Francia: Riflessioni dei compagni francesi sul processo ad Alfredo e Nicola (it/fr)

Chicks Line a Child's Gun

Di seguito viene pubblicato uno scritto di alcuni compagni francesi presenti al processo ad Alfredo e Nicola il 30 ottobre scorso. lo scritto viene tradotto e pubblicato anche se non viene condiviso nella parte analitica. Infatti ritengo che l’analisi fatta dai compagni francesi sia solo l’ennesima sulla questione “firme – sigle – anonimati etc.”. A differenza loro penso che solo chi porta a termine un’azione, in cui mette a rischio dalla libertà ad un possibile incidente(vedi Mauricio Morales), possa decidere se firmare con una sigla o meno un testo rivendicativo.

La gioia, la soddisfazione e il significato dell’azione appartengono solamente, ed unicamente, a chi porta a compimento l’azione e non di chi la legge dai giornali o da internet. Ognuno è libero, almeno in questo, di scegliere come spendersi per l’anarchia e decidere di schierarsi dalla parte del “critico” sulle azioni altrui è solamente teoria che tende a giustificare il proprio “ozio”: in poche parole “paraculismo”. A cosa serve dare solidarietà a due compagni, Alfredo e Nicola, che hanno rivendicato l’appartenenza alla F.A.Informale sotto il nome di “Nucleo Olga”(dal nome della compagna appartenente ad una sigla “ripetitiva”) se si critica un certo modo di agire e rivendicare? Parole di solidarietà del genere, per il sottoscritto, sono simili ai messaggi di solidarietà con i poveri che puntualmente i media, con tanto di sottofondo musicale strappa lacrime, fanno a  natale. Cari compagni…fate pace col cervello!

 

Testo:

Genova, Italia:

Resoconto della prima udienza del processo della gambizzazione di Adinolfi.

Mercoledì 30 ottobre a Genova(Liguria) si è svolta la prima parte del processo a Nicola Gai ed Alfredo Cospito, accusati della gambizzazione del direttore di Ansaldo Nucleare(del gruppo Finmeccanica) Roberto Adinolfi nel maggio 2012.

Essi si trovano in detenzione preventiva da più di un anno e non hanno avuto niente da dichiarare alla giustizia.

La sera precedente la stampa borghese aveva preannunciato una fortissima presenza della polizia e il “blocco della città”. I due compagni sono stati trasferiti a Genova solo nella mattinata del 30 ottobre e non la sera precedente, perchè l’udienza era stata fissata per le ore 09:30, probabilmente per evitare l’assemblamento davanti al tribunale.

Ma questo non ha evitato, come è stato reso noto dalla stampa qualche giorno prima, l’esplosione di un petardo all’interno del carcere di Ferrara in prossimità della sezione AS2, dove sono detenuti Alfredo e Nicola, come anche Sergio Maria Stefani(l’ultimo detenuto per l’operazione “Ardire”) e Adriano Antonacci(prigioniero dell’operazione dei R.O.S. ai Castelli Romani), questo non ha evitato che una centralina dell’E.N.I. venisse distrutta in solidarietà qualche giorno prima a Torino.

La digos ha controllato le auto che si recavano a Genova per il processo ed i compagni che erano arrivati sul luogo.

Circa 200 compagni(più di quello che si sperava) hanno risposto all’appello di una presenza solidale e si sono trovati davanti al tribunale per dimostrare ai due compagni che non sono soli a fronteggiare il nemico, per dimostrare a tutti quelli che li hanno descritti come pazzi furiosi che non sono isolati e che gli anarchici, ancora, davanti allo Stato si compattano.

La macchina poliziesca è arrivata all’evento con più di un centinaio di sbirri di ogni genere, dai carabinieri alla celere ed anche una massiccia presenza di sbirri in borghese(digos) che filmavano tutte le persone presenti da tutti gli angoli possibili, e ci hanno “scortati” per tutto il tragitto.

I giornalisti, ugualmente, erano presenti in massa e non hanno mancato di essere le carogne zelanti come lo sono sempre stati, soprattutto in Italia[la stampa italiana ha seguito ampiamente dall’inizio il caso Afinolfi soprattutto in questi ultimi giorni prima del processo, e l’udienza del 30 è stata diffusa integralmente in video su internet].

L’accesso al tribunale è stato rapidamente bloccato e solo 24 persone sono state autorizzate ad assistere all’udienza(dentro una piccola sala, chiaramente per limitare la presenza del pubblico).

All’apertura dell’udienza Alfredo ha iniziato a leggere la dichiarazione senza il permesso del giudice, che ha dato ordine di portare i detenuti immediatamente fuori dall’aula tra gli insulti dei presenti, e quindi negando anche a Nicola di leggere la sua dichiarazione.

