Traduzione dei compagni di Beznachalie – tratto dai compagni della radio Mayday, segue una lettera letta durante il pranzo in solidarietà a Villa Francia. In spagnolo (chileno) su http://radio1demayo.blogspot.it
“Vi ringrazio molto per tutto il sostegno ricevuto, ho sentito nelle vene il vostro amore incondizionato. Ogni lettera , ogni nota, ogni dolce squisito o monete , è una gioia e un’iniezione di energia in questa gabbia . Approfittando che siete tutti riuniti, chiarirò alcuni dubbi che apparentemente girano di qua e di là.
Per quanto riguarda il chiarire i fatti , non dirò parola , ma tuttavia non mancherò di dare un segnale in questa situazione . Per quanto riguarda il carcere, mi sono scontrata con un panorama dato, chiaramente, dalle caratteristiche del modulo in cui mi trovo, chiamato “connotazione pubblica “, dove le carceri puntano a una schizofrenica “amicizia” con le detenute e ancor di più alla conseguente sindrome di Stoccolma (1).
Di fronte a questo, il mio atteggiamento è stato la distanza che deve esistere tra rapitore e rapito,per quanto gentile una passa essere.Così ho guadagnato una certa “fama” di nemica delle guardie, quindi mi lasciano stare. Con le altre del modulo sono riuscita a superare degli screzi che sono nati ovviamente dalle 24 ore di convivenza forzata oltre ad essere riuscita un po’ ad equilibrare la socievolezza con la mia natura antisociale.
Rispetto a gesti di solidarietà dannosi alle indagini, la mia posizione è che tali gesti non debbano mai interrompersi ,sebbene possano essere sempre respinti dal carcerato/carcerata. Sono notizie , almeno tra noi , oltre la famiglia, di quel che succede fuori in più ci solleva il morale, che negli ultimi tre mesi era a terra .Per lo stesso motivo compagni – e facendo la corrispondente critica/autocritica -qualsiasi valutazione pubblica che si faccia, deve emergere dall’azione. Dicono che la miglior maniera di insegnare è facendo, ed il nostro compito ora e di imparare senza stancarsi, trovare l’ equilibrio tra l’ intelligenza e la prassi lasciando da parte il proprio ego, prendendoci la responsabilità dei i nostri errori concentrandoci su quello che a volte trascuriamo.
Ognuna ed ognuno sa a cosa mi riferisco, così come hanno saputo comprendere quanto successo il 21 di gennaio, e che a vedere un compagno morto od in prigione i nostri sentimenti sono gli stessi, il sangue ribolle, il cuore batte , e lo piangiamo assieme.
Perché , in un modo o nell’ altro ,ci conosciamo, ci amiamo e sappiamo di essere pochi, però ci siamo, esistiamo ed intrecciamo rapporti .Questo legame è la nostra risposta a quello dell’esistenza/sistema dove machismo ,potere e competenze vengono riprodotti dalle donne è quello che mi ha permesso di rimanere in piedi, viva a testa alta e con quel marchio di prigioniera politica che pesa con le detenute per bene.
Come primo comunicato spero di non avervi annoiato, vi mando un abbraccio, pieno di forza e di energia che mi avete lasciato quel giorno in cui siete venuti alla commemorazione della morte di 81 detenuti in questo stesso carcere . Tutta la prigione se ne è accorta e ora mi salutano nei corridoi. Una cosa così masochista che mi ha lasciato senza lacrime dal tanto piangere.”
Affettuosamente a tutti compagni e le compagne
Lxs quiere Sol
Per scriverle:
Tamara Sol Vergara
Pieza 1, modulo 1, piso 3 – sur.
Cárcel de san Miguel. (Chile)
(1)-Con l’espressione Sindrome di Stoccolma ci si riferisce ad uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio estremamente violento o traumatico, ad esempio un sequestro di persona o un abuso ripetuto. Il soggetto affetto da Sindrome di Stoccolma durante l’abuso o la prigionia, prova un sentimento positivo, fino all’amore, nei confronti del proprio aguzzino. Si crea una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e il carnefici