(alcuni testi presi da Aurora web, riguardanti l’ukraina)
La NATO dietro il golpe neo-nazista in Ucraina
EIR Executive Report Intelligence 6 febbraio 2014 – Oriental Review
Le nazioni occidentali, guidate dall’Unione europea e dall’amministrazione Obama, sono la base di un vero e proprio golpe neo-nazista in Ucraina. Se il tentativo ha successo, le conseguenze si estenderanno ben oltre i confini dell’Ucraina e degli Stati confinanti. Per la Russia, un tale golpe costituirebbe un casus belli, avvenendo nel contesto dell’espansione della difesa missilistica della NATO verso l’Europa centrale e dell’evoluzione della dottrina USA-NATO del “Prompt Global Strike“, che presuppone che gli USA possano lanciare un primo attacco contro Russia e Cina e sopravvivere alla rappresaglia. Gli eventi in Ucraina costituiscono il potenziale innesco della guerra globale che potrebbe rapidamente e facilmente sfociare in una guerra termonucleare. Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di questo fine settimana, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha avuto uno vivo scambio pubblico con il segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen, in cui quest’ultimo accusa la Russia di “retorica bellicosa” e Lavrov ha risposto citando il programma di difesa missilistica in Europa come tentativo di garantirsi la possibilità del Primo Attacco nucleare contro la Russia. Nelle sue osservazioni formali a Monaco e della settimana prima al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, Lavrov ha anche accusato i governi occidentali di sostenere organizzazioni terroristiche neo-naziste nel zelante tentativo di mettere l’Ucraina sotto il controllo dell’Unione europea e della Trojka stringendo il cappio della NATO intorno la Russia. Se non altro, Lavrov ha compreso la situazione.
Gli squadristi nazisti prendono l’iniziativa
Da quando il Presidente Viktor Janukovich ha annunciato che l’Ucraina abbandonava l’intenzione di firmare accordo di associazione dell’Unione europea, il 21 novembre 2013, le organizzazioni filo-occidentali costituite da residuati bellici e dell’immediato dopoguerra del collaborazionismo nazista dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini banderisti (OUN-B) e i loro successori, hanno lanciato una campagna di provocazioni volta non solo ad abbattere il governo del Primo ministro Mykola Azarov, ma a rovesciare il presidente democraticamente eletto Janukovich. Il partenariato orientale dell’Unione europea fu avviato nel dicembre 2008 da Carl Bildt e Radek Sikorski, ministri degli esteri di Svezia e Polonia, dopo la prova di forza militare della Georgia contro la Russia in Ossezia del sud. Il partenariato orientale punta a sei ex-repubbliche dell’Unione Sovietica: tre nella regione del Caucaso (Armenia, Azerbaigian, Georgia) e tre in Europa centro-orientale (Bielorussia, Moldavia, Ucraina). Non dovevano essere invitate alla piena adesione all’UE, ma trascinate nella morsa europea attraverso i cosiddetti accordi di associazione, incentrati su un ampio e globale accordo di libero scambio (DCFTA). Il primo obiettivo era l’Ucraina. Nell’ambito dell’accordo di associazione negoziato con l’Ucraina, ma non firmato, l’economia industriale dell’Ucraina sarebbe stata smantellata, il commercio con la Russia devastato (con la Russia che poneva termine al regime di libero scambio con l’Ucraina, per evitare che i propri mercati venissero invasi via Ucraina) e i giocatori dei mercati europei avrebbero arraffato materie agrarie e prime da esportare dall’Ucraina. Lo stesso regime di austerità mortale imposto ai Paesi mediterranei dell’Europa, con la truffa del piano di salvataggio della Trojka, sarebbe stato imposto all’Ucraina. Inoltre, l’accordo di associazione avrebbe avuto una “convergenza” sulle questioni di sicurezza, con l’integrazione nei sistemi di difesa europei. Con un tale accordo aggiornato, i trattati a lungo termine sull’uso della Marina russa dei porti cruciali della Crimea sul Mar Nero sarebbero stati conclusi, in ultima analisi consegnando alla NATO basi avanzate sul confine immediato della Russia. Mentre i resoconti stampa occidentali hanno promosso le manifestazioni di piazza Indipendenza di Kiev (Maidan Nezalezhnesti, o Euromaidan come è ora chiamata) inizialmente come pacifiche, la realtà indica che fin dall’inizio le proteste coinvolgono neonazisti dichiarati, picchiatori di estrema destra e “afghansy“, veterani delle guerre in Afghanistan, Cecenia e Georgia. Secondo il parlamentare ucraino Oleg Tsarjov, 350 ucraini sono rientrati dalla Siria, nel gennaio 2014, dopo aver combattuto con i ribelli siriani, anche con i gruppi di al-Qaida quali il Fronte al-Nusra e lo Stato Islamico d’Iraq e Siria (SIIS).
