Nota di Radioazione: Quello che segue è l’ultimo scritto , in termini cronologici, di Pola Roupa che arriva all’indomani dell’arresto del compagno anarchico Maziotis, ed è l’ultimo della stessa Pola Roupa che apparirà su questo sito.
Il perché è presto detto.
Questo sito non vuole divulgare concetti che non solo non sono affini, ma che non possono essere condivisi nemmeno nella minimissima parte.
I “Tribunali del popolo” o le “galere del popolo” sono concetti che ad un anarchico non dovrebbero appartenere, e puzzano di teorie marxiste-leniniste che per la loro storia si differiscono dai fascisti solo per il colore.
Questo è anche un punto di riflessione per gli anarchici che vanno a braccetto con i rossi e si definiscono antifascisti.
Per tornare all’argomento principale, il lavoro è lavoro, ben pagato o mal pagato è schiavitù, è la sottomissione dell’uomo da parte dell’uomo, è l’azzeramento della propria dignità.
Ovviamente in un esistente come questo, in cui viviamo, tutti quelli che non hanno il coraggio di espropriare una banca sono “costretti” a lavorare, ma comunque il nostro obiettivo principale dovrà essere sempre quello di arrivare alla distruzione totale del lavoro e non al miglioramento del salario.
Allo stesso modo il nostro obiettivo è radere al suolo tutti i tribunali e tutte le carceri coprendo con le loro macerie coloro che hanno mantenuto per secoli la sopravvivenza di queste strutture di morte, e se un giorno i tribunali o le carceri saranno del popolo il nostro obiettivo sarà sempre lo stesso.
Ora il testo che si decide di pubblicare per far capire ancor meglio perché non verrà più pubblicato nulla di Pola Roupa; e dato che nulla dello stesso tenore hanno mai detto, o scritto, si continuerà a dare solidarietà e complicità con i compagni Nikos Maziotis e Kostas Gournas :
Il 16 luglio 2014 i cani armati del sistema hanno scatenato una feroce caccia all’uomo, e il compagno Nikos Maziotis, membro di Lotta Rivoluzionaria, dopo essere stato colpito da un proiettile dello sbirro cadde coperto di sangue. Il compagno ha combattuto la sua battaglia contro gli sbirri che lo stavano inseguendo. L’apparato dello Stato nella sua totalità ha esultato per l’arresto del “più ricercato fuggitivo numero 1″ del paese. Così come anche il criminale e il vero arciterrorista Samaras, il cui governo ha preso in mano le redini, dagli ex governi pro-memorandum, di una campagna per il più grande genocidio sociale, mai accaduta in Grecia nei tempi di “pace”. Samaras ha utilizzato l’arresto di Maziotis come uno strumento per stabilizzare il suo governo vacillante, per dare sostengo ad un regime politico ed economico con fondamenta marce, che ormai da tanto tempo è stato screditato nelle coscienze sociali.
Per il regime politico ed economico, non solo in Grecia ma anche al livello internazionale, l’arresto di un rivoluzionario del calibro politico di Nikos Maziotis è un “successo importante”, come dichiarato dagli Stati Uniti. Perché i nostri nemici percepiscono l’arresto del compagno come un colpo alla lotta per la sovversione del sistema, come un colpo alla lotta per la liberazione dal giogo del capitalismo e dello Stato, come un colpo alla lotta per la Rivoluzione sociale. La dimensione della minaccia che Maziotis rappresenta per il sistema è riflessa nell’intensa nauseante gioia del potere politico nazionale ed estero. In quanto il compagno e la Lotta Rivoluzionaria, l’organizzazione a cui appartiene, sono legati in modo intrinseco ad una sistematica destabilizzazione politica, all’indebolimento di un regime marcio; sono legati alla guerra consistente contro la dominazione e le barbarie contemporanee; sono legati alla lotta per l’abbattimento dello Stato e del capitalismo, legati alla Rivoluzione sociale in sé. Il compagno Nikos Maziotis è stato e continua ad essere impegnato nella Rivoluzione. Lui ha combattuto per questo, e continua ancora a combattere per questo; ed è per questo che lo presentano come il pericolo numero uno per il sistema. Perciò la gravità politica di questo caso dovrebbe essere il parametro primario nell’esprimere la solidarietà con il compagno.
