La Prima Pietra

1951-union-march

Aldo Aguzzi
Dal marmo della scalinata e dalle colonne del Tempio, il sole del meriggio strappa riflessi perlacei, ed ai suoi barbagli s’indora la sabbia del cortile inferiore, giù nel quale, in un angolo, è seduto Gesù. I discepoli, che fan corona al Nazzareno, restano muti, sovrappensiero. La baldanza e l’entusiasmo dei primi giorni, dopo l’entrata rumorosa in Gerusalemme, sono ormai superati. Con curiosità e con timore, essi girano i loro sguardi sulla folla che si rimescola nel cortile con intenso brusio, e trasaliscono quando qualcuno s’avvicina al loro crocchio. Gesù stesso tenta invano di conservare al suo aspetto dolcezza e serenità. Sulla sua fronte, da qualche giorno, è apparsa una ruga profonda ed ostinata. Tutto curvo sui suoi pensieri angosciati, raccolto sulla sua tristezza immensa, spiccica a fatica le labbra per pronunciare qualche monosillabo. Una nube turba l’azzurro dei suoi chiari occhi.

Lo sguardo della folla, di questa folla, di Gerusalemme tanto diversa dalla folla ingenua e semplice di pescatori, fra i quali è fino a ieri vissuto, preme su di lui, peso insopportabile che l’obbliga a curvare il capo, o lo trafigge da ogni parte con punture di lame invisibili. Egli sente in quegli sguardi la beffa, il disprezzo, l’ironia e l’odio.
Gesù e i suoi discepoli non son venuti a Gerusalemme che per librare una grande battaglia. Accolti dapprima con effimero schiamazzo, poi con indifferenza, infine con sarcasmo, essi hanno sperato invano d’indurre filistei e sadducei, sacerdoti e pubblicani, a presentarsi a viso scoperto per una lotta definitiva. I suoi nemici tentano d’impigliare, lentamente, destramente, il Nazzareno in una rete sottilmente ordita d’adescamenti e d’insidie. Son essi che gli mandano emissari, i quali con fare sornione, con voce mielosa e velenosa insieme, vengono a formulargli domande su domande. La fama di profondo conoscitore delle Scritture ha preceduto Gesù in Gerusalemme. Già si sapeva quanto fosse arduo discutere col Rabbi, che ha sulla punta delle dita le parole dei Testi Sacri e le sentenze dei profeti. Dal suo labbro sgorga la metafora rutilante, e il suo pensiero si riveste della parabola di vago significato, ma di soggiogante bellezza. Gesù sa, però, che non è il desiderio di dissetare alla tersa onda della sua sapienza ciò che spinge tanti curiosi a lui! «Vogliono perdermi — egli si dice mestamente. Essi tentano di liberarsi di me schivando uno scontro che potrebbe darmi, col martirio, la gloria. Che io incautamente proclami d’essere il Figlio di Dio o il Re di Galilea, ed il Sinedrio potrà chiedere, come pel Battista, la mia incarcerazione. Oppure, che io parli contro il Cesare. E questi si piglierà la mia testa, considerandomi al pari di Giuda il Galileo, di Sidlak, o di Barabba!».
Gesù sospira e sente la vergogna arroventargli le guance. Si confessa inetto ad affrontare, a sua volta, queste insidie. Nelle sue risposte, egli deve giocare d’astuzia. E ciò lo snerva e l’umilia. Votato al martirio, al quale anela come all’ultima liberazione, nello stesso tempo lo elude disperatamente. Quanto deplora ora, la sua venuta in Gerusalemme! Con lo sguardo del ricordo rivede le quiete rive dal Lago di Tiberiade, sotto un cielo di berillo che profonde la pace infinita, e rivive le passeggiate solitarie, le cene nei casolari, le conversazioni con la gente minuta e ingenua. Il ricordo del passato, tutto di lievi ozii e di dolcezza, gli strugge il cuore di nostalgia.
Le sue guance sono pallide. l suoi nervi, disfatti. Incomincia a sentire per i suoi insidiatori un’avversione quasi fisica. I suoi apostoli e alcuni amici, l’informano dettagliatamente sulle qualità di quanti gli si fingono amici per strappargli, con una parola incauta, la libertà, o la vita! Essi non sono che dei rettili, dei sepolcri imbiancati. Crapuloni, ladri, barattieri, usurai, debosciati, persino invertiti. Ecco la ciurma fangosa che avviluppa il Messia per trascinarlo al precipizio!
Scorron lente ed angustiose le ore, nel cortile del Tempio…
Il Maestro e gli apostoli sono sprofondati in riflessioni amare, molto amare…
D’un tratto trasaliscono.
Perché s’avvicina Israel? Quale domanda avrà architettato? Quale insidia nuova preparata?
Gesù leva lentamente gli occhi da terra e li fissa in quelli d’Israel, cercandogli il fondo dell’anima. La folla s’apre rispettosamente al passaggio del giovane, che avanza sorridendo, il passo indolente. Israel è simpaticissimo d’aspetto. Ha occhi limpidi e buoni, e sulle tempie gli tremulano dei buccoli lucenti, neri come ala di corvo. Voce armoniosa, gesto cordiale.
