il mio individualismo iconoclasta (it/es)

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Renzo Novatore

“Io ho lasciato per sempre la vita delle pianure”

E. Ibsen

1.

Anche le più pure sorgenti di Vita e di Pensiero che zampillano fresche e ridenti fra le rocce solitarie delle più alte montagne per dissetare gli eletti della Natura, quando sono scoperte dai demagogici pastori dell’ibrido gregge borghese o proletario ben presto si tramutano in fetide pozzanghere laide e melmose. Oggi è la volta dell’Individualismo! Dal volgare crumiro all’idiota e ripugnante poliziotto, dal miserabile venduto alla spregevole spia, dallo schiavo vigliaccamente imbelle all’autoritario ripugnante e tiranno, parlano d’Individualismo.  È la moda!

Anche i rachitici intellettualoidi del tubercoloso conservatorismo liberale, come i malati di cronica sifilide democratica, fino agli eunuchi del socialismo ed agli anemici del comunismo, tutti parlano e posano ad Individualisti!

Comprendo che non essendo l’Individualismo una scuola e tanto meno un partito, non può essere “unico” ma è più vero ancora che gli Unici sono individualisti. Ed io come unico balzo sul campo di battaglia, snudo la mia spada e difendo le mie intime idee d’individualista estremo, di Unico indiscutibile, poiché possiamo essere scettici ed indifferenti, ironici e beffardi quanto vogliamo e possiamo, ma quando si è condannati a sentire dei socialisti più o meno teorizzanti ad affermare sfacciatamente ed ignorantemente che non vi è nulla d’incompatibile fra l’idea Individualista e quella collettivista, e che si tenta stupidamente di far passare un titanico cantore dell’eroica potenza dominatrice di fantasmi umani, morali e divini, che freme e palpita, tripudia e si espande, al di là del bene e del male della Chiesa e dello Stato, dei Popoli e della Umanità fra gli strani bagliori d’un nuovo incendio d’amore incompreso come il lirico creatore di Zarathustra, per un povero e volgare profeta del Socialismo che è scuola di vigliaccheria, o un iconoclasta invincibile ed insuperabile come Max Stirner per uno strumento qualsiasi messo lì a disposizione dei frenetici fautori del comunismo, allora si può avere sì un’ironica smorfia sulle labbra ma poi bisogna in-sorgere risolutamente per difendersi e per aggredire, poiché chi si sente davvero Individualista di principio, di mezzo e di fine, non può tollerare di essere minimamente confuso fra le turbe incoscienti d’un morboso gregge belante.

2.

L’Individualismo com’io lo sento, lo comprendo e lo intendo, non ha per fine né il Socialismo, né il Comunismo, né l’umanità. L’Individualismo ha per fine se stesso. Continuino pure i cervelli atrofizzati dal positivismo spenceriano a credersi Individualisti senza accorgersi che il loro venerato maestro è un anti-individualista per eccellenza poiché egli altro non è che un radicale monista, e come tale, amante sviscerato dell’unità e nemico giurato della particolarità. Egli, come tutti gli scienziati e i filosofi più o meno monisti, nega tutte le distinzioni, le diversità; e per affermare l’illusione sacrifica la realtà. Il suo sforzo è teso a dimostrare realtà l’illusione, ed illusione la realtà. Egli non potendo comprendere il vario, il particolare, sacrifica l’uno o l’altro sull’altare dell’universale. Egli combatte sì lo Stato in nome dell’individuo, ma al pari di tutti i sociologi di questo mondo, egli ritorna a sacrificare sotto la tirannide di un’altra società libera e perfetta, poiché lui combatte, è vero lo Stato, ma lo combatte soltanto perché così com’è non funziona come piace a lui…

Ma non perché egli abbia compreso le unicità anticollettiviste ed antisociali capaci alle attività superiori dello spirito, del sentimento e dell’eroica e spregiudicata potenza. Egli odia lo Stato ma non penetra né comprende l’individuo misterioso, aristocratico, vagabondo, ribelle!  E da questo punto di vista non so perché anche quel bolso ciarlatano, quell’antropologo fallito, gonfio e rigonfio di sociologia di Darwin, di Comte, di Spencer e di Marx, che ha seminato porcherie a piene mani su dei colossi dell’Arte e del Pensiero come Nietzsche, Stirner, Ibsen, Wilde, Zola, Huysman, Verlaine, Mallarmé, ecc. e che si chiama Max Nordau; non so spiegarmi, ripeto, come mai anch’egli non sia stato chiamato Individualista… poiché anche Nordau, come lo Spencer, combatte lo Stato…

3.