Attualmente Maziotis è prigioniero della guerra sociale e di classe. Non è giusto che lui si trovi in prigione. L’unica cosa giusta sarebbe che fosse libero, combattendo per la Rivoluzione sociale. L’unica cosa giusta sarebbe che i responsabili per la difficile situazione del popolo greco, coloro che hanno votato e implementato il memorandum, venissero ammanettati al posto suo e affrontassero i processi del popolo; l’élite economica, i ricchi che succhiano il sangue dei proletari, l’élite politica e i loro servi. Sarebbe giusto che Samaras, Venizelos, Papandreou, Papademos e le loro organizzazioni criminali, la Troika e i leader dell’Unione Europea, fossero messi in catene. I padroni nazionali e stranieri, per cui interessi la terra e il popolo che la abita sono stati saccheggiati. Questo sono i veri terroristi e rapinatori. Questi sono i criminali spietati e gli assassini brutali.
Il giubilo per l’arresto è stato accompagnato dai precedenti attacchi della propaganda di Stato, riprodotti e in gran parte creati dai portavoce del Potere, i mass media. Attacchi che hanno cercato di storpiare il carattere rivoluzionario del compagno, utilizzando anche la sparatoria nell’area di Monastiraki come vessillo, in cui il compagno è raffigurato come un “pistolero privo di scrupoli” che spara indistintamente, mentre gli sbirri “si sforzavano di neutralizzarlo” senza ricorrere alle armi. Gli sbirri hanno, all’apparenza, sparato solo un proiettile, e solamente per “neutralizzare” il compagno. Che bugiardi nauseanti e ipocriti, entrambi, sia il meccanismo di Stato che i lacchè che si inchinano nei notiziari davanti al regime! “Sparava in mezzo alla folla”. Chi ha scelto il luogo della battaglia? Chi ha iniziato la caccia all’uomo? O forse Maziotis doveva buttare l’arma e arrendersi senza combattere?
Gli sbirri hanno coscientemente scelto di condurre uno scontro armato in un luogo affollato. Il compagno era obbligato a difendersi. Dopo il ferimento di un turista, che ha dichiarato di essere stato ferito da uno sbirro, non più mostrato in pubblico, hanno affermato a più riprese nei media ufficiali che hanno sparato un solo proiettile, mentre il compagno ne avrebbe sparato ben otto. Tuttavia, con il solo sospetto che l’uomo a cui davano la caccia poteva essere Maziotis, avrebbero comunque aperto il fuoco con le mitragliatrici automatiche pur di non lasciarlo scappare. Dato che la posta in gioco per loro era di grande importanza politica e non li importava affatto se la loro operazione si svolgesse in mezzo ad una masso di gente, né li importava se qualche passante fosse stato ucciso. Inoltre, se questo fosse accaduto avrebbero addossato la colpa al compagno. Chi mai potrebbe smentirli?
Per quanto riguarda le ridicole affermazioni di averlo presumibilmente rintracciato già qualche giorno prima, questo è stato dichiarato nel contesto della propaganda di Stato e non per ammettere che si è trattato di un incidente puramente casuale. Questo si può vedere anche nei loro rapporti contraddittori. Prima hanno dichiarato che il compagno è stato riconosciuto da una poliziotta segreta poco prima della sparatoria. Poi hanno detto che un ex poliziotto segreto lo aveva riconosciuto giorni prima in una stazione della metrò. Se questo fosse vero lo avrebbero rintracciato giorni prima, e ci avrebbero arrestati. Una spia femminile e un momento di sfortuna hanno dato inizio alla caccia all’uomo. Però nuovamente non potevano ammettere che l’inseguimento della polizia è iniziato per caso. Tutta la propaganda di averlo localizzato prima è stata generata per affermare pubblicamente che il meccanismo repressivo, e specialmente l’unità “antiterrorismo”, sono produttive ed efficienti. Ma questo è lontano dalla realtà dei fatti. In tutto il periodo precedente eravamo continuamente tra di loro. Ci siamo spostati dappertutto. Li passavamo accanto. Li guardavamo, ma loro non vedevano noi.
