ti e allontanati. Io non dico che lo spaccio sia buono o cattivo, non mi interessa, ma di sicuro quei ragazzi sono l’ultima ruota del carro, lavorano in strada, non si possono permettere un affitto oppure, come un mio amico anche lui arrestato in grande stile, sono costretti a lavorare, a scaricare bancali 8/10 ore al giorno per 20/30 euro, e nemmeno tutti i giorni. Nei suoi occhi e in quelli di molti ragazzi come lui che ho rivisto anche in galera, è come se si leggesse una semplice domanda “aspettare… cosa?! … perché?!”. Allora si arrabbiano e agiscono con vigore ma impulsivamente, spesso vengono puniti o messi in isolamento e imparano sulla loro pelle l’urgenza di trovare un po’ di complici, di comunicare, di unirsi.
Va detto che noi, arrestati per la lotta NO TAV, siamo un po’ viziati dal sostegno, dall’affetto e dalla solidarietà, non solo degli amici più vicini, ma di una marea di persone diverse e variegate che grida per la nostra libertà, rispedisce al mittente questa repressione continuando a creare svariati problemi.
Dirò, però, che la cosa più forte è questo sentimento di venire coinvolti: in galera tutto si gioca sulla ripetizione, sulla percezione che nulla possa essere diverso , come fuori dal tempo e dallo spazio, ma questa, per quanto maledettamente efficace, è un’illusione. Quelle persone là fuori mi aiutano a spezzare l’incantesimo perché mi raccontano di come cambia il loro mondo, soprattutto di come sono loro stessi a modificarlo. Le cose vanno avanti e non per questo devo starci male, meglio gioire e soffrire assieme che cercare di rimanere in una bolla e sperare che tutto passi nel modo più indolore. La galera ti segna, ti solca come uno scalpello sottile e imperterrito, soprattutto quando non te ne accorgi e pensi di stare in pace perché hai preso le distanze da tutto e da tutti.
Sta tornando l’idea e la sensazione, parlando con molti, che la miseria qua dentro, privati di tutto, non sia così diversa da quella fuori; ma c’è chi ragiona, giorno per giorno e con tutti i rischi che corre, su come poter usare al meglio il tempo libero che gli rimane tra le mani – anche perché ha perso il lavoro e non entra più in un negozio, non va più al cinema, a stento si ritrova al bar per permettersi un caffè – per cercare altri come lui e non dipendere più dalle regole del gioco. Io penso a tutti loro e mi dico: “Dovrò pur fare la mia parte, fosse anche solo un modo per resistere e uscirne a testa alta, davanti ai “fratelli” di oggi e di domani”.
Niccolò»
macerie @ Aprile 17, 2014