Sul conflitto in Messico e una critica all’ambiente anarchico.
Attualmente è un periodo di forte tensione in parte del paese, il malcontento che individui e gruppi hanno contro lo Stato-Capitale si sta estendendo, creando così un contesto idoneo per continuare la nostra lotta per la liberazione totale. Viviamo in una presunta “democrazia”, nella quale i suoi rappresentanti raddoppiano gli sforzi per consolidare una inesistente “pace sociale”, che in pratica non è altro che maggior controllo e dominio sulle nostre vite. Ma è proprio questo stesso controllo che genera odio e risentimento e che presto o tardi esploderà in rivolte.
Possiamo vedere che siamo di fronte un governo che si è sentito vulnerabile e a cui fa male vedersi momentaneamente superato dall’azione di quelli e quelle che combattono la sua oppressione e a cui fa terrore che il conflitto si generalizzi per dare il passo verso l’insurrezione sociale.
In tutto il paese avvengono decine di assassinii e ingiustizie, di casi isolati che non hanno l’appoggio mediatico né la forza sociale per provocare quella indignazione che alzi il livello del conflitto e questo ci fa pensare che continuiamo a preferire lo spettacolare e il quantitativo. Il conflitto più recente in questo senso è il caso di Ayotzinapa, lo stesso che ha fatto da detonante per una serie di sommosse avvenute in differenti punti del paese per via della desaparicion dei 43 studenti normalisti, decisione presa dalle sfere del potere governativo e che ci dimostra che la guerra sucia (la guerra sporca) non è qualcosa del passato ma anzi continua ad essere una pratica che prevale, come si dimostra in Chiapas, Atenco, Oaxaca.
Fiumi di informazione scorrono quotidianamente riguardo il tema di Ayotzinapa, in cui si spettacolarizza sull’incerto destino dei ragazzi; così posso solo dire che la sparizione dei 43 studenti avviene in un contesto complicato, in cui sono stati tanti i fattori che hanno contribuito a provocare questa situazione: le dispute fra i cartelli della droga che agiscono nella zona per il controllo della piazza dell’oppio e la marijuana, i quali vedono nel traffico di droga un mezzo per acquisire non solo armi e soldi ma anche potere e prestigio per la realizzazione dei loro obbiettivi. Mischiato ciò al tema della politica, infatti come sappiamo bene i rappresentanti della democrazia sono collusi con le mafie per aumentare il loro potere politico ed economico, dando vita così a un narco-governo. Inoltre esistono storicamente gruppi politico-militari che hanno la loro base sociale in questa regione (lo stato di Guerrero).
Noi, individualità contrarie a tutti i tipi di autorità, non possiamo accettare nessun potere visibile o di fatto e allo stesso modo mostriamo la nostra piena negazione a qualsiasi tipo di assassinio o desaparicion per motivi politici o interessi mafiosi.
La desaparición dei 43 normalisti ha avuto una certa diffusione nell’opinione pubblica e nei mass media, dando vita al movimento “Todos somos Ayotzinapa” e dando respiro a una serie di manifestazioni di protesta, incontri, critiche in internet alle istituzioni dello Stato per la sua “inefficienza”; comitati cittadini chiedendo la rinuncia del presidente fascista Peña Nieto; familiari e amici esigendo la presentazione con vita dei loro cari e portando gran parte della lotta sulla via della legalità, però anche per mezzo di forme violente, soprattutto a Guerrero e a Città del Messico.
Personalmente mi solidarizzo con il dolore che senza dubbio sentono i familiari dei desaparecidos, infatti non è per nulla facile la situazione che stanno vivendo e mi sembra ovvio che si riferiscano alle autorità per chiedere giustizia, non avendo posizioni anarchiche. E anche se capisco, ma non condivido, che la maggior parte del movimento preferisca manifestare in maniera pacifica e non violenta, quello che non posso accettare è che questo stesso movimento, o una sua parte, segnali o arrivi a consegnare compagnx che decidono appoggiare con metodologie illegaliste.
