Tempo fa in un numero di “U.N.” è apparsa una polemica tra i compagni Enzo Martucci e Malatesta. L’argomento era sull’individualismo. Chi scrive concepisce l’anarchismo da un punto di vista individualistico e perciò interloquisce.
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E subito dichiaro che non sono d’accordo nemmeno col Martucci. Per esempio ove sostiene: «se vi sono degli individui che per soddisfare i propri bisogni debbono cooperare con gli altri, vi sono pure dei forti che bastano a se stessi per la conservazione e lo sviluppo della propria personalità». Io questo, ripeto, non lo credo. Per carattere e temperamento io credo di essere uno di quelli che cerca di bastare il più possibile a se stesso. Ma non ci riesco. I bisogni materiali della vita sono così molteplici che di qualche cosa ho bisogno anche da parte di altri.
E i bisogni morali? Le soddisfazioni intellettuali e di svago? Se mi piacesse, per caso, di fare all’amore con una o più donne? Se volessi andare a teatro? Se volessi fare una gita in aeroplano? E poi, quando tutte queste cose le potessi fare, ma non avessi il desiderio di farle da per me? Il mio io soddisfatto, dove rimane?
Per me la logica del mio io è che lo preservi dalle preoccupazioni per gli altri. I gregari od i generali per me non devono esistere, il contatto non mi conta nulla, io di loro me ne servo sempre anche quando materialmente invece servo loro. O è perché il mio concetto di schiavitù è così basso e volgare o perché il mio istinto di ribellione ancora non ha la forza di quelli che detesto e che mi ischiaviscono.
Però, io non concepisco nemmeno la realizzazione di un comunismo anarchico vagheggiato da Malatesta. Se la cosa rimane desiderio e aspirazione che tutti gli altri la facciano come ci starei a farla anch’io… questo sta bene. E forse qui siamo d’accordo, io — individualista… almeno credo — e Malatesta comunista. Ma per cosa lamentava tempo fa il Malatesta stesso in un articolo che gli anarchici sono «troppo… poco organizzati»? Allora come si fa o scrivere come in questa polemica: «diciamo, e lo diciamo dubitativamente che un modo di vivere comunistico risponderebbe, secondo noi, meglio ai bisogni materiali e morali degli individualisti ma non ci siamo mai sognati di voler imporre agli altri le nostre idee ed anche meno un modo concreto di vita?». Ma l’organizzazione che la reclamate a fare? Per abbattere i governi presenti e successivi ed effettuare l’espropriazione? Ciò è logico. Ma il comunismo non avverrà che per «la libera adesione degli uomini».
Io caro Malatesta anche se la forma di società comunista anarchica la posso considerare come la migliore… perché sarebbe quella degli angeli in contrapposizione a quella dei demoni di oggi, però non so se mi accontenterebbe e non so se sarebbe pratica. Ribattiamo un chiodo, forse arrugginito, è vero? E se volessi vivere senza produrvi niente? E se per istinto non volessi un po’ accondiscendere a convivere in una tale società? È vero, mi si può osservare: «e oggi cosa fai?». Se mi rendo forte mi ribello e la società mi colpisce colla… legge. Ma la società comunista con cosa mi colpirà?
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Però mi accorgo che divento l’anarchismo degli altri, e il mio? Io l’anarchismo lo concepisco dal lato della distruzione. In ciò consiste la sua logica aristocratica. La distruzione! ecco la reale bellezza dell’anarchismo. Tutto quello che mi ischiavisce, mi attristisce e reprime i miei desideri; io lo voglio distruggere e vorrei passare su queste cose rese cadaveri. I rimorsi, gli scrupoli, la coscienza sono cose distrutte dal mio spirito iconoclastico, se in me esistono e mi rendono suo schiavo non cristiano; e se io non le sento si vede che in me non esistono. Sì, la negazione iconoclastica è la più pratica.
O che quando domani avrete realizzata la vostra società comunista, che io vorrò accontentarmi di contemplarmi l’ombelico? Io no, ancora più in là, verso un’aspirazione migliore e con noi verreste tutti voi, o vaticinatori di oggi della società comunista di domani.
Le masse? Ma quelle poi non concepiranno mai l’individuo!
Difatti, è il singolo che fa le segrete grandi che non sono nemmeno concepite da chi le gode e le sfrutta, è la volontà singola dell’individuo che accelera il progresso, è l’individuo che emerge e domina, la grande massa è mediocrità, è strame, è pasto dei desideri famelici dei governanti e dei politicanti. È il solo nichilista che schianta ed abbatte tutti i poteri, è l’iconoclasta che colla negazione distrugge tutti i credo assurdi. Nella ricostruzione nulla vi può essere di realmente libero. E perciò tutto quanto non è libero e distruttore non è anarchico. La filosofia distruttrice di Stirner è innegabilmente più reale della ricostruzione, anche se matematica, di Kropotkin.
Armando Diluvi