Già tra il 30 novembre e il 1 dicembre 2013, i rivoltosi lanciavano molotov e sequestravano l’ufficio del sindaco di Kiev, dichiarandolo “quartier generale rivoluzionario”. I manifestanti dell’opposizione del partito Svoboda, già partito nazionalsocialista, marciano sotto la bandiera rossa e nera dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini di Stepan Bandera (OUN-B), i collaborazionisti filo-nazisti che sterminarono ebrei e polacchi coadiuvando la macchina da guerra nazista, in adempimento delle proprie idee radicali sulla purezza etnica, durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo slogan del partito Svoboda, “l’Ucraina agli ucraini“, fu il grido di battaglia di Bandera durante il collaborazionismo dell’OUN-B con Hitler dopo l’invasione nazista dell’Unione Sovietica. Fu sotto questo slogan che esecuzioni di massa e pulizia etnica vennero eseguite dai fascisti di Bandera. Fonti ucraine riferiscono che il partito Svoboda effettuava addestramento paramilitare nell’estate del 2013, mesi prima che il Presidente Janukovich decidesse di respingere l’accordo di associazione con l’UE. Il carattere neo-nazista, razzista e antisemita di Svoboda non ha impedito ai diplomatici occidentali, tra cui l’assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici Victoria Nuland, d’incontrare pubblicamente il leader del partito Oleg Tjagnibok, espulso dal movimento Nostra Ucraina nel 2004 per i suoi discorsi velenosi contro “moscoviti ed ebrei”, usando denominazioni offensive e dispregiative verso entrambi. La rinascita fascista dei banderisti è chiara dalla “rivoluzione arancione” del 2004, quando Viktor Jushenko fu piazzato presidente dell’Ucraina con una campagna di piazza eterodiretta e fortemente finanziata dalla Fondazione Rinascimento Internazionale di George Soros e da altre 2000 organizzazioni non governative di Europa e USA, dopo essere stato ufficialmente dichiarato perdente alle presidenziali con Viktor Janukovich. Il 22 gennaio 2010, uno degli ultimi atti di Jushenko da presidente, dopo aver perso la rielezione con Janukovich con un ampio margine, fu nominare Stepan Bandera Eroe d’Ucraina, una grande onoreficenza dello Stato. La seconda moglie di Jushenko, Katerina Shumachenko, era membro del gruppo giovanile dell’OUN-B banderista di Chicago, dove è nata, secondo fonti. Nel 1980, Shumachenko era a capo degli uffici di Washington del Comitato del congresso ucraino di America (in cui l’influenza dell’OUN-B era grande al momento, secondo l’Internet Encyclopedia of Ucraina) e del Comitato nazionale delle nazioni in cattività, prima di passare all’Ufficio per i diritti umani del dipartimento di Stato. Nel gennaio 2011, il Presidente Janukovich annunciò che il titolo di eroe dello Stato dell’Ucraina a Bandera era stato ufficialmente revocato.
OUN-B: un po’ di storia
L’eredità dell’OUN-B è fondamentale per comprendere la natura dell’insurrezione armata ormai in atto in Ucraina. L’Organizzazione dei nazionalisti ucraini fu fondata nel 1929, e quattro anni dopo Bandera era alla guida. Nel 1934 Bandera e altri leader dell’OUN furono arrestati per l’assassinio di Bronislaw Pieracki, ministro degli Interni polacco. Bandera fu liberato dal carcere nel 1938 e subito entrò in trattative con il comando d’occupazione tedesco beneficiando dei fondi e dell’addestramento organizzato dall’Abwehr per 800 dei suoi commando paramilitari. All’invasione nazista dell’Unione Sovietica nel 1941, le forze di Bandera consistevano in almeno 7000 combattenti organizzati in “gruppi mobili” e coordinati dalle forze tedesche. Bandera ricevette 2,5 milioni di marchi tedeschi per condurre operazioni sovversive nell’Unione Sovietica. Dopo aver dichiarato uno Stato ucraino indipendente sotto la sua direzione, nel 1941, Bandera fu arrestato e inviato a Berlino. Ma mantenne legami e finanziamenti nazisti, ed i suoi “gruppi mobili” furono riforniti e appoggiati per via aerea dai tedeschi durante la guerra. Nel 1943, l’OUN-B di Bandera condusse una campagna di sterminio di massa contro polacchi ed ebrei, uccidendo circa 70000 civili durante l’estate di quel solo anno. Anche se Bandera dirigeva le operazioni dell’OUN-B da Berlino, il programma di pulizia etnica era gestito da Mykola Lebed, il capo della Sluzhba Bespeki, l’organizzazione della polizia segreta dell’OUN-B. Nel maggio 1941, nella seduta plenaria dell’OUN a Cracovia, l’organizzazione pubblicò un documento, “Lotta e azione dell’OUN durante la Guerra“, che dichiarava “Moskali, polacchi e ebrei ci sono ostili e devono essere sterminati in questa lotta.” (“Moskal” è un gergo dispregiativo ucraino per “moscoviti” o russi.)
Con la sconfitta dei nazisti e la fine della guerra sul fronte europeo, Bandera e molti leader dell’OUN-B si sparpagliarono nei campi degli sfollati in Germania e Europa centrale. Secondo Stephen Dorrill, nella sua autorevole storia dell’MI6, MI6: nel mondo occulto del Secret Intelligence Service di Sua Maestà, Bandera fu reclutato per lavorare per l’MI6 nell’aprile 1948. Il legame inglese fu organizzato da Gerhard von Mende, un ex-capo nazista che aveva guidato la divisione del Caucaso del ministero del Reich per i territori orientali occupati (Ostministerium). Von Mende reclutò musulmani del Caucaso e dell’Asia centrale per combattere con i nazisti durante l’invasione dell’Unione Sovietica. Alla fine della seconda guerra mondiale, lavorò per gli inglesi attraverso una società di copertura, il Servizio di ricerca sull’Europa orientale, un’agenzia di reclutamento per gli insorti musulmani operanti nell’Unione Sovietica. Von Mende fu determinante nella creazione di un importante polo di attività della Fratellanza musulmana a Monaco di Baviera e a Ginevra. Attraverso von Mende, l’MI6 addestrò gli agenti dell’OUN-B e li spedì in Unione Sovietica ad effettuare operazioni di sabotaggio e di assassinio tra il 1949 e il 1950. Un rapporto del 1954 dell’MI6 elogiava Bandera quale “sabotatore professionale dal passato di terrorista dalle nozioni spietate delle regole del gioco.” Nel marzo 1956 Bandera lavorò per l’equivalente tedesco della CIA, la BND, allora diretto dal generale Reinhardt Gehlen, capo dell’intelligence militare tedesca sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale. Ancora una volta, von Mende fu suo sponsor e protettore. Nel 1959, Bandera fu assassinato dal KGB in Germania ovest.