Dalla mia prospettiva anarchica, considero che il pacifismo è una lotta facilmente recuperabile dallo Stato, oltre ad essere opposto ai nostri principi. Noi non pretendiamo carcere per nessuno, anzi lottiamo per la distruzione delle prigioni perché le consideriamo inutili. Per l’anarchico barcamenarsi in questa società non presuppone nessuna realizzazione ma una costante tensione che cerchiamo di estendere in tutti gli ambiti delle nostre vite, per questo dobbiamo essere attenti alle nostre prese di posizione e sapere portare avanti una lotta al fianco di coloro che si ribellano, però senza abbandonare le nostre convinzioni, senza cercare di essere accettati né benvoluti e tanto meno riconosciuti.
Per esempio, appoggiamo la rivolta sorta in seno ai fatti di Ayotzinapa però non cadremo in metodi e forme distanti dalle nostre, lasciandoci condurre dalla corrente. Non tutti siamo Ayotzinapa. Ci impegniamo ad ampliare il conflitto senza metterci la casacca di un movimento che non ci rappresenta. Sono d’accordo con il compagno Mario López “Tripa” sul fatto che la nostra lotta non è per migliorare le cose, né per ritornare a una forma di governo più giusto, non concepiamo nessun mal o buon governo, non cerchiamo di sviluppare le nostre lotte in una prospettiva “buena onda”. Quello che invece cerchiamo è una rottura totale, un “Ai ferri corti” con tutte le manifestazioni di dominazione, arrivi da dove arrivi, una rottura fino alle ultime conseguenze.
Non vogliamo chiedere niente a nessuno ma solo approfittare delle condizioni per continuare le nostre lotte, giacché ogni colpo assestato al potere ci fa più liberx. Crediamo fermamente che gli attacchi solidari sono la forma migliore di dimostrare il nostro appoggio. Non crediamo nelle congiunture per dimostrare la nostra solidarietà, al contrario desideriamo e ci sforziamo di mettere in pratica la insurrezione quotidiana e sociale.
Essere prigioniero suole essere duro ed inoltre riduce abbastanza la quantità di informazione che uno riceve sui fatti che succedono fuori, però questo non impedisce che possiamo esprimere le nostre riflessioni, nonostante l’impotenza per non avere l’opportunità di appoggiare spalla a spalla i compagni, quando vediamo che le condizioni si prestano per realizzare questa insurrezione a cui mi riferisco e, certamente, il Momento che moltx anarchicx tanto dicono aspettare, come propugna l’anarchismo di sintesi o quei “rivoluzionari anti-sistema” che dicono di lottare per un mondo migliore e, se è così, in questi momenti non possono inventare pretesti per saltar fuori da questa eterna attesa e dalla zona di comodità che offre la parola fine a se stessa. Ora si tratta di continuare con la tensione e non permettere che si estingua il fuoco liberatore. Dobbiamo continuare ad avanzare, non solo alzando il pugno e la voce, bensì con tutto il corpo e la volontà, e tenendo chiaro che se non c’è un agglomerato di compagnx per agire, abbiamo la valorosa opzione di continuare con attacchi notturni e anonimi, con artefatti esplosivi fatti in casa e semplici però contundenti, gli obbiettivi abbondano.
Senza dubbio, la vanità e il capitalismo sono soliti essere valori che distorcono la solidarietà, confondendola con azioni banali quali andare a una partita di calcio o concerti musicali, cercando di comparire nelle foto ed essere famosi per un istante o sentire una grande forza momentanea nell’ascoltare un artista o un intellettuale lanciare discorsi facili e applaudire fortemente per poi tornare alle proprie case e continuare con la routine della vita.
O quelli che dimostrano il loro appoggio comprando una maglietta con qualche piccolo testo senza avere chiaro che con ciò invece di appoggiare una lotta solo si sta appoggiando l’industria capitalista. E potremmo menzionare molti esempi simili…però questo non succede tra anarchicx…o invece si?
Ho chiaro che l’insurrezione deve essere sociale, al fianco della gente, anche se di differente ideologia, partendo dal fatto che la lotta deve essere generalizzata e cercando una soddisfazione individuale, però questo non vuol dire che stiamo cercando alleanze con nessuno, infatti come dice Bonanno: “gli anarchici siamo estranei ad ogni tipo di alleanza”. Considero questa unione solo momentanea ed allo scopo di ampliare il conflitto e non “recuperare terreno” sullo Stato, ma distruggerlo dalle fondamenta. Da questo la mia discrepanza con le alleanze, infatti sono solite essere impossibili dovuto alle discrepanze di principi.
