[Sarta] Oggi parliamo di psico-geografia! Avete mai pensato a quanto possano essere coercitivi gli spazi delle città? Provate a fare attenzione ai cartelli in giro per strada: “L’accesso è consentito solo al personale autorizzato!”, “Proprietà privata, vietato l’accesso!”, “Attenzione questa è zona militare!”, “L’area è videosorvegliata!”, “Velocità rilevata … oltre il limite!”, “Lavori in corso … sloggiare!”, “Attenzione, pericolo di morte!”. E senza contare tutte le regole che la gente rispetta
“automaticamente“, ovvero camminare solo sui marciapiedi anche se non passa nessuna macchina, non arrampicarsi da nessuna parte anche se sarebbe divertente, non sostare su suolo pubblico a fare un pic-nic anche se non dai fastidio a nessuno… Insomma, lo spazio delle città in cui viviamo ci “educa” a comportarci in un certo modo anche se non ce ne rendiamo conto. Ed è qui che diventa divertente “giocare” alla “deriva” psicogeografica: perchè non utilizzare i luoghi in maniera diversa, seguendo gli istinti dettati dalla nostra soggettività? “In città (…) noi ci annoiamo” scriveva Gilles Ivain, uno che aveva capito come lo spazio delle nuove città capitaliste avrebbe cambiato il nostro modo di comportarci. “Tra l’amore e lo svuota-rifiuti automatico la gioventù di tutti i paesi ha scelto e preferisce lo svuota-rifiuti”: esiste dunque un nesso tra la forma dello spazio dove viviamo e i comportamenti. D’altronde, le moderne metropoli non sono forse riconducibili a delle grandi reti dove la gente si muove freneticamente per spostarsi dai luoghi dove lavorare-consumare-riposare? E cosa fa la maggior parte della gente? Si sposta per lavorare, consumare e dormire!
“automaticamente“, ovvero camminare solo sui marciapiedi anche se non passa nessuna macchina, non arrampicarsi da nessuna parte anche se sarebbe divertente, non sostare su suolo pubblico a fare un pic-nic anche se non dai fastidio a nessuno… Insomma, lo spazio delle città in cui viviamo ci “educa” a comportarci in un certo modo anche se non ce ne rendiamo conto. Ed è qui che diventa divertente “giocare” alla “deriva” psicogeografica: perchè non utilizzare i luoghi in maniera diversa, seguendo gli istinti dettati dalla nostra soggettività? “In città (…) noi ci annoiamo” scriveva Gilles Ivain, uno che aveva capito come lo spazio delle nuove città capitaliste avrebbe cambiato il nostro modo di comportarci. “Tra l’amore e lo svuota-rifiuti automatico la gioventù di tutti i paesi ha scelto e preferisce lo svuota-rifiuti”: esiste dunque un nesso tra la forma dello spazio dove viviamo e i comportamenti. D’altronde, le moderne metropoli non sono forse riconducibili a delle grandi reti dove la gente si muove freneticamente per spostarsi dai luoghi dove lavorare-consumare-riposare? E cosa fa la maggior parte della gente? Si sposta per lavorare, consumare e dormire!
Se tutte le cose che abbiamo scritto fino ad ora vi sembrano anche solo vagamente sensate, abbiamo qui una lettura che fa per voi: ovvero il “Formulario per un nuovo urbanismo”, scritto da Gilles Ivain (al secolo Ivan Chtcheglov) nel 1953 a Parigi, che è stato per la prima volta tradotto in italiano nella sua versione integrale, dagli amici della MaldororPress. Si tratta di una edizione in e-book alla quale abbiamo collaborato preparando delle illustrazioni ed una post-fazione, a corredo del testo originale tradotto dall’amico Carmine Mangone e introdotto da un contributo di Leonardo Lippolis (l’autore dell’ottimo “Viaggio al termine delle città”). E con questa speriamo finalmente di trovare altri pazzi che ci aiutino a coronare il mio sogno di organizzare un raduno anarcopunk dentro un’isola di traffico… avete presente quegli svincoli nelle autostrade che generano quelle isole rotonde che sono spazi verdi inaccessibili? Ecco, una di quelle….