Quello che segue è un comunicato che Adriano, rinchiuso nella sezione AS2 del carcere di Ferrara, ci ha inviato il 25 marzo, all’indomani del suo trasferimento per l’udienza preliminare presso il tribunale di Roma, nel processo che lo vede imputato assieme a Gianluca.
Cassa di Solidarietà Aracnide
Per scrivergli:
Adriano Antonacci
c.c. via Arginone 327
44122 Ferrara
La violenza genera violenza. Indipendentemente da quanto sia giusto o sbagliato, da quanto astruso sia il confine tra gli opposti e da come questi possano convergere. La parola e il concetto stesso di violenza, da parte di chi ne detiene il monopolio, assume profonde mistificazioni. Il dissenso in ogni sua espressione viene sproporzionalmente represso…non che stupisca…”vagli a spiegare che è primavera”…
E’ tristemente noto il modus operandi della sbirraglia politica, nell’artistica architettura di fantomatici castelli e l’accusa di appartenere a fantasiose associazioni e quali le armi dell’apparato giudiziario dello Stao-Capitale, servile e funzionale al miserabile potere, fautore e praticante della logica dominante.
Tra il cemento e l’acciaio che mi imprigionano e la servitù carceraria ottemperante in tale sbirresca funzione (usciere – controllore) scrivo queste poche righe come un personale sfogo e rompo un silenzio soffocante.
Saluto e ringrazio di cuore gli amici e le amiche di sempre, tuttx i compagni, le compagne e le realtà solidali e vicine. Esprimo quindi la mia solidarietà a tuttx i/le ribelli e gli/le opprssx resistenti, dentro e fuori le galere e con fraterno affetto abbraccio forte Gianluca, compagno caro.
Considero l’anarchismo prima di tutto un sentimento, generatore di sentimenti contrastanti. Lo si può enfatizzare, sminuire, distorcere, teorizzare…un sentimento in quanto tale, lo si vive!
Ma non vi è nulla di sentimentale e non vi sono astrattismi alcuni, nell’insieme di strutture e pratiche attraverso cui avviene il controllo, la gestione, la sottomissione e lo sfruttamento della vita. Non sono certo astrattismi saccheggio e sistematica devastazione ambientale.
Tutte le istituzioni, siano esse politico-amministrative, economico-finanziarie o socio-culturali, sono indirettamente o direttamente responsabili della prosecuzione di questo stato di cose, attraverso la moltitudine dei mezzi coercitivi, nell’imposizione sopraffazione di volontà e quindi nell’esercizio di potere, legittimato dallo Stato di diritto.
La moderna civiltà imperialista si espande mediante l’illusione e la corruzione, il ricatto, la militarizzazione dei territori o dichiarando esplicitamente guerra. Vomita cemento e tossicità, inghiotte la natura, omologa e annienta popoli e culture, opprime con la forza ogni resistenza.
D’altra parte sono millenni che la tiranni civile caratterizza l’umanità, in quanto specie evoluta schiavizzatrice.
Nel calderone globale mercificatore le politiche liberali e le logiche del commercio dettano legge. Gli stessi Stati (facendo i doverosi distinguo) sottostanno ossequiosi ad organismi sovranazionali, trattati internazionali e al dominio finanziario strangolatore.
Le corporazioni e aziende multinazionali dei diversi settori detengono indefinibile potere. In nome del profitto e del progresso, con maschere da benefattori e la complicità dei governi saccheggiano, devastano e uccidono senza scrupolo alcuno.
Da tempo ormai gli sfruttatori e inquinatori di sempre nel solo intento di perpetuare il proprio status, il proprio operato e quindi i loro profitti, blaterano di sostenibilità, si riciclano come “amici dell’ambiente” e avendo particolarmente a cuore la causa ecologista, ne diventano sostenitori e promotori … l’energia e l’economia divengono “etiche” e si colorano di verde … l’ipocrisia diviene insostenibile!
I governanti hanno affinato i metodi e affilato le lame. Analizzano insulsi valori, parlano di crescita, sviluppo e mediante tecnicismi assumono fattezze sempre più totalitarie. Trovando placido consenso.
L’umana fauna civilizzata, ben addomesticata è drogata di informazioni e ammassata nelle città formicaio; è composta da individui spersonalizzati, psicotici, consumatori tendenti all’auto-addomesticazione. Degli automi full optional che sfoggiano insoddisfatti smart accessori, e ossessionati da tutto, in primis da loro stessi e ostili nei confronti del diverso, trascorrono il tempo “libero” solitari in mondi virtuali … insieme a tanti “amici”.
