Renato Souvarine
I
Un dio nel «centro» dell’Universo, con tutte le gerarchie, per regolare l’armonia della creazione…; un «centro» ordinatore in terra – con tutti i… partiti provvidenziali – che veda, organizzi, disciplini e comandi per «creare» l’ordine tra gli uomini incapaci – per maledizione divina – di far i propri affari da per loro stessi, tale è l’idea teologica, matrice di tutte le Autorità terrestri. È il centralismo.
L’«ordine (sociale) naturale» scaturito spontaneamente come manifestazione anarchica di tutte le forze vive, contrastanti tra di loro, lasciate in piena libertà, equilibrantesi da per loro stesse, per virtù immanente e peculiare, come a dire per le azioni e le reazioni della universale legge di attrazione e repulsione, reggente e regolante tutti i mondi: l’Universo o la universa vita fisica, vegetale, animale e sociale, senza alcun provvidenziale «centro», esterno e interno, tutelatore, ma unicamente per legge naturale di affinità e di coesione, tale è l’idea naturalista, anarchica. È l’anarchismo.
Dal centralismo all’anarchismo procede la faticosa, ma inesorabile ascensione umana. L’Umanità padrone dei propri destini, che si guida da per sé, in piena libertà, tale è la meta umana.
In termini pisacaniani, è il caos che, rotte le gerarchie, le costruzioni politiche artificiali, l’ordine e gli ordinatori autoritari, lasciato libero a sé, si «ordina» di per se stesso, naturalmente. È l’Umanità che si auto-governa in ogni suo individuo arrivato alla libertà, all’Anarchia; alla piena e cosciente disposizione della sua sovranità.
È l’uomo fatto maggiorenne, che rizza la schiena, che si rialza in piedi, leva la fronte e affronta i raggi del sole, che affissa negli occhi gli sguardi, da pari a pari, agli dei divini – che se ne vanno; e ai semidei dell’Olimpo diroccante dei Governi a delle Organizzazioni; che rivendica, e avoca a sé, coi diritti naturali, la capacità morale e intellettuale, politica e economica di regolare i propri affari da per se stesso, all’infuori d’ogni «centro» politico tutelatore, che crolla coll’affermazione dei diritti naturali della coscienza umana maggiorenne.
La Centrale che tutto vuole dirigere e regolare, tutto ordinare e comandare dall’alto, è il ritorno all’idea primordiale autoritaria: alla subordinazione dell’individuo abdicatario alla comunità accentrata. Essa è l’anima e sostanza dei Partiti politici Autoritari che sono gli «embrioni» dei Governi di domani. La «Centrale» piramidale coi suoi funzionari è la burocrazia che assumerà il Potere; i gregari son la materia bruta per far leva e abbattere il potere vecchio per far posto ai «buoni pastori», ai «tiranni illuminati», ai «governanti migliori» che li faranno liberi e felici…
Quindi l’Anarchismo è tendenza vitale, naturale degli individui all’integrazione dell’autonomia. Tende a distruggere, a trasformare la massa bruta in tante individualità autonome, pensanti, abilitate a operare da per loro stesse, sovranamente. Quindi l’Anarchismo è l’antitesi di Partito politico, – effetto e causa di Governo; e «mezzo», secondo Proudhon.
La Centrale piramidale della gerarchia partitaria ha la base sulle schiene curve delle masse minorenni e minorate, eterna carne da politica governativa, carne da elezioni, carne da barricata.
Le Centrali, primordialmente, cioè all’inizio del risveglio delle masse e dei primi impeti e scatti spontanei e caotici di ribellione, sotto la pressione degli eventi, si sono costituite sul pretesto basilare che: «è necessario un centro per ordinare, estendere la coordinazione e la simultaneità dei movimenti impulsivi e sporadici». Così, se il mondo borghese si modellava sull’architettura gerarchica divina, il mondo del lavoro, impregnato di superstizioni religiose e autoritarie, si modulava sul mondo borghese: sulle gerarchie partitarie. E le Centrali irreggimentarono milioni di tesserati e la tessera fu sostituita alla coscienza. Le Centrali diventarono «Stati Maggiori» possenti, comandanti a eserciti di gregari abulici, acefali, perinde ad cadaver.
Vi fu un’epoca – dal 1870 al 1914 – che il solo fatto di organizzarsi conferiva automaticamente coscienza e capacità. Ogni «tesserato» diventava un militante «cosciente e evoluto» col l’atto meccanico di pagar la «quota». La macchina delle tessere si era taumaturgicamente trasformata in incubatrice di coscienze. E le Organizzazioni crebbero…; e la loro incapacità e impotenza si rivelarono, manifestarono giustamente in ragione diretta della loro potenzialità numerica e finanziaria. Gli è che tesserato più tesserato fa due gregari. Non due forze. Un’unione di incoscienti tesserati «in regola con le quote» fa tutt’al più un gregge. Non un gruppo d’affinità dinamico, animatore.
La Coscienza presuppone tutto un lungo sforzo interiore su se stessi. È la conquista di se stessi. È l’Umanità che si individua in ogni suo componente.
La forza operante dinamica è risultante solo dall’unione ideale delle individualità «aggregantesi» le une alle altre, naturalmente; e agenti sulla stessa linea tattica per legame morale solidaristico, all’infuori di ogni centro fisso, esterno o interno, esecutivo o direttivo. Per legge d’affinità e di coesione, gridasti, o immortale Bovio, a norma tattica del «modo naturale» d’unione ideale libertaria, autonoma, ecc., tra anarchici, perché i vari e multipli nuclei anarchici ideali dinamici compiano tutta intera la loro missione storica sul solco infuocato del secolare ciclo storico distruttore e rinnovatore della Rivoluzione Anarchica, senza fatali deviazioni partitarie e autoritarie.
L’associazione volontaria, spontanea e naturale, è un mezzo non il fine.
Non è vero quindi che la salute e le fortune dell’Anarchismo si possano identificare, anarchicamente, col movimento puramente meccanico dell’ascendere o del diminuire dei gruppi o gregari, cioè tessere o «quote» (fa lo stesso) dell’Unione Anarchica Italiana.
L’Anarchismo non è, non può essere un Partito politico. Non tira a irreggimentare sotto la tutela della Centrale le masse gregarie «in regola colle quote». La dinamica dell’Anarchismo, cioè il movimento, l’attività spontanea dell’Anarchismo è giustamente in ragione delle Coscienze autonome, consapevoli, operanti per fuoco interiore, per tormento di fede, di accesa volontà di tutta la liberazione da tutte le archie partitarie.