Dal momento dell’arresto del mio compagno io sono diventata “il fuggitivo più ricercato numero uno”; io e il mio figlio, su cui gli uomini impagliati di regime nei mass media hanno “informato” con eccessiva volgarità, rivelando tantissimi dati personali, e con un’ipocrisia nauseante contemporaneamente premiando il meccanismo di persecuzione per la loro “sensibilità” di non aver rilasciato al pubblico la foto del bambino. Da adesso in poi gli sbirri ribalteranno il paese per trovare il bambino in base a qualsiasi indizio che potrebbero avere. Oltre a questo, mio figlio non è ricercato dalle autorità… E come un ignobile giornalista di mente poliziesca disse in passato, sperano di prenderci attraverso il bambino. Adesso, attraverso il bambino desiderano catturare me.
Hanno il mio compagno gravemente ferito nelle loro mani. La loro vendetta è stata qualcosa di aspettato. Non li basta avere Maziotis con un braccio distrutto da un proiettile e in gravi condizioni di salute; quindi, nonostante il fatto che il bisogno di un stretto controllo medico e di altri interventi chirurgici sono stati resi pubblici, hanno imposto il loro trasferimento vendicativo in un carcere conosciuto per non avere dei medici neanche per le necessità più elementari dei detenuti. Non c’è dubbio che le sue condizioni sono peggiorate a causa di questo trasferimento. So dall’esperienza personale che tipo di trasferimenti sono imposti ai combattenti armati. Quando sono stata costretta durante la gravidanza al trasferimento in un altro carcere sono finita in ospedale con un’emorragia, costringendomi a letto per evitare di perdere il bambino. E’ ovvio che sono spaventati. Hanno il compagno nelle loro mani con un braccio distrutto e sono ancora spaventati.
Per quanto riguarda me: veramente si aspettano e ancora anticipano che io mi arrenderò? Non gli farò questo favore. Che vengano a prendermi. In realtà i miei inseguitori non credono che farei una cosa del genere. Per questo motivo hanno fatto irruzione in casa della mia famiglia, perquisendola, interrogando mia madre e mia sorella, in cerca di ogni possibile indizio, ma in vano. Le loro dichiarazioni ai media, che mi trovo in una posizione difficile e sulla possibilità che mi consegnerò alle autorità, non sono altro che un ulteriore sforzo per infliggere delle pressioni. I miei inseguitori mi conoscono. Hanno dovuto conoscermi il 10 aprile 2010 quando ero nelle loro mani incinta, e nonostante i loro ridicoli tentativi di terrorizzarmi non li ho detto neanche il mio nome; tutto quello che avevano ottenuto da me erano sputi. Sono consci della mia posizione politica durante la detenzione, sanno che posizione politica ho mantenuto durante l’intero processo. Io ero, io sono e io sarò membro di Lotta Rivoluzionaria. Se pensano che mi possono piegare, si sbagliano di grosso.
L’arresto del nostro compagno è stato un duro colpo. Il nostro compagno Lambros Foundas ha versato il suo sangue nei vicoli di Dafni, e Nikos Maziotis a Monastiraki. Lotta Rivoluzionaria ha dato il suo sangue per la Rivoluzione sociale. Ma i nostri nemici non avranno l’ultima parola.
Il campo è ancora aperto per Lotta Rivoluzionaria. Il campo sociale è nostro, non loro. Per i nostri nemici è un campo ostile, selvaggio, che possono controllare solo con la violenza. Ogni giorno lo Stato e il Capitale saccheggiano, terrorizzano, assassinano e sterminano nel loro tentativo di salvare il sistema. Nel nome di “strappare dal sistema tutto il marciume” loro trucidano milioni di persone considerate superflue alla riproduzione del capitalismo. Nello stesso tempo bombardano la società con delle stupide storie sulla “ripresa economica” e “sull’uscita del paese dal tunnel della crisi”; storie che fanno ridere e indignare i poveri, gli affamati e i miserabili di questo paese.