Le loro rispettive dichiarazioni rivendicano le responsabilità dell’attacco per cui sono accusati. I compagni presenti dentro l’aula sono stati brutalmente buttati fuori dal tribunale, mentre insultavano i magistrati e urlavano slogan. Anche fuori i compagni hanno continuato ad urlare slogan: “Tutti liberi/ Tutte libere” e “Il nostro desiderio di libertà è più forte di ogni autorità”.

Il processo è dunque continuato senza gli accusati ed i 24 compagni che assistevano al processo. Le dichiarazioni sono state lette dal magistrato e l’accusa ha chiesto 12 anni di prigione per Alfredo, per essere l’esecutore dello sparo, e 10 anni per Nicola(ed anche un milione di euro per danni allo Stato).

I procuratori Silvio Franz e Nicola Piacente hanno anche aggiunto che Nicola e Alfredo “non solo hanno rivendicato ma hanno espresso il loro disprezzo contro le autorità e le leggi”!

Il 12 novembre si concluderà il processo, con la risposta della difesa(che come obiettivo avrà quello di far crollare l’imputazione di “terrorismo”) e la sentenza.

Nel frattempo, i compagni solidali si sono riuniti in gruppo davanti al tribunale e scortati dagli sbirri in tenuta anti sommossa e qualche spione munito di telecamera, per finire la giornata con un momento di discussione dentro un’aula universitaria, occupata per l’occasione per permettere una breve assemblea per discutere su come dare solidarietà rivoluzionaria ai compagni e continuare con le assemblee solidali che si sono già svolte a Roma e Firenze(“A testa alta”).

Tutto il resto della giornata i gruppi mobili della digos hanno continuato insistentemente a pedinare gli anarchici presenti nella città.

L’industria nucleare, civile come militare, fa parte dei numerosi orrori che inquinano questo mondo con la rassegnazione che diffondono, con l’autorità e la sottomissione necessaria per mantenerla, causando la spersonalizzazione e quindi rendendo impossibile il controllo delle nostre vite. Roberto Adinolfi è un forte difensore di questa tecnologia mortifera. L’attacco fisico, a lui, gli rende solo la minima parte dell’oppressione che lui diffonde con le sue attività.

Le discussioni ricorrenti tra gli anarchici sui metodi da utilizzare e promuovere nell’attacco contro il potere sono troppo spesso fonte di conflitti, ma questo è normale: per la sua stessa essenza l’anarchismo non può essere una cappella ideologica univoca ma, piuttosto, una libera associazione di individui unici e differenti che si ritrovano o no sulla base delle affinità. Fino ad oggi hanno coabitato le pratiche tutte così varie come lo sono personalità dei differenti individui che si riconoscono nelle stesse idee. L’azione anarchica presenta una varietà di mezzi molto diversi tra cui ognuno può scegliere in base alla propria sensibilità ed in base a quello che vuole fare e rischiare. Ma al di sopra delle scelte individuali noi sosteniamo le azioni che ci parlano, che sono coerenti con le idee che noi diffondiamo e con i compagni a cui noi vogliamo portare la nostra solidarietà, per spezzare l’isolamento che lo Stato vuole imporre e cerca di marginalizzare l’azione offensiva per distinguere i cosiddetti “terroristi”, per distinguere i buoni dai cattivi, per separare e poter meglio reprimere.

Sia chiaro, la solidarietà non può essere acritica ne incondizionata, e sostenere gli anarchici detenuti non significa essere in un’affinità totale con tutto quello che loro dicono e fanno. Quindi, per noi, l’attacco a questo mondo da una prospettiva anarchica non appartiene ad una sigla o a qualunque organizzazione(F.A.I. o altre) e non può essere riassunto ne monopolizzato per motivo autoreferenziale che crea la divisione di questa sigla.

Noi vogliamo diffondere la conflittualità e l’attacco dentro la società e contro di essa, e non attraverso una rete chiusa che può diventare uno spettacolo virtuale, per i comunicati firmati dalle sigle(riccorrenti) che diventano una nuova sorta di rivendicazione identitaria o a livello di organizzazione.

A noi pare evidente che oggi i due compagni meritano la nostra solidarietà, sia essa critica o no, perchè più che mail processo per la gambizzazione di Adinolfi è una posta in gioco per tutto il movimento anarchico, in Italia come altrove. Noi condividiamo la prospettiva di Nicola e Alfredo che è quella che è la fine di tutte le autorità può avvenire solo attraverso l’attacco diretto, senza contare su nessun sollevamento di massa, o rivoluzione che si attende a braccia incrociate.