Il movimento dev’essere la resultante dell’attività organica di tutto il suo intero organismo uno e multiplo…
L’euforia, direbbe l’amico Gino Del Guasta. Della funzionalità autonoma di tutte le sue parti o aggruppamenti volontari, ideali, autonomi che lo compongono. Altrimenti il movimento d’un organismo per impulso centrale d’un «centro fisso e conforme, esecutivo o direttivo» è soggetto alle naturali leggi bio-sociologiche per cui l’organismo viene colpito da atrofia al centro, da ipertrofia alle parti periferiche. Subisce la legge della contrazione, del decadimento e della morte.
È in tale senso profondamente biologico – che la storia conferma con il decadimento delle civiltà antiche – che Kropotkin poteva affermare che lo Stato è la morte, l’Anarchia è la vita, cioè che la Natura e gli esseri naturali, liberati dalle superstrutture letali, si espandono naturalmente, senza deformarsi nelle costruzioni artificiali ordinate per produrre l’ordine… È così che Pisacane, intendendo bene la vita della Natura, poteva scrivere il suo profondo filosofico motto: «il caos creerà, naturalmente, l’ordine».
È per questa legge degli organismi naturali – e anche la società, come la pietra, la pianta e l’animale è un organismo naturale – che le Centrali sono delle remore allo sviluppo delle azioni autonome e libertarie degli individui e degli aggruppamenti d’affinità spirituale.
La Centrale ordinatrice in terra deriva, storicamente, dall’idea di dio che regola e governa l’Universo da un «centro» fisso…
Perciò quando Levi – col placet di Carlo Molaschi, oramai partitario anche lui! – in Pagine Libertarie del 18 luglio 1922 propugna la necessità del Partito Politico Anarchico e d’una Politica conformista, egli lavora per le sfortune, la rovina e la degenerazione dell’Anarchismo, ch’è la resultante delle attività libere, «moto storico dinamico che evolve in libertà», per il quale tutte le regole, o formule, o quadri fissi sono anguste prigioni deformatrici, deviatrici, fatali, mortali.
Ancora è sempre non è «tattica anarchica» la politica del Partito Politico Anarchico, anche se Levi (chi è? Saverio Merlino, forse?) intelligentemente si richiama all’autorevolezza di Malatesta.
Anche Charles l’Ermite oramai arrivato buon ultimo al… traguardo romano, in Umanità Nova del 22 luglio incita «coloro che son rimasti fedeli» al «Programma Anarchico» a RICOMINCIARE… a irreggimentare i gregari nei gruppi, i gruppi nell’Unione… «che ieri erano un blocco» e oggi… non più.
Infatti, «ieri gli anarchici – dice Molaschi – erano orientati e sicuri, oggi sono disorientati e sbandati» «causa l’accademia di tendenza…».
No, egregio Carlo Molaschi,causa di ciò non è «chi getta lo sconforto tra i compagni e rompe l’armonia e l’affiatamento dei gruppi» per far «dell’accademia di tendenza per tener viva la fìamma d’un anarchismo puro».
Oh, Carlo Molaschi, da che… pulpito! Di accademie gelide, disorientatrici, scombussolatrici, ni-ki-li-ste, ecc., ne hai fatte di molte, di troppe, tu! Noi siamo sempre qui, irremovibili, inalterati e inalterabili a volgarizzare modestamente il vecchio, buono e immortale anarchismo di Bakunin, di Kropotkin, di Reclus, ecc., che il tuo amico Levi in Pagine Libertarie e il tuo amico Charles l’Ermite su Umanità Nova tendono, secondo noi, a offuscare, a traviare, a degenerare, col propugnare pubblicamente la vecchia e autoritaria tendenza romana pro Partito Politico Anarchico con una politica unitaria e uniforme, ispirata da una Centrale direttiva. In definitiva, è quanto logicamente domandava Trento Tagliaferri. È quanto è, in embrione, l’U.A.I.
Che Levi s’unisca a Charles l’Ermite nello sforzo di sviluppare, consolidare e ingrandire l’U.A.I; e avrà il Partito Politico Anarchico sulle rovine dell’Anarchismo.
Se effettivamente l’U.A.I. fosse stata una «libera intesa» di libere coscienze (e non un’irreggimentazione caotica di gregari) si sarebbe, forse, essa «sommersa – come deplori tu – sotto il diluvio delle critiche ingiuste?».
«Non è vero che l’Unione sia un Organo accentratore» – scrivi tu. Ebbene, noi sosteniamo che essa (organismo permanente e fisso colle sue gerarchie: (Consiglio generale e centro interno, esecutivo e direttivo) per regolare, conformare, uniformare e accentrare i rapporti tra i gruppi, subordinandoli) è inseparabile dalla centralizzazione e dall’autorità. Due virtualità che si riveleranno, che si fisseranno collo sviluppo della potenza numerica e finanziaria dell’Unione.
Per noi, la salute e le fortune dei movimento anarchico, autonomo e decentrato, cioè funzionante senza centro, sono all’infuori delle Unioni o Partiti; sistemi o formazioni statiche proprie del mondo borghese gerarchico, subordinanti l’individuo alla Centrale.
Noi contestiamo la tua affermazione semplicista, che cioè il disorientamento e la sommersione sia dovute al «diluvio delle critiche ingiuste… all’accademia per mantenere viva la fiamma dell’Anarchismo puro». La causa unica del disorientamento, ecc, è propriamente nella terribile esterminazione e compressione delle energie anarchiche del furioso uragano controrivoluzionario imperversante e nella tattica partitaria e bastarda dei dirigenti coi partiti politici.
È pure semplicista la tua esortazione: «Bisogna riordinare i gruppi, rimpolpa gli organismi, ridar vita al movimento». O non dicevi sino a ieri che il problema è di «maturar coscienze»? O che forse i 200 gruppi…. e i 18.000 gregari non erano tante… coscienze?
Il Partito irreggimenta iscritti inconsci «in regola con le quote»; non matura coscienze. Se l’Unione poggiava sulle coscienze, si sarebbe forse «sommersa sotto il diluvio delle critiche ingiuste»? – «Ricominciare»? Da dove? Dalla formazione di coscienze o dal… traguardo romano? Dal Partito?
Perché è sulla vecchia carcassa romana che tu ti sei imbarcato. Ora con tutte le vele al vento a volge la prora verso il Partito Politico Anarchico. Partito è Gerarchia. E l’Unione è il… Partito in embrionale sviluppo,. Le si dia tempo, e chi vivrà, vedrà… la crisalide partitaria spiccar il volo dal bozzolo unionista. Nessuno tende gli sforzi alla formazione di coscienze. «Tener viva la fiamma dell’Anarchismo puro» in tanto naufragio e crisi di partiti e uomini è cosa da dispregiarsi, oggi, da tutti. Coi rottami, affiora a galla un’unica voce: «Tutti i malanni ci cascano addosso perché non siamo organizzati!..». È venuta la fine del mondo, perché siamo stati colti e sorpresi… disorganizzati! O prodigio dell’Organizzazione! Solo essa poteva salvarci dalla guerra mondiale. Solo essa poteva imprimer un indirizzo anarchico alla rivoluzione russa. Solo essa poteva far trionfare la rivoluzione in Italia. Nessuno si domanda per quanto c’entri in questi cataclismi mondiali la atavica superstizione delle credenze autoritarie e governative delle masse e dei dirigenti salvatori. Nessuno si domanda se si è lavorato abbastanza alla formazione delle coscienze, alla creazione dell’ambiente, della psicologia anarchica, delle minoranze iniziatrici, animatrici, d’un movimento anarchico autonomo determinatore decisivo degli eventi.