Gli individui del gregge, che siano onesti lavoratori o alla disperata ricerca di una occupazione – retribuzione, vivono sulla propria pelle la menzogna di un benessere illusorio, ora vacillante, ma prigionieri delle loro stesse menti, restano inermi e indifferenti. In altri casi si dà sfogo ai tristi teatrini dell’indignazione cittadina, con cani pastori che indirizzano al pascolo il flebile lamentoso belato. Quando invece vi è una reale presa di coscienza e la rabbia diventa rivolta, cade nell’immediato la maschera della democrazia e sempre rivela il vero volto: poliziesco, militare e sanguinario. Opportunità per testare nuove armi e apparecchiature, come anche per il rocambolesco evolversi della giurisprudenza, e riempire quindi le patrie galere.
Da quando gl’ingranaggi dell’industria iniziarono a girare, la complessità degli eventi susseguiti ha determinato precisi assetti di potere e prodotto epocali cambiamenti. Il saccheggio di vita è iniziato su larga scala.
Oggi il cittadino ben”pensante”, incosciente e povero di spirito, è illuminato da una “nuova” dipendenza ideologica, venerabile come una divinità, nuovo dio salvatore: la “ziggurat tecnologica” che con la promessa di un comodo e paradisiaco avvenire avanza mostruosamente e con spaventose accelerazioni, artificializzando l’ambiente, automatizzando la vita e con l’applicazione delle tecno-scienze, sterilizzandola anche, eliminando o modificando gli elementi che naturalmente la generano. Con tutte le mostruosità che questo comporta.
La realtà nucleare incombente, la compromissione, anche irreversibile, degli ecosistemi e delle capacità rigenerative di questi, il drastico impoverimento della biodiversità, la manipolazione della natura e quindi della stessa vita, segnano come prossimo un punto di non ritorno.
I consumi e gli stili di vita indotti, il controllo delle “risorse” (energetiche, alimentari, idriche) e la tecnologia applicata come forma di controllo agl’individui, al tessuto sociale, nonché all’avanguardia militare, determinano e presagiscono l’integrità di un dominio totale e assoluto.
Nell’oscuro pantano in cui è immerso l’esistente si perde la ricerca dell’irrazionale bellezza e l’imminente futuro, limpidamente appare ancor più grigio e desolante, asettico e sterile, calcolabile e misurabile, quanto putrido e maleodorante. La società civile è lo specchio di questo assurdo luogo dove mi trovo costretto: una galera dalle invalicabili mura e invisibili galere.
Il progresso, produttore di rifiuti e imbecillità, è una grande discarica.
Tutto imprigionato, tutto avvelenato, sanguina la terra, zampilla il percolato, impazziscono le cellule…oppressione, sfruttamento e morte…
Di fronte a questo stato di cose l’indifferenza e la rassegnazione meritano il giusto rispetto. Mi piace pensare che in ogni tempo e in ogni luogo gli oppressori sempre troveranno fratelli e sorelle fierx e resistenti.
Occorre ribellarsi e farlo con passione, portando nelle strade le molteplici tensioni dell’agire, collettivamente o individualmente, non riducendo il tutto a sterile analisi politica o masturbazioni cerebrali su giostre assembleari, che in alcuni casi inibiscono le individualità. Ma ognuno con i propri dubbi e convinzioni, “armato” della propria volontà.
Considerando sempre fondamentale il libero incontro e confronto in liberi spazi.
Nutro personalmente diverse perplessità riguardo a mire progettuali e spettacolare propaganda, in quanto, pur riconoscendone un potenziale, risultano concetti propri della società delle apparenze, fondata sul nulla sconfinato, in questo tempo di sovrainformazione dove la centralizzazione della volontà comunicativa, o un suo eccesso, rischia di confondere e compromettere nel momento in cui prevale sulle altrui coscienze, degenerando in esaltazione fine a se stessa.
Non trovo in nessun dove la ricetta della totale libertà, tanto meno nelle mie tasche, e non credo in nessuna società a venire, sia pure liberata, priva da ogni ingiustizia. La mia visione è intimamente individualista, funambolica, esistenziale.
Certo teoria e pratica, in qualsivoglia contesto, sono e sempre saranno imprescindibili. Convinto che ogni individuo, mosso esclusivamente dalle proprie percezioni e dalla volontà-passione, possa trovare la propria libertà nell’autodeterminarsi.
Da prigioniero non smetto di sognare né d’immaginare un mondo libero dalla violenza autoritaria, e dai binomi oppressi-oppressori, sfruttati-sfruttatori. Libero da freni morali e sociali regolatori-inibitori di appetiti e delimitatori di orizzonti. Un mondo libero da ogni gabbia…
…vergogna dell’umanità. Un mondo dove l’umana arroganza venga messa da parte per una simbiotica ed empatica coesistenza con i viventi tutti, nel rispetto dei naturali equilibri e dove la ricerca della libertà individuale sia l’unico percorso da tracciare per una reale e collettiva autodeterminazione.