Al primo assassino di Bandera nell’OUN-B, Mykola Lebed, comandante locale della polizia segreta del gruppo, andò ancora meglio alla fine della seconda guerra mondiale. Lebed fu reclutato dal controspionaggio dell’esercito statunitense (CIC) nel dicembre 1946 e nel 1948 era sul libro paga della CIA. Lebed assunse quegli agenti dell’OUN-B che non se ne andarono con Bandera e l’MI6, partecipò ad una serie di programmi di sabotaggio dietro la cortina di ferro, tra cui “l’operazione Cartel” e l’”operazione Aerodinamica”. Lebed fu portato a New York City dove costituì una società di facciata della CIA, la Prolog Research Corporation, sotto il controllo di Frank Wisner, capo della direzione operativa della CIA negli anni ’50. Prolog operò fino al 1990, ottenendo un grande impulso quando Zbigniew Brzezinski era National Security Advisor del presidente Jimmy Carter.
Nel 1985, il dipartimento di Giustizia statunitense avviò un’indagine sul ruolo di Lebed nel genocidio in Polonia e Ucraina occidentale, ma la CIA la bloccò e alla fine fu abbandonata. Tuttavia, nel 2010, dopo il rilascio di migliaia di documenti del periodo bellico, i National Archives pubblicarono una relazione sui documenti, L’ombra di Hitler: criminali di guerra nazisti, intelligence USA e Guerra Fredda, di Richard Breitman e Norman Goda, che comprendeva un dettagliato resoconto sul collaborazionismo di Lebed e Bandera con i nazisti e il loro coinvolgimento nelle stragi di ebrei e polacchi. Tale eredità di Bandera-Lebed, e le reti create nel dopoguerra, sono al centro degli eventi in Ucraina.
Parlarne
Il 25 gennaio 2014, ventinove leader di partiti politici ed organizzazioni civili e religiose ucraini, tra cui l’ex-candidata presidenziale e parlamentare Natalija Vitrenko, inviarono una lettera aperta al Segretario generale e ai leader dell’UE e degli Stati membri delle Nazioni Unite, denunciando il sostegno occidentale alla campagna neonazista volta ad effettuare un sanguinoso colpo di Stato contro un governo legittimamente eletto. Sulla lettera aperta si legge: “… nel sostenere le azioni dei guerriglieri in Ucraina. … proteggete direttamente, incitate e istigate i neonazisti e neofascisti ucraini. Nessuno di questi oppositori (Jatsenjuk, Klishko e Tjagnibok) nasconde la perpetuazione dell’ideologia e delle pratiche dell’OUN-UPA. … Ovunque vada la gente di Euromaidan in Ucraina, diffonde slogan di cui sopra, neo-nazisti, simboli razzisti. … Inoltre, conferma la natura neo-nazista di Euromaidan l’uso costante di ritratti dei sanguinari carnefici del nostro popolo, gli agenti dell’Abwehr Bandera e Shukhevich“. La lettera aperta domanda ai leader occidentali: “L’ONU, l’UE e gli USA non riconoscono più la Carta e il Verdetto del Tribunale penale internazionale di Norimberga, dove i nazisti hitleriani e i loro seguaci furono condannati? I diritti umani non sono più un valore per i Paesi dell’UE e della comunità internazionale? La devozione dei nazionalisti ucraini per Hitler e i suoi stragisti di civili, sono oggi simbolo di democrazia?” Solo negli ultimi giorni, con le scene delle violenze di massa dei manifestanti armati che finalmente rompono la nebbia della propaganda, i media occidentali notano il carattere neo-nazista dell’attuale destabilizzazione. La rivista Time, il 28 gennaio, titolava il suo articolo da Kiev “Criminali di destra dirottano la rivolta liberale dell’Ucraina“, indicando un gruppo di picchiatori neonazisti chiamato Spilna správa (“Causa Comune”, ma le iniziali ucraine sono “SS”), vicino al centro delle proteste. Il giorno successivo, il 29 gennaio, il Guardian intitolò “In Ucraina, fascisti, oligarchi ed espansione occidentale sono al centro della crisi”, con il catenaccio: “La storia raccontataci sulle proteste di Kiev sono sommarie rispetto alla realtà“. Il giornalista del Guardian Seumas Milne candidamente scrive: “Non sapreste mai dalla maggior dei notiziari, che nazionalisti di estrema destra e fascisti sono al centro delle proteste e degli attacchi contro edifici governativi. Uno dei tre principali partiti di opposizione che guidano la campagna, è l’estremista antisemita Svoboda, il cui leader Oleg Tjagnibok sostiene che ‘mafiosi moscoviti-ebraici’ controllano l’Ucraina. Il partito, che ora dirige Lvov, ha guidato una fiaccolata di 15000 elementi all’inizio del mese, in memoria del leader fascista ucraino Stepan Bandera, le cui forze combatterono con i nazisti durante la seconda guerra mondiale e che parteciparono ai massacri di ebrei.“
Counterpunch ha anche pubblicato il 29 gennaio un articolo di Eric Draitser, “L’Ucraina e la rinascita del fascismo in Europa”, che avverte subito: “Le violenze nelle piazze dell’Ucraina sono molto più che l’espressione della rabbia popolare contro un governo. Invece, è solo l’ultimo esempio di forma più insidiosa di fascismo montante che l’Europa ha visto dalla caduta del Terzo Reich. … Nel tentativo di eliminare l’Ucraina dalla sfera d’influenza russa, l’alleanza USA-UE-NATO, e non per la prima volta, s’è legata ai fascisti.”