Un esempio di queste discrepanze è l’EZLN dove si dimostra una evidente contraddizione in quanto moltx anarchicx, o anarcozapatistx, di presunta postura antiautoritaria, appoggiano e si sentono identificati con questo esercito, di tendenza comunista e struttura autoritaria. Questi anarcozapatisti si fanno influenzare da motti quali “comandare obbedendo”, e allora noi diciamo che il comando genera sempre potere e di conseguenza ci sarà sempre qualcuno a cui obbedire, nonostante gli zapatisti dicano che “è il popolo che comanda e che il governo è chi obbedisce”. È scontato che non disconosco la lotta che nel 1994 intraprese con valore l’EZLN contro lo Stato, guadagnandosi centinaia di simpatizzanti nel mondo per la loro causa; e successe che vari anarchici ci facemmo accattivare dalla “Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona”, però presto arrivò la delusione rendendoci conto che continuava ad esistere una pratica autoritaria, nonostante il presunto discorso libertario.
Qualsiasi esercito per quanto rivoluzionario si possa dire, anche se si tratta di eserciti neri che si reclamano presuntamente anarchici, avrà sempre una base autoritaria (maoista o marxista-leninista), che è contraria all’anarchia ed è per questo che considero superflue e sterili tali alleanze. Vediamo come necessario prendere le distanze da un certo tipo di sinistra che cerca di ribaltare il potere con lo scopo di sostituirlo con un altro, classica teoria marxista-leninista.
Per concludere non vogliamo omettere di menzionare che nell’attuale congiuntura differenti gruppi hanno dato vita ad attività: anarchicx, gruppi politici e cittadini ed anche guerriglie hanno contribuito con azioni separate al conflitto e, come sempre, c’è chi cerca di trarne beneficio, come il caso della guerriglia che si sta dedicando a reclutare gente, incluso alcunx anarchicx, per ampliare il suo circolo guerrigliero. Promettono addestramento nella strategia militare e logistica di attacco, uso delle armi. È preoccupante che alcunx anarchicx si lascino sedurre e partecipino, andando in questo modo nel senso opposto alle proprie convinzioni, ma forse a volte è mancanza di informazione. Le guerriglie sono avanguardie specializzate che hanno scelto volontariamente la clandestinità come forma di attacco.
Dobbiamo avere chiaro che non è necessaria la specializzazione in nulla, perché non siamo professionisti né proviamo ad esserlo, ci avvaliamo solo di attacchi semplici e permanenti, usando solo il necessario per rendere effettiva la lotta, in quanto il fine non giustifica i mezzi e non dobbiamo mai perdere la coerenza fra chi siamo e come e perché realizziamo i nostri atti.
Carlos López “Chivo”
Lettre de Carlos López “Chivo” sur le conflit au Mexique et une critique du milieu anarchiste
Ces temps-ci il y a une forte tension à des endroits du pays, le mécontentement que ressentent des individus et des groupes contre l’État-Capital s’étend, créant ainsi un contexte idéal pour continuer nos luttes pour la liberté totale. Nous vivons dans une soi-disant “démocratie”, dans laquelle ses représentants redoublent d’efforts pour consolider une “paix sociale” inexistante, qui dans la pratique n’est rien de plus qu’un plus grand contrôle et pouvoir sur nos vies. Mais ce même contrôle est ce qui génère la haine et la rancœur qui tôt ou tard exploseront en révoltes.
Nous pouvons voir que nous sommes face à un gouvernement qui s’est senti vulnérable et à qui ça fait mal de se voir momentanément dépassé face à l’action de ceux et celles qui combattent son oppression, et que l’idée que le conflit puisse se généraliser pour laisser place à une insurrection sociale le remplit de terreur.
À travers le pays il y a des dizaines de meurtres et d’injustices, de cas isolés qui ne reçoivent pas le soutien médiatique ni la force sociale pour provoquer l’indignation qui ouvre le conflit, ce qui nous laisse penser que nous continuons de préférer le spectaculaire et quantitatif. Le conflit le plus récent dans ce sens là c’est l’affaire d’Ayotzinapa, qui a provoqué toute une série d’émeutes qui ont eu lieu à différents endroits du pays suite à la disparition de 43 étudiants. Disparition commanditée depuis les sphères du pouvoir local, ce qui nous prouve que la guerre sale n’appartient pas qu’au passé, mais qu’elle est toujours une pratique courante comme le montre le Chiapas, Atenco, Oaxaca.