La civiltà industriale, scientifica, tecnologica, dietro le sue tante maschere cela il suo aberrante volto genocida, ecocida…inventano cure per malattie inventate…in questo sistema di dominio c’è ben poco di naturale, rispetto a ciò che è funzionale. E sabotare l’esistente diviene necessario.
Le lotte di liberazione sono i diversi sentieri confluenti in un’unica lotta. Nello stomaco brucia il fuoco di un sentimento caloroso. Nella compulsiva mobilità di questo tempo che corre ad alta velocità, le maglie della repressione-oppressione si fanno inesorabilmente sempre più fitte…ma la loro arma, la loro cura è soltanto la paura…sequestrati i miei occhi e il mio corpo prigioniero, oltre queste infami mura gli orizzonti, ribelle e indomito lo spirito, sempre integro il pensiero.
Cielo plumbeo e mare in burrasca…soffia un vento di tempesta…
Trema la terra gridando vendetta, resistenze ancestrali in lontananza…
Per amore della vita, per l’anarchia…nessuna pretesa…nessuna attesa!
Con fanciullesca passione e anarchica tenacia
Un abbraccio,
Adriano
http://informa-azione.info/prigionieri_comunicato_di_adriano_dall039as2_del_carcere_di_ferrara
Prigionieri – Processo in videoconferenza per Gianluca e Adriano
Il 26 marzo si è tenuta presso il tribunale di Roma l’udienza preliminare del processo in cui sono imputati Gianluca e Adriano.
I due compagni sono accusati di “associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”, a cui si aggiungono quelle di incendio, furto aggravato in concorso, deturpamento e danneggiamento di cose altrui. Si tratta di tredici azioni realizzate nel territorio dei Castelli Romani contro banche, una pellicceria, sedi distaccate di ENI ed ENEL e contro la discarica di Albano.
Il processo, di fronte alla corte d’assise, avrà inizio il 26 Maggio.
Con il provvedimento di rinvio a giudizio il GUP D’alessandro si è assunta la grave responsabilità di disporre che gli imputati debbano partecipare tramite videoconferenza.
La decisione sarebbe motivata da una circolare del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria che prescrive l’utilizzo di questo dispositivo come misura di contenzione dei detenuti “più pericolosi”, adottata in seguito all’evasione di Domenico Cutrì, avvenuta nel corso di un trasferimento giudiziario.
Si tratta di una misura che d’ora in poi potrebbe riguardare, insieme ad altri, tutti i procedimenti riguardanti i detenuti in regime di Alta Sicurezza.
L’utilizzo della videoconferenza rientra all’interno di un politica carceraria, stabilita dalla Comunità Europea, basata sul modello della differenziazione e quindi dell’isolamento.
Si tratta di separare dal corpo dei detenuti gli elementi considerati più pericolosi: da un lato per poter, con minor rischio e minor costo, gestire la massa crescente degli internati, dall’altro per tentare di annichilire tutti i nemici dello Stato insuscettibili di ravvedimento.
L’isolamento, che si tenta di imporre in maniera sempre più stringente, può arrivare ad essere una vera e propria forma di tortura che provoca pesanti danni fisici e psichici a chi la subisce.
Una serie di provvedimenti adottati recentemente nelle sezioni AS2 (riservate ai compagni rivoluzionari) sono indirizzati ad aumentare il grado di isolamento: chiusura di cancelli che dividono da altre sezioni, limitazioni di colloqui, tentativi di imporre l’isolamento individuale, divieto di incontro tra detenuti della stessa sezione.
A tutto questo si aggiunge il processo in videoconferenza, uno strumento che colpisce in diversi modi gli individui a cui viene imposto.
Sul piano umano negare ad un detenuto di partecipare fisicamente alle udienze significa infliggergli un ulteriore violenza, impedendo che il suo sguardo possa, anche solo per breve tempo, fuoriuscire dal ristretto orizzonte dell’istituzione totale ed incrociarsi con quello affettuoso e solidale dei compagni, degli amici, dei parenti.
Dal punto di vista processuale la videoconferenza fa parte di una serie di dispositivi tesa a rappresentare l’immagine del nemico (il mafioso o il terrorista) del quale si deve cancellare ogni traccia di umanità e ragione. Si suggerisce una colpevolezza a priori, legata a ciò che un soggetto è considerato piuttosto che ai gesti che ha effettivamente compiuto. L’imputato viene rappresentato come un mostro da tenere relegato e distante in quanto troppo pericoloso per presenziare in aula.
Così, una giuria popolare potrà condannare molto più a cuor leggero una immagine che scorre su uno schermo, come il telefilm della sera, piuttosto che un essere umano in carne ed ossa che è in grado di riconoscere come un proprio simile. Esattamente come un militare che guida un drone uccide più a cuor leggero di uno che spara da distanza ravvicinata.