16 luglio si è svolta una battaglia a Monastiraki. Una battaglia impari tra un rivoluzionario e a decine di cani armati dello Stato. Una battaglia impari, proprio come in questo periodo storico è impari la lotta per la Rivoluzione. Una lotta tra pochi rivoluzionari e un apparato armato fino ai denti e in gran numero. Però questa lotta, la lotta rivoluzionaria, non è una questione di numeri. E’ una questione dell’anima. E’ una questione di credere nella giustezza rivoluzionaria. E’ una questione di credere nella Rivoluzione. Di combattere un sistema omicida, criminale per sua stessa natura, riprodotto attraverso lo sfruttamento, oppressione e anche lo sterminio fisico delle persone. Un sistema riprodotto dalla violenza. La violenza della politica economica, la violenza esercitata dalla élite economica e politica per mantenere vivo il marcio sistema capitalista, per assicurare i suoi interessi e per continuare il dominio. Ognuno di noi ha sperimentato i risultati di questa violenza nel corso degli ultimi quattro anni, da quando il paese si trova in preda alla crisi, con milioni di disoccupati e lavoratori occasionali, con salari da fame, con la trasformazione del lavoro nel commercio di schiavi, con le peggiori condizioni di schiavitù salariale, mai sperimentati prima dalla popolazione di questo paese. Abbiamo visto e continuiamo a vedere i risultati di questa violenza omicida nella fame delle persone, nella malnutrizione dei bambini, nelle restrizioni alimentari, malattie, morti e nel sempre più numerosi suicidi. Vediamo questi risultati nei rifiuti dove i topi umani, con la dignità distrutta, rovistano per un pezzo di pane. Questa “nascosta” violenza del sistema, in mezzo ad una crisi sistematica, oggi è diventata un’arma della distruzione di massa.
E’ assolutamente giusto combattere l’ingiustizia; combattere un sistema che imprigiona, picchia, uccide persone di seconda classe, siano esse oppositori, scioperanti e manifestanti o miseri immigrati, con la cruda violenza del meccanismo repressivo per consolidare l’ordine. Un sistema che ha istituito le segrete di “massima sicurezza” con l’intenzione primaria di annichilire i combattenti armati politicamente, moralmente, psicologicamente e anche fisicamente, schiacciando la volontà di intraprendere una lotta rivoluzionaria armata. Un sistema servito dalla giustizia che richiede la legittimazione di ogni tipo di violenza di Stato (ad esempio, il caso di naufragio a Farmakonisi, dove gli ufficiali della Guardia Costiera furono responsabili dell’annegamento degli immigrati, è stato archiviato), ma anche della violenza razzista contro i miseri lavoratori (ad esempio, i produttori di fragole e i loro capisquadra sono stati assolti per l’attacco omicida a Manolada sui lavoratori agricoli immigrati). Inoltre, a livello internazionale, nel nome del consolidamento del Nuovo Ordine Mondiale attraverso le guerre contro il “terrorismo”, il massacro di un intero popolo in Palestina è stato legittimato.
La lotta rivoluzionaria è una questione di credere nella necessità di combattere l’oppressore; di restituire ai veri criminali, i veri terroristi e assassini che hanno costruito il sistema, una percentuale di violenza che loro perpetrano. Perché solo con l’azione rivoluzionaria armata saranno capaci di comprendere che non rimarranno per sempre intoccabili.
E soprattutto, la lotta rivoluzionaria è una questione di fiducia profonda e ostinata nella giustezza rivoluzionaria, la giustezza nell’abolizione di ogni forma di sfruttamento e repressione, distruggendo lo Stato e il capitalismo. Nella giustezza di una società di eguaglianza economica, senza ricchi e poveri, senza padroni e schiavi. Nella giustezza di una società di persone veramente libere.
Nel periodo quando Lotta Rivoluzionaria era attiva, dal 2003 ad oggi, ha intrapreso una forte lotta armata contro tutte le forme di violenza del sistema menzionate sopra. Ministri, tribunali, forze di polizia, banche, edificio della Borsa, ambasciata americana, Banca della Grecia, sono tutti stati bersaglio dell’organizzazione. Agendo in modo coerente, Lotta Rivoluzionaria ha dato una risposta importante alla violenza dello Stato, alla violenza della élite economica e politica, alla violenza della giustizia del sistema, e ha scritto pagine importanti della storia rivoluzionaria di questa terra, ma anche a livello internazionale.