Giovanni Papini scrivendo di Spencer dice: “Come scienziato si piegò dinanzi ai fatti, come metafisico dinanzi all’inconoscibile, come moralista dinanzi al fatto immutabile delle leggi naturali. La sua filosofia si materiò di paura, d’ignoranza e di obbedienza: grandi virtù al cospetto di Cristo, ma vizi tremendi per chi vuole la supremazia dell’individuo. Egli fu, né più né meno, un falsario dell’individualismo”. Ed io, pure essendo tutt’altro che un papiniano, in questo caso sono ultra d’accordo con lui !

4.

E. Zoccoli, che è un profondo conoscitore del pensiero anarchico ed un intellettuale di massima portata, ma che fa professione d’una pietosa morale borghese, nel suo colossale studio “L’Anarchia”, dopo aver inveito – sia pure con serenità ed una qualche ragione – contro i massimi agitatori del pensiero anarchico, da Stirner a Tucker, da Proudhon a Bakunin, si rammarica col Kropotkin perché trova che questo non è stato capace di sviluppare un nuovo anarchismo rigorosamente scientifico e sociologico come si era permesso per richiamare tutti i forsennati delinquenti dell’anarchismo estremo, o dell’Individualismo, alle sane correnti d’un vischioso sistema positivistico e scientificamente materialista ed umanista, semispenceriano, perché è questa famosa scienza che ha finalmente scoperto la nullità dell’individuo “davanti all’immensità senza limiti…”. Ed anche per il Kropotkin positivista, umanista, comunista e scientifico… pare che l’uomo sia “un piccolo essere con ridicole pretese” e così sia! Chi è concentrato nella sociologia non può essere nulla di più che uno scienziato di collettività che dimentica l’individuo per cercare l’Umanità e porta sul Trono Imperiale ai piedi del quale l’Io deve rinnegare se stesso ed inginocchiarsi commosso.

E quando tutti gli anarchici avranno della Vita questo sublime concetto anche E. Zoccoli sarà lieto e contento, poiché dandosi la serafica posa d’un profeta che dice agli uomini: “Io sono venuto ad offrirvi la possibilità d’una nuova Vita!”, egli si rivolge a noi e dice: “Che gli anarchici rientrino nel diritto e il diritto li attende, pronto ad estendere anche ad essi le sue garanzie…” Ma che cosa è il diritto?

Diamo la parola allo Stirner:

“II Diritto è lo spirito della Società. Se la Società ha una volontà è precisamente questa volontà che costituisce il Diritto: la Società non esiste che per il Diritto. Ma siccome essa non esiste che per il fatto di esercitare una sovranità sull’individuo, si può dire che il Diritto è la sua volontà sovrana.

“ Poiché Aristotele disse: “la giustizia è il frutto della Società”.  Ma “ogni diritto esistente è diritto straniero, un Diritto che mi si accorda, di cui mi si permette di godere. Avrò il buon diritto della mia parte perché il mondo intiero mi da ragione? Che cosa sono dunque i miei diritti nello Stato o nella Società se non dei diritti esteriori, dei Diritti ch’io ottengo da altri? Se un imbecille mi da ragione tosto il mio diritto mi diventa un sospetto, perché non tengo in considerazione la sua approvazione. Ma se fosse anche un saggio che mi approva io non potrei per ciò dire di aver ragione. Il fatto di aver ragione o torto è assolutamente indipendente dall’approvazione del pazzo o del savio”. Ora aggiungiamo ancora, a questa definizione che il ferigno ed invincibile Ribelle tedesco ci da del Diritto, il celebre aforisma di Protagora “L’uomo misura tutte le cose”, e poi possiamo muovere in guerra contro ogni diritto esteriore ed ogni esteriore giustizia, poiché “la giustizia è il frutto della Società”.

5.