Il problema liberatore che la storia pone all’Anarchismo è di maturità di coscienze, di creazione di un moto dinamico anarchico storico che risolva il problema millenario della conquista del pane nella libertà a traverso una serie armonica, progressiva di rivoluzioni riempienti di sé un ciclo storico intero.
La scienza e l’esperienza anarchiche si forgiano nel fuoco delle rivoluzioni. Anche e proprio nello tremende sconfitte s’illumina di verità l’anarchismo liberatore a traverso le Rivolte, multiple e collettive con che, sulle muraglie delle Autorità, si apre e trova la via sanguinosamente. L’Anarchismo è lo sforzo vitale della stessa Specie umana verso la vita e la libertà.
È immortale come la vita. La sua potenza è nella coscienza umana e nella volontà di vivere, e morire per vincere, degli anarchici.
Erra grossolanamente chi afferma che «siamo stati battuti e vinti» successivamente dalla guerra e dalla reazione, perché «eravamo disorganizzati o non abbastanza organizzati».
L’Anarchismo è imbattibile. Le forze anarchiche della vita e della liberazione lottano su tutta l’arena insanguinata del mondo contro le forze autocratiche della oppressione e della morte.
Alla fine del ciclo storico, l’immortale Prometeo, con se stesso, libererà l’umanità. Il compito storico degli anarchici è di dar sangue, ossa e nervi al Prometeo liberatore. Crear la potenza spirituale e materiale della liberazione, di tutta la liberazione, a traverso una serie di paurose e terribili rivoluzioni, durante un lungo ciclo storico, generanti la sovranità dell’individuo sulla rovina delle Autorità, delle archie e gerarchie partitarie.
L’Anarchismo, quindi, è storicamente, problema peculiare di coscienze, di «coesione spontanea di libere energie solidali» sino a formare il moto storico determinatore e decisivo. Non di irreggimentazione politica di gregari.
II
Pure Malatesta annota, ogni tanto, su Umanità Nova, con accenti di rimpianto che tutte le nostre disfatte e disgrazie ci sono piombate addosso e «che siamo vinti e isolati» perché «siamo disorganizzati o non abbastanza organizzati….».
«Gli altri – osserva Malatesta – hanno sezioni, leghe, federazioni, fiduciari,…» con che stroncano i movimenti, dopo essersene serviti per i loro fini. Così la Settimana Rossa, l’occupazione delle fabbriche – e altri moti… – sono falliti, secondo Malatesta, perché eravamo impreparati, impotenti, «disorganizzati o non abbastanza organizzati». E bensì vero che gli «altri» (C.G.d.L. e P.S.I.) hanno sezioni, federazioni e fiduciari, ecc., cioè Organi Centrali, Stati Maggiori e Gerarchie per – una volta raggiunti i fini voluti – stroncare i moti lasciando noi – «vinti e isolati» – … a imprecare e a gridare all’ennesimo «tradimento». Ma bisogna riconoscere anche che le Centrali son fatte (anziché per «coordinare, estendere e generalizzare» i moti), piuttosto per imbrigliarli, incepparli, impedirli, soffocarli e stroncarli. Sui moti spontanei insurrezionali dall’armistizio in poi: dal moto del caro vita all’occupazione delle fabbriche bisognerebbe scriverne molto. Bisognerebbe analizzare, approfondire e considerare le due potenze che si trovarono faccia a faccia, l’una all’altra, allora; considerare la forza espansiva, dinamica, la preparazione armata (svanita nel… nulla!) della potenza insurrezionale popolare; esaminare quale fu l’attività, l’attitudine e l’influsso delle Centrali sulla psicologia delle folle, compresavi la Centrale anarchica; e poi stabilire – sì o no – se le Centrali – tutte! – servono a paralizzare, a impedire, a soffocare le libere iniziative insurrezionali, sino a disperdere, ad annullare i moti spontanei…, perché o non eran… previsti, o impreparati, o immaturi; oppure semplicemente non «preordinati e comandati» dalle Centrali, le quali si rincorrevano per oltre un anno per tutta Italia per creare la chimerica «centrale unica» che li… ordinassero e comandassero poi a data fissa, dall’alto!
Ci sarebbe facile dimostrare e documentare che è stata propriamente l’idea fissa (autoritaria) che occorra «organizzare» la rivoluzione, quella che l’ha dispersa, annullata, distrutta e che ha paralizzato anche le forze anarchiche della libera iniziativa… È notorio infatti che tutti – anche noi anarchici – in taluni momenti o attimi storici culminanti, decisivi, sul più bello, dominavamo gli eventi, frenavamo, fermavamo il moto, per attendere gli… ordini dalle Centrali, anche da quelle sindacaliste e anarchiche! Solo per carità anarchica tacciamo su certi episodi storici, su certi momenti di attesa… bestiona, quando neutralizzate le autorità, padroni delle piazze (e delle… caserme!) armati, attendevamo…. Attendevamo di…. «organizzarci» meglio per un’altra volta! Mentre la rivoluzione si offriva sfacciatamente su tutte le piazze, noi andavamo dicendo: «soli non possiamo far la rivoluzione. Occorre il fronte unico coi partiti… autoritari… controrivoluzionari!» per definizione.
I socialisti rimandavano tutto all’indomani, perché non eran pronti – o stavano elaborando – «gli organi di comando». L’idea ossessionante di Serrati!
I comunisti poi dicevano che prima di «comandarla» dovevasi conquistare i «posti di comando». Sostituire l’energico Bordiga al frollo Serrati.
In tesi generale, si può dire che è stata l’idea fissa d’una Centrale per «comandare» la rivoluzione, che ha impedito a questa di espandersi, naturalmente, di per se stessa.
A vero dire, i moti si sono estesi sin dove la loro potenzialità dinamica lo consentiva, malgrado l’attrito e il peso morto delle Centrali, che si rivelarono le palle di piombo.
Le masse poi furono tutte perturbate, paralizzate dalla superstiziosa credenza nell’intervento energico e decisivo delle Centrali… a tempo buono. Così le masse, virtualmente trionfanti, ogni volta, si fermavano sul punto critico e si suicidavano, rinculando, capitolando…
Tutti attendevamo il «miracolo» dalle Centrali! Ciò è tanto vero che un noto ministro d’allora poté… dire (o dirci in un orecchio) «che in quei momenti decisivi, critici, un pugno d’uomini decisi, di rivoluzionari di razza, poteva sfondare il regime senza spargimento di sangue! Gli anarchici dovevano farlo…
La borghesia aveva già deciso di fronteggiare, di deviare, arginare, la rivoluzione colla proclamazione della Repubblica!» La Repubblica di Modigliani e Nitti era uno stato d’animo borghese diffuso.