Des tas d’informations sont diffusées chaque jour sur l’abus d’Ayotzinapa où l’on spécule au sujet du destin incertain de ces jeunes. Ainsi pour le moment tout ce que je peux dire c’est que la disparition des 43 étudiants a lieu dans un contexte compliqué dans lequel interviennent des facteurs qui contribuent à ce que la situation soit ce qu’elle est : disputes entre cartels de la drogue présents sur la zone pour le contrôle du trafic d’opium et de cannabis, qui voient dans le trafic de drogue un moyen pour obtenir non seulement des armes et de l’argent, mais aussi du pouvoir et du prestige pour réaliser leurs objectifs.
En mélangeant cela avec le thème de la politique, car comme on le sait, les représentants de la démocratie trament avec les mafias pour agrandir leur pouvoir politique et économique, devenant ainsi un narco-gouvernement. En plus de la présence historique de groupes politico-militaires qui ont une base sociale dans cette région.
Nous, individus opposés à toute forme d’autorité, nous ne pouvons accepter aucun pouvoir ni visible ni de facto, ainsi nous refusons catégoriquement toute sorte d’assassinat ou disparition pour des raisons politiques ou d’intérêts mafieux.
La disparition des 43 étudiants a eu beaucoup d’échos au sein de l’opinion publique et dans les médias de masse, devenant le mouvement “Nous sommes tous Ayotzinapa” et déchaînant une vague de manifestations, rassemblements avec discours émouvants, critiques sur internet des institutions de l’État pour son “inefficacité”, de groupes citoyennistes demandant la démission du fasciste Peña Nieto ; des familles et amis exigeant la présentation de leurs proches vivants et menant une grande partie de la lutte sur le terrain de la légalité, mais aussi à travers des formes violentes, surtout à Guerrero et dans le District Fédéral.
Personnellement je me solidarise avec la douleur que les familles des disparus doivent ressentir sans aucun doute, car la situation qu’ils traversent n’a rien de facile, et qu’ils réclament justice aux autorités me semble évident lorsqu’on n’a pas une posture acrate. Et si je comprends, même si je ne le partage pas, que la majorité du mouvement préfère manifester de façon pacifique et non violente, ce que je ne peux pas accepter c’est que ce même mouvement, ou une partie, signale et dénonce des compagnons qui décident de participer par des méthodes illégalistes.
De mon point de vue anarchiste, je considère que le pacifisme est une lutte facilement récupérable par l’État, en plus d’être opposée à nos principes. Nous ne voulons mettre personne en prison, car nous luttons pour la destruction des prisons, car nous les considérons inutiles. Pour l’anarchiste, se mouvoir dans cette société ne nécessite aucun accomplissement, car c’est plutôt une tension constante que nous cherchons à étendre à tous les domaines de nos vies, c’est pour ça que nous devons être prudents avec nos prises de position et savoir mener une lutte à côté de ceux qui se rebellent mais sans abandonner nos convictions, sans chercher à être acceptés ni agréables, et encore moins à chercher de la reconnaissance.
Par exemple, nous soutenons la révolte qui a surgi à l’occasion d’Ayotzinapa mais nous ne tomberons pas dans des méthodes et formes qui nous sont étrangères afin d’être happés par le courant. Nous ne sommes pas tous Ayotzinapa. Nous participons pour intensifier le conflit sans pour autant porter l’étendard d’un mouvement qui ne nous représente pas. Je rejoins le compagnon Mario López “Tripa” sur le fait que notre lutte n’est pas pour obtenir des améliorations ni pour rendre le gouvernement plus juste, nous ne concevons aucun mauvais ou bon gouvernement, nous ne cherchons pas à développer nos luttes afin qu’elles soient “cools”. Nous cherchons plutôt une rupture totale, à couteaux tirés avec toute manifestation de pouvoir, d’où qu’elle vienne, une rupture jusqu’aux dernières conséquences.