Lo so! Lo so e lo comprendo: le mie idee – che non sono poi nuove – potranno far sanguinare il cuore troppo sensibile dei moderni umanisti che pullulano in grande abbondanza fra i sovversivi, ed i romantici sognatori di una fulgida umanità redenta e perfetta, danzante in un regno fatato di generale e collettiva felicità musicata dal magico flauto della pace perenne e della fratellanza universale. Ma chi insegue fantasmi si allontana dal vero, e poi si sappia che il primo ad essere arso fra le fiamme del mio corrodente pensiero fu l’intimo essere mio, il vero me stesso! Ora fra il rogo ardente delle mie Idee anch’io son diventato di fiamma; e scotto, brucio, corrodo…  A me devono accostarsi soltanto coloro che gioiscono contemplando ardenti vulcani che lanciano verso le stelle le lave sinistre esplodenti dal loro seno di fuoco per poscia lasciarle cadere nel Nulla o fra la Morta Città degli uomini imbelli, dei miei fratelli carogne, per farli fuggire con fuga frenetica fuori dei loro muffiti tuguri tappezzati di rancidi e vecchi ideali.  Io mi dichiaro in guerra aperta, palese e nascosta, contro la Società: contro ogni Società!  Io penso, io so, che fin che ci saranno degli uomini ci sarà una società, poiché questa putrida civiltà con le sue industrie ed il suo progresso meccanico ci ha ormai portati ad un punto dove non è neppure più possibile tornare indietro fino all’invidiabile età delle caverne e delle spose divine che allevavano e difendevano i nati dal loro libero ed istintivo amore come bionde e feline Leonesse abitanti maestose foreste profumate, verdi e selvagge; ma pure so e penso con altrettanta certezza che ogni forma di società – ed appunto perché società – vorrà, per il suo bene, l’individuo umiliato. Anche il comunismo che – a quanto ci raccontano i suoi teorizzatori – è la forma di Società più umanamente perfetta, non potrà riconoscere in me che uno dei suoi membri più o meno attivo, più o meno stimato… Io per il comunismo potrà valere per quanto sarò di me stesso, di intimamente mio, di Unico e perciò incomprensibile alla collettività. Ma ciò che è in me di più incomprensibile, di più misterioso ed enigmatico per la collettività è appunto il mio tesoro più prezioso, il mio bene più caro poiché è la mia intimità più profonda la quale io solo posso giustificare ed amare poiché solo io la comprendo.

Basterebbe ad esempio ch’io dicessi al comunismo: “l’eletto esiste per non far nulla” come dice Oscar Wilde, per vedermi scacciare come un lebbroso siberiano dalla cena sacra dei nuovi Dei!  Eppure uno che avesse l’imperioso bisogno di vivere la propria vita nell’atmosfera altamente e sublimemente intellettuale e spirituale del Pensiero e della contemplazione, non potrebbe dar nulla di materialmente e moralmente utile e buono alla comunità, perché ciò che potrebbe dare sarebbe incomprensibile, e per ciò nocivo ed inaccettabile, poiché egli non potrebbe dare che una strana dottrina propugnante la gioia di vivere nell’ozio contemplativo. Ma in una società comunista – come e peggio in qualsiasi altra forma di società – una tale dottrina potrebbe far opera di corruzione fra la falange di coloro che devono produrre per il mantenimento e l’equilibrio collettivo e sociale. No! Ogni forma di società è il prodotto delle maggioranze. Per i grandi Geni o per i grandi delinquenti non vi è posto fra la mediocrità trionfante che domina e comanda.

6.

Qualcuno mi obietterà che in quest’Alba vermiglia, in questa grandiosa vigilia d’armi e di guerra ove già risuonano frago-rosamente le note vibranti e fatidiche del gran crepuscolo dei vecchi Dei, mentre all’orizzonte già sorgono i raggi biondi e dorati d’un ridente avvenire, non è Bene partorire alla luce del sole certi intimi e delittuosi pensieri… È una vecchia quanto stupida storia!  Ho ventinove anni, sono quindici anni che milito nel campo libertario e vivo anarchicamente, e mi si è sempre detto le stesse, le stessissime cose:

“Per amore della concordia… “.

“Per amore della propaganda… “.

“Per la prossima Rivoluzione Sociale e redentrice…”.

Per… ma a che prò continuare!

Basta! Non posso più tacere!