Lotta Rivoluzionaria ha agito e parlato in termini di crisi economica nei tempi quando calò il silenzio sopra la frode del sistema sulla “eterna stabilità del sistema” e la “fiorente economia greca”. Più tardi, con l’inizio della crisi, l’organizzazione ha rifiutato tutte le voci dominanti che parlavano della “rafforzata e inattaccabile economia greca”, ma anche le percezioni ingoiate, impregnate di propaganda del regime, che non erano in grado di cogliere la dimensione della tempesta in arrivo.
Lotta Rivoluzionaria ha parlato e agito in termini di Rivoluzione e di organizzazione sociale rivoluzionaria nei tempi quando questi concetti erano sepolti sotto la muffa del fraudolento Stato sociale. Essa ha mantenuto e continua a mantenere la fiamma della Rivoluzione sociale, la fiamma della libertà, in vita. Essa ha segnato, determinato, ispirato molte persone, ha formato e continua a formare le coscienze.
Per tutto quello menzionato sopra, essa ha rappresentato, rappresenta e continuerà a rappresentare una seria minaccia politica al sistema. Lotta Rivoluzionari ha combattuto, combatte e combatterà per tutto menzionato sopra. Per tutto questo io continuerò a combattere.
LIBERTA’ PER COMPAGNO NIKOS MAZIOTIS
ONORE PER SEMPRE AL COMPAGNO LAMBROS FOUNDAS
LUNGA VITA ALLA RIVOLUZIONE SOCIALE
Pola Roupa
8 agosto 2014
Tradotto da Erika
https://radioazione.org/2014/08/grecia-scritto-di-pola-roupa-dalla-latitanza-sullarresto-di-maziotis/#more-7203
[Grécia] Carta aberta de Pola Roupa, membro da Luta Revolucionária, a partir da clandestinidade
A 16 de Julho de 2014, após furiosa perseguição pelos cães armados do regime, o companheiro Nikos Maziotis, membro da Luta Revolucionária é atingido pela bala de um polícia e cai coberto de sangue. O companheiro tinha dado batalha à bófia que o perseguia. Todo o aparelho do Estado festeja a detenção do “procurado mais perigoso” do país. O mesmo acontece com o criminoso e real cabecilha terrorista Samaras, cujo governo tomou as rédeas depois dos governos pró-memorando, numa campanha para o maior genocídio social que ocorreu no país em tempos de “paz”.
Samaras usa a detenção de Maziotis como um meio para a estabilização do seu governo titubeante e para sustentar um regime político e económico com fundações podres, há muito desacreditado na consciência social. A detenção de um revolucionário com o calibre político de Nikos Maziotis constitui um “sucesso significativo” para o regime político e económico não só da Grécia, mas também a nível internacional, como afirmado pelos Estados Unidos. Isso porque a prisão do companheiro é percebida pelos nossos inimigos como um golpe na luta pelo derrube do regime, um golpe na libertação do jugo do capitalismo e do Estado, um golpe na luta pela revolução social. O tamanho da ameaça que Maziotis representa para o regime reflete-se no tom alto do nauseante regozijo demonstrado por parte do Poder político interno e externo. Porque o companheiro e a Luta Revolucionária, a organização à qual ele pertence, estão intrinsecamente ligados à desestabilização política minando um regime podre; ligados à guerra consistente contra a dominação e a barbárie contemporânea; ligados à luta pela derrube do Estado e do capitalismo, à própria revolução social. O compa Nikos Maziotis esteve e continua a estar dedicado à Revolução. É para isso que ele tem combatido, é isso pelo qual ainda luta; é por isso que o apresentam como o maior perigo para o regime. Assim, a gravidade política deste caso deve ser o parâmetro principal a considerar na solidariedade com o companheiro. Atualmente, Maziotis é um preso da guerra social e de classe. Não é justo que esteja na prisão. O justo seria estar livre, a lutar pela revolução social. Só seria justo se, em vez dele, fossem algemados e julgados em tribunais populares aqueles que são responsáveis pelo sofrimento do povo grego, que votaram e implementam os memorandos; a elite económica, os ricos que sugam o sangue dos proletários, a elite política e os seus servos. O justo seria estarem agrilhoados com correntes Samaras, Venizelos, Papandreou, Papademos e as suas organizações