di Gabriella Tittonel da tgVallesusa
Alle dodici e trenta di oggi al Pala Giustizia di Torino si è aperto il processo a carico di Luca Abbà e della moglie Emanuela Favale, “colpevoli” di aver tagliato le reti nel corso della marcia avvenuta lo scorso 29 settembre 2012.
Giorno importante fu quello per tutto il movimento no tav, che accompagnò Luca Abbà in Clarea, ritornato per la prima volta nella zona del costruendo cantiere del tunnel geognostico dell’alta velocità valsusina dopo il noto incidente occorsogli, quello della caduta dal traliccio dell’alta tensione, nel giorno dello sgombero della baita. Un incidente costato mesi di sofferenza e di fatica ma che vede oggi Abbà ritornato con determinazione alla vita, ai suoi affetti, al suo lavoro ed ai suoi ideali.
Quel 29 settembre fu dunque un giorno di festa. E di pioggia. Con un cantiere appena abbozzato, invaso da grandi pozze d’acqua e fango ed occupato dai tanti mezzi delle Forze dell’Ordine qui inviate per difendere robuste grate e una trivella.
Vi fu la posa di un monumento a ricordo di quanto avvenuto e vi fu, da parte di Luca aiutato da Emanuela un atto simbolico davvero, un taglio di filo spinato, di quella lacerante concertina israeliana, messa a cerniera tra un segmento e l’altro delle robuste recinzioni. Pochi centimetri tagliati con una cesoia malridotta. Ma atto che scatenò, sotto tanta pioggia, l’acqua dell’idrante….
Questi fatti sono stati ricordati oggi nel processo, che ha visto alcuni testimoni al banco e le dichiarazioni dei diretti interessati. Tutto condito con qualche nervosa battuta del PM Padalino.
E fatti che vedranno la prossima udienza il 20 marzo del prossimo anno.
La considerazione inevitabile? Quella di un costo impiegato davvero incredibile, in energie, persone, spazi, il tutto per pochi centimetri di concertina. Una israeliana davvero d’oro e brillanti, verrebbe da pensare!