“Se io tenessi rinchiuso nel mio cassetto un manoscritto ancora inedito, il manoscritto d’un opera bellissima che a leggersi desse brividi di voluttà sconosciute e scoprisse mondi ignorati; se io fossi certo che gli uomini su queste pagine impallidissero di spavento, e poi errassero lentamente per le vie deserte cogli occhi ferocemente dilatati nel vuoto e poi cercassero cinicamente la morte quando la pazzia non corresse loro incontro colle sue risate sinistre come lo scrosciare dei venti, e il suo lugubre stamburare di dita invisibili sui loro cervelli devastati; se io fossi certo che le donne sorridessero oscenamente e colle sottane rialzate si sdraiassero sull’orlo dei marciapiedi in attesa d’un maschio qualsiasi, e i maschi si gettassero di schianto su loro per straziarne coi denti la vulva e la gola; se le folle ubriache e affamate rincorressero a colpi di coltello pochi uomini fuggenti e tra essere ed essere ci fosse un morto a perpetuarne l’odio profondo; se dalla terra dovesse sparire per sempre la pace d’un ora, la calma dello spirito, l’amore, la lealtà, l’amicizia, e al loro posto dovessero per sempre regnare la turbolenza, l’irrequietezza, l’odio, la menzogna, l’inimicizia, la pazzia, la tenebra, la morte; se tutto questo dovesse farlo un libro bellissimo scritto da me ancora inedito e rinchiuso nel mio cassetto io lo pubblicherei quel libro e non avrei pace finché non fosse pubblicato”.

Così Persio Falchi scriveva sulla “Forca” parecchi anni orsono per esprimere il suo concetto sulla Libertà dell’Arte, così io oggi ripeto sull’Iconoclasta! per esprimere il mio concetto sulla Libertà del Pensiero.

È un mio assoluto ed imperioso bisogno quello di lanciare fra la tenebra la luce turbinosa e sinistra dei miei pensieri e il sogghigno incredulo e beffardo delle mie idee sanguinanti che, orgogliose e superbe di mostrare le loro rigogliose e spregiudicate nudità, se ne vogliono andare libere per il mondo alla ricerca di virili amplessi. Nessuno può essere più rivoluzionario di quello ch’io sono, ma è appunto per questo che voglio lanciare il corrodente mercurio dei miei pensieri fra la senile impotenza degli eunuchi dell’Umano Pensiero. Non si può essere rivoluzionari a metà, né pensare a metà. Bisogna essere come Ibsen, rivoluzionari nel senso più completo e radicale della parola. E tale sento di essere io!

7.

La Storia, il Materialismo, il Monismo, il Positivismo e tutti quanti gli “ismi” di questo mondo sono ferri vecchi e rugginosi che non mi servono più e più non mi riguardano. Ho per principio la Vita, per fine la Morte. Voglio vivere intensamente la mia Vita per abbracciare tragicamente la mia Morte.

Voi aspettate la Rivoluzione! E sia! La mia è da molto tempo incominciata! Quando sarete pronti – Dio che lunghissima attesa! – non proverò disgusto a percorrere un tratto di cammino insieme con voi!

Ma quando vi fermerete io continuerò la mia marcia folle e trionfale verso la grande e sublime conquista del Nulla!

Ogni Società che voi costruirete avrà i suoi margini e sui margini di ogni Società si aggireranno i vagabondi eroici e scapigliati, dai pensieri vergini e selvaggi che solo sanno vivere preparando sempre nuove e formidabili esplosioni ribelli!

Io sarò fra quelli!

E dopo di me, come prima di me, ci saranno sempre di quelli che diranno agli uomini:

“Rivolgetevi dunque a voi stessi, piuttosto che ai vostri dei o ai vostri idoli: scoprite in voi ciò che è di nascosto: traetelo alla luce: rivelatevi!”.

Poiché ogni uomo che frugando la sua intimità estrae ciò che vi è di misteriosamente nascosto è un’ombra che oscura ogni forma di Società vivente sotto i raggi del Sole!  Ogni Società trema quando l’aristocrazia sprezzante dei Vagabondi, degli Unici, degli Inaccessibili, dei dominatori dell’ideale, e dei Conquistatori del Nulla, spregiudicatamente si avanza. Orsù, dunque, o Iconoclasti, avanti!

“Già il ciclo gravido di presentimenti si oscura e tace!”

Arcola, Gennaio 1920

Questo articolo di Renzo Novatore fu  pubblicato nel 1920 su “L’iconoclasta”. Al poeta di Arcola – datosi, come è noto, al banditismo e finito ammazzato dai gendarmi nei dintorni di Genova – risposero alcuni lettori. La polemica è stata riproposta tempo fa  con la pubblicazione di un opuscolo rinvenibile presso malandrini-@libero.it.