Diffondere la pratiche offensive contro questa società di oppressione e dominazione è sostenere le parole e gli atti di quelli che non si fermano davanti alla repressione e continuano a battersi per le idee che noi condividiamo.

Libertà per tutti i compagni perseguitati e detenuti in Italia come altrove, che tengono la testa alta nei momenti più difficili e che lottano dentro come hanno lottato fuori con la dignità che caratterizza le nostre prospettive anarchiche contrariamente alla rassegnazione diffusa in questo mondo. Mandiamo un grande pensiero a Sergio, ultimo prigioniero delle operazioni “Ardire” e “Shadow”. Fino a che non ci saranno più prigioni, fino alla fine di tutte le autorità!

Liberi / e Tutti / e!

Al di là delle alpi,

Qualche individualità anarchica solidale

fonte

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Gênes (Italie) : Compte-rendu de la première audience du procès de la jambisation d’Adinolfi

Mercredi 30 octobre a eu lieu à Gênes (Ligurie) la première partie du procès de Nicola Gai et Alfredo Cospito, accusés de la jambisation du directeur d’Ansaldo Nucleare (du groupe Finmeccanica) Roberto Adinolfi en mai 2012. Ils étaient en détention préventive depuis un an et n’avaient rien déclaré à la justice jusqu’à maintenant. (Plus d’informations sur cette affaire en français ici).

 

La veille, la presse bourgeoise annonçait déjà un très fort dispositif policier et le « bouclage de la ville ». Les deux compagnons ne seront d’ailleurs transférés à Gênes que dans la matinée du 30 octobre et non la veille, alors que l’audience est prévue à 9h30, probablement pour éviter tout rassemblement devant la taule. Mais cela n’a pas empêché, comme nous l’avons appris dans la presse quelques jours plus tôt, un engin d’exploser à proximité de l’unité AS2 de Ferrara, où sont incarcérés Alfredo et Nicola, ainsi que les compagnons Sergio Maria Stefani (dernier prisonnier de l’opération Ardire) et Adriano Antonacci (prisonnier de l’opération des ROS à Castelli Romani), cela n’a pas empêché non plus une station ENI d’être fracassée en solidarité quelques jours plus tôt à Turin. Plusieurs contrôles de la DIGOS des voitures se rendant à Gênes pour assister au procès auront lieu, ou de compagnons sur place sortant de chez eux.

Environ deux cents compagnons (plus que ce qui était espéré) ont répondu à l’appel à une présence solidaire et se sont retrouvés devant le tribunal pour montrer aux deux compagnons qu’ils ne sont pas seuls face à l’ennemi, pour montrer à tous ceux qui les ont décrits comme des fous furieux qu’ils ne sont pas isolés et que pour beaucoup d’anarchistes encore, face à l’Etat, on se serre les coudes. Le dispositif policier est en effet au rendez-vous avec plus d’une centaine de flics en tout genre, des carabiniers et des flics anti-émeute, ainsi qu’un déploiement massif de civils de la DIGOS filmant les personnes présentes sous tous les angles possibles, et nous « escortant » pour tout déplacement. Les journalistes également sont présents en masse et ne manquent pas d’être les charognards zélés qu’ils ont toujours été, surtout en Italie [la presse italienne a depuis le début de l’affaire Adinolfi largement fait son beurre dessus, et notamment ces derniers jours avec le procès, dont la courte audience du 30 est diffusée intégralement en vidéo sur internet].

Les entrées du tribunal seront rapidement bloquées, et seules 24 personnes seront autorisées à assister à l’audience (dans une petite salle, manifestement pour y limiter la présence de public). Dès l’ouverture de l’audience, Alfredo a commencé à lire une déclaration sans la permission de la juge, qui l’a fait évacuer rapidement et sous le fracas des insultes, suivi de Nicola qui n’avait pas commencé la sienne. Leurs déclarations respectives revendiquent la responsabilité de l’attaque dont ils sont accusés. A leur suite, les compagnons présents dans la salle sont sortis bruyamment du tribunal, insultant les magistrats et criant des slogans. Dehors également, les compagnons se font entendre : « Tutti liberi / Tutte libere » et « Notre désir de liberté est plus fort que toute autorité ».

Le procès s’est donc poursuivi sans les inculpés ni les 24 compagnon/nes qui assistaient à l’audience, les déclarations ont été lues par le parquet et l’accusation a réclamé des peines de 12 ans de prison pour Alfredo, considéré comme l’exécutant du coup de feu, et 10 ans pour Nicola (ainsi qu’un million d’euros de dédommagement à l’Etat). Les procureurs Silvio Franz et Nicola Piacente se sont étonnés qu’après leur aveu, Nicola et Alfredo « ne se dissocient pas, mais ont même du mépris pour les autorités et les normes » ! Le 12 novembre aura lieu la fin du procès, avec la réponse de la défense (dont l’enjeu principal sera de faire tomber le chef d’inculpation de « terrorisme ») et le verdict.