Nous ne cherchons pas à réclamer quoi que ce soit, à qui que ce soit, mais seulement profiter des conditions pour continuer nos luttes, vu qu’à chaque coup assené au pouvoir nous devenons plus libres. Nous croyons fermement que les attaques solidaires sont la meilleure forme de montrer notre soutien. Nous ne croyons pas aux conjonctures pour prouver notre solidarité, mais nous voulons et nous nous efforçons de mener en pratique l’insurrection quotidienne et sociale.
Être prisonnier est souvent dur, en plus de réduire significativement la quantité d’informations que l’on reçoit sur les événements de l’extérieur, mais ça n’empêche pas que nous puissions émettre des avis, malgré le sentiment d’impuissance que l’on ressent car on ne peut pas soutenir côte à côte les compagnons. Lorsque nous voyons que les conditions sont là pour réaliser cette insurrection à laquelle je me réfère, bien sûr le moment que beaucoup d’anarchistes disent attendre, comme le revendique l’anarchisme de synthèse ou ces “révolutionnaires anti-système” qui se vantent de chercher un monde meilleur, eh bien dans ces moments-là ils ne peuvent pas trouver de prétexte pour sortir de cette attente éternelle et bondir de la zone de commodité qui se justifie d’elle-même.
Ce dont il s’agit maintenant c’est de perpétuer la tension et de ne pas permettre que le feu libérateur ne s’éteigne. Nous devons continuer d’avancer, pas seulement en levant le poing et la voix, mais en lançant tout son corps et sa volonté, en sachant que s’il n’y a pas une foule ou des compagnons pour agir, nous avons la courageuse option de continuer par des attaques avec la complicité de la nuit et l’anonymat, avec des engins artisanaux et simples mais efficaces, et les objectifs c’est pas ça qui manque.
Cependant, l’orgueil et le capitalisme sont souvent des facteurs qui dénaturent ce qu’est la solidarité, en la prenant pour des actions banales comme faire une partie de foot ou des concerts, cherchant à apparaître sur la photo et être connu pour un bref instant, ou bien à ressentir un grand courage momentané après avoir écouté un artiste ou un intellectuel tenir un discours bon marché et applaudir frénétiquement pour ensuite rentrer à la maison et continuer de mener sa vie routinière. Ou ceux qui affichent leur soutien en achetant un tee-shirt avec un petit texte, sans comprendre qu’avec ça au lieu de soutenir la lutte on ne fait que soutenir l’industrie capitaliste. Et il y aurait encore d’autres exemples à citer .. mais ça, ça ne se passe pas parmi les anarchistes … ou si ? Il est clair pour moi que l’insurrection doit être sociale, du côté des gens, même avec différentes idéologies, étant donné que la lutte doit être généralisée et chercher une satisfaction individuelle, mais ça ne veut pas dire que nous soyons en recherche d’alliance, car comme le dit bien Bonanno : “nous, anarchistes, sommes étrangers à tout type d’alliances”. Je considère cette union juste momentanée et dans le but d’amplifier le conflit et pas seulement d’écorner l’État, mais de le détruire totalement. C’est la raison de mon désaccord avec les alliances, car elles sont souvent impossibles vu les divergences de principes.
Un exemple de ces divergences c’est l’EZLN, où l’on voit une contradiction évidente, car tout un tas d’anarchistes, ou anarcho-zapatistes, de posture soi-disant anti-autoritaire, soutiennent et s’identifient avec cette armée, de tendance communiste et de structure autoritaire. Ces anarcho-zapatistes deviennent influencés par des slogans comme “gouverner en obéissant”. Soit, mais nous, nous disons que le fait de gouverner entraîne forcément du pouvoir, et par conséquent il y aura toujours quelqu’un qui devra obéir, même si les cadres zapatistes s’entêtent à dire que “c’est le peuple qui gouverne et le gouvernement qui obéit”. Bien sûr que je ne nie pas et n’ignore pas la lutte qui a eu lieu en 1994 entre l’EZLN et l’État, gagnant des centaines de sympathisants dans le monde pour leur cause. Et même certains anarchistes ont été séduits par la “Sixième déclaration de la forêt Lacandone”, mais le désenchantement n’a pas tardé à pointer lorsque nous nous sommes rendu compte que leur pratique autoritaire persistait, bien que soi-disant libertaires.