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Dopo la Jugoslavia, l’Ucraina?
Thierry Meyssan, Voltairenet 6 febbraio 2014
E’ sbagliato che l’opinione pubblica europea occidentale veda nella crisi ucraina una rivalità tra occidentali e russi. In realtà, Washington non cerca di far entrare il Paese nell’Unione europea, ma di privare la Russia dei suoi partner storici. Per farlo, gli Stati Uniti sono pronti a iniziare una nuova guerra civile nel continente.
Dopo aver smembrato la Jugoslavia durante la guerra civile dei dieci anni (1990-1999), gli Stati Uniti hanno deciso di distruggere in modo identico l’Ucraina? Questo è ciò che suggeriscono le manovre che l’opposizione si prepara ad eseguire durante i Giochi Olimpici di Sochi. L’Ucraina è storicamente divisa tra l’occidente, con una popolazione volta verso l’Unione europea, e l’Oriente, con una popolazione volta verso la Russia, oltre a una piccola minoranza musulmana in Crimea. Dall’indipendenza, il governo è progressivamente collassato. Approfittando della confusione, gli Stati Uniti hanno organizzato la “rivoluzione arancione” (2004) [1], portando al potere un clan mafioso pro-atlantista. Mosca ha risposto annullando le sovvenzioni ai prezzi del gas, ma il governo arancione non poteva contare sui suoi alleati occidentali per poterlo pagare al prezzo di mercato. In definitiva, perse le elezioni presidenziali del 2010 a favore di Viktor Janukovich, un politico corrotto e talvolta filo-russo. Il 21 novembre 2013, il governo rinuncia ai negoziati per un accordo di associazione con l’Unione europea. L’opposizione risponde con proteste a Kiev e nella parte occidentale del Paese, che ben presto assumono aspetti insurrezionali. Chiede elezioni presidenziali e legislative anticipate e rifiuta di formare un governo quando il Presidente Janukovich glielo propone e il Primo ministro si dimette. Gli eventi vengono battezzati da Radio Free Europe (radio del dipartimento di Stato USA) Euromaidan e poi Eurorivoluzione.
La stampa atlantista parteggia per la causa dell’”opposizione democratica” e condanna l’influenza russa. I VIP atlantisti forniscono il loro sostegno ai manifestanti, tra cui Victoria Nuland (assistente del segretario di Stato ed ex-ambasciatrice alla NATO) e John McCain (Presidente del ramo repubblicano del NED). Invece, la stampa russa denuncia i manifestanti che vogliono rovesciare le istituzioni democraticamente elette.
Inizialmente, il movimento sembra essere un tentativo di riavviare la “rivoluzione arancione”. Ma il potere sulle piazze cambia di mano il 1° gennaio 2014. Il partito nazista “Libertà” organizza una fiaccolata di 15000 persone in memoria di Stepan Bandera (1909-1959) il leader nazionalista alleatosi ai nazisti contro i sovietici. Da allora la capitale viene coperta di scritte antisemite e persone sono aggredite per strada perché ebree.
L’opposizione filo-europea è composta da tre partiti:
L’Unione pan-ucraina “Patria” (Batkivshna), dell’oligarca ed ex-premier Julija Tymoshenko (attualmente in carcere dopo la condanna per appropriazione indebita), ora guidata dall’avvocato ed ex-presidente del parlamento Arsenij Jatsenjuk. Difende la proprietà privata e il modello liberale occidentale. Ha avuto il 25,57% dei voti alle elezioni parlamentari del 2012.
L’Alleanza democratica per la riforma ucraina (Udar), dell’ex-campione del mondo di pugilato Vitalij Klishko. Sostiene di essere democristiana ed ha ottenuto il 13,98% dei voti alle elezioni del 2012.
L’Unione pan-Ucraina per la libertà (Svoboda), del chirurgo Oleg Tjagnibok. Questa formazione proviene dal Partito Nazionalsocialista d’Ucraina. Supporta la denaturalizzazione degli ebrei ucraini. Ha avuto il 10,45% dei voti alle elezioni parlamentari del 2012.
Questi partiti parlamentari sono sostenuti da:
Congresso dei nazionalisti ucraini, un gruppo nazista nato dalle vecchie reti stay-behind della NATO nel blocco orientale [3]. Sionista, sostiene la denaturazione e la deportazione degli ebrei ucraini in Israele. Ha ricevuto l’1,11% dei voti nel 2012.
Autodifesa ucraina, un gruppo nazionalista che ha inviato i membri a combattere contro i russi in Cecenia e Ossezia durante il conflitto georgiano. Ha ricevuto lo 0,08% dei voti nel 2012.
Inoltre, l’opposizione riceve il sostegno della Chiesa ortodossa ucraina, in rivolta contro il Patriarcato di Mosca.