criminosas; os Troikanos e os líderes da União Europeia; os patrões gregos e estrangeiros pois, em nome dos seus interesses económicos, o país e as pessoas que nele vivem estão a ser devastadas. Estes são os verdadeiros terroristas e salteadores. São estes os criminosos impiedosos e assassinos brutais. Os festejos pela detenção foram acompanhados pelos ataques já esperados da propaganda estatal, reproduzida e em grande medida criada pelos porta-vozes do Poder, os media de massas. Ataques que tentaram manchar o carácter revolucionário do companheiro e em que usaram como bandeira o tiroteio na área de Monastiraki – em que o companheiro é retratado como “pistoleiro sem escrúpulos”, que abre fogo indiscriminadamente, enquanto a bófia ” esforça-se para o neutralizar” sem o uso de armas. Supostamente a bófia disparou um único tiro, sendo este apenas para neutralizar o companheiro. Como são mentirosos e hipócritas nauseantes tanto os mecanismos de Estado como os que se ajoelham e curvam ao regime nos noticiários! “Ele estava a disparar no meio das pessoas”. Quem escolheu o lugar para este confronto? Quem começou a perseguição? Ou será que Maziotis deveria ter abandonado a arma e render-se sem luta? A bófia optou, conscientemente, por realizar um confronto armado num local cheio de gente. O companheiro viu-se obrigado a se defender. Depois de terem feito desaparecer rapidamente das notícias a declaração de um dos turistas – onde afirma que foi baleado por um polícia – passaram a declarar constantemente nos media que dispararam só um tiro, enquanto que o companheiro disparou oito. Mas estavam dispostos a disparar, inclusive com armas automáticas, para que não escapasse, embora só com a suspeita de que a pessoa que perseguiam fosse Maziotis. Porque o que estava em jogo era de grande importância política para eles, não lhes interessando nada que a operação fosse realizada entre dezenas de pessoas ou se algum circunstante pudesse morrer. Ainda por cima culpariam o companheiro. Quem os poderia refutar? E quanto às afirmações ridículas de que supostamente o tinham localizado há uns dias, essas foram feitas no contexto da propaganda estatal, não admitindo que o incidente foi puramente aleatório. E isso é algo que também se nota nos seus relatos contraditórios. Por um lado afirmam que o companheiro foi reconhecido por uma mulher da polícia secreta pouco antes do confronto, em seguida dizem ter sido outro polícia da secreta que, nos dias anteriores, o tinha reconhecido numa estação de metro. Se fosse verdade que o tinham localizado alguns dias antes, já nos tinham detido. Uma delatora e um infortúnio deram lugar à perseguição. Mas claro, não podiam admitir que a perseguição começou aleatoriamente. Toda a propaganda, sobre a sua suposta localização de antemão, foi gerada para publicamente poderem afirmar que os mecanismos repressivos e, em especial, as forças “anti-terroristas”, são produtivas e eficazes. Mas isso está muito longe da realidade. Em todo o período precedente, estávamos continuamente entre eles. Movíamos-nos por toda a parte. Passávamos por eles. Observávamos-los mas eles não nos viam. Passei a ser a “procurada mais perigosa”. Eu e o meu filho – sobre o qual os espantalhos do regime, nos media de massas, “informam”, com vulgaridade excessiva, revelando um monte dos seus dados pessoais, enquanto que, com uma hipocrisia repugnante, felicitam os mecanismos de perseguição pela sua “sensibilidade” ao não divulgar a fotografia da criança ao público. Daqui em diante, a bófia vai varrer o país para encontrar a criança, com base nas pistas que possam ter. Fora isso, o meu filho não é procurado pelas autoridades … E, como uma vergonhosa jornalista, ao serviço da polícia, afirmou no passado, através da criança esperavam capturar-nos. Agora, através da criança, eles querem-me capturar. Têm o meu companheiro nas suas mãos, gravemente ferido. A sua vingança era algo esperado. Para eles não é suficiente que Maziotis tenha um braço esmagado por uma bala e se encontre em estado de saúde grave. Assim, apesar da necessidade de supervisão médica e de mais operações