LA MISTERIOSA

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(con pseud. di Mario Ferrento, da «Vertice», La Spezia, 21 aprile 1921)

 

Ci incontrammo sulla riva di un fiume in un caldo meriggio di agosto. Mi guardò, la guardai…

Dalla sua carne bianca e odorosa si sprigionava il sensuale profumo di tutti i fiori festanti e dai suoi occhi emanava tutta la divina luce del sole.

Nelle sue vene azzurre scorreva, caldo e fecondo, tutto il sangue umano ed il palpito possente del suo grande cuore era l’enorme palpito di tutto l’Universo.

Nell’anima sua vi erano abissi paurosi contenenti tutta la tenebra popolata di spiriti spettrali della negazione, e tutti i culmini abitati dai radiosi spiriti di tutte le luci dell’affermazione.

Ella simboleggiava l’infinito ed il finito, l’enigma e la verità, il rivelato e l’ignoto, la sfinge e il mistero…

Io non vidi mai figura più perfetta di zingara vagabonda e senza alcuna mèta.

Mi disse: “Sì, sì, lo comprendo quel folgorante punto interrogativo che brilla così stranamente nelle tue pupille come un diamante dalle virtù malefiche incastonato in un anello d’oro. Sì, sì, lo comprendo!…”

Tu mi vuoi dire: “Noi ci siamo già veduti una volta…”?

“Infatti…” Ma ella non mi lasciò finire. Mi troncò – con un grido – la parola a metà e “taci, taci” mi disse.

“Non mi parlare di ciò che sai, non mi parlare di ciò che sai, non mi parlare di ciò che fu…” E continuò: “Del resto avvenne a te quello che avvenne anche alla quasi totalità degli uomini. Tu non mi avesti che in sogno e molto deformata!

Storia volgare dunque quella del nostro amore. Ma ora non più sogni … non più volgarità!

Guardami! non sono la solita chimera, la solita creatura dei sogni. No! Sono proprio io che ti parlo ora.

Guardami negli occhi!… Vedi di quale luce infernale brillano le mie pupille sataniche? Senti quale alito perverso sprigiona dalle mie vergini labbra? Odi quale musica strana compongono i ritmici battiti del mio enorme cuore? Ed il folle tremendo mistero di questa paurosa anima mia lo comprendi?”

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Ero disorientato. Credevo che qualche eccesso di delirio o qualche ondata di gioia mi avessero dato l’allucinazione.

Distolsi i miei occhi dagli occhi di lei e guardai le acque del fiume che scorrevano maestosamente nella concavità del loro letto silente come liquido di purissimo argento. Fra i verdi cespugli d’erba popolanti la riva, delle piccole striscie di ombra giocavano a rincorrersi – fra le danze leggere del vento – con delle sottili scaglie di sole. La domestica campagna e la selvaggia foresta intrecciavano – poco lontano – i cori maestosi e festanti delle loro superbe canzoni.

Ella – la Misteriosa – continuò a parlarmi così: “Io ti ho veduto pallido e triste, ma con la pupilla divinata ed irradiata dalla speranza, scendere nei più profondi labirinti dell’umano dolore per raccogliere qualche gemma preziosa, dispersa fra le scorie di antiche miniere scavate nella groppa del tempo da antichi minatori.

Ma ogni pietra raccolta ti sanguinò le mani ed ogni vulnerata caverna ti mostrò la mostruosa faccia del Dubbio fra le fauci del quale la tua anima fu stretta come da un morso atroce.

Pensavi: – E se la pietra raccolta fosse falsa? e se le fatiche mie fossero vane? – Ma quando poi scoprivi il radioso brillare di un’altra gemma, nascosta fra le inutili scorie, subito ti riassaliva la gioia del lavoro con le sue mille svariate frenesie, e febbrilmente scavavi, innoncurante del sudore che ti bagnava la fronte e del sangue che ti sgorgava dal cuore. E quando sull’altare della pagana anima tu avevi deposto tutte le preziose pietre dell’antico sapere, spalancavi le ali del nuovo pensiero per volare sul culmine dell’ideale per dissetarti alle pure sorgenti della fede.

Ma quando sedevi sull’assolato culmine, soddisfatto delle tue grandi conquiste, ecco che le furie del dubbio chiamavano a raccolta i neri demoni della malinconia per dare la scalata alla montagna ed assalirti nel tuo sacro eremo.

