Il torturatore è un funzionario.
Il dittatore è un funzionario.
Burocrati armati, che perdono il loro impiego se non eseguono con efficienza il loro compito.
Non sono mostri straordinari.
Non gli regaleremo una simile grandezza.
Eduardo Galeano
A Francesco, Graziano e Lucio, già in carcere dall’11 luglio accusati per il sabotaggio nella notte tra il 13 e il 14 di maggio di 2013, nella mattinata del 9 di dicembre è stato consegnato un nuovo mandato di cattura con l’accusa di attentato alla vita umana (art. 280), fabbricazione di armi da guerra (art. 280 bis) e l’aggravante di finalità terroristica (art. 270 sexies), ovvero le stesse accuse già contestate a Claudio, Chiara, Mattia e Niccolò. Nell’occasione hanno subito la perquisizione delle celle con relativo sequestro di vario materiale cartaceo. Ad alcuni di loro sono stati immediatamente bloccati i colloqui e Lucio si trova in isolamento. Dopo la sentenza di primo grado ai quattro, per loro l’accusa di terrorismo è decaduta, in quanto il fatto non sussiste. Ma il terrorismo rimane a Francesco, Graziano e Lucio. Lucio rimane in isolamento nel carcere di Busto Arsizio ed il trasferimento sarà a breve, mentre Francesco e Graziano sono stati trasferiti a Ferrara in AS2,* dove hanno il divieto d’incontro tra loro e con tutti gli altri compagni della sezione, quindi in isolamento. Successivamente i compagni hanno riottenuto l’aria in comune.
Nello stesso momento in Spagna, dopo alcuni giorni dall’approvazione della legge Mordazza, inizia un’operazione repressiva denominata Pandora, contro il “terrorismo anarchico”. Attualmente delle 11 persone arrestate inizialmente, sette rimangono agli arresti.
L’apparato giudiziario è un teatro fatto di carta ma protetto da una forte corazza che prende forma a seconda dei suoi interessi. Le sue leggi, manganellate e sentenze ci colpiscono in diversi livelli e in diverse forme.
Una delle molteplici finalità della repressione è rompere e spersonalizzare l’identità individuale e collettiva. L’identità ci aiuta a sostenere le idee, la sicurezza emozionale e quindi la nostra capacità di azione e reazione, dandoci consapevolezza delle svariate situazioni ed il nostro ruolo in esse. Proprio per questo é necessario condividere le reazioni personali ed elaborarle collettivamente nei gruppi di affinità per trasformarle in forza collettiva. Tutte e tutti abbiamo bisogno di affetti, luce, ombre, calore, valvole di sfogo, cura e conflitto.
Quando una persona viene arrestata la frustrazione e l’impotenza che ci invadono non sono facili da gestire, ci vogliono disorganizzati, passivi, distanti da chi è dentro. É di fondamentale importanza trasformare quei sentimenti in un dialogo attivo con chi sta dentro. Questa costante guerra ci fa male, è un dito nella piaga, ma dobbiamo usarla per creare ponti tra chi è nella gabbia piccola e opprimente del carcere e chi é nella gabbia grande e apparentemente confortevole che è la società.
Che la rabbia sia il carburante delle nostre azioni ma anche occasione per riflettere creando momenti di intimità, fiducia, convivialità, bruciando le paure che ci frenano.
Condividere analisi e sentimenti con chi ha già vissuto situazioni repressive, aiuta a costruire e rafforzare la lotta, la solidarietà, noi stessi.
Accettare il linguaggio del dominio, la sua violenza fisica e psichica, nel personale e nel sociale, altera i nostri valori rischiando di farli sparire ed inglobarci nel sistema.
È allora importante partire dalle esperienze traumatiche che derivano dalla repressione per elaborare modi per affrontarle, per esempio potenziando i processi di mutuo-appoggio, ricostruendo la rete dei gruppi sociali, la memoria, dando priorità al senso comunitario. Tutto ciò è un percorso non facile ma non impossibile.
Per questo è necessario affrontare la repressione e gli effetti che ha sulle nostre vite, in maniera collettiva, per creare consapevolezza e strumenti che possano darci forza.
* il 22 dicembre anche Lucio, come Francesco e Graziano, è statotrasferito nella sezione AS2 del carcere di Ferrara