Il lento sgretolarsi dell’impianto coercitivo dei Cie italiani aggiunge quotidiani tasselli. Questa settimana si è inaugurata lunedì con una prima rivolta nel centro di identificazione e espulsione torinese che ha distrutto l’area verde, coinvolgendo così l’organizzazione delle altre, in buona parte ormai fatiscenti e distrutte dalla ribellione dei migranti detenuti in condizioni intollerabili;
già in quell’occasione la presenza di compagni all’esterno aveva potutto constatare la determinazione e testimoniare la solidarietà. Questa si è esplicitata ancora più chiaramente mercoledì 23 luglio alle 14, quando una nuova scintilla di rivolta ha dato fuoco all’area bianca: le guardie non sono state in grado di limitare i danni, anche per la resistenza dei 5 reclusi che avevano dato vita all’impresa e ritardato l’intervento; essi poi sono stati posti in isolamento e (forse) arrestati, mentre alcuni compagni all’esterno facevano sentire il loro appoggio, venendo a loro volta fermati e costretti in una caserma della guardia di finanza a Mirafiori, per essere rilasciati solo in tarda serata.
Ci fa una ricostruzione dettagliata una compagna che ricorda a tutti l’appuntamento per domenica sera alle 19, quando si terrà un presidio sotto le mura del Cie in disfacimento
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