“Non siamo qui per giudicare la grande opera, né delle decisione di questore e prefetto, che comunque non possono essere causa di giustificazione per i reati commessi”. Non poteva essere più chiara la Pm Emanuela Pedrotta nell’introdurre oggi una delle ultime udienze del maxiprocesso che vede a giudizio 53 attivisti imputati per gli scontri dell’estate 2011 alla Maddalena di Chiomonte.
E se l’inizio tradisce già un’impronta, questa non può che confermarsi nel prosieguo della requisitoria. La Pm dismette i panni giuridici per sconfinare nel giudizio etico quando non nell’insulto vero e proprio: se agli imputati viene inizialmente contestato l’uso di una “violenza estrema e ingiustificata”, in un passaggio successivo viene stigmatizzato “atteggiamento di scherno e arroganza che hanno in quest’aula”, per poi liquidare i comportamenti dei notav a giudizio come in preda a “istinti primordiali”.
La presenza in aula degli imputati e del pubblico accorso in solidarietà non poteva tollerare questo atteggiamento di scherno e disprezzo e hanno quindi protestato con slogan e fischi. L’udienza è stata quindi sospesa per mezz’ora, per poi riprendere, a porte chiuse, dopo l’espulsione dei tre accusati. Successivamente agli imputati e al pubblico è stato addirittura imposto di abbandonare il cortile antistante l’aula-bunker.
Un’ascoltatrice presente ci racconta il clima di questa mattinata surreale
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