Nota: Domenica 5 gennaio 2013, due giorni dopo l’uscita di questa lettera in lingua greca, Giannisè stato vittima di un’imboscata presso la prima sezione della prigione di Koridallos. Il compagno è stato pestato da almeno 5 membri dell’organizzazione CCF, muniti di bastoni. Gianni si trova ora in ospedale.
Il 3 febbraio verrò processato dall’autorità ufficiale, con tutti i suoi onori, quale uno dei tanti “terroristi” interni.Non me ne frega un cazzo dei miei accusatorie ovviamente non metterò piede nell’aula del tribunale. Il loro mondo è molto, molto lontano dal mio, non c’è alcun bisogno di analizzare questo. Per dirla in termini semplici, me ne frego della loro giustizia. Le accuse non hanno nulla a che fare con me. Il caso degli arrestati di Nea Filadelphia è più o meno conosciuto e comunque sono accusato delle solite pratiche anarchiche, per cui non ha alcun senso ripetere cose che sono già state dette mille altre volte.
Mettiamola così.Se qualcuno getta nella spazzatura la vita “normale” offerta da questo mondo noioso, questo qualcuno non può che rifiutare questioni etiche restrittive quali le leggi dello stato e gli impegni di lavoro.
Quanto all’altra accusa, quella di appartenere ad un’organizzazione, questa mi rode non poco perché sono sempre stato contro l’idea delle “organizzazioni”. Queste sono fin troppo burocratiche per le mie tendenze anarchiche. Preferisco i gruppi informali e liberi, o la mia solitudine, per combattere l’esistente.
Per quanto riguarda il procedimento giuridico, non ho bisogno di una difesa né tantomeno di una rappresentazione. Ecco perchénon chiamerò nessun testimone né avro un avvocato. Non mi servono né le dimostrazioni etiche dei primi né il non-senso legale dei secondi. L’unico passo legale che farò è appellarmi contro la sentenza (se ne avrò la possibilità, e non èil minimo che potrei fare) alla fine del processo, tenendo ben presente che le sentenze di appello di solito sono meno pesanti.
Inoltre, poiché si tratta di una menzogna, bisogna smettere di ripetere l’argomentazione spesso sentita anche nei circoli anarchici secondo cui la presenza in tribunale è molto importante perché lì si ha l’opportunità di fare un discorso pubblico. Infatti sono anni ormai che possiamo pubblicare liberamente su internet tutto ciò che ci piace e renderlo accessibile a chiunque sia interessato. Come se fosse importante dire ai giudici cosa pensiamo del banco degli imputati mentre loro sciorinano le loro noiosissime prediche dall’alto dei loro seggi. La cosa peggiore è che queste merde arroganti trovano conferma del loro ruolo attraverso queste rappresentazioni.
Naturalmente, poiché non mi interesserò del procedimento io stesso, non voglio assolutamente che altri se ne interessino e, per esempio, si radunino presso il tribunale per mostrarmi solidarietà. Per me la solidarietàè una condizione permanente di guerra contro l’autorità, una condizione che non si può adattare alle scadenze delmovimento. Per me la solidarietàè un viaggio di cospirazione senza ritorno, come una nuova lotta, e allo stesso tempo è una vendetta per i compagni morti o rinchiusi in galera. E’ come una serie di interventi improvvisi, violenti e rumorosi contro il tranquillo flusso del tempo dell’autorità, un energico e inevitabile esercizio di ricatto e “pressione” esercitato sui giudici che giudicano la libertà, per il bene di tutti I prigionieri ma soprattutto per il bene dell’intero mondo anarchico.
Aggiungo queste righe a causa dei recenti sviluppi avvenuti nella prigione di Koridallos.
Sono rinchiuso dietro le sbarre da 8 mesi. Oltre al forzato stadio di “adattamento” in prigione, ammetto di avere avuto anche dei bei momenti all’interno della generale miseria di questa situazione. Momenti di disobbedienza e rottura con le autoritàdella prigione a diversi livelli, individuali e soprattutto collettivi. Insieme al mio tentativo di gestire il surrealismo della situazione nel super-compresso spazio di pochi metri quadri e la consapevolezza da incubo di non poter semplicemente aprire una fottuta porta e uscire da questo bordello, ci sono anche state situazioni in cui ho potuto, in un certo senso, bilanciare l’intera cosa. Ho avuto l’opportunità di condividere i momenti descritti sopra con dei buoni compagni, vecchie e nuove conoscenze, una comunità calorosa di persone le cui differenze di percezioni e idee non sono state un ostacolo alla nostra comune strategia di rottura. Perciò con molti degli anarchici della prima sezione (ora siamo tutti insieme nella quarta sezione), abbiamo pungolato, provocato, infastidito e irritato non poco il personale della prigione, ovvero l’esempio più vicino di autorità che avevamo di fronte. Battaglie aventi un loro significato particolare, piccolo battaglie certo, poiché la battaglia assoluta che un prigioniero deve avere in mente è la fuga dalla prigione.
Così la mattina del 13 dicembre, la solita guardia ha voluto fare una denuncia diretta all’ufficio dei sergenti, a proposito di un episodio, una reazione violenta, che il suddetto ha ricevuto da alcuni compagni. Durante l’episodio la guardia, a mio avviso erroneamente, è stata schiaffeggiata. Dico erroneamente perché quegli schiaffi avrebbero potuto essere trattenuti e trasformati in qualcosa di più serio in qualche altro più grave episodio che prima o poi sarebbe stato messo in atto da una di quelle guardie bastarde che alzano le mani sui prigionieri. Mi riferisco alla guardia Giannis Milonas, che quando è in servizio e tutti sono rinchiusi in cella, tira fuori la penna e scrive nomi nelle sue canzoni che poi finiscono su youtube, in un disperato tentative di auto-affermazione. Ma tali canzoni non fanno che peggiorare la sua reputazione.Le mie orecchie sono abbastanza afflitte da questo misero tentativo musicale. Successivamente l’ufficio dei sergenti ha informato il procuratore. Lo stesso pomeriggio, il viscido sergente Vasilis Lambrakis, insieme a 40 agenti di polizia e penitenziari, ci ha presi tutti e 8 dall’ufficio, in tempi diversi, e ci ha dispersi in diverse sezioni della prigione. Com’è noto, io sono finito nella quarta sezione.