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Mi Individualismo Iconoclasta

Renzo Novatore

1

Incluso los más puros manantiales de Vida y de Pensamiento que brotan frescos y reconfortantes entre las rocas solitarias de las más altas montañas para acabar con la sed de los elegidos de la Naturaleza, cuando son descubiertos por demagógicos pastores del híbrido rebaño burgués o proletario bien pronto se transforman en fétidas charcas sucias y fangosas. ¡Hoy es el retorno del Individualismo! Del vulgar esquirol al idiota y repugnante policía, del miserable vendido al despreciable espía, del esclavo cobardemente débil al autoritario repugnante y tirano, hablan de Individualismo. ¡Es la moda!

Incluso los raquíticos intelectualoides del tuberculoso conservadurismo liberal, así como los enfermos de crónica sífilis democrática, hasta los eunucos del socialismo y los anémicos del comunismo, ¡todos hablan y posan como Individualistas!

Comprendo que no siendo el Individualismo una escuela y mucho menos un partido, no puede ser “único” pero es más cierto aún que los Únicos son individualistas. Y yo como único saliente sobre el campo de batalla, desnudo mi espada y defiendo mis íntimas ideas de individualista extremo, de Único indiscutible, puesto que podemos ser escépticos e indiferentes, irónicos y burlones cuanto queramos y podamos, pero cuando uno está condenado a oír de socialistas más o menos teorizantes como afirman descarada e ignorantemente que no hay nada de incompatible entre la idea Individualista y la colectivista, y que se trata estúpidamente de hacer pasar a un titánico cantor de la heroica potencia dominadora de fantasmas humanos, morales y divinos, que tiembla y palpita, que exulta y se expande, más allá del bien y del mal de la Iglesia y del Estado, de los Pueblos y de la Humanidad entre los extraños resplandores de un nuevo incendio de amor incomprendido como el lírico creador de Zarathustra, por un pobre y vulgar profeta del Socialismo, que es escuela de cobardía, o un iconoclasta invencible e insuperable como Max Stirner, por un instrumento cualquiera puesto allí a disposición de frenéticos partidarios del comunismo, entonces puede aparecerse una irónica mueca en los labios, pero después hace falta in-surgir resolutamente para defenderse y agredir, puesto que quien se siente realmente Individualista de principio, medio y fin, no puede tolerar el ser mínimamente confundido entre las turbas inconscientes de un enfermizo rebaño balante.

2

El Individualismo como yo lo siento, comprendo y lo entiendo, no tiene por fin ni el Socialismo, ni el Comunismo, ni la humanidad. El Individualismo tiene por fin a sí mismo. Que continúen si quieren los cerebros atrofiados del positivismo spenceriano creyéndose Individualistas sin darse cuenta que su venerado maestro es un anti-individualista por excelencia, ya que no es más que un radical monista, y como tal, amante apasionado de la unidad y enemigo jurado de la particularidad. Él, como todos los científicos y filósofos más o menos monistas, niega toda distinción o diversidad; y para afirmar la ilusión sacrifica la realidad. Su esfuerzo se dirige a mostrar como realidad la ilusión, y la ilusión como realidad. Él no pudiendo comprender lo diverso, lo particular, sacrifica uno u otro ante el altar de lo universal. Él combate el Estado en nombre del individuo, pero al igual que todos los sociólogos de este mundo, vuelve a sacrificarlo bajo la tiranía de otra sociedad libre y perfecta, ya que él combate, es cierto, el Estado, pero lo combate solamente porque tal como es no funciona como a él le gusta…

Pero no porque él haya comprendido las unicidades anticolectivistas y antisociales capaces de las actividades superiores del espíritu, del sentimiento y de la heroica y emancipada potencia. Él odia el Estado pero no penetra ni comprende al individuo misterioso, aristocrático, vagabundo, ¡rebelde! Y desde este punto de vista no sé porque no también ese asmático charlatán, ese antropólogo frustrado, hinchado y henchido de sociología de Darwin, de Comte, de Spencer y de Marx, que ha sembrado porquerías a manos llenas sobre los colosos del Arte y del Pensamiento como Nietzsche, Stirner, Ibsen, Wilde, Zola, Huysman, Verlaine, Mallarmé, etc. y que se llama Max Nordau; no sé explicarme, repito, porque no ha sido también él llamado Individualista… ya que Nordau, como Spencer, combate el Estado…

3

Giovanni Papini escribiendo sobre Spencer dice: “Como científico se plegó ante los hechos, como metafísico ante lo incognoscible, como moralista ante el hecho inmutable de las leyes naturales. Su filosofía se materializó en miedo, ignorancia y obediencia: grandes virtudes ante Cristo, pero vicios tremendos para quien quiere la supremacía del individuo. El fue, ni más ni menos, un falsario del individualismo”. Y yo, aun distando mucho de ser un papiniano, ¡en este caso estoy completamente de acuerdo con él!

