. Un breve sguardo alla storia dei nativi americani, ad esempio, ci mostra quanto sia banale e superficiale parlare di “popolo nativo americano” in un omogeneo sfogo di alito cattivo: ci sono stati guerrieri indigeni che hanno combattuto il genocidio e l’integrazione forzata e ci sono stati indigeni che hanno collaborato con lo stato americano e hanno venduto la propria gente per accumulare denaro e potere.
Quelli di noi che potrebbero adattarsi all’etichetta di insurrezionalista, individualista e/o nichilista non fanno dichiarazioni perfette per sapere come si presenterà la rivoluzione. Questa è una grande umiltà nelle parole degli emergenti ribelli e dei gruppi di lotta armata. Potrei dire che a questo punto nella storia, quando molto è stato tentato e molto ha fallito, ammettiamo che non sappiamo cos’è giusto, cosa “funzionerà”. La gente è ben più complessa di ciò e il mondo è enorme.
L’interpretazione della Federazione di tutto ciò che riguarda “la lotta della classe lavoratrice” è problematica. La classe lavoratrice come veniva considerata è ormai andata e comunque, come la democrazia, era radicata per molti nell’orrore e nella bugia. La democrazia è stata inventata sulle schiene degli schiavi greci e la Rivoluzione Industriale per prima ha imposto la distruzione dell’individuo e ha introdotto il “gregge degli spossessati” cosi come è stato introdotto nell’età che odiamo. Concentrarsi sulla “classe lavoratrice” in questo modo è come mescolare diverse forme di oppressione, dicendo che ne preferiamo una rispetto all’altra: la gente ha combattuto con i denti e con le unghie contro il diventare sottomessi ad una “classe lavoratrice” all’inizio della Rivoluzione Industriale. L’assimilazione di artigiani e abitanti rurali nella classe lavoratrice industriale è stata sanguinosa, ecco perché alcuni anarchici stanno cercando di realizzarla adesso, soprattutto ora che la macchina è andata avanti riconducendo la tradizionale classe lavoratrice in una massa consumatrice post-industriale, e ciò non è solo criticabile, è bizzarro. Essi sono solo semplici passi nel processo di definizione della macchina e dovremmo far bene per abbandonare tutte queste chimere. Non va negato che la lotta di classe è stata sempre combattuta, ma io preferisco ampiamente il termine “guerra sociale” a “lotta della classe lavoratrice” perché essa include più individualità e le loro scelte, includendo quelli che si considerano tradizionalmente classe lavoratrice. La classe come concetto e come legame sociale è diventata sempre più fangosa negli anni. La gente può essere crudelmente divisa – se dobbiamo – in ricchi e poveri, inclusi ed esclusi, critici e non critici riguardo allo Stato e alla civilizzazione.
Negare l’autonomia individuale, la consapevolezza e le relazioni causa l’alienazione e l’indebolimento. L’autorità di una massa fantasma sugli individui non fa altro che aiutare il progetto dello Stato e del capitalismo concordando sul fatto che l’essere umano non è altro che un’unità economica o un aggregato vasto e senza volto di unità economiche. Vogliamo davvero definire cosi gli esseri umani e gli anarchici davvero pensano che una tale prospettiva sia liberatrice? Negare il ruolo dell’azione individuale a favore della concezione vaga della “lotta di classe” dei giorni andati è una finzione pericolosa. Sicuramente, è anche progetto dello Stato distruggere la volontà e il valore dell’individuo; non può essere chiamato rivoluzionario, eccetto in un senso autocratico e superpolitico di essere governati dall’apparato statale – chi desidera l’indebolimento dell’individuo o dei gruppi affini di individui non vuole la libertà. Non è ruolo degli anarchici rimpiazzare una tirannia, che essa sia “democratica”, monarchica, collettivista o qualsiasi altro tipo di governo, con un’altra.