Secondo noi, i moti sono falliti perché avevamo paura di non essere abbastanza organizzati, preparati e armati, prima; poi perché non eravamo abbastanza decisi, volitivi, audaci e autonomi, cioè anarchici. Dimenticammo l’imprevisto della storia. Perché non c’era – e non ce n’è – maturità di coscienze. Perché abbiamo trascurato di creare un movimento autonomo anarchico, separato dai partiti politici, i quali ci hanno soffocato, annullandoci. In certi momenti della storia, la storia è nelle mani delle minoranze iniziatrici fuse con le folle rivoltose, fra mezzo le quali c’è il posto naturale degli anarchici.
Bisogna aver il coraggio civile di confessare che non esiste una corrente – o moto – anarchica dinamica che operi con indipendenza, energia, e decisione nei movimenti di popolo, che si fonda con la massa, che faccia da sé, che si inserisca in essi per estenderli, generalizzarli e trascinare gli «altri» – non con gli accordi bastardi – ma con l’esempio, con le necessità perentorie dei fatti compiuti. Si ha paura di guastare e perturbare gli ordini delle Centrali, sì che tutti ci si paralizza, ci si ferma e ci si suicida, a vicenda. E l’attimo psicologico svanisce, si dissolve; e gli anarchici mancano così alla loro missione storica di iniziatori, di animatori e di motori, per disperdersi, annullarsi e suicidarsi nelle Centrali dei Partiti Politici che, assorbendoli e menandoli per l’aia, li imbottigliano.
Osservando, in sintesi, coll’occhio obbiettivo dello storico, la serie dei moti dinamici insurrezionali nel biennio ’19-’20, annotiamo con stupore l’assenza dell’azione anarchica autonoma, iniziatrice e propulsatrice, vale a dire l’attacco audace, a fondo, per tutta la liberazione, delle minoranze iniziatrici, degli anarchici, i quali fusi e confusi colle grandi folli insorte, potevano e dovevano metter in moto tale una potenza demolitrice da travolgere Centrali, Partiti e Autorità, ma invece facemmo dell’alta politica… unitaria!
Ecco: – Avviene il moto spontaneo del caro-vita? — Ebbene, che si fa? Si attacca a fondo?… Piano, piano!… Occorre intenderci, unirci… Non si guasti, precipitando. Aspettiamo. Occorre «organizzare» un moto generale e simultaneo con tutte le Centrali. E i nostri dirigenti corrono a «combinare» a… Bologna per «agire tutti insieme, a una data ora fìssa!». E il popolo, neutralizzate le Autorità, requisiva, espropriava, dominava le piazze. I soldati fraternizzavano… Bastava dare il «via!».
— Insorge Ancona, Bari, Viareggio? I nostri dirigenti corrono, volta a volta, a Milano, a Roma, a Genova, ecc., a convincere, a perorare, a scongiurare i Partiti Politici (di governo) a unirsi a noi; a far il «fronte unico» ordinatore della rivoluzione. E si potrebbe continuare!… Eravamo diventati un «Partito» riconosciuto, ordinato, disciplinato, serio, responsabile, educato… a non precipitare, a non guastare… le uova (e i grossi affari) nel paniere ai politicanti. Volevamo l’«accordo», la «concordia», con tout le monde ad ogni costo. Tolleravamo persino la truffa all’americana elettoralista del ’19 senza troppo reagire e indignarci. Incoraggiammo il diversivo del riformismo economico: orari e salari, e, il gran godi godi, popolo. Verrà Lenin!… Cortei, Congressi, feste, bandiere…. Ah quali confessioni amare bisognerebbe fare! Ma una osservazione sorge, balza spontanea dai fatti; ed è che: l’esperienza fondamentale, chiara, precisa, – balzante dai moti – anarchica dimostra a luce meridiana che le Centrali hanno tolto, spogliato le masse tutte – anche l’elite – dal senso della responsabilità, dalla sensibilità della solidarietà nell’azione rivoluzionaria, per cui, al prorompere dei moti, rimangono frementi, ma ferme, sorde, riluttanti, incerte e indecise. Vorrebbero scattare, insorgere; ma sono colpite come da una specie di paralisi invisibile che le trattiene: son come timorose di sbagliare, di guastare; non sanno se fanno bene o male: sono senza coscienza e senza occhi e si rimettono alla presunta ogniveggenza e onnipotenza e sapienza calcolatrice delle Centrali. Intanto, i dirigenti si affannano a rincorrersi da una città all’altra. È tutto un affannarsi a convocare adunanze e assemblee…. segrete. Le masse sono in piazza, frementi e possenti, ma immobili, col naso all’insù, verso l’Olimpo dei semidei… spauriti, intontiti, travolti dagli eventi eccezionali! E, allora, si discute, si giudica, si trincia, si misura le masse e le forze, si studia e si calcola gli eventi, si pesa le probabilità. Ci si sforza di prevedere… l’imprevisto. Le due tendenze (controrivoluzionaria e rivoluzionaria), naturalmente, si urtano, contrastano, si paralizzano, paralizzando il moto. I capi, sotto il peso immane della responsabilità moltiplicata per gli insorti (spogliati da questo senso squisito da loro) tremano, tentennano, vacillano… dubitano, e, non avendo in pugno… l’imprevisto, la vittoria, in anticipo, rimandano al 20-21 luglio!
Frattanto, la forza espansiva delle masse, arrivata allo Zenit, decresce, svanisce;… l’attimo psicologico è fuggito, l’atmosfera bianca si spegne, mentre gli «organizzatori» stavano ponzando nelle loro adunate «quello che si deve fare!». Di modo che, oggi, è ammesso da tutti, in Italia, anche dagli stessi capi e organizzatori che se nel periodo dinamico, le masse fossero state libere di disporre autonomamente di se stesse, cioè senza Centrali o Unioni perturbatrici, ma in pieno possesso del senso di responsabilità e della propria coscienza, esse avrebbero spezzate le loro catene e conquistata la libertà.
È proprio qui il succo dell’esperienza anarchica balzante luminosa dai moti stessi, vissuti da tutti noi. La Centrale coll’infondere e diffondere nelle masse la nefasta credenza taumaturgica che ci sono loro per liberarle, le perturba, le paralizza e ne impedisce i loro slanci, i loro attacchi, le rivolte. Soltanto le masse hanno il dono storico di cogliere l’imprevisto. Disciplina e libera iniziativa si negano a vicenda, come politica e azione anarchica.