4

E. Zoccoli, que es un profundo conocedor del pensamiento anarquista y un intelectual de máxima envergadura, pero que profesa un piadosa moral burguesa, en su colosal estudio “La Anarquía” tras haber arremetido ─aun con serenidad y cierta razón─ contra los máximos agitadores del pensamiento anarquista, de Stirner a Tucker, de Proudhon a Bakunin, se entristece con Kropotkin porque considera que éste no fue capaz de desarrollar un nuevo anarquismo estrictamente científico y sociológico con el cual llevar de vuelta a todos los alocados delincuentes del anarquismo extremo, o del Individualismo a las sanas corrientes de un viscoso sistema positivista y científicamente materialista y humanista, semispenceriano, porque es esta famosa ciencia que por fin ha descubierto la nulidad del individuo “ante la inmensidad sin límites…” Y también para el Kropotkin positivista, humanista, comunista y científico… parece que el hombre es “un pequeño ser con ridículas pretensiones ¡y que así sea! Quien está concentrado en la sociología no puede ser nada más que un científico de colectividades que olvida al individuo para buscar a la humanidad y lleva al Trono Imperial a los pies del cual el Yo debe renegar de sí mismo y arrodillarse emocionado.

Y cuando todos los anarquistas tengan de la vida este sublime concepto E. Zoccoli estará feliz y contento, puesto que con la pose seráfica de un profeta que dice a los hombres: “¡Yo he venido a ofreceros la posibilidad de una nueva Vida!”, él se dirige a nosotros y dice: “Que los anarquistas vuelvan por la senda de lo correcto que ésta les espera, lista para extender también a ellos sus garantías…” ¿Pero qué es lo “correcto”?[1]

Demos la palabra a Stirner:

“Lo Correcto es el espíritu de la Sociedad. Si la Sociedad tiene una voluntad es precisamente esta voluntad la que constituye lo Correcto: La Sociedad no existe más que por lo Correcto. Pero como ella no existe sino por el hecho de ejercitar una soberanía sobre el individuo, se puede decir que lo Correcto es su voluntad soberana.»

Como Aristóteles dijo: “la justicia es el fruto de la Sociedad.” Pero “cada derecho existente es derecho extranjero, un Derecho que se me otorga, del que se me permite disfrutar. ¿Tendré el buen derecho de mi parte porque el mundo entero me dé la razón? Que cosa son pues mis derechos en el Estado o en la Sociedad si no los derechos exteriores, de los Derechos que obtengo de los otros? Si un imbécil me da la razón entonces mi derecho se vuelve sospechoso, porque no tengo consideración por su aprobación. Pero si fuese un sabio que me aprueba yo no podría por esto decir que tengo razón. El hecho de tener la razón o no es absolutamente independiente de la aprobación del loco, o del cuerdo”. Ahora añadamos a mayores, a esta definición con la que el brutal e invencible Rebelde alemán nos da la Razón, el célebre aforismo de Protágoras “El hombre es la medida de todas las cosas”, y a continuación podemos entrar en guerra contra todo derecho exterior y contra toda exterior justicia, ya que “la justicia es el fruto de la Sociedad”.