N’importe quelle armée, aussi révolutionnaire qu’elle veuille bien se dire, y compris des armées noires qui se disent soi-disant anarchistes, aura toujours des bases autoritaires (maoïstes ou marxistes léninistes) qui sont contraires à l’anarchisme et donc je considère que c’est superflu et stérile de chercher ces alliances. Cela nous parait nécessaire de prendre ses distances avec le gauchisme qui cherche à renverser le pouvoir uniquement pour en imposer un autre après, théorie classique marxiste-léniniste.
Pour conclure nous ne voulons pas oublier de rappeler que dans la conjoncture actuelle plusieurs groupes ont réalisé des actions, des anarchistes, des groupes politiques et citoyennistes et même des guérillas ont contribué séparément au conflit et comme toujours, il y en a qui cherchent à en tirer profit, comme c’est le cas d’une guérilla qui s’est donné comme objectif de recruter, même parmi les anarchistes, pour agrandir son cercle guerrier. Ils promettent des entraînements en stratégie militaire, logiques d’attaque, et maniement d’armes. C’est inquiétant que certains anarchistes se laissent séduire et consentent à participer, allant ainsi à l’opposé des convictions, ou c’est peut-être par manque d’information. Les guérillas sont des avant-gardes spécialistes qui ont accepté volontairement la clandestinité comme mode d’action.
Nous devons bien garder à l’esprit que la spécialisation n’est pas du tout nécessaire, car nous ne sommes pas des professionnels et nous ne cherchons pas à l’être. Nous nous contentons d’attaques simples et permanentes en faisant le nécessaire pour rendre la lutte efficace, car la fin ne justifie pas les moyens et jamais nous ne devons perdre la cohérence entre qui nous sommes et comment et pourquoi nous agissons.
Carlos López “Chivo”
[Traduit de l’espagnol par nos soins de la CNA du Mexique]
Solidarité avec Amélie, Carlos et Fallon !
http://non-fides.fr/?Lettre-de-Carlos-Lopez-Chivo-sur
SOBRE EL CONFLICTO EN MÉXICO Y UNA CRITICA AL ENTORNO ANARQUISTA. TEXTO DE CARLOS LÓPEZ
Actualmente corren tiempos de fuerte tensión en parte del país, el descontento que individuos y grupos tienen contra el Estado-Capital se ha venido extendiendo, creando así un contexto idóneo para continuar con nuestras luchas por la libertad total. Vivimos en una pretendida “democracia”, en la que sus representantes se empeñan en redoblar esfuerzos para consolidar una inexistente “paz social”, que en la práctica no es otra cosa que mayor control y dominio sobre nuestras vidas. Pero este mismo control es lo que genera odio y resentimiento que tarde o temprano estallarán en revueltas.
Podemos ver que estamos frente a un gobierno que se ha sentido vulnerable y al que le duele verse momentáneamente superado ante la acción de aquellas y aquellos que combaten su opresión, y al que le llena de terror que el conflicto se generalice para dar paso a la insurrección social.
A lo largo y ancho del país hay decenas de asesinatos e injusticias, de casos aislados que no tienen el apoyo mediático ni la fuerza social para provocar la indignación que abra el conflicto, lo cual nos hace pensar que seguimos prefiriendo lo espectacular y cuantitativo. El conflicto más reciente en ese sentido es el caso Ayotzinapa, mismo que ha sido detonante para una serie de disturbios que se han suscitado en diferentes puntos del país a raíz de la desaparición de 43 estudiantes normalistas, decisión tomada desde las esferas del poder gubernamental, lo cual nos demuestra que la guerra sucia no es cosa del pasado, sino que sigue siendo una práctica que prevalece como lo demuestra Chiapas, Atenco, Oaxaca.
Ríos de información corren diariamente sobre los desmanes del ya manoseado tema de Ayotzinapa en donde se especula sobre el destino incierto de los jóvenes, así que de momento solo puedo decir que la desaparición de los 43 estudiantes se da en un contexto complicado en el que intervienen varios factores que contribuyeron a que se suscitara la situación: las disputas entre carteles de la droga que operan en la zona por el control de la plaza de la amapola y la mariguana quienes ven en el tráfico de droga un medio para adquirir no solo armas y dinero, sino poder y prestigio para la realización de sus objetivos. Mezclado esto con el tema de la política, pues como bien sabemos, los representantes de la democracia están coludidos con las mafias para aumentar su poder político y económico, formándose así un narco-gobierno. Además de la presencia histórica de grupos político militares que tienen su base social en esa región.
