GIOVEDI’12 DICEMBRE 2013
ORE 09:30, LARGO CAIROLI – CORTEO STUDENTESCO: SPEZZONE CONTRO LA REPRESSIONE
ORE 15:00, Incontro in Università Statale con i compagni di Saltarelli – A seguire aperitivo.
Esposizione mostra fotografica “Dare un luogo alla storia” – La storia fotografica dell’Università Statale
OLTRE LA REPRESSIONE…
Il presente è un attimo che nasce dal passato, riempito dei gesti di chi ci ha preceduto, e subito si tuffa nella Storia grazie alla sua irrefrenabile tensione verso il futuro. Il presente si nutre della Storia, e vive del costante riferimento ad essa.
12 Dicembre 1970: ad un anno dalla strage di piazza Fontana, dove le bombe di Stato messe dai fascisti uccidono 17 persone e ne feriscono altre 88, i compagni scendono in piazza. Fin dalla partenza il corteo viene caricato dagli sbirri, studenti e compagni riparano verso l’Università Statale.
In via Festa del Perdono, il movimento studentesco schiera il proprio servizio d’ordine, i Katanga, all’ingresso dell’università, sbarrando così l’accesso ai compagni in ritirata dalle violente cariche.
Di fatto, chi rimane fuori, ingaggia un vero e proprio scontro frontale con i celerini : in quel frangente, Saverio Saltarelli, studente 23enne, si accascia a terra. Da subito la sua morte viene accostata ad un ipotetico malore, in seguito ad un arresto cardiaco: la realtà è che muore a causa di un lacrimogeno sparato ad altezza uomo e da distanza ravvicinata da parte dei Carabinieri.
Nell’università Statale, a distanza di 43 anni, poco o nulla resta della memoria di questo omicidio di Stato, se non un misero contentino rappresentato da una targa commemorativa sconosciuta ai più.
Questo è quello che vuole il potere: un’operazione di rimozione collettiva di ricordi e momenti di lotta passati. Stessa sorte tocca oggi all’esperienza dell’Ex-Cuem, che in tempi più recenti aveva costruito una nuova storia, una nuova narrazione. Era una libreria autogestita che nell’arco di più di un anno ha diffuso cultura non istituzionale. L’università che si apre alla ricerca dei guerrafondai, che forma quadri dirigenti, che fornisce manodopera specializzata in maniera gratuita alle aziende non ha potuto accettare un’esperienza di reale scambio di conoscenze, saperi, coscienza critica, diffusione di cultura e memoria.
E’ per questo che in un fine settimana di inizio Maggio, il rettore, dopo aver fallito numerosi tentativi di recupero di questa esperienza al di fuori dei canoni del potere, ha ordinato lo sgombero dell’aula occupata. Lunedì 6 Maggio una partecipata assemblea ha deciso di occupare un’altra aula. Il rettore, che pensava di aver così represso un’esperienza costruita dal basso, messo alle strette, ha chiesto l’intervento della forza pubblica.
La naturale conseguenza di ciò è stata il ritorno della polizia in università dopo circa 40 anni, polizia che come strumento repressivo oltre ad usare le cariche si è armata di telecamere, pronta ad utilizzare in modo arbitrario e strumentale le immagini di chi si è difeso attivamente, di chi ha cercato di proteggere gli altri ragazzi.
Dopo un mese e mezzo, 7 compagni sono stati messi agli arresti domiciliari per quei fatti.
A settembre altri due arresti, stavolta di due ragazzi accusati di aver partecipato ad una rissa durante una delle serate di autofinanziamento organizzate in Statale. Questo fatto è stata la scusa perfetta per dare il colpo di grazia al progetto Ex-Cuem. Con una campagna mediatica orchestrata magistralmente, i quotidiani si sono trasformati nei boia che hanno tagliato la testa alle “belve feroci” (così dai giornali).
La repressione ha molti volti: non solo cariche e manganelli, ma arresti preventivi resi possibili dall’ingente uso di telecamere e dispositivi di videosorveglianza,allontanamenti coatti per far perdere rapporti umani e di vita. Non soddisfatta, con la sua buona alleata stampa, mette in piedi la macchina continua della disinformazione.
Lo sgombero di realtà autogestite che mettono in discussione l’uso strumentale dell’università da parte dei manager del consiglio d’amministrazione, è solo un’altra parte del sistema di controllo, che fagocita tutto ciò che non gli è funzionale, tutto ciò che si oppone.
Ma, nonostante i muri bianchi e il silenzio degli atri, la traccia non si cancella.
Con questi mezzi volevano renderci nulli ed impotenti. Non ha funzionato. Siamo ancora qui, pronti a non chinare la testa ad arresti, sgomberi ed infamie giornalistiche.
Libertà per Lollo! Tutte libere, tutti liberi!
Lo spirito continua!