ter vindo a público, obrigaram-no a uma transferência vingativa para uma prisão conhecida por não ter médicos, nem mesmo para as necessidades médicas mais básicas dos presos. Não há dúvida de que, só por causa desta transferência, o seu estado piorou. Conheço em primeira mão o tipo de transferências de prisão que são impostas aos lutadorxs armadxs. Quando me obrigaram a uma transferência para outra prisão, enquanto estava grávida, acabei no hospital com hemorragias e fui forçada a ficar acamada, para evitar ter um aborto espontâneo. É óbvio que estão com medo. Eles têm nas suas mãos o companheiro, com o braço destroçado, e mesmo assim continuam com medo. E no que a mim diz respeito: esperavam realmente, ou ainda esperam, que eu me vá entregar? Não lhes vou fazer esse favor. Que me venham deter. Na realidade, os meus perseguidores não acreditam que eu fizesse uma coisa dessas. É por isso que invadiram e revistaram a casa da minha família, interrogaram a minha mãe e irmã, em busca de alguma pista, mas em vão. As suas declarações nos media de massas, segundo as quais me encontro numa posição difícil e que é possível que me entregue às autoridades, não são nada mais do que um esforço final para me pressionar. Os meus perseguidores conhecem-me. Conheceram-me no dia 10 de Abril de 2010, quando estava grávida nas suas mãos e, apesar das suas tentativas ridículas para me aterrorizar, nem sequer lhes dizia o meu nome; tudo o que receberam de mim foi cuspir-lhes em cima. Eles estão cientes da minha posição política durante a prisão, sabem a postura política que mantive durante todo o processo de julgamento. Fui, sou e serei membro da Luta Revolucionária. Se pensam que podem me dobrar, estão grosseiramente equivocados. A detenção do nosso companheiro foi um golpe. O nosso companheiro Lambros Foundas derramou o seu sangue nos becos de Dafni, e Nikos Maziotis em Monastiraki. A Luta Revolucionária deu o seu sangue pela causa da revolução social. Mas os nossos inimigos não terão a última palavra. O campo de ação está aberto para a Luta Revolucionária. O campo social é o campo que é nosso, não deles. Para os nossos inimigos é uma campo hostil, selvagem, que só podem controlar através da violência. Todos os dias, o Estado e o Capital pilham, aterrorizam, assassinam e exterminam, na sua tentativa de salvar o regime. Em nome de “arrancar toda a podridão do sistema” estão a massacrar milhões de pessoas que são consideradas supérfluas para a reprodução do capitalismo. Ao mesmo tempo, bombardeiam a sociedade com histórias estúpidas de “recuperação económica” e “saída do país do túnel da crise”; contos que dão vontade de rir mas, também, provocam indignação aos pobres, aos esfomeados, aos desamparados deste país. No dia 16 de Julho, um combate teve lugar em Monastiraki. Um combate desigual entre um revolucionário e dezenas de cães armados do Estado. Um combate tão desigual quanto o é, neste período histórico, a luta pela Revolução. A luta entre alguns revolucionários e um aparelho, armado até aos dentes. Só que esta luta, a luta revolucionária, não é uma questão numérica. É uma questão de alma. É uma questão de acreditar na justeza revolucionária. É uma questão de se acreditar na revolução. De combater um sistema assassino, criminoso na sua própria natureza, reproduzido através da exploração, da opressão, e até mesmo do extermínio físico de pessoas. Um sistema reproduzido pela violência. A violência da política económica, a violência exercida pela elite económica e política, para manter vivo o sistema capitalista apodrecido, para garantir os seus interesses e para continuar a dominar. Cada um de nós já experimentou, ao longo dos últimos quatro anos, os resultados desta violência que afundou o país nos vórtices da crise, com milhões de desempregados e trabalhadores ocasionais, com salários de miséria, com a transformação de trabalho no tráfico de escravos, com as piores condições de escravidão assalariada já experimentado por pessoas neste país. Vimos e continuamos a ver os resultados desta violência assassina nos esfaimados, nas crianças desnutridas, nos que morrem de