Pendant ce temps, les compagnons solidaires se sont éloignés en groupe du tribunal, escortés/suivis par des flics en tenue anti-émeute sur le qui-vive et quelques espions à caméras peu discrets, pour finir la journée par un moment de discussion dans un amphi de l’université, occupé pour l’occasion pour permettre une courte assemblée où sera discutée la suite à donner à la solidarité révolutionnaire avec les compagnons, en continuité avec les quelques assemblées solidaires qui avaient déjà eu lieu à Rome et Florence (le texte d’appel « A testa alta » est en italien ici). Tout le reste de la journée, des groupes mobiles de la DIGOS colleront ostensiblement aux basques des anarchistes présents dans la ville.

L’industrie nucléaire, civile comme militaire, fait partie des nombreuses horreurs qui pourrissent ce monde par la résignation qu’elles diffusent, l’autorité et la soumission nécessaires pour les maintenir, la dépossession qu’elles engendrent, rendant impossible le contrôle de nos propres vies. Roberto Adinolfi est un défenseur forcené de cette technologie mortifère. L’attaquer physiquement n’a été que lui rendre une infime part de l’oppression qu’il répand et soutient par ses activités.

Les discussions récurrentes entre anarchistes sur les méthodes à utiliser et promouvoir dans l’attaque contre le pouvoir sont très souvent sources de conflit, cela est normal : par son essence même, l’anarchisme ne peut être une chapelle idéologique univoque mais plutôt une libre-association d’individus uniques et différents qui se retrouvent ou non sur la base d’affinités. En son sein ont toujours cohabité des pratiques toutes aussi variées que les personnalités des différents individus qui se reconnaissent dans de mêmes idées. L’action anarchiste présente un panel d’outils très divers, que chacun peut choisir suivant sa sensibilité, ce qu’il se sent prêt à faire et à risquer. Mais au-delà de ces choix individuels, à nous de reconnaître les actions qui nous parlent, en cohérence avec les idées que nous défendons, et donc les compagnons à qui nous voulons apporter notre solidarité, pour briser l’isolement que l’Etat veut imposer en cherchant à marginaliser l’action offensive pour distinguer de soi-disant « terroristes » parmi les subversifs, en distinguant des « gentils » et des « méchants », en séparant pour mieux réprimer.

Bien sûr, la solidarité ne peut être acritique ni inconditionnelle, et le soutien à des anarchistes incarcérés ne signifie pas une affinité totale avec tout ce qu’ils peuvent dire et faire. Ainsi, pour nous, l’attaque de ce monde dans une perspective anarchiste n’appartient pas à un sigle ou une quelconque organisation (FAI ou autre) et ne peut être résumée ni monopolisée par le réseau autoréférentiel que crée le partage de ce sigle. Nous voulons diffuser la conflictualité et l’attaque au sein de la société et contre elle, et non dans un réseau clos qui pourrait devenir un spectacle virtuel, par les communiqués signés de sigles (a fortiori fixes) qui deviennent une nouvelle sorte de revendication identitaire ou organisationnelle.

Il nous parait évident aujourd’hui que les deux compagnons méritent notre solidarité, qu’elle soit critique ou non, car plus que jamais, le procès de la jambisation d’Adinolfi est un enjeu pour tout le mouvement anarchiste, en Italie comme ailleurs. Et nous partageons la perspective de Nicola et Alfredo selon laquelle la fin de toute autorité ne se fera que par l’attaque directe, sans compter sur un quelconque soulèvement de masse, une révolution qu’il faudrait attendre les bras croisés.

Diffusons les pratiques offensives contre cette société d’oppression et de domination en soutenant en paroles et en actes celles et ceux qui ne lâchent rien face à la répression et continuent à se battre pour les idées que nous partageons.

Liberté pour tou-te-s les compagnon-ne-s poursuivi-e-s et incarcéré-e-s en Italie comme ailleurs, qui gardent la tête haute dans les moments les plus difficiles, qui luttent dedans comme ils luttaient dehors, avec la dignité qui caractérise nos perspectives anarchistes face à la lâcheté et la résignation que diffuse ce monde. Nous envoyons aussi une pensée à Sergio, dernier prisonnier des opérations Ardire et Shadow. Jusqu’à ce qu’il n’y ait plus de prisons, jusqu’à la fin de toute autorité !

Liberi/e tutti/e !

Par delà les Alpes,
Quelques individualités anarchistes solidaires.

http://www.non-fides.fr/?Genes-Italie-Compte-rendu-de-la