Nosotros, individualidades contrarias a toda forma de autoridad no podemos aceptar ningún poder visible ni de facto, asimismo, mostramos nuestra rotunda negación a cualquier tipo de asesinato o desaparición por motivos políticos o intereses mafiosos.
La desaparición de los 43 normalistas ha tenido bastante eco dentro de la opinión pública y en medios masivos de comunicación, creándose así el movimiento “Todos somos Ayotzinapa” y desencadenando una ola de manifestaciones en protesta, mítines con emotivos discursos, criticas en internet a las instituciones del Estado por su “ineficiencia”; grupos ciudadanistas pidiendo la renuncia del fascista Peña Nieto; familiares y amigos exigiendo la presentación convida de los suyos y llevando gran parte de la lucha por la vía de la legalidad, pero también mediante formas violentas, sobre todo en Guerrero y el Distrito Federal.
En lo personal, me solidarizo con el dolor que sin duda los familiares de los desaparecidos deben sentir, pues no es nada fácil la situación por la que ahora pasan, y que clamen a las autoridades por justicia me parece obvio al no tener una postura ácrata. Y si bien entiendo, aunque no comparto, que la mayor parte del movimiento prefiera manifestarse de manera pacífica y no violenta, lo que no puedo aceptar es que ese mismo movimiento, o parte de él, señale e incluso entregue a compañeros que deciden apoyar desde métodos ilegalistas.
Desde mi perspectiva anarquista, considero que el pacifismo es una lucha fácilmente recuperable por el Estado, además de ser opuesto a nuestros principios. Nosotros no pretendemos cárcel para nadie, pues más bien luchamos por la destrucción de las prisiones, pues las consideramos inútiles. Para el anarquista, desenvolverse en esta sociedad no requiere ninguna realización, sino más bien es una constante tensión que buscamos extenderla en todos los ámbitos de nuestras vidas, por eso debemos ser cuidadosos con nuestros posicionamientos y saber llevar una lucha al lado de aquellos que se rebelan pero sin dejar nuestras convicciones, sin buscar ser aceptados ni agradables, ni mucho menos buscar reconocimientos.
Pr ejemplo, apoyamos la revuelta surgida a raíz de Ayotzinapa pero no caeremos en métodos y formas ajenos a nosotros para ser arrastrados por la corriente. No todos somos Ayotzinapa. Nosotros acudimos para ampliar el conflicto sin ponernos la camisa de un movimiento que no nos representa. Coincido con el compañero Mario López “Tripa” en que nuestra lucha no es por buscar mejoras ni para volver al gobierno más justo, no concebimos ningún mal o buen gobierno, no buscamos desenvolver nuestras luchas en un rollo “buena onda”. Buscamos más bien una ruptura total, un Ai ferri corti con toda manifestación de dominio, venga de donde venga, una ruptura hasta las últimas consecuencias.
No buscamos pedir nada a nadie, solo aprovechar las condiciones para continuar nuestras luchas, ya que cada golpe asestado al poder nos va haciendo más libres. Creemos con firmeza que los ataques solidarios son la mejor forma de mostrar nuestro apoyo. No creemos en las coyunturas para demostrar nuestra solidaridad, sino que deseamos y nos esforzamos por llevar a la práctica la insurrección cotidiana y social.
Estar preso suele ser duro, además de que reduce bastante la cantidad de información que uno recibe sobre los acontecimientos del exterior, pero esto no limita que podamos emitir nuestras reflexiones, a pesar de la impotencia por no tener oportunidad de estar apoyando codo a codo a los compañeros, cuando vemos que las condiciones se prestan para realizar esta insurrección a la que me refiero, por cierto, el momento que muchos anarquistas tanto dicen esperar, como pregona el anarquismo de síntesis o aquellos ”revolucionarios antisistema” que se jactan de buscar un mundo mejor, pues bien, en estos momentos no pueden poner pretextos para salir de esa eterna espera y brincar de la zona de comodidad que da la palabra por si sola. De lo que se trata ahora es de continuar con la tensión y no permitir que se extinga el fuego liberador. Debemos seguir avanzando, no solo alzando el puño y la voz, sino echando todo el cuerpo y voluntad, teniendo claro que si no hay una aglomeración y compañeros para actuar, tenemos la valiosa opción de continuar con ataques con la complicidad de la noche y el anonimato, con artefactos caseros y sencillos pero contundentes, objetivos tenemos de sobra.
