Comunicato editoriale
Arkiviu bibrioteka “T. Serra”
È appena uscito il libro autobiografico di Giovanni Farina: Nonostante i cacciatori di uomini (Autobiografia), Introduzione di C. Cavalleri, 320 pagine complessive.
Giovanni Farina, pastore figlio di pastori sardi (originari di Orune), fin dalla tenera età ha vissuto in Toscana, sui monti della Calvana, nei pressi di Prato, ove la famiglia si trasferì nel 1950, portandosi dietro il bestiame e gli altri pochi averi. Terminate le scuole elementari, per il proseguimento degli studi avrebbe dovuto trasferirsi in città, ed essendo l’unico figlio maschio in grado di dare un aiuto al padre nell’accudimento degli animali si dedica ad essi, preferendo stare nella montagna in loro compagnia. Fin dai primi anni ’70 la procura di Firenze e le forze dell’ordine tormentano quotidianamente tutte le famiglie di allevatori sardi, e tra queste quella di Giovanni, col pretesto della lotta ai sequestratori, a-priori individuati tra gli emigrati dalla Sardegna. I periodici tormenti al bestiame, le continue invasioni delle aziende e conseguenti distruzioni si accompagnano, nel caso di Giovanni Farina, alle indecentui proposte di “arruolamento” al servizio della polizia in qualità di provocatore, infiltrato, spia e quant’altro nell’ambiente agropastorale degli emigrati sardi in Italia. Il rifiuto categorico di Giovanni alle indecenti proposte e la persistenza delle provocazioni, fino all’arresto e la galera che gli costano anni di carcere preventivo, per poi essere assolto, lo spingono infine alla latitanza e ad effettuare, assieme ad altri toscani conosciuti in galera, i sequestri Del Tongo e Ciaschi, col riscatto dei quali si trasferisce in Sudamerica. Alcuni dei coautori dei due rapimenti saranno i suoi soci d’affari in Venezuela e, personaggi ambigui legati ad ambienti variamente intrecciati con servizi segreti e speculatori di ogni riesma e colore, finiranno per tradirlo, svendendolo alle forze dell’ordine. Arrestato ed estradato in Italia, subirà la condanna per i due sequestri (la sua molto più pesante che per i suoi complici, proprio a causa delle sue origini sarde) e quando, ormai in regime di semilibertà perché a fine pena, gli verranno con insistenza rinnovate le vecchie “indegna proposte” il cui rifiuto gli costerebbe la semilibertà, capisce che il tormento non avrà mai fine e si da nuovamente uccel di bosco. Nel periodo della nuova latitanza verrà accusato di essere tra i sequestratori e custode, unitamente ad Attilio Cubeddu (tutt’ora alla macchia), dell’imprenditore Giuseppe Soffiantini e tra i responsabili dell’uccisione del NOCS Samuele Donatoni, avvenuta durante la trappola voluta da polizia e magistratura nell’abboccamento a Riofreddo coi sequestratori di Soffiantini per il finto pagamento del riscatto.
Farina verrà identificato in Australia ed estradato. Condannato a 28 anni per il sequestro Soffiantini e ad altri 8 per i reati connessi, verrà invece assolto per la morte di Donatoni (in un dibattimento a parte) nello “storico” processo in cui emerge inequivocabilmnente che polizia (NOCS), PM (Franco Ionta) e molteplici funzionari di Stato, hanno mentito, manipolato e distrutto prove, falsificato documenti, testimonianze e reperti allo scopo di celare la verità sull’omicidio (o assassinio?) del nocs Donatoni, fatto fuori da “fuoco amico” con arma in uso alla polizia del nucleo speciale, quel 17 ottobre 1997 a Riofreddo.
In queste pagine autobiografiche, Giovanni Farina racconta il suo percorso esistenziale, simile a quello dei componenti le circa 5 mila famiglie sarde che dal secondo dopoguerra si son trasferite in Toscana col loro bestiame, cercando sorte diversa da quella che il regime coloniale ha decretato per i sardi nella loro terra, e sulle spalle delle quali personaggi come Piero Luigi Vigna, il collega Fleury, o un Franco Ionta, tra i magistrati, o come Antonio Manganelli, tra gli sbirri, han costruito carriera e fortuna.
Il testo, ricco di elementi descrittivi della cultura materiale agropastorale sarda, sulla scia dei numerosi testi di già editi dallo Arkiviu “T. Serra” (M. Calia: Cantigu dae presone; C. Coccone: Zustiscia mala Autobiografia; A. Soru: Il sequestro e l’uccisione di M. Ostini; M. Trudu: Imperkadores de Istadu) mette a nudo l’operare di magistratura e forze dell’ordine, libere di agire indisturbate, grazie alle situazioni di “emergenza sociale” appositamente costruite ed istigate dai pilastri istituzionali e mediatici del regime democratico, a scapito di quei settori di popolazione e forze sociali che si scontrano frontalmente coll’ordine imposto dal capitale-Stato.
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