Da quando il partito nazista ha occupato le piazze, molti manifestanti indossano caschi e uniformi paramilitari, erigono barricate e attaccano edifici governativi. Alcuni elementi delle forze di polizia dimostrano gravi brutalità torturando dei detenuti. Una decina di manifestanti è stata uccisa e quasi 2000 feriti. I disordini si diffondono nelle province occidentali. Secondo le nostre informazioni, l’opposizione ucraina cerca di procurarsi materiale bellico sui mercati paralleli. Non è ovviamente possibile comprare armi in Europa occidentale e trasportarle senza il consenso della NATO. La strategia di Washington in Ucraina sembra un miscuglio di “rivoluzioni colorate” collaudate e dalle più recenti sviluppatesi durante la “Primavera araba” [4]. Gli Stati Uniti, inoltre, non si nascondono: hanno inviato due funzionari, Victoria Nuland (vice di John Kerry) e John McCain (che non è solo un senatore repubblicano, ma anche presidente dell’IRI, ramo repubblicano della NED [5]) a sostenere i manifestanti. A differenza di Libia e Siria, Washington non può contare sui jihadisti per seminare il caos (tranne gli estremisti Tartari, ma solo in Crimea). Pertanto ha deciso di affidarsi ai nazisti con cui il dipartimento di Stato ha collaborato contro i sovietici e ne aveva organizzato i partiti politici dopo l’indipendenza.
Un neofita sarebbe scioccato nel vedere l’alleanza tra l’amministrazione Obama e nazisti. Tuttavia, si ricordi che i nazisti ucraini furono pubblicamente onorati alla Casa Bianca dal presidente Reagan, che Jaroslav Stetsko, primo ministro dell’Ucraina sotto il Terzo Reich, divenne il leader del movimento del Blocco delle nazioni anti-bolsceviche e membro della Lega anti-comunista mondiale [6]. Uno dei suoi vice, Lev Dobrianski, fu ambasciatore degli Stati Uniti alle Bahamas, mentre la figlia Paula Dobrianski fu sottosegretaria di Stato per la democrazia (sic) nell’amministrazione di George W. Bush. Si tratta della Dobrianski che ha finanziato per dieci anni studi per far dimenticare che l’Holodomor, la carestia che colpì l’Ucraina nel 1932-33, aveva anche devastato la Russia e il Kazakhstan per far credere che Stalin avesse deciso di eliminare il popolo ucraino [7]. In realtà Washington, che aveva sostenuto il partito nazista tedesco fino al 1939 e continuato a fare affari con la Germania nazista fino alla fine del 1941, non ha mai avuto problemi morali con il nazismo, né con il sostegno militare al jihadismo oggi in Siria.
Le élites dell’Europa occidentale, che usano come pretesto i nazisti per perseguitare i guastafeste, come si vede sulla polemica della quenelle di Dieudonné M’Bala M’Bala [8], dimenticano la realtà. Nel 2005 chiusero gli occhi sulla riabilitazione del nazismo da parte del presidente della Lettonia, Vaira Vike-Freiberga, come se fosse irrilevante [9]. Sulla semplice base delle dichiarazioni a favore dell’Unione europea e del loro atlantismo compiaciuto, ora supportano il loro peggior nemico. La guerra civile potrebbe iniziare in Ucraina durante i Giochi Olimpici di Sochi.
Note
[1] “Washington et Moscou se livrent bataille en Ukraine“, Emilia Nazarenko e redazione, Réseau Voltaire, 1er novembre 2004.
[2] “Jihadisti garantiscono i servizi di sicurezza delle manifestazioni a Kiev“, Réseau Voltaire, 4 dicembre 2013.
[3] E’ da tale vivaio che proviene anche il leader della “rivoluzione arancione”. Cfr. “La biographie cachée du père du président ukrainien“, Réseau Voltaire, 18 aprile 2008.
[4] “Le printemps arabe frappe à la porte de l’Europe“, Andrew Korybko, traduzione di Gérard Jeannesson, Oriental Review, Réseau Voltaire, 3 febbraio 2014
[5] “La NED, vetrina legale della CIA“, Thierry Meyssan, Odnako, Réseau Voltaire, 6 ottobre 2010.
[6] “La Ligue anti-communiste mondiale, une internationale du crime“, Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 12 maggio 2004.
[7] Vedasi L’Holodomor, nouvel avatar de l’anticommunisme “européen”, della professoressa Annie Lacroix-Riz, 2008.
[8] “La Bête Noire de l’establishment français“, Diana Johnstone, traduzione Djazaïri, Counterpunch, Réseau Voltaire, 5 gennaio 2014.
[9] “La présidente de la Lettonie réhabilite le nazisme“, Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 16 marzo 2005.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
La Cabala ucraino-statunitense che finanzia Euro-Maidan in Ucraina
http://aurorasito.wordpress.com/2014/02/10/la-cabala-ucraino-statunitense-che-finanzia-euro-maidan-in-ucraina/
Wayne Madsen Strategic Culture Foundation 10/02/2014
Un giornale ucraino-statunitense pubblicato dal 1933 a Jersey City, New Jersey, è all’avanguardia della propaganda neo-con che chiede l’intervento diretto degli USA negli affari ucraini e supporta pienamente le proteste Euro-Maidan in Ucraina. L’Ukrainan Weekly, pubblicato dall’Associazione nazionale ucraina (UNA), si autodefinisce “fratellanza senza scopo di lucro”. Tuttavia, il suo status no-profit in alcun modo connota una posizione politica imparziale. L’edizione del 2 febbraio aveva solo titoli politicamente grevi, tra cui: “La Russia puntella Janukovich (il presidente ucraino Viktor Janukovich) mentre la sua base si erode”, “I veri estremisti sono i leader del Paese” e “Julija (ex-prima ministra ucraina Julija Tymoshenko, in carcere per abuso di potere e appropriazione indebita) ai manifestanti: Continuate”. L’organizzazione madre dell’Ukrainan Weekly, l’UNA, di Parsippany, New Jersey, fondata nel 1894 a Shamokin, Pennsylvania, soprattutto da immigrati ucraini che lavoravano nelle miniere di carbone, ha ora circa 50000 membri negli Stati Uniti e in Canada. Anche se l’associazione a lungo sostenne l’indipendenza ucraina e aveva legami con il leader nazionalista ucraino filonazista Stepan Bandera, e dopo l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica nel 1941 e dopo l’inizio della Guerra Fredda, divenne un ente della propaganda della Central Intelligence Agency nelle sue operazioni clandestine d’influenza nell’Unione Sovietica. L’UNA collaborò strettamente con Radio Free Europe/Liberty della CIA e altre cosiddette organizzazioni delle “nazioni prigioniere” sostenute dalla CIA e altri organi del governo degli Stati Uniti… Dopo la Guerra Fredda, l’UNA strinse legami con varie organizzazioni non governative organizzazioni finanziate dal magnate internazionale degli hedge fund George Soros, in particolare l’Open Society Institute. L’UNA pubblica anche due periodici in lingua ucraina, Svoboda, un giornale, e Veselka, un mensile.