Sin embargo, la vanidad y el capitalismo suelen ser factores que distorsionan lo que es la solidaridad, al confundirla con acciones banales cómo ir a un juego de futbol o conciertos musicales, buscando salir en la foto y ser famoso por un instante, o bien sentir un gran coraje momentáneo por escuchar a un artista o intelectual lanzar un discurso barato y aplaudir fuertemente para después regresar a sus casas y seguir con la vida rutinaria.
O aquellos que demuestran su apoyo comprando una playera con algún pequeño texto, sin tener claro que con eso en vez de apoyar la lucha solo apoyan a la industria capitalista. Y así podríamos mencionar más ejemplos…pero eso no pasa entre anarquistas… ¿o sí?
Tengo claro que la insurrección debe ser social, a lado de la gente, incluso con diferente ideologías, partiendo de que la lucha debe ser generalizada y buscando una satisfacción individual, pero eso no quiere decir que estemos en busca de alianzas con nadie, pues como bien dice Bonnano: “los anarquistas somos extraños a todo tipo de alianzas”. Considero esa unión solo momentánea y en pro de ampliar el conflicto y no solo mermar al Estado, sino destruirlo de fondo. Por ello mi discrepancia con las alianzas, pues suelen ser imposibles debido a las discrepancias de principios.
Un ejemplo de estas discrepancias es el EZLN, donde se muestra una evidente contradicción, pues un montón de anarquistas, o anarcozapatistas, de supuesta postura antiautoritaria, apoyan y se sienten identificados con este ejército, de tendencia comunista y de estructuras autoritarias. Estos anarcozapatistas se ven influenciados por consignas como “mandar obedeciendo”, pues bien, nosotros decimos que el mandar siempre genera poder, y en consecuencia siempre habrá alguien que deba obedecer, aunque los mandos zapatistas se empeñan en decir que “es el pueblo quien manda y el gobierno quien obedece”. Por supuesto que no niego ni desconozco la lucha que en 1994 dio con valor el EZLN contra el Estado, ganando cientos de simpatizantes en el mundo para su causa; incluso a varios anarquistas nos llegó a cautivar con la “Sexta Declaración de la selva lacandona”, pero el desencanto vino pronto al darnos cuenta que su práctica autoritaria continuaba existiendo, a pesar de su supuesto libertario.
Cualquier ejército por más revolucionario que pueda decirse, incluso ejércitos negros que supongan reclamarse anarquistas, siempre tendrá bases autoritarias (maoistas o marxistas-leninistas), las cuales son contrarias al anarquismo y por ello considero superfluo y estéril buscar esas alianzas. Vemos necesario un distanciamiento con el izquierdismo que busca derrocar al poder solo para imponer enseguida otro, clásica teoría marxista-leninista.
Para concluir no queremos dejar de mencionar que en la actual coyuntura diferentes grupos han desplegado actividad, anarquistas, grupos políticos y ciudadanistas e incluso guerrillas han contribuido con acciones por separado al conflicto y como siempre, hay quien busca sacar beneficios de ello, como es el caso de una guerrilla que se ha dado a la tarea de reclutar gente, incluso a algunos anarquistas, para ampliar su círculo guerrillero. Prometen entrenamiento en estrategias militares y lógicas de ataque, manejo de armas. Es preocupante que algunos anarquistas se dejen seducir y accedan a participar, yendo así en sentido contrario de las convicciones, o tal vez es falta de información. Las guerrillas son vanguardias especialistas que han aceptado la clandestinidad voluntariamente como forma de ataque.
Debemos tener claro que no es necesaria la especialización en nada, pues no somos profesionales ni buscamos serlo, solo nos valemos de ataques sencillos y permanentes, usando solo lo necesario para hacer efectiva la lucha, pues el fin no justifica los medios y nunca debemos perder la coherencia entre quienes somos y cómo y por qué realizamos nuestros actos.
Carlos López “Chivo”
http://www.abajolosmuros.org/index.php/noticias-anticarcelarias/347-sobre-el-conflicto-en-mexico-y-una-critica-al-entorno-anarquista-texto-de-carlos-lopez