L’imputato invece verrà limitato nella possibilità di esporre le proprie ragioni da una corte che potrà togliergli arbitrariamente la parola, e che di fatto lo porrà sotto questa costante minaccia. Verrà escluso, schiacciando un semplice tasto, ogni qualvolta dica qualcosa di non gradito dai togati.
Recentemente, con l’applicazione dell’articolo 270 sexies il potere ci ha dimostrato di possedere uno strumento giuridico potenzialmente in grado di colpire con condanne pesantissime ogni forma di reale conflitto sociale. Stabilito che terrorista è considerato chiunque si opponga efficacemente al sistema, devono in seguito costruire l’immagine del terrorista con un adeguato impianto scenografico. Da questo punto di vista la videoconferenza è un ulteriore strumento di guerra psicologica che si aggiunge ai processi in aula bunker, all’utilizzo di carceri speciali, al linguaggio mistificatorio con cui si descrivono le azioni di lotta, evocando tutto un immaginario.
Mentre le cause sociali della repressione sono sempre più evidenti, mentre assistiamo con crescente frequenza a costruzioni giudiziarie che assumono sfacciatamente il carattere della rappresaglia politica, i repressori mettono in atto l’ennesimo tentativo di tappare la bocca a chi si oppone ad un sistema fallito.
Vogliono soffocare le voci coraggiose e ribelli, vogliono seppellire le ragioni di chi lotta nel silenzio del cemento.
Le sentiranno i signori al potere queste voci, le sentiranno sempre più forti e sempre più vicine alle loro orecchie che non tollerano disturbi. Le sentiranno nei tribunali che vorrebbero asettici, nelle piazze che vorrebbero rassegnate, nelle notti in cui vorrebbero dormire sonni tranquilli.
Solidarietà attiva a Gianluca e Adriano
Solidarietà ai compagni e alle compagne prigioniere
Solidarietà ai detenuti e alle detenute
Rete evasioni
Flex Mob
Prigionieri – Verso il processo contro Gianluca e Adriano
Dall’Ottobre del 2013 Gianluca e Adriano sono costretti in carcere nelle sezioni di Alta Sicurezza 2 e rispettivamente ristretti ad Alessandria e Ferrara.
Il prossimo 26 marzo si terrà la prima udienza.
Incarcerati con le abusate accuse di associazione con finalità terroristiche o di eversione dell’ordine democratico, a cui si aggiungono quelle di incendio, furto aggravato in concorso, deturpamento e danneggiamento di cose altrui. Tredici azioni realizzate nel territorio dei Castelli Romani contro banche, una pellicceria, sedi distaccate di ENI ed ENEL e contro la discarica di Albano.
Il reato di 270bis oltre a prevedere l’arresto in carcere come unica ratio e a determinare le condizioni detentive di isolamento previste dai circuiti AS2, legittima le infamanti campagne mediatiche volte al descrivere gli indagati come “terroristi”.
Come sempre i prezzolati della menzogna si prodigano nel nascondere ciò che potrebbe essere evidente ai lettori se ci si fermasse a riflettere sulle responsabilità che gli obiettivi di certe azioni hanno nella devastazione, saccheggio e genocidio di interi territori e popolazioni. Da quelli più lontani a quelli a noi più vicini.
Non c’è banca che non abbia responsabilità sulle condizioni della attuale crisi senza parlare di quelle compromesse con il progetto dell’Alta Velocità.
L’ENEL con i suoi progetti di riabilitazione delle centrali nucleari di terza generazione.
L’ENI con la devastazione di territori come la Nigeria e la morte violenta o lenta, ma comunque scientificamente procurata, di intere generazioni che lì hanno la sfortuna di essere nati.
Le discariche sulle quali, da sempre, cinici imprenditori di cumuli di veleni ne fanno copiosi profitti, lasciando a noi respirare fumi tossici che ammalano quando non uccidono.
A Gianluca e Adriano ribadiamo quello che abbiamo sempre detto: noi sappiamo chi sono i veri e unici responsabili di azioni e politiche terroriste.
Siamo solidali con chiunque si batta per fermare lo sprezzante progetto di guerra messo in atto contro gli sfruttati e le sfruttate di tutto il mondo.
Siamo solidali con chi è privato della propria libertà e dei codici penali, dei tribunali ne faremmo volentieri discariche!
Gianluca e Adriano, tutte e tutti fuori dalle galere!
per scrivere ai compagni:
Gianluca Iacovacci
Via Casale 50/A
15122 San Michele (AL)
Adriano Antonacci
CC di Ferrara
Via Arginone 327
44122 Ferrara