Nel 1986, l’Ukrainan Weekly sfruttò il disastro nucleare di Chernobyl per diffondere disinformazione e propaganda per conto della CIA e delle “nazioni prigioniere”. Il New York Post, di proprietà di Rupert Murdoch, fece del sensazionalismo sul disastro riprendendo il seguente titolo in prima pagina dell’Ukrainan Weekly: “Fosse comuni, 15000 morti per l’esplosione del sito nucleare”. Il critico della rivista Time, Thomas Griffith, commentò la fonte del Post, scrivendo che la “scarsa autorità” citata dal fallimentare tabloid di Murdoch è “un oscuro settimanale ucraino del New Jersey. L’Ukrainan Weekly, che ha mentito sui morti per il disastro di Chernobyl, non è sfuggito ai media sovietici. Un commentatore ha sventolato una copia sulla “fossa comune” del giornale di Murdoch alla televisione sovietica e ha citato il Post e il foglio di propaganda degli emigrati ucraini quali esempi del sensazionalismo su Cernobyl dei media statunitensi”. La propaganda delle “nazioni prigioniere” è in gran parte basata a Washington DC, programmata dal dottor Lev Dobriansky, professore di economia ucraino-statunitense della Georgetown University. Il nome Dobriansky era sempre associato ad organizzazioni di facciata della CIA, tra cui l’Istituto Slavo della Marquette University e il Byzantine Slavic Arts Center di Washington. Per via della sua retorica da guerra fredda, Dobriansky era solito usare termini grevi come “Impero Rosso” e “Impero colonialista di Mosca”, e fu un mentore di numerosi neo-conservatori. Dobriansky era contrario a ogni sorta di distensione con l’Unione Sovietica. Chiamò il Trattato sulla messa al bando delle esplosioni nucleari, la Convenzione consolare USA-URSS, l’Outer Space Treaty delle Nazioni Unite, il Trattato di non proliferazione nucleare, e anche l’accordo sulla rotta commerciale Mosca-New York, “fabbriche di carta” e “carta straccia”. Gli accoliti di Dobriansky, acerrimi neoconservatori come Donald Kagan, un lituano-ebreo di Kursenai, Lituania, suo figlio Frederick Kagan, un funzionario del neo-conservatore American Enterprise Institute ed ex-consigliere del generale David Petraeus in Afghanistan, e Robert Kagan della Brookings Institution, architetto del Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC) ed editorialista del Washington Post. La moglie di Robert Kagan, assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici Victoria Nuland, è stata recentemente intercettata in una conversazione telefonica con Geoffrey Pyatt, l’ambasciatore statunitense a Kiev, dove definisce la riluttanza dell’UE ad applicare sanzioni più rigide al governo Janukovich, “Che si fotta l’UE”. Altri membri della cabala delle “nazioni prigioniere” sono guerrieri freddi come Richard Pipes, “esperto” di affari sovietici dell’amministrazione Reagan, il professore di Harvard Adam Ulam e James Billington, direttore del neo-con Woodrow Wilson Center. La figlia di Dobriansky, Paula Dobriansky, fu sottosegretaria di Stato per la democrazia e gli affari globali nel 2001-2009, dove guidò l’ulteriore infiltrazione di organizzazioni non governative (ONG), alcune finanziate dai partiti politici dell’Europa centrale e orientale, da Soros e dal National Endowment for Democracy. Paula Dobriansky, onorata dal governo pro-NATO e filo-UE dell’ex-presidente ucraino Viktor Jushenko, ha sostenuto l’integrazione dell’Ucraina nell’Unione europea ed espresso contrarietà al governo Janukovich e agli stretti legami dell’Ucraina alla Russia. Attualmente è senior fellow presso il Belfer Center di Harvard su scienze e relazioni Internazionali. La moglie di Jushenko, Catherine Shumachenko, era un funzionario del dipartimento di Stato degli Stati Uniti e ha lavorato sulla questione delle “nazioni prigioniere” per l’amministrazione del presidente Ronald Reagan. Fu vicepresidente della Fondazione Ucraina-USA, lavorando con ambienti di destra per espandere l’influenza statunitense in Ucraina dal crollo dell’Unione Sovietica. Fu anche direttrice della Fondazione Orlyk Pylyp, un’organizzazione nazionalista lituana che cercava di espandere l’influenza degli Stati Uniti in Lituania dalla sua indipendenza nel 1990. Lev Dobriansky fu anche il creatore della “Settimana delle nazioni prigioniere”, un evento finanziato direttamente dal Congresso degli Stati Uniti e avviata dall’amministrazione Dwight Eisenhower. Gran parte di tale sostegno era diretta a far sopravvivere giornali come l’Ukrainan Weekly, non solo, ma anche a prosperare mentre quotidiani importanti degli Stati Uniti cessarono le pubblicazioni a causa del declino della loro circolazione.