In certe ore dantoniane solo l’audacia fa la storia. La storia è dei «forti» si dice. La disciplina si rivela una mostruosa remora colla psicologia pecorile e di aspettazione miracolosa dall’alto che essa crea nelle ore decisive della storia. Ecco perché noi, che abbiamo vissuto i moti, che abbiamo errato quanto gli altri, che abbiamo, per così dire, toccato con le mani quanto sia perniciosa, nefasta, fatale, l’esistenza della Centrale – anche anarchica – ecco perché, diciamo, siamo contro l’Organizzazione, la centralizzazione degli anarchici in un’Unione uniforme e disciplinata. Perché essa spoglia tutti – nelle ore decisive – dell’iniziativa, delle decisioni estreme. Tutti aspettano gli ordini dall’alto. Tutti s’illudono che «altri» (i competenti, i dirigenti) stiano preparando, «organizzando» l’evento, il miracolo. Compito, invece, degli anarchici è di fondersi, d’immedesimarsi colle folle, di diventarne i centri motori di liberazione, i punti di aggregazione delle masse sino a trasformarsi in una sola potenza di attacco demolitore delle muraglie autoritarie. È la missione delle «minoranze iniziatrici e motrici» le quali devono sapere cogliere certe ore e opportunità storiche. Noi non abbiamo assolto questa missione anarchica, in Italia, durante il periodo dinamico ’19-’20.
– Perché? Secondo il nostro modesto parere, perché fummo tutti deviati, perturbati e paralizzati dalla Centrale che rincorse la chimera di «organizzare», con le altre Centrali, la rivoluzione mentre – è bene ricordarlo – esse avevano per programma fondamentale di… «evitare la rivoluzione»! È duro e amaro, lo sappiamo; ma è così. Non basta gridarci: «calunniatori!», «diffamatori!», per allontanare l’amaro calice che i confederalisti vi hanno fatto bere sino alla feccia!
L’idea folle e aberrante di voler far la rivoluzione unitamente coi più tipici esponenti del riformismo politico e economico controrivoluzionario italiano, spiega perché e come si siano lasciate svanire le grandiose e facili occasioni storiche. Ma questa «idea folle e aberrante del fronte unico» coi controrivoluzionari per la… rivoluzione è figlia legittima dell’altra idea ossessionante del «Partito Politico Anarchico con una disciplina esteriore» per esser trattati da pari a pari dai Partiti Politici Autoritari. Per far della «politica»!
Ecco qui, in sintesi, enunciati, spiegati, delucidati, i perché, noi qui, dopo la terribile esperienza fatta in corpore vili – sulla nostra pelle – ci siamo accampati contro ogni idea di organizzare gli anarchici, politicamente, in Unioni o in Partiti. Perché riteniamo sia fatale all’azione anarchica e all’anarchismo. La disciplina – la sola esistenza della Centrale – paralizza e uccide la libera iniziativa e il senso di responsabilità.
È gran tempo di persuaderci che tutti i Partiti Politici sono aggruppamenti governativi, quindi antirivoluzionari, per loro natura e definizione.
Nell’idea folle e aberrante di «organizzare» la rivoluzione con i controrivoluzionari è la causa prima del fallimento dei moti; e della nostra impotenza ed incapacità. Qui, e non altrove.
Del resto, la storia è lì per provarci che non c’è cenno nelle sue pagine di alcuna Centrale che abbia… «organizzato, ordinato e comandato» nessuna rivoluzione, in nessuna parte del mondo, né nei tempi moderni, né in quelli antichi. Tutte avvennero per libera iniziativa, per esplosione popolare dal basso, contro la volontà caparbia delle centrali dei partiti; esplosioni generalizzatesi per inserimento, per adesione di altre spontanee libere energie solidali, per onde concentriche, per cui il moto generale non è che l’accumulazione dei mille e mille moti parziali e… individuali… Il moto si forma nell’epicentro per impulso interiore proprio, non per «ordine» dall’alto. E si propaga per vibrazioni emotive, solidali.
È su questa legge analitica della sociologia che occorre adeguare la tattica anarchica che è in contraddizione stridentissima con un qualunque bastardo di Partito Anarchico con una politica unitaria e uniforme, elaborata da un «direttorio» di dirigenti competenti.
E l’Unione col suo «Consiglio Generale» è un Partito.
III
Regola storica universale: Le Centrali hanno sempre ostacolato, soffocato e stroncato i movimenti popolari spontanei. Tutt’al più, esse li sfruttano, li utilizzano per i loro fini governativi o li ergono a mo’ di spada di Damocle nei giochi politici e nelle crisi ministeriali. Non abbiamo mai, non che visto, udito parlare di quella tale mosca bianca: cioè d’una centrale rivoluzionaria, termini che si escludono a vicenda, come governo e rivoluzione.
C’è esempio… per esempio, della Centrale tedesca che in piena insurrezione dilagante – ancora il 9 novembre 1918 – s’accampava contro la rivoluzione e scongiurava i suoi gregari a non dar retta « agli agenti provocatori», mentre essa, nei treni blindati, precipitava, come, valanga, da Amburgo e da Kiel su Berlino; e mentre già da 2 giorni Erich Mühsam aveva inalberato il vessillo della Rivolta, alto, sulla Comune di Monaco.
Così il bello si è che la Centrale, creata per «organizzare e coordinare» la rivoluzione, non la percepiva, non la… vedeva neanche venire!
Kerenski narrò, a Parigi, come negli ultimi giorni del febbraio 1917, s’adunassero, in casa sua, a Mosca, tutte le Centrali per discutere e deliberare sulla «situazione russa».
Toute le monde discusse e concordò che non c’era nulla da fare. Nessuna nuvoletta all’orizzonte sociale… In marzo dilagava la rivoluzione!
Ma c’è di più: la stessa famosa rivoluzione d’ottobre trovò una grande ostilità proprio nella… Centrale bolscevica!
La storia d’Italia, poi, è troppo recente e…. bruciante per insistervi crudelmente. I moti venivano sic et simpliciter rimandati a… domani per dar tempo alle Centrali di… «organizzarli e ordinarli… generali e simultanei» a data fissa, dall’alto del posto di comando da una élite di «delegati e dirigenti competenti» investiti dei pieni poteri della rivoluzione, secondo la millenaria superstizione teologica e autoritaria che tutto dev’essere «organizzato, ordinato e comandato» da un «centro» competente e responsabile, ogni veggente e onnipotente. Ultimo istruttivo, clamoroso e disastroso esempio: – L’Alleanza, la quale ha sciupate e distrutte le energie espansive, dinamiche del popolo, di modo che si può asserire, in tesi generale, che le Centrali hanno sempre impedite, ostacolato e sabotato i movimenti popolari spontanei…
– «… Non così, però, farà la Centrale anarchica» – ci sentiamo obbiettare. Ebbene, a parte che nessuna Centrale può essere anarchica per il fatto ch’è… oligarchia, cioè delegazione permanente di poteri, noi affermiamo che nessuna Centrale può avvertire, percepire, valutare i moti anarchici dal basso, propagantisi dalla periferia al centro, perché la Centrale è fuori e lontana dall’ipercentro generatore…
Psicologicamente, essa è insensibile.