Si è trattato dunque di una reazione naturale del sistema carcerario, che ha contato sulla considerevole cooperazione di prigionieri-leader. Non appena hanno visto il pericolo di mandare all’aria i loro – altrimenti invidiosi – privilegi interessati, questi ultimi si sono affettati a discutere con l’amministrazione carceraria su come questi anarchici irrispettosi dovessero essere cacciati dalla sezione (forse solo in seguito ad una strategia della fottuta prigione di creare frizioni interne tra prigionieri, alcune celle tranne le nostre sono state perquisite). Risulta ovviamente chiaro che i privilegi concessi alla prima sezione sono inestricabilmente connessi allo stato di calma nella sezione stessa. Naturalmente, a dire il vero, tutto ciò era più o meno scontato. L’oppressione da parte dell’amministrazione si è esplicitata in un approccio deterministico. Nulla di strano, dunque, dato che come ho detto noi continuavamo a scontrarci con le guardie mentre crescevano piccole azioni/esperimenti in un ambiente passivo e strano. Con matematica precisione ci siamo ritrovati trasferiti in altre sezioni e, in breve tempo, subissati di sanzioni disciplinari.
Per me 2 anni di sanzioni vanno bene perché non mi costano niente (a meno che qualcosa di estremo accada a proposito del processo). I momenti difficili e rischiosi che ho descritto ci ricordano chi siamo noi in questo contesto, altrimenti saremmo succubi di una vita ripetitiva e assimilata all’interno del generale clima marcio di guerre tra razze, gerarchie, complessi omofobici e tutto il surplus di machismo della maggioranza.
E sebbene lo spregevole atteggiamento di molti prigionieri non mi ha sorpreso, dato che non mi aspettavo molto da gruppi chiusi e gerarchici – formali o informali – come quelli della prima sezione, formati da persone che vengono da paesi quali la ex Unione Sovietica, molti albanesi ed ex guardie di sicurezza private, non nascondo che sono rimasto scioccato quando un altro gruppo organizzato, la CCF, ha cominciato a mostrare ostilità al nostro atteggiamento anti-autoritario. Vorrei credere che tutto ciò esprime solo il carattere di quegli individui che già in passato avevo sentito esprimersi in maniera aggressiva; ma forse non riguarda solo loro, anche considerando come tutti si muovono in generale. Perciò la loro colpa è collettiva. La ragione per cui dico questo sono i recenti “commenti” (gli interessati sanno a chi mi riferisco) fatti sugli sviluppi recenti e sullo sciopero della fame e della sete; commenti che sono identici a quanto queste persone ci hanno detto durante discussioni nei mesi scorsi. E siccome si tratta di argomenti seri, quando qualcuno ti dice apertamente “le scelte che fai sono inutili in prigione”, tenendo presenti i loro comportamenti autoritari, il loro atteggiamento generale degli ultimi mesi e i loro stressanti tentativi di disegnare scenari esagerati delle conseguenze di una rottura con l’amministrazione, in un modo o nell’altro noi ci siamo ritrovati esposti. Disgustoso.Gente che ha lasciato il suo pezzo di storia nella guerra contro l’esistente, con lunghe condanne che aspettano ancora coloro che non sono stati processati, gente che ho sempre sostenuto contro il fango gettato da altri anarchici – e continuerò a sostenere se necessario – questa gente è scaduta davanti ai miei occhi. Se avessero mantenuto una posizione neutrale, ovvero farsi i fatti propri, mi sarei sorpreso come quando sono entrato in galera ma non mi preoccuperei ora di parlarne. Ma nessuna scusa – per quanto buona –è abbastanza per giustificare il loro mettersi contro, usando tattiche di calunnia, gli unici –quasi – che creano una rottura col regime carcerario.
Perciò l’incidente con la guardia è stata la ragione per cui, come ci si aspettava, abbiamo perso credito nel nostro breve passaggio nella prima sezione. Di tale sezione non dimenticherò mai l’intenso movimento di alcuni prigionieri sempre accolti nell’ufficio dei sergenti, specialmente quando si creavano piccoli fastidi nella sezione. Purtroppo questo è stato l’unico tipo di “movimento” fatto dai prigionieri che ho visto stando in prigione, perché naturalmente non conto gli scioperi che hanno avuto luogo nella prima sezione, oltre quelli che abbiamo fatto con i compagni e 2-3 altre persone senza la partecipazione di altri prigionieri; non li conto perché quelli sono stati fatti sempre dopo un… accordo con la guardia in servizio. L’unica cosa sicura è che dopo tutto questo molte cose cambieranno. Come andranno le cose da ora in poi è una cosa che spetta a noi decidere. Vi saluto per adesso…
Giannis Naxakis, quarta sezione – prigione di Koridallos
3/1/2014
P.S. 1 Onore a Sebastian Oversluij Seguel, ucciso dai proiettili di una guardia privata durante una rapina in banca a Santiago del Cile.
P.S. 2 Forza Spiros Stratoulis, in sciopero della fame.
Tradotto dalla versione inglese disponibile su actforfree.net
LETTER OF GIANNIS NAXAKIS FROM KORIDALLOS PRISONS
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