Operazione Outlaw: il fatto non sussiste
Lunedì 31 marzo 2014. La sentenza di primo grado al processo contro i compagni del Fuoriluogo (con l’accusa dapprima di “associazione a delinquere con finalità eversiva”, ridimensionata poi in “associazione a delinquere” semplice) finisce col confermare il senso dell’inchiesta ai loro danni. Un impianto accusatorio sgangherato, testi che si contraddicono e PM che dànno tutta l’impressione di non crederci per nulla: il tutto per un bieco espediente questurino vòlto a togliere di mezzo per qualche tempo alcuni anarchici dalla città di Bologna. Abbiamo voluto commentare a caldo questa sentenza con una degli imputati e con uno degli avvocati.
“Ci siamo ripresi una parte del maltolto!”
CI SIAMO RIPRESI UNA PARTE DEL MALTOLTO!
Nel pomeriggio di lunedì 31 marzo è stata emessa dal tribunale di Bologna la sentenza di assoluzione per i 21 compagni e compagne sotto processo dal 2011 per associazione a delinquere con finalità eversiva. Siamo stati dunque tutti assolti.
Nell’aprile del 2011, all’interno dell’operazione repressiva denominata “Outlaw”, in via san Vitale 80 lo spazio di documentazione Fuoriluogo era stato messo sotto sequestro e quindi chiuso, 5 compagni arrestati e 7 allontanati dalla città con divieto di dimora. A ciò sono seguiti 3 anni di accanimento sbirresco, con l’evidente e dichiarato tentativo di toglierci ogni spazio di agibilità in questa città.
Oggi dopo la sentenza, attesa in piazza da un grosso presidio, ci siamo ripresi uno spazio, strappato anch’esso ai compagni 15 anni fa. Si tratta della sede di un circolo anarchico intitolato a Carlo Cafiero che ospitava la Libreria Circolante. A metà degli anni ’60 fu preso in affitto da Libero Fantazzini con alcuni compagni anarchici. Il comune di Bologna lo concesse a un costo simbolico per sostituire la sede storica di Porta Galliera chiusa durante il ventennio fascista. Questo posto, nel corso degli anni meglio conosciuto come Laboratorio Anarchico Paglietta, nel giugno del 1999 fu messo sotto sequestro e poi chiuso con mattoni e cemento a seguito di un’inchiesta che aveva condotto in carcere una compagne e un compagno. Per più di trent’anni era stato utilizzato da gruppi e individualità anarchiche, riempito di attività, assemblee, incontri e condivisione di vita. Come spesso accade il procedimento penale non ebbe alcun seguito, ma il locale restò murato e inaccessibile, chiudendo con sé un pezzo di storia della città.
Nella giornata della sentenza ci siamo ripresi uno spazio sottratto al piacere e all’esigenza di utilizzarlo. Uno spazio per confrontarci, discutere e trovare il modo di opporci con efficacia a un sistema che opprime, affama, devasta e avvilisce la vita. Uno spazio per continuare a lottare per un mondo del tutto altro da questo.
Bologna, 31 marzo 2013
Anarchiche e anarchici felicemente delinquenti
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