Ukrainan Weekly e pubblicazioni associate, così come Lev Dobriansky, pubblicizzarono l’importanza della defezione, nel 1978 negli Stati Uniti, del diplomatico sovietico ucraino alle Nazioni Unite ed agente del KGB sovietico Arkadij Shevchenko, sottosegretario generale delle Nazioni Unite. Poi si scoprì che il libro di Shevchenko, “Rompere con Mosca”, pubblicato dai conservatori Alfred Knopf Publishers, fu commissionato dalla CIA e conteneva diverse dichiarazioni inesatte. La Defense Intelligence Agency degli Stati Uniti concluse che le informazioni di Shevchenko non avevano valore per le agenzie d’intelligence degli Stati Uniti. In altre parole, come Dobriansky e altri complici ucraino-statunitensi della CIA, Shevchenko era una frode. Il manoscritto di Shevchenko fu respinto da Reader Digest Book e Simon and Shuster per ciò che in seguito si rivelarono essere le finte inesattezze della CIA. Simon and Shuster citò in giudizio Shevchenko per 146875 dollari anticipatigli per il libro e vinse la causa. Ma per Dobriansky e i suoi colleghi ucraino-statunitensi, Shevchenko non era un ciarlatano, ma un eroe.
Poco dopo la diserzione, Shevchenko cominciò a vedersi con una prostituta di Washington, Judy Chavez. Impiegata per servizi di scorta legati alla CIA, Foxy Lady e Mata Hari Escort Service, Shevchenko s’innamorò di Chavez. Come si è visto, gli impiegati ucraini della CIA, anche quelli che lavorano con Soros, continuano a godere della compagnia di prostitute. Oggi, tali prostitute si chiamano FEMEN, Pussy Riot e Vojna, e un’ucraina in topless delle FEMEN, che ironicamente si chiama Inna Shevchenko, ha gettato una molotov contro l’ambasciata russa a Berlino, durante questa stesura.
E’ gradita la ripubblicazione in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Ucraina: questione geostrategica al centro della guerra tiepida
ean Geronimo, esperto di economia e geostrategia russe Humanité
Recandosi a Kiev a sostenere gli oppositori, anche di estrema destra, al regime ucraino, Catherine Ashton assume una posizione ostile alla Russia, che aveva chiesto all’UE di non intervenire. Il sostegno delle potenze occidentali alla preoccupante “rivoluzione” ucraina punta a far entrare il Paese nell’ambito di UE e NATO, nonché ad impedire il ritorno della grande potenza Russia cercando d’indebolirla regionalmente?
Con il sostegno occidentale a un’inquietante “rivoluzione” ucraina e la sua volontà d’interferenza, si cerca d’impedire il ritorno della Russia come grande potenza che ritorna in scena, indebolendola sul piano regionale Nel quadro della strategia del riflusso (rollback) della potenza russa, intrapresa dalla fine della Guerra Fredda, le potenze occidentali mostrano sfiducia endemica verso uno Stato disperatamente percepito come l’erede dell’asse del male (comunista). Tale strategia “anti-russa” è dimostrata dai continui tentativi di cooptazione delle ex-repubbliche dell’URSS, attraverso il “partenariato orientale” (tramite l’UE) politicamente orientato, o il “Partenariato per la Pace innovazioni” (tramite la NATO), e recentemente con l’”accordo di associazione” tra UE ed Ucraina. Più o meno esplicitamente, tali “innovazioni” politiche sviluppano l’idea di un “vicinato condiviso” e di valori comuni, esprimendo il diritto all’ingerenza occidentale nella periferia post-sovietica, tra cui l’Ucraina. Sul piano della CSI, tali politiche non rientrano più nelle prerogative del monopolio russo e in tale senso ne minacciano l’area d’interesse storico. Cosa che Mosca non accetterà mai.
Ucraina, al centro della lotta per l’influenza
In larga misura, ciò spiega il problema della configurazione geopolitica alla base della crisi ucraina, che lungi dall’essere una “rivoluzione” è in realtà al centro della lotta di potere tra due grandi nemici storici. Dalla transizione post-comunista, la lotta continua nel contesto della guerra “tiepida” (1) forma attualizzata e deideologizzata della guerra fredda volta a controllare aree e “nodi” strategici. In questo contesto, qualsiasi riavvicinamento tra l’Ucraina e l’Unione europea (tramite l’accordo di associazione) può essere considerato come il passo preliminare e “naturale” per la sua futura integrazione nella NATO, come è stato confermato da Washington, una provocazione strategica contro la Russia. A livello strutturale, tali obiettivi sono priorità implicite della nuova diplomazia statunitense decisa dall’amministrazione Obama. Tuttavia, la tendenza del potere russo è santuarizzare l’estero vicino contro le tendenze espansioniste occidentali. In questo contesto, la NATO continua un’offensiva ingiustificata facendo leva sulla vecchia lotta contro il comunismo. Con una furia incredibile. Pur rimanendo nella strategia anti-russa della guerra fredda sostenuta dall’ex-consigliere del presidente statunitense J. Carter, Z. Brzezinski (2), tale duplice obiettivo della politica estera statunitense giustifica l’enorme investimento mediatico occidentale sulle vicende ucraine, per destabilizzare il governo filo-russo e dimettere il presidente (ancora) legittimo, Viktor Janukovich. Più inquietante è che tale evento ucraino sia in linea con le “rivoluzioni” liberali “colorate” in Georgia (2003), Ucraina (2004) e Kirghizistan (2005), incoraggiate e finanziate in parte dall’amministrazione statunitense, secondo una tecnica collaudata e politicamente corretta.