Allora ti accorgevi di non aver trovato la via luminosa della vera pace e le tue pupille, fosche e smarrite, si fissavano intensamente nel vuoto.

Ah, sì! Tu cercavi la VIA povero pazzo. Ma la via non c’era…

Ci sono molte vie ma non l’unica via! E l’unica via eri tu. Tu con tutti i tuoi grandi difetti e le tue grandi virtù.

Ma tu non ti vedesti… Fosti uno scopritore di mondi ignorati ma tu non ti scopristi. Tu che di tutti i mondi eri il centro animatore.

Tu non fosti mai il grande solitario monologico, dimentico del mondo, e di te stesso Dio e contemplatore.

Io ho veduto i materialisti strisciare con il ventre a terra come dei neri rettili, e gli spiritualisti (idealisti) volare, trasportati e vuoti come delle miserabili perfezioni disseccate. E dietro di loro ho vedute le lunghe coorti dei mistici e le infinite teorie degli asceti, vagare – poveri pazzi – alla ricerca di leggi esteriori da servire in una chiavica umida e muffosa di teoria e ombrata di fede, entro la quale incanalare la loro inutile vita di ossessi!

L’uomo – anche colui che porta nel pugno il labaro della Libertà – cerca sempre la schiavitù nella vita.

Nessuno vuole persuadersi d’una verità che nega ogni “sistema”, ogni “regola”, ogni “forma”.

Anche i libertari cercano il sistema, la regola, la forma…

Cercano la teoria svirilizzante e la fede omicida. Prova dire a costoro: né “regole” né “forme” e né “sistemi”, ma Brividi e Fremiti, Sensività e Intuizione, Lirismo e Immaginazione, Forza e Fantasia ed essi ti diranno: “Ben altro ci vuole per la Società, ben altro ci vuole per l’Umanità!”

La Società e l’Umanità sono l’incubo degli ossessi! E questo incubo tormentatore della Società e del “Ci vuole…” crea le oscure falangi dei pessimisti che tutto vedono nero e quelle degli ottimisti che tutto vedono rosso. Il mondo è – per se stesso – la stessa cosa di tutti. Ma gli scettici non credono e i religiosi adorano. Ma gli uni e gli altri si ostinano rabbiosamente a condannare colui che sa essere religioso e ateo, santo e peccatore, scettico e credente, ribelle e dominatore proprio al medesimo tempo. E questo semplicemente perché nessuno vuole comprendere che l’essere è un tutto nel tutto e non una particella infinitesimale dell’universo o una rotella microscopica della macchina umana. Ed anche tu – mio povero pazzo – cercavi una via, un orizzonte, un “là” alla tua vita. Ma al vagabondo dello spirito tutte le vie sono aperte, come per l’iconoclasta ogni tempio è vulnerabile ed all’Eroe possibile ogni mèta.

 

Non c’è una VIA ma vi sono tutte le VIE.

Non c’è una Verità ma vi sono tutte le Verità.

Non c’è il diritto ma la Forza.

Non c’è la legge ma il libero arbitrio.

Non esiste la Giustizia ma l’Ingiustizia.

Non esiste ciò che si chiama Amore ma bensì l’Egoismo.

 

Ogni coerenza teoretica è mutilazione vitale e la vera logica è l’illogicità. Ogni uomo che segue una via con gli occhi fissi a una mèta è sempre in compagnia del rimorso come colui che giurando trova sempre il rimpianto.

Solo colui che cammina su tutte le vie con l’occhio fisso nel disco del suo mondo interiore può essere il signore della serenità e il Dio della pace felice”.

Qui la Misteriosa ebbe una pausa. Girò lo sguardo intorno.

Guardò il bel sole, il fiume cristallino e la festante foresta. Cantò un inno ateo alla solitudine che non ha testimoni.

Poi mi disse allegramente: “Sì, io sono tua, tutta tua. È questo il luogo in cui tu devi prendermi”. E così dicendomi si tramutò sotto le forme di un’ombra ed avvicinandomi mi compenetrò. Da quel giorno io sono il corpo di lei poiché Ella altro non è se non l’Anima mia.

 

Renzo Novatore