Ma Israel non è che un cumulo di fango. La sua malvagità supera ogni possibilità umana. Sono impure le sue mani, il suo cuore e il suo pensiero. Lussurioso, ozioso e feroce, maculato d’ogni peccato, egli è rotto al furto e all’inganno. Rovinato dal gioco e dal vizio dopo aver sfruttata la moglie, abbandonato i figli, condotte tante fanciulle e donne alla perdizione, per rifarsi, già al margine del suicidio, ha assassinato il padre per carpirne l’eredità. Amico di sacerdoti e di militari, la legge non l’ha mai scalfito. Lo si disprezza; ma lo si teme, lo si ammira e lo si riverisce.
— Salve! — dice Israel.
Gesù risponde al saluto, soffrendo un fremito di paura e di schifo.
Israel stringe in pugno una grossa pietra, ciò che incuriosisce gli astanti. È una pietra scheggiata e pesantissima. Con essa si potrebbe ammazzar un bove d’un sol colpo.
— Rabbi — dice Israel — ieri notte hanno arrestato una donna. Fu sorpresa in atto d’adulterio. Su la sua colpevolezza, nessun dubbio! L’han colta sul letto nuziale — aggiunge chinando lo sguardo ed arrossendo castamente. — Che dici, Rabbi? Che si dovrebbe fare di lei?
E i suoi occhi sfavillano, volpinamente.
Gesù si curva ancor più su se stesso. La sua bocca non si schiude. Molta gente: uomini, fanciulli, varie donne, s’è avvicinata. Ognuno attende impaziente la parola del Maestro.
Israel ripete la sua domanda, e non avutone risposta, s’allontana, dicendo: — Condurrò l’adultera in tua presenza!
— Che dirai, Rabbi? — domanda sommessamente uno degli apostoli.
Gesù non risponde. Gesù non risponde. Un’angoscia mortale gli avviluppa il cuore e gli fa un nodo alla gola. Per non svelare il suo turbamento e la sua paura… sì, paura, Gesù ripiega il capo sulle ginocchia, e con l’indice della mano destra arabesca la sabbia dinanzi a sé.
Che risponderà? Egli interroga il suo cuore. E il suo cuore gli parla con tenero, con appassionato linguaggio, in difesa della donna adultera. Il suo cuore ha amato ed ama tutti gli sventurati e tutti i peccatori; il suo cuore ha saputo sprigionare una luce redentrice persino nello spirito della meretrice di Magdala, che da quel giorno lo segue e lo seguirà fino alla morte!
«Ah! essi ben lo sanno! Essi, essi sanno che io vorrei posare la mia mano sulla fronte tormentata di questa donna ed invocare per lei la grazia del Padre! Ma essi sanno pure che, se io ripetessi con la bocca ciò che il cuore mi dice: liberatela! sarei perduto, sprofondato in un sotterraneo!».
— Che dirai, Rabbi?
Gesù non risponde.
Un grande schiamazzo. Tutti si alzano, meno Gesù.
Una gran folla straripa nel cortile, vi si rammulina. Grida roche, bestemmie, insulti, risate, parolacce immonde s’innalzano e s’ammorzano in un denso nugolo di polvere.
Nella calca fitta, ondeggiante, si apre il passo Israel. Trascina per mano una donna scarmigliata, cenciosa, coperta di sudore, di polvere e di sangue. È quasi ignuda. Sballottata a destra ed a manca, anziché pensare a difendersi, essa cerca ad ogni costo di coprire i suoi piccoli seni striati di lividure e il suo ventre. Un’altra donna la spinge alle spalle e le tira furiosamente i capelli, strappandole, ad ogni strattone, un gemito. Alcuni forsennati la sputacchiano e tentano di colpirla.
Gesù guarda quegli energumeni. Riesce a riconoscerne molti. Che potrebbero essere se non canaglie? Ecco Raul, il sodomita! Ecco Liot, l’ubriacone! Ecco Moisès, il pubblicano! Ecco Simone, bugiardo e spia, e il ladro Halle! E altri, e altri ancora. E chi è la furia che spinge la donna adultera e la tortura ferocemente? Gesù riesce appena a riconoscerla, tant’è stravolta: Loe!… Sì, Loe, la meretrice sguaiata e impudica, quella che si diverte mostrando sfacciatamente a lui, Gesù, le sue immonde nudità per divertirsi della di lui timidezza; Loe, che trascinò il suo corpo per tutti gli androni di Gerusalemme e sul ventre della quale sono passati tutti i soldati della guarnigione!
Un dolore grande strazia il cuore del Nazzareno, ma nello stesso tempo lo attanaglia il tormento di quella difficile situazione.
Israel fa fermare la folla e conduce l’adultera ai piedi del Rabbi.
— Gesù, che dici?
Gesù tace.