Cos’è questa “questione delle dichiarazioni” che condannano le azioni e le opinioni di altri che si considerano anarchici? Questo è giocare il gioco politico di “bravi anarchici” e “cattivi anarchici” dei media e della macchina repressiva della polizia. Significa svalutare il vero significato del termine “anarchia”; una complicata e mutevole rete di principi, pratiche e relazioni con il fine della liberazione che non è un unico stato d’essere.
Più che altro, il fatto che la Federazione senta il bisogno di fare dichiarazioni contro le azioni di altri anarchici deve sicuramente fargli sembrare che il loro progetto è fallito. Alla fine del discorso, dico alla Federazione Anarchica e ai suoi seguaci itineranti: io non concordo con voi, non desidero il mondo che avete in mente. Dico di non essere l’unica a trovare le vostre dichiarazioni e prospettive antitetiche alla mia ribellione e al mio concetto personale di liberazione che è basato sulla mia comprensione ed esperienza dell’oppressione statale. E visto che il vostro progetto dipende dall’assoluta accettazione della massa della quale faccio parte, e visto che esso fuoriesce dai dibattiti e dalle dichiarazioni della Federazione che immagina una società di massa anarchica, io dichiaro che voglio la libertà non solo dallo Stato ma anche dalla società e da voi. Dunque chiedo: cosa farete riguardo a me?
Ho iniziato questo articolo desiderando essenzialmente di dar coraggio a quelli di noi che si dichiarano anarchici per cessare la mutua condanna e per dire che veramente nessuno di noi ha la “soluzione”. Comunque, concludo rilevando che alcuni di “noi” sanno cosi poco di ciò che significa avere il cuore, i pensieri e l’azione liberi, e cosi poco di cosa significhino davvero la solidarietà e la lotta, e se dovessi immaginare una società anarchica cosi come appare dal fine della Federazione Anarchica, essa sarebbe piena di repressione e varie prigioni come in questa. E così stanno le cose, tranne che quelli che vogliono imporre la loro società senza volto al resto di noi realizzino la propria futilità.
Venona Q.
–original text english
http://325.nostate.net/?p=5371
http://iconoclasta.noblogs.org/?p=317#more-317
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Scandalous thoughts – a few notes on civil anarchism
325 receives and transmits:
Every so often, cyclically, collective or social anarchism becomes restrictive to some anarchists and an anarchist individualism reasserts itself. It happened at the turn of the twentieth century when some of the great anarchist thinkers began to question some of the more communistic dogmas. It is happening once more, and once more we witness some of the social anarchists writhe in panic as their comfortable dream is disturbed and they wittingly or unwittingly reinforce the stranglehold of the State by condemning their unruly sisters and brothers who appear to threaten the pursuit of what one comrade has aptly described as ‘civil anarchism’.
It is a horrible creature, this civil anarchism. A slathering, craven and despotic monster with eyes in the back of its head which tries to be what anarchism will probably never be – palatable to the modern consumer masses.
One of the major qualities that those engaged in making attacks seek is to recover knowledge of themselves and each other, to recover personal power, to enact a radical and dramatic break from Society, with its intolerable cage of the social norm and the consequent deadening of individual sensibility. Some communiqués from this tendency are flowery and poetic in the extreme, and are not to everyone’s taste, but reading an Anarchist Federation statement is deadening. It is the materialist death-march of politics against life, the patriarchal voice of ‘political reason’ against the wild rebel spirit, of the political against me.
The combatants seek to recover volition and dispel the inauthentic. This can only start from your experience, not from the experience or dogmas of others, although it involves your relationship with a few comrades within “the mass” or the “working classes”. Until it is active, on the street, there is little genuine struggle to be found in some abstract crowd of people you have no relationship with. It seems incredible to read the thoughts of those that identify as (Formal) Federation anarchists and even more pointless to have to critique it. It is a bit like critiquing the performance of a clown by the standards applied to a serious drama. The issue for me here is the same denial of individuality that the State imposes – some herding of unique human beings into some utilitarian category by pedagogues and masters who find the individual unwieldy and dangerous, but find an abstract ideological cage immensely comfortable.
This lack of authenticity and the somewhat anachronistic politics of their “revolutionary organisation” as a whole, is reflected in the Federation’s outrage at the shooting of Italian nuclear boss, Roberto Adinolfi and the letter bomb sent to the Chief of the Italian tax office Marco Cuccagna. The Federation disingenuously manipulate the facts with regard to the latter in order to prostitute their particular ideology by describing the boss of the tax department as a ‘worker’. Not only is this insulting to anyone’s intelligence, who can see quite clearly that the target was one of the bosses who rob them every day of their hard-earned wages, but it is puzzling because they pretend to ‘care’ about the suffering of these targets and to state categorically that ‘the working class’ care too. If I am being authentic to myself, then I can say I do not care a bit if this bureaucratic robber is attacked, injured, killed. Actually, I am happy about it. I imagine many people would also not care and may even feel some satisfaction and even joy at the news.
Some basic questions of the Federation which do not really require answers: who are these “working class” people you speak of; how many individuals who make up the “working class” do you personally know; how do you know that all these people disagree with attacks on capitalist infrastructure, bosses and tax collectors; what gives you the right to speak for anyone but yourself; what do you say about the “working class” people who rioted in London in August 2011 (and throughout history)? To even ask these questions seems ludicrous, but a quick look at Federation discourse seems to necessitate them since they seem so sure of themselves.
The Federation/Libcom mindset continues with its psychometric assessment of supposed “terrorist tactics”. They borrow another meaningless spook from the hostile media and the State – the mindless, indiscriminate anarcho-insurrectionalist-“terrorist”. Again, how many of these individuals does the Federation know, and how does the Federation know that such acts are not part of a rich and more complex life. Furthermore, to state the obvious, insurrectionist methods are widespread amongst the disaffected of the world, as widespread as ‘organising’, and sometimes have more in common with “working class” rebellion than anything the Federation comes up with. The Federation is tellingly silent on this reality in the main, preferring only some parental nod to “working class” anger that could be so much more constructive if only the unruly would acknowledge the wisdom of Federation physicians and swallow their prescriptions.
Here the Federation again reveals itself to be incapable of liberating itself from the shackles of ideology: that denial again of the complex human being and its shunting into some useful abstract category. But as we look at the Federation’s reactions to other anarchists, it actually becomes more sinister, in that they are frequently almost indistinguishable from our enemies. It’s choice of forum is the internet. A brief review not only of critiques of technology, but also experience of it, reveals how destructive this form of faceless, mass interaction is. Furthermore, the language used by the Federations is akin to experiencing the fist of repression coming down on the human face of anarchism. The Federation reinforces the State, by adopting the rhetoric of the industrial-military-technological system, such as its aforementioned recent condemnation of anarchist “terrorist tactics”.
In the quest for liberation, the individual must be allowed to express itself, to follow itself. The individual is not always at odds with the collective, but to try to squash individual drives into some collectivity or society against its will is totally useless. The individual will sooner or later rebel because a mass collectivity forged at the expense of the free individual will entail rules and regulations (albeit informal or even unspoken) which are against liberty of life, feeling and thought. These tendencies have been at war before, and it is worth reading the essays of Voltairine de Cleyre on this matter with her suggestion that the individual anarchist be free to express their rebellion in their own way. Violent attacks against the bosses and the State will alienate some people, but not all. Pacifist action will alienate some people but not all. Even if we could once and for all identify every “working class” person and also get them to agree that they are “working class”, do the Federations really think that this mass of people will hold one homogenous view on social change, on the causes of misery and on the best way to liberation (if all agree that liberation is their goal). The civil anarchists are searching for a purposefully driven conscious proletarian class which no longer really exists in the manner they describe as a revolutionary subject in the West. They have embarked on a hollow search which ends in sterility at the level of the actual uncontrollable mass social clash, and anyway largely failed to follow their own politics through to their conclusions.
The separation of people into classes is in some ways a nonsense when it is not based on their individual opinions or actions. A brief look at Native American history, as one example, shows us how banal and inaccurate it is to speak of ‘the Native American people’ in one homogenous outpouring of bad breath: there were indigenous warriors fighting genocide and assimilation and there were also indigenous folks who colluded with the American State and turned on their own people to accumulate money and power.
Those of us who might be allotted the label of insurrectionist, individualist, and/or nihilists do not make perfected claims to knowing how revolution will come about. There is a great humility in the words of the emerging rebels and armed struggle groups. I would say that at this point in history, when so much has been tried and so much has failed, let us admit that we do not know what is right, what will ‘work’. People are far more complex than that and the world is huge.
The Federation’s distillation of everything down to “working class struggle” is problematic. The working class as it used to be has all but gone and anyway, like democracy, it was originally rooted in horror and lies for many. Democracy was invented on the backs of a Greek slave class and the Industrial Revolution first imposed the destruction of the individual and introduced ‘the dispossessed herd’ as it ushered in this age we hate. Focusing on the “working class” in this way is like shuffling between different forms of oppression, saying that we prefer that form of oppression over this one: people fought tooth and nail against becoming subsumed into a “working class” at the beginning of the Industrial Revolution. The assimilation of artisans and rural peoples into the industrial working class was bloody, so why some anarchists are attempting to reify it now, especially now that the machine has moved on and is now subsuming the traditional working class into the post-industrial consumer class, is not just questionable, it is bizarre. They are all simply stages in the grinding progress of the machine and we would do well to abandon all of these chimeras. This is not to deny that a class struggle has always and continues to be fought, but I prefer the term “social war” to “working class struggle” largely because it includes more individuals and their choices, including those who consider themselves traditionally working class. Class as a concept and as a social binder has become increasingly muddy over the years. People can be more crudely divided – if we must – into the rich and the poor, the included and the excluded, the critical and the uncritical regarding the State and civilisation.
To be denied individual autonomy, recognition and relationships causes alienation and disempowerment. The authority of a ghostly mass over the individual does nothing except assist the project of the State and capitalism by agreeing that the individual human being is nothing more than an economic unit or a vast and faceless aggregation of economic units. Is this really how we wish to define human beings and do anarchists really think that such a perspective is liberating? To negate the role of individual action in favour of a vague conception of the “class-struggle” of yesteryear is a dangerous fiction. Certainly, since it is also the project of the State to destroy the volition and value of the individual; it cannot be called revolutionary, except in the autocratic uber-political sense of being ruled by statist apparatus – none of which desire empowered individuals or like-minded groups of individuals who want freedom. It is not the role of anarchists to replace one tyranny, be it “democratic”, monarchist, collectivist or any other kind of rule, with another.
What is this ‘issuing of statements’ condemning the acts and opinions of others who consider themselves anarchists? It is to play the political game of ‘good anarchist’ and ‘bad anarchist’ for the media and the repressive machine of the police. It is to undermine the very meaning of the term ‘anarchy’; a complicated and shifting web of principles, praxis and relationship with the goal of liberation which is not a singular state of being, no more than it is a State.
Moreover, the fact that the Federation feels the need to make statements against acts of other anarchists must surely show them that their project is doomed. At the end of the day, I say to the Anarchist Federation and their fellow travellers: I do not agree with you, I do not desire the world you envision. I say I am not alone in finding your statements and perspectives antithetical to my own rebellion and my personal concept of liberation which is based on my understanding and experience of State oppression. And since your project depends on the absolute agreement of the mass of which I am a part, and since it appears from the debates and statements of the Federation that what is envisioned is a mass anarchist society, I declare that I want freedom not only from the State but from Society and you. I ask then: what are you going to do about me?
I began this article by essentially wishing to encourage those of us who call ourselves anarchists to cease mutual condemnation and to assert that actually not one of us has the “answer”. However, I end by sensing that some of “us” know so little of what it means to be liberated in heart, thought and action, and so little of what class solidarity and struggle really means, that I can only imagine an anarchist society such as appears to be the aim of the Anarchist Federation, would be as fraught with repressions and various prisons as this one. That is, unless those who would impose their faceless societies on the rest of us realise their futility.
Venona Q.