5

¡Lo sé! Lo sé y lo comprendo: Mis ideas ─que después de todo no son nuevas─ podrán hacer que sangre el corazón demasiado sensible de los modernos humanistas que pululan en gran abundancia entre los subversivos, y los románticos soñadores de una refulgente humanidad redimida y perfecta, danzante en un mundo de hadas de general y colectiva felicidad musicada por la flauta mágica de la paz perenne y de la hermandad universal. Pero quien persigue fantasmas se aleja de la verdad, y que sepáis que el primero en arder entre las llamas de mi corrosivo pensamiento fue mi ser íntimo, ¡mi verdadero y propio yo! Ahora entre la pira ardiente de mis Ideas yo también me he transformado en llama; y escuezo, quemo, corroyo… A mi se deben acercar solamente aquellos que gozan contemplando ardientes volcanes que lanzan hacia las estrellas las siniestras lavas explosivas de su seno de fuego para a continuación dejarlas caer en la Nada y entre la Muerta Ciudad de los hombres imbeles, carroñas de mis hermanos, para hacerles huir con fuga frenética fuera de sus mohosos tugurios tapizados con rancios y viejos ideales. Yo me declaro en guerra abierta, patente y escondida, contra la Sociedad: ¡contra toda Sociedad! Yo pienso, yo soy, y mientras haya hombres habrá una sociedad, puesto que esta pútrida civilización con sus industrias y su progreso mecánico nos ha terminado arrastrando a un punto donde no es ya posible volver atrás hasta la envidiable edad de las cavernas y de las esposas divinas que criaban y defendían a los nacidos con su libre e instintivo amor como rubias y felinas Leonas habitantes de majestuosas selvas perfumadas, verdes y salvajes; pero al mismo tiempo sé y pienso con la misma certeza que toda forma de sociedad ─y precisamente por ser sociedad─ querrá, para su bien, al individuo humillado. También el comunismo que ─por lo que non cuentan sus teorizadores─ es la forma de Sociedad más humanamente perfecta, no podrá reconocer en mí más que a otro de sus miembros, más o menos activo, más o menos estimado… Yo para el comunismo podré valer por lo que seré de mí mismo, de íntimamente mío, de Único y por lo tanto incomprensible para la colectividad. Pero eso que en mí es más incomprensible, más misterioso y enigmático para la colectividad, es por ello mi tesoro más preciado, mi bien más querido por ser mi intimidad más profunda que sólo yo puedo justificar y amar porque sólo yo la comprendo.

Bastaría, por ejemplo, que yo dijese al comunismo: “el elegido existe para no hacer nada” como dice Oscar Wilde, para ver como me echan a patadas ¡cuál leproso siberiano en la cena sagrada de los nuevos Dioses! Sin embargo, uno que tuviese la imperiosa necesidad de vivir su vida en la atmósfera alta y sublimemente intelectual y espiritual del Pensamiento de la contemplación, no podría dar nada de material y moralmente útil y bueno a la comunidad, porque lo que podría dar sería incomprensible, y por tanto nocivo e inaceptable, puesto que él no podría dar más que una extraña doctrina que propugnase el gozo de vivir en el ocio contemplativo. Pero en una sociedad comunista ─como en cualquier otra forma de sociedad─ una tal doctrina podría provocar la corrupción entre la falange de los que deben producir para el mantenimiento y el equilibrio colectivo y social. ¡No! Toda forma de sociedad es el producto de las mayorías. Para los grandes Genios o para los grandes delincuentes no hay sitio entre la mediocridad triunfante que domina y manda.

6

Alguien me objetará que en esta Alba bermeja, en esta grandiosa vigilia de armas y de guerra donde ya resuenan fragorosamente las notas vibrantes y decisivas del gran crepúsculo de los viejos Dioses, mientras en el horizonte ya surgen los rayos rubios y dorados de un sonriente advenir, no está Bien parir a la luz del sol ciertos íntimos y delictivos pensamientos… ¡Es una historia tan vieja como estúpida! Tengo veintinueve años, hace 15 años que milito en el campo libertario y vivo como anarquista, y siempre se me han dicho las mismas, las mismísimas cosas:

“Por amor de la concordia...”.
“Por amor de la propaganda...”
“Por la próxima Revolución Social y redentora...”.
Por... ¡pero con que objeto continuar!
¡Basta! ¡No puedo seguir callando!

