Da un indesiderabile agli altri

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Dichiarazione di Massimo Passamani
Parigi, 22 Ottobre 1999

Il 6 ottobre, la polizia mi ha notificato il decreto di estradizione che Jospin e la sua degna compare Guigou hanno appena firmato contro di me. Il governo francese ha così confermato l’avviso favorevole espresso due anni fa dal tribunale di Parigi.
Lo Stato italiano mi reclama per “banda armata”, “associazione sovversiva”, “detenzione di armi e di esplosivi”, eccetera. Queste accuse sono alla base di un processo, tuttora in corso, contro di me e alcune decine di altri anarchici. Un mandato di arresto mi aveva consigliato di allontanarmi dall’Italia.

Diversi mesi più tardi, sfortuna volle che mi arrestassero a Parigi. Né fuoriuscito, né esiliato, né rifugiato politico, ero un ricercato latitante, un clandestino come gli altri. Malgrado l’avviso favorevole dei giudici alla mia estradizione, dopo undici mesi di carcere ero di nuovo fuori, poiché nel frattempo i compagni erano stati rilasciati in Italia in seguito ad un vizio di forma (nella fretta di liquidarci – con il pretesto, senza originalità, di una “banda armata” inesistente e l’aiuto, non nuovo ma sempre infame, di una falsa “pentita” – il giudice Marini e i suoi valletti avevano scordato le procedure…). La solidarietà che parecchi compagni francesi mi hanno manifestato durante la mia carcerazione mi ha permesso, una volta uscito, di partecipare a iniziative di lotta su diversi temi. Parigi val bene un arresto. Un anno dopo, ancora nessun decreto di estradizione. Finisce il mio controllo giudiziario, mentre la situazione sembra rimanere “sospesa” (da anni la consuetudine del governo è quella di non firmare decreti contro italiani ricercati con accuse dello stesso tipo). Ma gli accordi di Schengen decidono altrimenti – e i “socialisti” al potere la fanno finita con la loro pantomima garantista (che comunque non ha mai impedito loro di espellere i sans-papiers né di bandire tutti gli altri indesiderabili per ragioni di Stato o di mercato). Una volta respinto il mio ultimo ricorso, sarò uno di questi numerosi indesiderabili dell’Europa delle merci e degli schedari di polizia.
Per me è la prigione, per altri è il viaggio verso una miseria senza ritorno; ma si tratta sempre di colonie interne nelle quali si rinchiudono gli stranieri alla “comunità” del denaro e dell’autorità. Prigione o espulsione: due misure per sbarazzarsi di tutti coloro che non servono all’Economia o che disturbano lo Stato. In questa Internazionale dello sfruttamento e della sorveglianza generalizzata, la repressione di ogni dissenso si unisce a un controllo sociale ogni giorno più tecnologico e a una normalizzazione dei comportamenti che fa della Legge un riflesso condizionato. Ecco perché i “fuorilegge” diventano sempre più visibili agli occhi delle polizie. Ecco perché la solidarietà, questo legame che se ne infischia sovranamente del codice penale, non può rispettare le frontiere sociali, oggi meno che mai. Per coloro che pensano (per la propria libertà e per quella degli irregolari presenti o a venire) che questa estradizione non deve passare, o per lo meno non in tutta tranquillità – ecco un angolo d’attacco possibile: opporre l’Europa degli indesiderabili all’Europa dei codici e dei decreti. Per la libertà di andare ovunque. Per non accettare più frontiere territoriali né legali, con i loro “cittadini” e i loro “stranieri”, i loro “comunitari” e i loro “extracomunitari”, i loro “regolarizzati” e i loro “clandestini”, i loro “innocenti” e i loro “colpevoli”. Di fronte a questo mondo, siamo tutti stranieri, extracomunitari, irregolari, clandestini, colpevoli, banditi. Attorno ad un tema tanto importante quanto vasto, ognuno potrà trovare i propri obiettivi come i propri complici. Con quali mezzi? Come diceva Joseph Déjacque, con il braccio e con il cuore, la parola e la penna, il pugnale e il fucile, l’ironia e la bestemmia, il furto, l’avvelenamento e l’incendio…

Fonte: traduzione di un testo diffuso in Francia.