Gulan Gernas è una delle poche giornaliste che si trovano a Kobanê e riferisce da lì.
Parte 2
Quasi senza interruzione si sente il rumore di detonazioni. Il silenzio che a volte subentra inganna, perché è come la calma prima della tempesta. La città continua a essere attaccata da tutti i lati. Nel frattempo guardiamo indietro a più di 70 giornate di resistenza passate. Ma si possono allo stesso modo 70 giorni di attacchi segnano l’aspetto della città. Una città in macerie ne rende l’immagine. Attraverso facciate di case distrutte si vedono strutture di cemento vuote. Cenere che portata dal vento annebbia la vista nella polvere.
Le notti a Kobanê non sono solo corte, sono anche molto fredde. Si annuncia un inverno ghiacciato. Questa mattina il vento aspro è accompagno da una pioggia scrosciate. Da un lato la precipitazione significa che ci si possono aspettare meno attacchi. Ma questo significa anche che i ripari di fortuna delle molte persone si infradiciano. Trovare rifugio e protezione dal freddo e dal bagnato ormai appare più che faticoso. Tuttavia questo non è affatto l’unico problema. Non solo è stato saccheggiato ogni avere delle persone, allo stesso tutto è stato bruciato e distrutto.
Niente è stato risparmiato dalla devastazione. Alla domanda sul perché i bambini girano senza calze, la loro madre risponde che ai bambini non mancano solo le scarpe. Manca anche l’acqua per poter lavare le calze. Così come non è possibile asciugarle da quale parte. „Non abbiamo nemmeno acqua per bere“, sono le parole della madre che riflettono un grido di disperazione. In effetti le riserve di acqua sono molto scarse.
Già più di due anni fa, o più precisamente dopo la rivolta popolare di Kobanê, che molti intendono come l’inizio della rivoluzione del Rojava, il regime siriano tagliò il rifornimento idrico verso Kobanê. In seguito a questo la popolazione di Kobanê ha costruito un condotto alternativo. Questo è stato distrutto dai mostri di Stato Islamico. Al momento per la popolazione è possibile prendere acqua solo da alcuni pozzi. Ma quest’acqua non è acqua pulita potabile. Ma a causa delle scarse riserve di acqua in bottiglia, molte persone sono loro malgrado costrette a fare uso di questi pozzi.
Va qui detto non solo a causa dei molti bombardamenti, ma anche per via dei cadaveri in putrefazione, che a causa del pericolo di attacchi non possono essere rimossi, esiste un concreto pericolo di epidemie. Non solo la mancanza di acqua potabile rappresenta un problema enorme. Anche l’approvvigionamento di cibo è in una situazione precaria. Il punto di produzione del pane costruito dalla popolazione è caduto nelle mani di IS. Con esso l’intera riserva di grano e di farina. Attualmente il pane viene prodotto in un piccolo forno che il proprietario ha messo a disposizione del governo cantonale. Ma nonostante il funzionamento senza interruzioni, le capacità non basta a soddisfare il fabbisogno dell’intera popolazione di Kobanê. È incerto anche fino a quando basteranno le riserve di farina.
Allo stesso modo dopo l’inizio della rivolta popolare il regime a Damasco ha tagliato i rifornimenti di corrente elettrica. Il sistema alternativo per la corrente costruito dalla popolazione si basa su generatori alimentati a benzina. Ma il deposito di benzina è stato distrutto da IS. Sempre nello stesso magazzino si trovano le riserve di gasolio da riscaldamento della città. Sempre più persone tornano a Kobanê.
Sono soprattutto coloro che erano stati mandati via contro la loro volontà. Soprattutto i genitori di figlie e figli, che difendono la loro patria dalle velleità di occupazione della milizia terroristica di Stato Islamico. Non si sono recati nel campo profughi a Prisûs come hanno fatto in molti, ma da allora sono rimasti al confine verso Kobanê. Nonostante tutte le repressioni da parte dell’esercito turco. Ma almeno altrettante famiglie, proprio a causa della repressione e delle condizioni penose die campi profughi, dai campi sono tornati a Kobanê.
Una giovane combattente è stata ferita in combattimento. Da quanto appare in modo molto grave. Nonostante questo la donna si mostra decisa a tornare al fronte. „Le mie amiche e i miei amici hanno bisogno di me.“, sono le parole che riesce a pronunciare con le sue ultime forze. Lo spirito di sacrificio delle persone qui è indescrivibile. In questo momento mi chiedo perché non sono tutti come queste persone. La gente potrebbe fare molto di più di quello che fa. La giovane donna entra nelle fila delle e dei martiri immortali della resistenza di Kobanê.
A Kobanê non la storia non viene scritta, lastoria viene vissuta. Proprio come la vita di un’altra combattente lascerà tracce profonde in questa epopea di eroine. Libertà, questa è la traduzione del suo nome. Effettivamente la
sua vita è stata plasmata dalla lotta di liberazione alla quale si è unita in giovane età. Aspirava alla libertà letteralmente in ogni secondo, in ogni fibra del suo cuore e del suo essere. Ma soprattutto si impegnava a portare il suo prossimo verso la libertà. Così anche negli ultimi istanti della sua vita marciava verso la libertà. Si è messa davanti a un carro armato per poter salvare le sue amiche e i suoi amici. Ha dato la sua vita per la vita degli altri.
Civaka Azad
fonte retekurdistan.it