Si yo tuviese recluido en mi cajón un manuscrito aún inédito, el manuscrito de una obra bellísima que al leerse provocase escalofríos de voluptuosidades desconocidas y descubriese mundos ignorados; si yo estuviese convencido de que los hombres ante estas páginas empalidecerían de espanto, y que después errarían lentamente por las calles desiertas con los ojos ferozmente dilatados fijos en el vacío para con posterioridad buscar cínicamente la muerte cuando la locura no fuese a su encuentro con sus carcajadas siniestras como el batir del viento, y su lúgubre repiquetear de dedos invisible en sus cerebros devastados; si yo estuviese convencido de que las mujeres sonreirían obscenamente y con las faldas levantadas se tumbarían al borde de la acera en espera de un hombre cualquiera, y que los hombres se lanzarían de improviso sobre ellas para desgarrar con los dientes la vulva y la garganta; si las multitudes embriagadas y hambrientas persiguiesen a golpe de cuchillo a pocos hombres huyendo y entre ser y ser hubiese un muerto que perpetuase el odio profundo; si de la tierra tuviese que desaparecer para siempre la paz de un tiempo, la calma del espíritu, el amor, la lealtad, la amistad, y en su lugar tuviesen que para siempre reinar la turbulencia, la intranquilidad, el odio, la mentira, la enemistad, la locura, las tinieblas, la muerte; si todo esto pudiese hacerlo un libro bellísimo escrito por mí aún inédito y guardado en mi cajón yo ese libro lo publicaría y no tendría paz hasta que no fuese publicado”.

Así Persio Falchi escribía en la “Forca” años ha para expresar su concepto sobre la Libertad del Arte, ¡así yo hoy lo repito sobre el Iconoclasta! para expresar mi concepto sobre la Libertad del Pensamiento

Es una absoluta e imperiosa necesidad mía la de arrojar entre las tinieblas la luz vortiginosa y siniestra de mis pensamientos y la risa incrédula y burlona de mis ideas sangrientas que, orgullosas y soberbias por mostrar sus lozanas y libres de prejuicios desnudeces, quieren andar libres por el mundo en busca de viriles cópulas. Nadie puede ser más revolucionario de lo que yo lo soy, pero es justo por esto que quiero lanzar el corrosivo mercurio de mis pensamientos entre la senil impotencia de los eunucos del Humano Pensamiento. No se puede ser revolucionarios a medias, ni pensar a medias. Hay que ser como Ibsen, revolucionarios en el sentido más completo y radical de la palabra. ¡Y tal es como me siento yo!

7

La Historia, el Materialismo, el Monismo, el Positivismo y todos los demás “ismos” de este mundo son hierros viejos y oxidados que ya no me sirven ni me conciernen. Tengo por principio la Vida, por fin la Muerte. Quiero vivir intensamente mi Vida para abrazar trágicamente mi Muerte.

¡Vosotros esperáis la Revolución! ¡Estupendo! ¡La mía comenzó hace ya mucho tiempo! Cuando estéis listos ─¡Dios que largísima espera!─ no me disgustará recorrer una parte del camino junto a vosotros!

¡Pero cuando os paréis yo continuaré mi marcha demente y triunfal hacia la grande y sublime conquista de la Nada!

¡Cada Sociedad que vosotros construyáis tendrá sus márgenes y sobre los márgenes de toda Sociedad rondarán los vagabundos heróicos y desgreñados, con pensamientos vírgenes y salvajes que sólo saben vivir preparando siempre nuevas y formidables explosiones rebeldes!

¡Yo estaré entre ellos!

Y tras de mí, como antes que yo, se encontrarán siempre aquellos que les dirán a los hombres:

Dirigíos pues a vosotros mismos, antes que a vuestros dioses o a vuestros ídolos: descubrid en vosotros lo que está escondido, sacadlo a la luz; revelaos!”.

¡Puesto que todo hombre que hurgando en su intimidad extrae lo que hay misteriosamente escondido es una sombra que oscurece cualquier forma de Sociedad viviente bajo los rayos del Sol!

Toda sociedad tiembla cuando la desdeñosa aristocracia de los Vagabundos, de los Únicos, de los Inaccesibles, de los dominadores de lo ideal, y de los Conquistadores de la Nada, carente de prejuicios se abre camino. Venga, pues, oh Iconoclastas ¡adelante!

“¡Ya el ciclo gestante de presentimientos se oscurece y calla!”

Arcola, enero de 1920.

[1] Nota del traductor: Lo que he traducido como “Correcto”, “Derecho” o “Razón” con mayúsculas, (también alguna en minúsculas) se corresponden con el italiano “Diritto”, que responde a la siguiente acepción de dicha palabra según el Treccani: “En sentido amplio, en el lenguaje literario, lo que es justo, o es sentido o debería ser sentido como justo, como perteneciente, por lo tanto, al conjunto de principios morales que regulan las relaciones entre los hombres en sociedad”.