Non è un sistema centrale nervoso motore, simile al cervello nel corpo umano. Quindi è incapace a cogliere il momento psicologico, ad afferrare l’attimo storico e fare della storia; imprimere cioè l’impulso alle parti parifiche. Un centro motore unitario negli organismi sociali è un organo paralizzatore e ipertrofico. È una costruzione governativa. I moti si propagano, rigorosamente, in senso propriamente inverso: cioè dall’ipercentro, espansivamente, dinamicamente alle periferie.
Ma ci si canta e ricanta su tutti i toni della gamma organizzatoria, ci si suona sull’arpa paritaria e centralizzatoria: «La nostra Centrale Anarchica è fondamentalmente diversa dalle costituzioni governative; è antitetica a quelle Autoritarie dei Partiti Politici o corporazioni sindacali. È una “libera intesa” per dare impulso e creare le libere iniziative, dove non ci sono. È un’organizzazione per “organizzare la rivoluzione”, per coordinare gli sforzi, per estendere e generalizzare i moti… impulsivi e caotici».
La Centrale Anarchica (orribile contraddizione in termini) – rispondiamo noi – organizzando, disciplinando, conformando e accentrando tutti gli impulsi e le iniziative in poche mani, deprime, comprime, contrae, soffoca, e uccide le libere iniziative autonome, e, quel che è peggio, la vitalità del movimento anarchico, che è lo spirito di rivolta in permanenza, che si riflette, vive nei suoi mille aspetti e iniziative, nei suoi vari e multipli impulsi e atteggiamenti, pur così utili e necessari tutti all’euforia del moto e dell’organismo anarchico, che deve funzionare, armonicamente in piena autonomia, per virtù, e energie vive immanenti e peculiari; non mai per ordine o impulso artificiale esteriore d’un organo centrale… afono e soffocatore.
S’ingannano di molto quei compagni che credono di aumentare, eccitare, intensificare l’attività delle libere iniziative o crearle o trapiantarle addirittura dove… non ci sono, mediante una Centrale organizzatrice e ordinatrice.
Pertanto, non v’è nulla di più erroneo e aberrante della concezione teologica, autoritaria e partitaria d’una Centrale iniziatrice, stimolatrice e organizzatrice di rivolte; generatrice o creatrice di energie vive e attive e operanti e autonome.
È sociologicamente e storicamente vero che non vi è peggior deprimente e comprimente delle libere energie, delle libere iniziative, delle attività autonome, anarchiche, dello spirito e degli atti di rivolta e delle rivolte, che l’esistenza d’una Centrale con la sua asfissiante atmosfera spirituale gregaria che da essa emana e che essa determina….
Non v’è peggior nemico della libertà umana e della creazione e sviluppo delle individualità e delle minoranze iniziatrici che il pestifero, esprit moutonnier. E la Centrale anarchica irradia, fatalmente, questi letali spiriti mortiferi, soffocatori delle libere iniziative.
La sociologia analitica comprova che i moti popolari nascono, esplodono spontanei, imprevisti nei loro «epicentri» naturali per una qualunque causa adeguata, efficiente, emotiva, passionale, e che si propagano nel «mezzo ambientale psicologico» per onde concentriche, per suggestione psicologica, così come il suono, la luce, l’elettricità per l’etere o a traverso le onde herziane.
Solo coll’inserirsi nell’«azione rivoluzionaria» si può estendere, generalizzare i moti ottenendone la loro «coordinazione e simultaneità» che – invano! – si chiede alle Centrali, terribili sterminatrici di mezzi e energie rivoluzionarie…
I moti sono anarchici, per loro natura. Spontaneità e improvvisazione sono le caratteristiche e condizioni pregiudiziali per la loro riuscita. Alla luce di questa immutabile legge storica elementare, ogni Centrale è fatale e nefasta ai moti spontanei e anarchici.
La Centrale intralcia, inceppa e paralizza l’espansione naturale della propagazione dei moti che avviene dal basso all’alto, dalla periferia al centro e non viceversa, conformemente al principio anarchico, e secondo la legge storica dei moti e delle rivolte, delle insurrezioni e delle rivoluzioni, che non si ordinano né si comandano dall’alto, dai «posti di comando», dal centro, a data e minuto fissi. Ma si fanno e si estendono, per contro, sul terreno reale delle vive esperienze storiche, inserendovisi nelle mille rivolte, preannunziate e iniziate dagli annunziatori, i quali coi loro sangue aprono le vie nel macigno delle Autorità. Rivolte che si fondono, poi, si ordinano, si trasformano in una generale Rivolta collettiva, naturalmente, e ad onta delle Centrali ostacolatrici.
Quindi Centrale e Rivolta sono cose antitetiche. Quindi Centrale e Anarchismo sono contraddizione nei termini, siccome politica e tattica anarchica. Centrale è Autorità, è vertice della Gerarchia ordinatrice. Anarchismo è Rivolta in permanenza, individuale e collettiva, negatrice e demolitrice delle archie e delle gerarchie. È libera iniziativa, è azione autonoma, espansiva, dal basso, all’infuori d’ogni centro… ogni veggente e onnipotente. Quindi Partito Politico o Unione permanente e fissa con centro interno (forma statica) e Anarchismi (movimento dinamico, Unione ideale mobile che evolve, fuor d’ogni regola e formula partitaria) si elidono a vicenda. Partito è Gerarchia. Anarchismo è An-Archia. È la fine delle Archie e delle Autorità, dei Partiti e della politica che ne sono gli effetti e cause e mezzi, nello stesso tempo. È Governo, o in atto o in potenza, sempre.
Il moto storico dinamico, autonomo dell’Anarchismo dev’essere la resultanza armonica della piena attività autonoma di tutti i gruppi o individualità.
Purtroppo, è mortificante vedere come taluni anarchici unionisti abbiano già scambiato il mezzo col fine, il Partito coll’Anarchismo, di modo che, invece di preoccuparsi della salute e dello sviluppo di questo, li vediamo piangere sul decadimento dell’Unione, e attribuiscono – per un’illusione ottica e per una grossolana incomprensione degli avvenimenti – tutti i mali e malanni che ci travagliano a questo decadimento, dovuto alla «accademia di chi getta lo sconforto e rompe l’armonia e l’affiatamento dei gregari…» Torniamo al 1919-20! – si grida.