fome, nos que acabam por adoecer, nos que perdem a vida, nos suicídios que aumentam continuamente. Vemos estes resultados nos contentores do lixo onde os seres humanos-ratos, com a sua dignidade espezinhada, buscam uma crosta de pão. Esta violência “escondida” do sistema, no meio de uma crise sistémica, tornou-se numa arma de destruição em massa. É absolutamente justo lutar-se contra a injustiça. Combater-se um sistema que para consolidar a ordem, através da violência crua e dura dos seus mecanismos repressivos, está a encarcerar, agredir, assassinar humanos de 2ª classe, sejam estes resistentes, grevistas e manifestantes ou imigrantes empobrecidos. Esse sistema está a construir masmorras de “segurança máxima” com o objectivo de aniquilar politicamente, moralmente, psicologicamente, e até mesmo fisicamente, os lutadorxs armadxs, de esmagar a vontade de travar a luta revolucionária armada. Um sistema servido por uma justiça que requer a legitimação de todos os tipos de violência do Estado (por exemplo, o caso do naufrágio em Farmakonisi, onde os oficiais da Guarda Costeira foram responsáveis pelo afogamento de imigrantes, está arquivado), mas também a violência racista contra os trabalhadores empobrecidos (por exemplo, produtores de morango e os seus capatazes foram absolvidos pelo ataque assassino, com fusis, sobre os trabalhadores agrícolas imigrantes, em Manolada). Além disso, a nível internacional, em nome da consolidação da Nova Ordem Mundial através das guerras contra o “terrorismo”, legitima-se o massacre de um povo inteiro, na Palestina. A Luta Revolucionária é uma questão de crença na necessidade de combater os opressores; para que se devolva, assim, aos verdadeiros criminosos, aos verdadeiros terroristas e assassinos que compõem o sistema, uma percentagem da violência que exercem. Porque só com a ação revolucionária armada podem entender que não vão ficar imunes para sempre. Acima de tudo, a Luta Revolucionária é uma questão de crença profunda e inabalável na justiça revolucionária, na justiça da abolição de todas as formas de exploração e repressão, na destruição do Estado e do capitalismo. A justiça de uma sociedade de igualdade económica, sem ricos e pobres, sem senhores e escravos. A justiça de uma sociedade de pessoas verdadeiramente livres. A Luta Revolucionária, no período em que esteve activa, desde 2003 até à data, tem travado uma luta armada dinâmica, contra todas as formas de violência do regime antes mencionadas. Ministérios, tribunais, forças policiais, bancos, o edifício da bolsa de valores, a embaixada americana, o Banco da Grécia, foram alvo da organização. Actuando de forma consistente, a Luta Revolucionária tem dado respostas significativas à violência do Estado, à violência da elite económica e política, à violência da justiça do regime, e tem escrito páginas importantes na história revolucionária desta terra e também a nível internacional. A Luta Revolucionária agia e falava em relação à crise económica, nos momentos em que o silêncio se estendia sobre a fraude da “eterna estabilidade do sistema” e da “florescente economia grega”. Mais tarde, com o início da crise, a organização refutou todas as vozes dominantes que falavam de “economia grega fortificada e inatacável”, mas também das percepções superficiais, impregnadas pela propaganda dominante, que eram incapazes de compreender a magnitude da tormenta que se acercava. A Luta Revolucionária falou e actuou pela revolução e pela organização social revolucionária, em tempos em que estas questões foram enterradas sob o mofo do bem-estar social fraudulento. Manteve e continua a manter viva a chama da revolução social,a chama da liberdade. Marcou, determinou, inspirou muitas pessoas, formou e continua a formar consciências. Por tudo isto, foi, é, e será uma ameaça política séria para o regime. Por tudo isto, lutou, luta e continuará a lutar a Luta Revolucionária. Por tudo isto, continuarei a lutar eu também.
LIBERDADE PARA O COMPANHEIRO NIKOS MAZIOTIS HONRA PARA SEMPRE AO COMPANHEIRO LAMBROS FOUNDAS VIVA A REVOLUÇÂO SOCIAL
Pola Roupa
8 de Agosto de 2014
Fonte: Contra Info