A una settimana dall’udienza, vengono rigettate le richieste di sorveglianza speciale a un compagno e una compagna.
La notizia si accompagna al rigetto, datato ieri, dell’applicazione degli arresti da parte del tribunale del riesame ai 10 compagni indagati dell’ultima mirabolante inchiesta del ROS.
Genova – Contro la sorveglianza speciale e il Tav Terzo Valico
riceviamo e diffondiamo:
Oggi, lunedì 17 marzo, su richiesta del procuratore Vincenzo Scolastico, della Digos e carabinieri di Genova, si è tenuta l’udienza presso il Tribunale di sorveglianza per il provvedimento di sorveglianza speciale (articolo 1) a carico di un compagno e una compagna genovesi.
La richiesta sottolinea la necessità di applicazione anche dell’obbligo di dimora a Genova per tre anni, in aggiunta alle “normali” restrizioni della libertà già previste dall’articolo.
Mentre il collegio si è riservato di decidere, fuori dal tribunale si è radunata una presenza solidale ai due compagni, particolarmente attivi nelle lotte di opposizione all’Alta Velocità e al Terzo Valico.
“Sorvegliarci è impossibile! Le lotte non si fermano” è quanto recitava lo striscione del presidio.
Nel frattempo, approfittando della pausa pranzo degli operai del neo cantiere di Trasta, in Val Polcevera (nel terreno espropriato solo la settimana scorsa), decine di metri di recinzione sono stati divelti.
Le lotte non si fermano, appunto!
Solidarietà a Mattia e Sofia.
[Genova] Presidio contro le misure di sorveglianza speciale
SORVEGLIARE E’ PUNIRE
Il 17 marzo il Tribunale di Genova deciderà se accettare la richiesta avanzata dalla Procura di applicare la sorveglianza speciale ad una compagna e ad un compagno che in questi anni si sono spesi ed esposti con generosità nelle lotte, a partire dall’opposizione al TAV-Terzo Valico.
L’accusa esplicitamente rivolta loro è di “cavalcare il disagio sociale”; le colonne della società ammettono dunque l’esistenza di un problema (che noi chiamiamo devastazione sociale e ambientale) e coerentemente, dal momento che ne sono i responsabili, dimostrano l’urgenza di mettere a tacere chi prova ad opporvisi organizzandosi con gli altri, dal basso.
In cosa consiste la sorveglianza speciale? Divieto di uscire di casa nelle ore notturne, ritiro del passaporto e della patente, divieto di uscire dal comune di residenza, divieto di partecipare a riunioni pubbliche e di frequentare “bettole e osterie” (che magari esistessero ancora in queste città ammutolite e sterilizzate), divieto di frequentare persone con precedenti penali, a volte l’obbligo di presentarsi quotidianamente in questura; e tutto questo per un tempo imprecisato, rinnovabile a totale discrezione dell’autorità.
Quest’oscena privazione della libertà di movimento è la sostanza racchiusa in questa misura “preventiva” (applicabile cioè anche solo sulla base di sospetti e senza nessuna condanna a carico) che può essere applicata a “soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza e per la pubblica moralità”. Istituita nel 1956, la sorveglianza speciale è un’eredità del Codice Rocco di epoca fascista; e se all’epoca “la pericolosità sociale” invocata dai tribunali coincideva spesso con le pratiche dell’antifascismo, si capisce perché anche oggi la sorveglianza speciale viene spesso usata contro chi lotta. Anche la Procura di Genova ci ha provato più volte negli ultimi anni, fino ad oggi sempre senza successo.
Ma nel roboante frastuono di quest’epoca le parole evaporano presto e perdono un senso chiaro; solo la presenza attiva può incidere e far risaltare l’importanza della posta in palio che, pur se disegnata sulla pelle di alcuni, riguarda tutti. Il 17 marzo è importante dare un segnale chiaro a chi ci vuole silenziosi e rassegnati.
LUNEDì 17 MARZO H 9.30
PRESIDIO AL TRIBUNALE DI GENOVA
http://www.informa-azione.info/genova_presidio_contro_le_misure_di_sorveglianza_speciale
Genova – Pasticcio di ROS in salsa di PM
riceviamo e diffondiamo:
Pasticcio di ROS in salsa di PM-Pezzo-di-Merda.
Ingredienti per undici persone.
Tempo di preparazione: una decina d’anni.
Servire freddo. Quasi scaduto.