Tutti i Partiti si gonfiarono di gregari, o malcontenti, o violenti, o incoscienti, nel biennio 1919-20 per attendere il… millennio…
Il fuoco della reazione, oggi, purifica beneficamente il moto storico anarchico dalle «scorie…» o pesi gregari. L’Unione Anarchica Italiana si riempì, essa pure, di zavorra gregaria. Oh, quante volte ci toccò leggere su Umanità Nova che il «segretario» di questo o quel gruppo, che questo o quell’anarchico passano al… fascio! E quanti «compagni» disertano ogni giorno, e passano, addirittura, armi e bagaglio, al nemico! Sarebbe interessante farne una statistica.
Non dicono proprio nulla questi «fenomeni significativi» a Molaschi e ad altri partitisti? Pare che no! Essi ricominciano a cantare: «Ricominciare» a «gonfiare» i gruppi, le federazioni e le Unioni! Tornare al 1919-20!
Facciamo il miracolo !
Il problema eterno, immanente e peculiare dell’Anarchismo è la formazione delle coscienze. Semplicemente. Sforzo immane e secolare, lo sappiamo.
La irreggimentazione dei gregari, dei tesserati «in regola con le quote» nell’Unione non è — e non può non essere — che deformazione e depressione dell’Anarchismo. Per la salute, lo sviluppo e le fortune del quale, ci onoriamo e ci vantiamo di pugnare e combattere, anche nella mischia, incuranti di quanti ci urlano alle calcagna che «facciamo il gioco del nemico, della reazione o di… Poincarè».
E continueremo a combattere, perché l’abbrivo verso il Partito Politico Anarchico è una grave «deviazione», secondo noi. Si ritorna al «principio di Autorità»: all’idea primordiale, teologica, di un dio creatore e regolatore dell’Universo e di una Centrale ordinatrice in terra delle attività umane.
L’Anarchismo è la millenaria antitesi storica del Centralismo.
Confondere la causa dell’Anarchismo con la conservazione, coll’ascendere o il discendere – col movimento di cassa – dell’Unione è dogmatismo. Imputar la sua paralisi al «diluvio delle critiche ingiuste» è domenicanismo.
È bene ripetere che l’Anarchismo è patrimonio ideale… e naturale di tutti. Il diritto alla critica noi lo attingiamo nel nostro… diritto anarchico, naturale. Nella natura, di cui siamo fisicamente, fisiologicamente, intellettualmente parti integranti. Il nostro diritto lo deriviamo dalla nostra posizione e qualità (economica e politica) di sfruttati e oppressi. Ognuno ha il diritto di proclamarsi in rivolta contro l’oppressione economica e la dominazione politica; e di pensare che tutti i movimenti anarchici che si contraggono, si fissano e si cristallizzano in Centrali – Unioni o Partiti – ufficializzando o monopolizzando l’anarchismo, siano niente altro che deformazioni, deviazioni, degenerazioni: fonte inesauribile di discordie, di scismi, anatemi, personalismi, rivalità che «gettan lo sconforto e rompon l’armonia, e l’affiatamento» d’un movimento, che è, per sua natura, anarchico, cioè senza archie e gerarchie partitarie e di padreterni.
Infatti è notorio che «l’armonia e l’affiatamento» si infransero, automaticamente, proprio nell’istante stesso che si volle costituire l’Unione, onde contrabbandare tra le pieghe della «libera intesa» il Partito, coll’eterno pretesto di creare l’armonia, organizzando, disciplinando, uniformando, accentrando il movimento, deprimendone la vitalità.
Il Partito Politico Anarchico – negazione dell’Anarchismo – fu, è, sarà sempre il pomo della discordia. Lo scisma, l’eresia, l’anatema rampollano dal conformismo unionista. Perché è accentramento, perché è monopolio, naturalmente. È disciplina, è uniformità, è chiesa.
È buono che i partitisti tengano bene a mente queste origini (e non da oggi) della rottura «dell’armonia e dell’affiatamento», che precisamente risiedono nella loro mania di tutto organizzare, tutto disciplinare, tutto accentrare per… «organizzare la rivoluzione»!!!
– Ci si dice: – «Son i nostri, forse, tempi di polemiche o di accademie?» – Eh, via! non facciamo gl’indiani. Se c’è chi profitta del mar grosso per tirar a bordo il «Partito Politico Anarchico, con una disciplina esteriore», è naturale che, per reazione, sorga o insorga chi lotta e combatte per il movimento anarchico autonomo, indipendente. Per anarchico, intendiamo li-be-ro, cioè senza Centrale fissa e permanente, esterna o interna, esecutiva o direttiva, insomma caotico, anche, se così vi piace.
Noi siamo anarchicamente convinti che il moto anarchico autonomo, lasciato a sé, libero, si «ordina» di per se stesso con le sue peculiari e libere energie operanti, solidali, vive e attive, sì come enunciava Carlo Pisacane.
L’Anarchismo non ha bisogno di «architetti» o di «ordinatori» provvidenziali, o di tutori o buoni pastori.
L’Anarchismo è autonomia, è indipendenza, è libera intesa, è coesione spontanea di autonome energie solidali per legge d’affinità; è libera iniziativa, spirito di rivolta in permanenza, contro tutte le Archie e Gerarchie. È, sopratutto, decentramento, moto dinamico autonomo, senza centro fisso. Solo chi vuole sistematizzarlo, uniformarlo, accentrarlo in Partito Politico tende a rompere l’armonia, e attentare alla vitalità dell’Anarchismo, – armonia e vitalità che discendono dalle fresche, cristalline e pure sorgenti naturali dell’eterno spirito di rivolta in che s’incarna e con che demolisce e rinnova i mondi.
IV
Nel sistema naturale dell’Anarchismo, come nell’Universo, non c’è posto per «centri» regolatori e ordinatori fissi. Il centro è in nessun posto e, nello stesso tempo, dappertutto, secondo la bella espressione di Nietzsche. «Perché – enunciò Bovio – gli anarchici affermano nella Natura essere “l’ordine naturale”». Nell’Universo nessun «centro» presiede all’armonia della creazione, non vi si nota che l’universale «legge di attrazione e di repulsione» che regge tanto l’infinitamente piccolo: l’atomo (sistema complesso di ioni e elettroni), quanto l’infinatamente grande: il sole (sistema complesso di pianeti e satelliti). La stessa universale legge di attrazione psicologica (simpatetica) – per cui l’uomo è animale socievole – regge e domina le società umane: «Come le molecole, per legge d’affinità e di coesione, si organizzano, così gli uomini». I quali non hanno bisogno di alcuna Gerarchia – partitaria o Unionista – «soverchiante per tenersi in società».
Dicono una cosa banale quindi quegli unionisti che affermano, cattedraticamente, che «coloro che non vogliono l’organizzazione politica in partito, vogliono l’uomo isolato…». No, non è vero. Tra l’uomo isolato (che, contrariamente al paradosso estetico di Ibsen, non è il più forte) e il Partito accentrato, c’è posto per l’associazione spontanea e naturale: (l’unione ideale mobile di libere energie solidali, per adesione spontanea, per legame morale, senza programmi, o patti, o statuti, o Gerarchie, o obbligazioni o formule, o regole fisse e anguste, o Consigli Generali, o centri fissi – esecutivi o direttivi – o direttorio…).
È questa, secondo noi, la «libera associazione delle coscienze libere», volontaria, dinamica, mobile, per la coordinazione di tutti gli sforzi, per la cooperazione di tutte le autonome energie solidali, la sola rispettosa delle individualità e delle libere iniziative. È essa che incarna il moto storico anarchico autonomo.
È la potenza rivoltosa delle libere iniziative che muove e fa la storia. Perché «il pensiero di ciascun uomo è autonomo e nondimeno tutti i pensieri dei singoli si vanno organando a un , pensiero collettivo che muove la storia». Ed è in nome di questo moto anarchico storico autonomo che noi abbiamo preso posizione, legittimamente, contro il Partito Politico – che n’è la contingente deviazione, degenerazione e deformazione e sua caricatura. In effetti, l’Unione Anarchica – colla sua struttura gerarchica, piramidale: a prova, i Congressi, il Consiglio Generale elettivo (delegazione di poteri permanente!), l’Ufficio Centrale esecutivo delle delibere congressuali, e… direttivo – è «l’essere del potere centrale».
L’Anarchismo è la libertà dell’uomo.
Ben a ragione il filosofo Bovio – precisando la natura intima dell’anarchismo; e il suo «modo naturale» di aggregazione psicologica, per adesione e coesione di libere affinità spirituali – poteva enunciare questa fondamentale verità anarchica, cioè: «l’antinomia insuperabile tra l’essere del potere centrale e la libertà dell’uomo». Tra Centralismo e Anarchismo!
Così alla luce dell’Anarchismo e dall’esame obiettivo e sereno degli eventi del passato prossimo del periodo dinamico rivoluzionario, si può essere autorizzati a concludere che è stata propriamente la idea fissa – folle e aberrante – d’una Centrale che «organizzi la rivoluzione», che ha paralizzato le libere iniziative delle minoranze anarchiche – iniziatrici e animatrici –; che ha sciupata tutta una situazione obiettivamente e squisitamente rivoluzionaria; che ha distrutta tutta la preparazione materiale, non solo, ma che ha pure col suo peso morto e col suo spirito moutonnier e taumaturgico che ha diffuso, impedito che la rivoluzione si espandesse, naturalmente, per virtù propria.
È caratteristico il fatto che tutti gli organizzatori ammettono che se le masse fossero state libere di disporre di se stesse, avrebbero sfondato il regime. Ciò che prova che la rivolta è irriducibilmente inconciliabile con qualunque «centro ordinatore e organizzatore».
E’ infantilismo, quindi, dopo queste terribili lezioni frebeliane anzi dopo questa esperimentazione in corpore vili, il sentire che taluni autorevoli anarchici parlino e scrivano su Umanità Nova che unica panacea a tutti i mali è «organizzarci meglio», poiché non sapemmo afferrare la rivoluzione quando essa si profferiva sfacciatamente per le strade e piazze d’Italia… per «organizzarci meglio».
Tutti riconosciamo che sono state le Centrali a disorganizzare, a paralizzare, e impedirne lo scoppio!
Mai situazione più squisitamente rivoluzionaria (essa era al grado di ebollizione!) poteva augurarsi una Centrale come quella del periodo immediato del dopo guerra….
La impotenza della Centrale – e di tutti – è in lei stessa, come fatto e idea.
– Che fare, dunque? E come ci salviamo? E come ci salvate, voi altri? – ci si domanda. — Non abbiamo ricette, o panacee. Non siamo salvatori e neanche «buoni pastori». Non facciamo «miracoli», né vi crediamo. Non abbiamo la potenza e la virtù «di far per gli altri…».
Siamo anarchici, noi; e affidiamo la risoluzione di tutti i problemi all’infallibile spirito di rivolta, unico motore della storia, distruttore e creatore di mondi.
Ci affidiamo, quindi, alle incoercibili e libere iniziative degli individui, dei gruppi e delle minoranze animatrici; iniziatrici delle rivolte, sempre, dove, come, quando e quanto più si può, inserendovisi. Le singole rivolte, accumulandosi, nel tempo e nello spazio, formeranno il moto generale e liberatore.
Occorre, perciò, diffondere, eccitare, promuovere, assecondare, estendere, intensificare, generalizzare le rivolte sino alla loro completa generalizzazione, fusione e sbocco nel generale moto liberatore, che non dura un giorno, un mese, un anno, o pochi anni; ma «riempie di sé tutta un’epoca», o compagni!
La Centrale sul terreno delle esperienze storiche si è addimostrata una barriera infrangibile e insormontabile al formarsi, allo svilupparsi, all’estendersi e al dilagare dello spirito di rivolta. La Centrale non ha saputo che o impedire o condannare, di modo che «Organizzazione e solidarietà nell’azione rivoluzionaria sono irriducibilmente termini avversi».
La Rivolta scaturisce, prorompe irrefrenabile dalle invisibili e incontrollabili profondità abissali delle libere iniziative popolari, sempre iniziate da individui o piccoli gruppi, fuori d’ogni ordine o Centrale.
Sì, perché c’è una «antinomia insuperabile tra l’essere del potere centrale e… l’Anarchismo».
– Dunque, che fare?
– La Rivolta, la rivolta, ragazzi, sempre e ancora, e dovunque, in permanenza. Sopratutto, mai deprimerla, comprimerla o condannarla.
Ecco la via della salute e della liberazione. E dell’Anarchismo, anche.
Fuori d’ogni formula partitaria, fuori dei quadri angusti e soffocatori dell’Organizzazione e d’ogni giogo di Gerarchie, di Congressi, di Consigli Generali, di Centrali, di direttorio…
Fuori, fuori, sul terreno aspro e sanguinoso delle rivolte, dove il «pensiero di ciascun uomo è autonomo e nondimeno tutti i pensieri dei singoli si vanno organando a un pensiero collettivo che muove la storia».
Fuori, fuori, sulle vie eterne delle Rivolte che, inserendosi, accumulandosi, fondendosi, creano la storia e l’Anarchismo.
Rivolta in permanenza. Contro tutti i tentativi di restaurare nuove chiese, gerarchie, discipline, sillabi, anatemi, ostracismi e roghi.
Contro tutti i tentativi di elevar dighe, costruire Centrali o Partiti per contenere, uniformare, accentrare, snaturare, smorzare, deformare l’anarchismo ch’è moto anarchico autonomo, incoercibile, vario, multiplo e complesso, come la vita, che si espande fuor d’ogni legge, fuor d’ogni giogo, fuor d’ogni centro.
[L’Avvenire Anarchico, n. 32, 33, 34 e 35 del 25 agosto e del 1, 8, 15 settembre 1922]