— Gesù — sibila Israel — ecco in tua presenza la donna adultera. Essa ha indubbiamente commesso un peccato grande — il gran peccato che noi, gli uomini e le donne oneste, non possiamo lasciare impunito! Qual è la tua parola?
E poiché Gesù tace, Israel soggiunge:
— Maestro! Nella Legge, Mosè ci comanda di lapidarla. E tu che dici?
E il suo sguardo astuto pare che soggiunga: «Su, di’ che sia assolta, contraddici la Legge, e sarà finita per te!».
Una tempesta scroscia nell’animo di Gesù. Sempre seduto, egli osserva la peccatrice. Esausta, essa ha appena la forza di rivolgergli due occhi imploranti e inondati di lacrime. In presenza del Nazzareno dagli occhi celesti, dal viso dolce, dalle chiome fulve che il sole circonda d’una aureola, la prende una tale vergogna per la propria nudità ch’essa ricomincia a piangere dirottamente. Gesù legge nel suo volto, nelle sue guance arse dal pianto, nel suo gesto confuso, un pentimento che basta a redimerla, un dolore che l’ha così purificata, che, ormai, questa peccatrice potrebbe presentarsi al Padre celeste più casta, più candida d’un giglio.
Assolvila! gli comanda il suo cuore.
E la voce della viltà gli insinua: «Non ti perdere!»
— Che dici, Rabbi? — incalza Israel.
Gesù incomincia di nuovo a fare geroglifici sulla sabbia, tanto per celare il suo impaccio. E poiché gli astanti, perfino gli apostoli, non comprendono il significato di quei movimenti, tutti credono che si tratti di qualcosa di arcano. Un grande silenzio.
Gesù alza il capo di scatto. Ha trovato! No, egli non si perderà, né condannerà l’infelice! Poiché è una trappola quella che gli si tende, egli continuerà il suo gioco d’astuzia! Salverà se stesso e la donna nello stesso tempo!
E sentenzia:
Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra!
La sorpresa e la confusione sono generali. Israel è preso da un tremore così violento che la pietra gli sfugge di mano — ma la raccoglie subito — e Halle non può trattenere un grido, mentre Liot impallidisce come un cadavere. Molti altri si nascondono. Chinano la testa. Vorrebbero fuggire. Loe, l’impudica, si copre la faccia e i suoi ginocchi non la reggono più!…
Ma è un attimo! Un attimo.
Chi è senza peccato? Quegli scalmanati si guardano l’un l’altro, timidamente dapprima, poi in atto di sfida superba. Ognuno vuol dimostrare al suo simile ch’egli è il più onesto, il più leale, il più veritiero, il più buono, il più casto, il più mondo d’ogni macchia.
La peccatrice, stesa al suolo, già felice nel credersi salva, lancia, di un tratto, un grido di belva. L’ultimo grido. Una grossa pietra, scheggiata e così pesante che un suo colpo abbatterebbe un bove, le ha spaccato la fronte. Dalla ferita sgorga il sangue a fiotti. Mentre Gesù, atterrito, resta come inchiodato al suolo, mentre gli apostoli, per sfuggire al pericolo d’una sassata, fuggono a precipizio, i ciottoli lacerano l’aria e cadono a dirotto sul corpo dell’adultera, le cui carni si sbrindellano, le cui ossa scricchiolano, le cui membra cessano di contorcersi nell’ultimo spasimo. Un rigagnolo di sangue.
E il sangue accende la ferocia e il furore degli uomini e delle donne che sono senza peccato. Israel, Raul, Liot, Moisès, dopo aver lanciato ciascuno la loro pietra, ne raccolgono e ne lanciano altre, mentre con urli e gesti incitano gli altri. E la lapidazione continua ancora, furibonda e spietata. quando la rabbia ha già bevuto tutto il sangue della peccatrice, quando il cadavere di lei è ridotto a informe poltiglia.
Compiuto il misfatto, la folla comincia a disperdersi.
Ultimi ad andarsene sono Israel e Loe.
Il parricida scaglia l’ultima sassata. Poi si pulisce le mani, sorride, e si allontana a testa alta, gonfio il petto, solenne il passo, esclamando:
— Compiuta è la Legge!
Rimasta sola, Loe, la meretrice, s’avvicina al cadavere, l’osserva con curiosità, si china e sollevando un cencio della morta ne scopre un seno insanguinato, sul quale sputa sdegnosamente, prima di andarsene a sua volta.
Il cortile rimane deserto. La luce crepuscolare si ritira dinnanzi alle prime ombre violacee che salgono dalla terra e sbucano da dietro la colonnata del Tempio.
Sulla sabbia, una gran macchia rossa, e una macchia di bianco e d’oro.
Qui, un cadavere. Più in là, il Messia.
Gesù ha il capo nascosto tra le ginocchia, un lembo della candida tunica rialzato sulla fronte, le ciocche dorate dei suoi capelli spioventi…
È stata lapidata la donna adultera.
Gesù tace.
Gesù, forse, singhiozza.
(Volontà, anno V, n. 11, 31 agosto 1951)