Una “rivoluzione” manipolata
Tale configurazione spiega l’esistenza delle manipolazioni occidentali attraverso ONG (in nome dei “diritti umani”) e il sostegno all’opposizione ucraina, la disinformazione e il condizionamento dell’opinione pubblica, così come l’interferenza di dirigenti stranieri, tra cui statunitensi ed europei, naturalmente accusando la “mano di Mosca”. Oggi l’Europa brilla per la sua assenza in Africa e nel Medio Oriente, ma invece non esita ad interferire negli affari politici interni sovrani dell’Ucraina, in atto a Kiev, attraverso Catherine Ashton sostenuta dal suo mentore statunitense, John Kerry. La mente vacilla… Ora, come giustamente ha sottolineato J. M. Chauvier, c’è la deriva estremista di natura neo-nazista degli eventi che scivolano su un nazionalismo anti-russo che, sempre più, sfugge al controllo dei leader dell’opposizione puntellata dall’occidente. È probabilmente l’errore maggiore e il peggiore pericolo per la goffa Europa, la cui politica incosciente contribuisce a risvegliare “vecchi demoni” nello spazio post-sovietico, in particolare nei Paesi baltici e Ucraina. Tuttavia, questa informazione viene totalmente oscurata dal pensiero unico, allegramente trasmesso dai nostri media.
Un accordo pericoloso per l’Ucraina
I leader occidentali perciò fanno pressione sul Presidente Janukovich per costringerlo alla “scelta dell’Europa e della libertà”, secondo lo slogan ridondante dell’opposizione sotto influenza occidentale, e quindi a proteggere il “buon popolo ucraino” dal possibile ritorno dell’imperialismo russo, a rischio di offendere la sensibilità dell’amministrazione Putin. In tale contesto, possiamo meglio comprendere il ripiegamento del presidente ucraino, desideroso di difendere gli interessi nazionali e, a tal fine, ammorbidire i drastici (e irresponsabili) vincoli imposti dall’accordo di associazione e di libero scambio. Contrariamente alle indiscrezioni dei media, non si tratta quindi del rifiuto dell’Europa, ma della richiesta di riformulazione del contratto, che politicamente non è neutrale ed economicamente è suicida per l’Ucraina. Un ricordo è necessario, oggi. Di fronte tale manipolazione politica, la Russia non poteva non reagire. In particolare l’integrazione dell’Ucraina nello Spazio economico europeo (obiettivo dichiarato dell’UE) trasformerà il Paese in una piattaforma di riesportazione dei prodotti occidentali, via multinazionali, in Russia, la cui economia verrebbe attaccata e destabilizzata. Molto rapidamente V. Putin ha trovato una risposta adeguata e corrispondente agli interessi economici dell’Ucraina, ma nel rispetto degli interessi politici della Russia, incline a proteggere la zona d’influenza contro i desiderata più pressanti dell’UE. Mosca non l’ha mai nascosto mostrando anche una certa trasparenza in questo settore, a differenza del gioco oscuro dell’Europa, guidata dalla “mano” di Washington che naviga nelle acque torbide della “sua” prode democrazia, imposta al mondo globalizzato quale verità suprema. Curioso messianismo.
Il ritorno della Russia, comunque…
Tale accordo mira esplicitamente ad imporre l’ideologia neoliberista del “libero mercato”, del deregolamento economico e finanziario, esprimendo una visione anti-statuale disastrosa e a corto termine, impoverendo notevolmente la società ucraina con il rischio di una “nuova Grecia”. Il “popolo” che manifesta non lo sa, senza dubbio. In realtà non so perché manifesta, spinto dall’entusiasmo e motivato da una rivoluzione manipolata, come i precedenti del 2004. Incoraggiato dalla benevolenza occidentale, non esita ad assaltare edifici governativi e a “colpire poliziotti.” Ridondanza preoccupante. A differenza dei suoi omologhi occidentali, la Russia è rispettosa delle regole del diritto internazionale, comprese quelle sulla sovranità statale. Dopo la sua doppia iniziativa di aiuto finanziario (prestito di 15 miliardi di dollari) e riduzione (un terzo) del prezzo del gas all’Ucraina, e il desiderio di sviluppare una vera e propria cooperazione economica e tecnologica con quest’ultima, Mosca mostra, ancora una volta, una diplomazia estremamente efficace, al contrario dell’UE. Mentre altri Stati, in modo subdolo, non esitano a sfruttare la “rivoluzione”. Ma a quale prezzo? Innegabilmente, la Russia post-comunista ha percorso una lunga strada e gradualmente rientra tra i “grandi” difendendo una certa etica e, se necessario, opponendosi alle false rivoluzioni.
Il gioco a scacchi tra USA e Russia continua pertanto nel cuore dell’Eurasia, Ucraina.
(1) J. Geronimo (2012) “Il pensiero strategico russo – Guerra calda sulla scacchiera eurasiatica: le rivoluzioni arabe e dopo?“, prefazione a J. Sapir, ed. Sigest.
(2) Z. Brzezinski è noto per aver indotto l’intervento dell’Armata Rossa in Afghanistan, a fine dicembre 1979, con l’obiettivo di sprofondarla in un conflitto periferico, estenuante, economicamente e politicamente distruttiva per l’URSS. Tale iniziativa strategica precipitò la caduta del regime sovietico alla fine del dicembre 1991. Un dicembre maledetto.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora