Alderf W. Lepmer
La maggior parte delle società umane sono profondamente legate alla tradizione. (1) In America del Nord la tradizione riveste un ruolo molto forte per quel che riguarda i concetti di legge, ordine e giustizia.
Un paragone in qualche modo calzante si potrebbe fare con la cosmologia geocentrica di Talete e Tolomeo che è stata confutata da Giovanni Keplero, Galileo e Isaac Newton. Nonostante ciò gli astrologi contemporanei fanno predizioni fantastiche, fondate su complessi calcoli e articolati diagrammi, riferiti all’antica idea di universo geocentrico. Alla stessa maniera degli astrologi, troppi tra coloro che amministrano la giustizia in Canada sembrano aderire a un vecchio modo di pensare che trae origine dalla paura e dalla superstizione poiché non riescono a concepire razionalmente una società senza la relativa barbarie proveniente dalla tradizione. Poiché il carcere può essere (e spesso è) utilizzato come dispositivo politico di controllo e intimidazione, i legislatori sono indotti ad aderire tenacemente a pratiche disumane e antiquate di incarcerazione dei presunti criminali. È privo di fondamento pensare che l’incarcerazione di una persona accusata di un crimine funzioni come deterrente per le altre; così come è assai discutibile che l’incarcerazione riabiliti il cosiddetto criminale. Se la società umana spera di realizzare a pieno le potenzialità ultime di ogni suo membro, allora il carcere (che è un obbrobrio per ogni società civilizzata e illuminata) deve essere abolito.
Nonostante questo un gran numero di persone crede piuttosto fermamente che il carcere sia necessario, che protegga la società dalla minaccia di pericolosi criminali. Esiste un forte convincimento pubblico riguardo la necessità di punire le persone accusate di un crimine. (Non è difficile condividere questa sensazione quando le atrocità commesse da alcuni sono divulgate e sensazionalizzate dai mezzi di informazione). Inoltre la necessità di incarcerare sembra evidente quando, dopo il rilascio, un ex-detenuto torna immediatamente a una condotta criminale e prosegue nella furia omicida indicando apparentemente un comportamento psicotico incontrollabile. Ma l’incarcerazione di questi disgraziati non è più ragionevole che rinchiudere le persone con il cancro o il diabete. Fino a poco tempo fa la presenza di una persona con il cancro causava notevoli disagi agli altri e molti si affannavano per evitare le persone così ridotte. Solo una società che sia essa stessa malata cercherà di punire la persona che sta male, sia che si tratti di malattia organica o mentale. “Il criminale insano non può essere veramente considerato un criminale più di quanto lo sia un bambino poiché mentalmente è nelle stesse condizioni di un minore o di un animale” (Goldman 1969: 114). Per questa ragione il carcere non assolve neanche la funzione di vendetta sociale.
Che il carcere fallisca anche con il delinquente occasionale è provato dalla crescita allarmante del sistema penitenziario e della sua popolazione. Il carcere non riabilita: “Le persone trattate come persone reagiscono come persone. Le persone trattate come bestie reagiscono come bestie” (Martin 1953: 275).
Una ragione importante per cui il carcere non è in grado di riabilitare almeno un certo numero di detenuti è che una persona che cerca di migliorare se stessa deve confrontarsi con uno stato di continua letargia e con un’opposizione ferma dell’ambiente carcerario, slegato dal contesto sociale. Anche l’istruzione sembra essere più accettata che incentivata. Di contro, strategie mirate e l’intimidazione manifesta vengono utilizzate per coinvolgere i detenuti in vari gruppi sociali di scarsa entità unicamente al fine di tenerli impegnati e di reprimerne il pensiero originale.
Inoltre un fatto che sembra sfuggire a giudici e uomini di legge è che in molti casi la persona sotto accusa ha subito così devastanti perdite personali nel periodo trascorso per arrivare al processo che ogni ulteriore azione punitiva come la detenzione significa infierire pesantemente da parte della corte. Ciò crea una tale atmosfera di estraniamento dalla realtà per il detenuto da poter richiedere del tempo per riprendersi e provare a dare un senso alla propria vita. Per molte persone ciò può anche non avvenire mai. “Una nazione che costruisce nuove carceri e impone punizioni più repressive, di solito provoca più criminalità” (Bianchi 1985: 1). Mentre è possibile che poche persone dotate di forte senso di volontà, nonostante il sistema, possano uscire dal carcere al meglio, il grado di auto-disciplina e auto-motivazione richiesto perché ciò avvenga è eccessivo per la maggior parte delle persone.
Dal momento che il carcere non protegge la società né riabilita il criminale e non può essere provato che funzioni da deterrente per gli altri, il carcere deve essere abolito. Non svolge nessun ruolo utile se non per chi lavora nel sistema carcerario, per le industrie di sostegno che costruiscono e mantengono il complesso carcerario e per l’apparato legale (che mantiene un flusso stabile di persone che finiscono dentro). Che il carcere aiuti a proteggere la società è un’idea illusoria poiché, da stime conservatrici, esiste almeno il doppio di criminali rispetto a coloro che si trovano in carcere (Epp 1982: 12). Si tratta di persone che non sono finite dentro né sono state arrestate e probabilmente non lo saranno mai. Inoltre il denaro risparmiato chiudendo il carcere farebbe fare grandi passi in avanti nell’innalzare programmi di assistenza sociale; molti problemi che sono attualmente affrontati all’interno del sistema penale potrebbero essere gestiti con assai minore impatto sulle famiglie se affidati a lavoratori qualificati nel sociale.
1. Un ringraziamento speciale va a Claire Culhane, il cui scritto conenuto in Still Barred From Prison (1985) mostra conoscenza e competenza riguardo il problema del carcere.
Riferimenti:
Bianchi, H. “The Strategies of Abolition“. Documento presentato alla II Conferenza Internazionale sull’Abolizione del Carcere, Amsterdam, Giugno 1985.
Culhane, C. (1985), Still Barred From Prison: Social Injustice in Canada. Black Rose Books.
Epp, E. (1982), Law Breaking and Peace Making. Argenta Friends Press.
Goldman, E. (1969), Anarchism and Other Essays. Dover Publications Inc.
Martin, J.B. ( 1953), BreakDown The Walls. Ballantine Books.
Fonte: pubblicato sulla rivista canadese Journal of Prisoners on Prisons, volume 1, estate 1988, http://www.jpp.org/
http://www.ecn.org/filiarmonici/lepmer1988.html