Il GIP Vitelli (assolse Alberto Stasi in primo grado dall’accusa di aver ucciso Chiara Poggi) in due diversi casi negli ultimi mesi ha ridimensionato i tentativi fissi del “pool no tav” della Procura di Torino di fare muro contro le denunce dei No Tav.
Il primo caso risale all’8 dicembre 2011: Yuri viene gravemente ferito da un lacrimogeno sparatogli in testa dalle forze dell’ordine.
Che ritardano pure l’autoambulanza per il soccorso del giovane manifestante.
Di fronte alla denuncia, il “pool” guidato da Giancarlo Caselli chiede l’archiviazione perché sarebbe impossibile risalire agli agenti che spararono. Sul ritardo dicono: non c’è prova che abbia influito sulle condizioni di salute di Yuri.
Questo video, dai 55’’ in poi https://www.youtube.com/watch?v=K1sdZpx3XcQ vi ricordano quel giorno cosa combinavano i carabinieri.
L’opposizione non si fa attendere: certo che è impossibile risalire…se non si fa nessuna indagine! Ad esempio se non si cerca di capire chi avesse in dotazione i lanciagranate, chi comandasse, se qualcuno avesse visto, etc etc. La richiesta quindi era di acquisire gli ordini di servizio, i registri carico e scarico dei lacrimogeni, i filmati che riprendono le Forze dell’Ordine, etc etc.
Vitelli ha accolto l’opposizione della difesa. In sostanza dicendo: il principio della procura (archiviare quando è impossibile individuare i colpevoli) è valido solo se si sono fatte delle indagini, che invece nel caso di Yuri non ci sono.
<<comprendere se le lamentele del querelante in merito al corretto operato della polizia operante (rispetto al lancio di lacrimogeni ad altezza uomo) e ad un’eventuale omissione di soccorso a danno dello stesso che cadeva ferito (si veda documentazione medica in atti) a causa del lancio di uno di questi siano o meno fondate o comunque suscettibili di essere provate presuppone, infatti, l’espletamento di un approfondimento istruttorio>>
E così ordina alla procura di fare molte delle attività indicate dall’avvocato di Yuri del pool legale no tav: acquisizione di video e di foto, acquisizione di ordini di servizio, identificazione della specifica funzionaria che avrebbe ostacolato i soccorsi, acquisizione delle comunicazioni tra lei e la Questura.
Il secondo caso.
Alberto Perino era stato definito insieme ad altri come un losco imbrattacessi, balengo, brigante, drogato, malmesso, e accusato -non velatamente- di aver danneggiato la vigna dell’allora sindaco di Chiomonte Pinard.
La procura di Torino aveva minimizzato le offese e chiesto l’archiviazione della denuncia.
Perino si era opposto: essere accusato ingiustamente di aver distrutto una vigna non è diffamatorio???
Il GIP Vitelli ha accolto l’opposizione con un ragionamento molto semplice:
<<Attribuire in modo allusivo ma inequivoco uno specifico fatto di reato ad una persona per la sua appartenenza al movimento NO TAV (senza averne la prova) esorbita evidentemente dall’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero ed offende l’onore e reputazione del soggetto destinatario>>.
In più, come chiedeva Perino, ha ordinato alla Procura di ricercare le identità delle altre persone che avevano ridistribuito il messaggio diffamatorio. Vedremo come prosegue.
La morale.
Immaginatevi se ad aver ricevuto l’offesa di essere un drogato e distruttore di vigne, oppure una pietra sulla tempia, fosse stato non Perino, non Yuri, ma un agente di polizia: il ‘pool no tav’ della procura avrebbe (lo ha fatto in passato, lo fa nel presente) disposto intercettazioni ambientali, perquisizioni, sequestri, arresti. Tutto in tempi strettissimi con plurimi Digos in missione.
Lo diciamo da tempo e continueremo a ripeterlo: nella materia No Tav la procura di Torino usa pesi e misure diverse, e quando sono i No Tav a denunciare i tempi diventano più lunghi, le risorse esigue, l’impegno di dotazioni ridicolo, l’impegno giuridico da far sorridere…
Questi sono due dei casi dove a denunciare sono stati i No Tav e nei quali la Procura di Torino ha fatto nulla o pochissimo nel loro interesse, per poi chiedere l’archiviazione contro ogni evidente fondamento giuridico. E’ bastato un semplice controllo giurisdizionale in indagini preliminari per smentire questa impostazione: le indagini devono essere fatte, le imputazioni devono essere contestate.
Niente di rivoluzionario, anzi, ma per la Procura di Torino, che notoriamente fa capolinea davanti alla Cassazione di Roma, è una novità.
Procura Torino ancora battuta: rifiutate le richieste di archiviazione in due casi No Tav