Guy Debord (1967)
[…] I primi successi della lotta portarono l’Internazionale ad affrancarsi dalle influenze confuse dell’ideologia dominante che sopravvivevano in essa.
Ma la disfatta e la repressione che essa incontrò ben presto fecero passare in primo piano un conflitto tra due concezioni della rivoluzione proletaria, che contengono entrambe una dimensione autoritaria dalla quale l’autoemancipazione cosciente della classe viene abbandonata. In effetti, la polemica divenuta inconciliabile fra i marxisti e i bakuninisti era duplice, incentrandosi volta a volta sul potere nella società rivoluzionaria e sull’organizzazione presente del movimento, e passando dall’uno all’altro di questi aspetti le posizioni degli avversari si capovolgevano. Bakunin combatteva l’illusione di una abolizione delle classi con l’uso autoritario del potere statale, prevedendo il ricostituirsi di una classe dominante burocratica e la dittatura dei più sapienti, o di coloro che sarebbero stati ritenuti tali. Marx, convinto che il maturarsi inseparabile delle contraddizioni economiche e dell’educazione democratica degli operai avrebbe ridotto il ruolo di uno Stato proletario a una semplice fase di legalizzazione dei nuovi rapporti sociali che si sarebbero imposti oggettivamente, denunciava in Bakunin e nei suoi partigiani l’autoritarismo di una élite cospirativa che si era deliberatamente posta al di sopra dell’Internazionale, e che concepiva il disegno stravagante di imporre alla società la dittatura irresponsabile dei più rivoluzionari, o di coloro che si sarebbero designati da sé come tali. Bakunin reclutava effettivamente i suoi partigiani sulla base di una tale prospettiva: «Piloti invisibili nel cuore della tempesta popolare, noi dobbiamo dirigerla senza un potere visibile, ma tramite la dittatura collettiva di tutti gli alleati. Dittatura senza fascia, senza titolo, senza diritto ufficiale, e tanto più potente per il fatto di non avere alcuna delle apparenze del potere». Così si sono opposte due ideologie della rivoluzione operaia contenenti ciascuna una critica parzialmente vera, ma perdendo l’unità del pensiero della storia, e istituendosi esse stesse come autorità ideologiche. Organizzazioni potenti, come la socialdemocrazia tedesca e la Federazione Anarchica Iberica, hanno fedelmente servito l’una o l’altra di queste ideologie; e dappertutto il risultato è stato molto diverso da quello che si era voluto.
Ma la disfatta e la repressione che essa incontrò ben presto fecero passare in primo piano un conflitto tra due concezioni della rivoluzione proletaria, che contengono entrambe una dimensione autoritaria dalla quale l’autoemancipazione cosciente della classe viene abbandonata. In effetti, la polemica divenuta inconciliabile fra i marxisti e i bakuninisti era duplice, incentrandosi volta a volta sul potere nella società rivoluzionaria e sull’organizzazione presente del movimento, e passando dall’uno all’altro di questi aspetti le posizioni degli avversari si capovolgevano. Bakunin combatteva l’illusione di una abolizione delle classi con l’uso autoritario del potere statale, prevedendo il ricostituirsi di una classe dominante burocratica e la dittatura dei più sapienti, o di coloro che sarebbero stati ritenuti tali. Marx, convinto che il maturarsi inseparabile delle contraddizioni economiche e dell’educazione democratica degli operai avrebbe ridotto il ruolo di uno Stato proletario a una semplice fase di legalizzazione dei nuovi rapporti sociali che si sarebbero imposti oggettivamente, denunciava in Bakunin e nei suoi partigiani l’autoritarismo di una élite cospirativa che si era deliberatamente posta al di sopra dell’Internazionale, e che concepiva il disegno stravagante di imporre alla società la dittatura irresponsabile dei più rivoluzionari, o di coloro che si sarebbero designati da sé come tali. Bakunin reclutava effettivamente i suoi partigiani sulla base di una tale prospettiva: «Piloti invisibili nel cuore della tempesta popolare, noi dobbiamo dirigerla senza un potere visibile, ma tramite la dittatura collettiva di tutti gli alleati. Dittatura senza fascia, senza titolo, senza diritto ufficiale, e tanto più potente per il fatto di non avere alcuna delle apparenze del potere». Così si sono opposte due ideologie della rivoluzione operaia contenenti ciascuna una critica parzialmente vera, ma perdendo l’unità del pensiero della storia, e istituendosi esse stesse come autorità ideologiche. Organizzazioni potenti, come la socialdemocrazia tedesca e la Federazione Anarchica Iberica, hanno fedelmente servito l’una o l’altra di queste ideologie; e dappertutto il risultato è stato molto diverso da quello che si era voluto.