E’ dal lontano 2005 che i Ros dei CC effettuano indagini per mezzo di intercettazioni, pedinamenti e quant’altro la tecnologia investigativa permetta – comprese analisi del dna – su alcuni anarchici genovesi, toscani, emiliani e piemontesi. L’indagine si è concentrata nel voler reperire ad ogni costo gli appartenenti a una cellula genovese della F.A.Informale, cercando di dimostrarne la responsabilità nell’organizzazione e realizzazione di attacchi avvenuti in nord Italia negli ultimi dieci anni, quasi tutti rivendicati da diverse sigle F.A.I. Dal procedimento viene fuori l’esistenza di tre indagini diverse (“Kontro”, “Replay, “Tortuga”) per associazione sovversiva (art.270bis) e attentato con finalità di terrorismo (art.280) in concorso per undici persone. Le prime due indagini sarebbero chiuse, mentre quella chiamata Tortuga sarebbe tuttora in corso e riguarderebbe un più vasto numero di persone e praticamente tutti gli attacchi avvenuti in centro/nord Italia negli ultimi anni rivendicati dalle varie sigle F.A.I. fino ad oggi.
I fatti specifici contestati in questo spezzone di indagine sono:
gli attentati con ordigni esplosivi alle Stazioni Carabinieri di Genova Prà e Genova Voltri in data 1.3.2005;
la fabbricazione e collocazione di due ordigni esplosivi in data 24.10.2005 all’interno del Parco Ducale di Parma, destinati a colpire la sede del R.I.S. dei Carabinieri di Parma;
l’invio di un plico esplosivo in data 3.11.2005 al Sindaco di Bologna Sergio Cofferati;
l’attentato incendiario a Genova in data 26/6/2009 ai danni di un automezzo della C.R.I.
Dieci anni di intercettazioni e pedinamenti richiesti dall’allora titolare dell’indagine pm Canciani, sono riusciti a produrre per ora due rifiuti da parte del gip rispetto alle richieste di custodia cautelare in carcere per gli undici indagati.
Lo scorso 4 febbraio è avvenuto l’ultimo rifiuto e la conseguente chiusura delle indagini, ma il pm Manotti a cui è passata l’inchiesta ha deciso di avere il suo momento di protagonismo ed è quindi ricorso in appello per gli ultimi tre di questi fatti specifici. Il 28 febbraio ci sono state le anomale perquisizioni di fine indagine agli 11 indagati (una eseguita in carcere) e per il 20 di marzo è stata fissata l’udienza del riesame.
Nei 21 faldoni e migliaia di pagine di cartaccia che compongono l’inchiesta gli unici elementi indiziari che emergono sono un susseguirsi di informative, ovviamente di matrice Ros: intercettazioni inconsistenti, incomprensibili o totalmente fuori contesto; pedinamenti inutili; sequestri di materiale che chiunque potrebbe avere in casa; migliaia di euro spesi in attrezzature e consulenze tecniche; prelievi di dna privi di riscontro. In buona sostanza, in più di dieci anni di indagini gli inquirenti non sono mai riusciti a dimostrare nulla.
Nel complesso c’è però il tentativo del pm di presentare queste informative in una mole tale da suscitare in sede di giudizio, la suggestione che qualcosa di vero debba pur esserci e, dall’altro canto, avanzare presso il giudice la necessità di un’interpretazione più elastica del reato di associazione sovversiva, in quanto legato, nella sua opinione, ad un retaggio anacronistico in cui le organizzazioni armate/clandestine erano fortemente strutturate.
In questa avvincente kermesse un ruolo da coprotagonisti l’hanno assunto i giornalisti, in particolare a Genova e Bologna. Un’altra volta ci hanno dimostrato come le inchieste nascano nelle caserme e nelle questure, ma attraverso i giornali e giornalisti abbiamo la corrispettiva eco funzionale all’operato degli inquirenti.
Gli articoli comparsi nei giorni successivi alle perquisizioni hanno assolto svariate funzioni, dare un rilievo spettacolare ad un’inchiesta mediocre creando dei ritratti paradossali e offensivi delle persone citate, lanciare provocazioni nell’ottica di osservare reazioni e mettere sotto pressione gli indagati, esibendo a chiunque informazioni sulla loro vita privata e sulle loro più intime relazioni.
Al di là dei capi d’imputazione e delle persone colpite da questa indagine, la logica di questo tipo di operazioni è quella di fare terra bruciata nei confronti di chi sostiene e diffonde l’idea dell’azione diretta e dell’assalto all’esistente al fine di sovvertirlo, e di chi si scontra con il dominio quotidiano sulle nostre vite.
L’unica via per opporsi a tutto questo passa per il diffondersi di pratiche di solidarietà, nei vari modi in cui esse si declinano.
http://www.informa-azione.info/genova_pasticcio_di_ros_in_salsa_di_pm