È giorno di tempesta oggi. Temporale nell’atmosfera, burrasca in mare e lotta fra gli uomini. Le nuvole sono gravide di minacciose folgori, i giganteschi marosi urlano il loro tragico mistero, ed i viventi cozzano gli uni contro gli altri con l’avidità degli spiriti insoddisfatti ed insoddisfabili. Eppure ieri il cielo era limpido, il mare tranquillo e gli umani parevano sorridersi in una simpatica comunicazione sentimentale. L’alba veniente, che s’immaginava rosea, portò la bufera, e forse domani porterà accanimento alla battaglia universale. Ma forse riuscirà anche a placare gli elementi con le sue aure dorate senza che noi, minuscoli esseri, si possa alimentare o spegnere con la nostra volontà l’incendio ora divampante.
L’uno è troppo poco e la quantità non ha valore perché non è mai proporzionata alla qualità che dovrebbe avere. L’uno non ha la forza bastevole e la massa manca della volontà di rompere la cappa di piombo che s’appesantisce sull’universo, impedendo al raggio solare di arrivare fino alla terra a portarvi la sua festosità.
Così oggi si parla di sovvertimento, si tendono gli animi in una aspettativa di distruzione e di costruzione ben meditata, tolta dalla bilancia di precisione e comparata. Pare si creda alla possibilità di suonare a proprio piacere l’ora del precipizio evolutivo.
Si vuol che la dimane s’inizi e si chiuda secondo una misurazione creata e voluta dalla sola mente umana e se ne classifica lo spazio e se ne limita, forse, anche il tempo. All’uopo si meditano od escogitano mezzi ed espedienti, si auspicano fatti precisi.
La partenza, è vero, talvolta è facile di combinare e d’istradare; ma l’arrivo?…
La nave che salpa corre veloce verso il porto designato se l’onda e l’aria si mantengono calme; il guaio si è che, di solito, in ogni traversata s’imbatte in una tempesta o in una furia di venti. Allora il veliero arrischia di venire inghiottito dalla voragine od è costretto a cambiare rotta.
È bene che lo spirito umano si tempri all’attività, al pensiero ed alla lotta perché sia preparato a tutte le battaglie, a cogliere le scarse e brevi vittorie ed a consumare le possibili disfatte; ma troppo di frequente si confonde la tempra con la limatura e si smussa la capacità e si spegne la forza che, animata da illusioni, cade di fronte alla cruda realtà. È bene premunirsi contro gli assalti avversari e tenersi pronti ad abbattere gli ostacoli che sorgono sul nostro procelloso cammino, ma è errore legare il proprio pensiero e misurare la propria forza ad una guida o ad una rotta che la sbrigliata fantasia crea. I fatti sorpassano sempre — o sbalzano — le previsioni: l’arma tenuta a portata di mano, la parola che si voleva levare ed il sogno che sì carezzava nell’intimo vengono resi inutili da ciò che l’attimo appressatosi porta con sé.
Gli animatori dello sciopero generale, scoppiato a Milano nel 1904, soffrirono serenamente il loro martiriologio pensando al probabile scatenarsi di altri scioperi più cruenti, più compatti e vasti, ma forse non pensarono — dato il solito procedere del tempo — che dopo appena una quindicina d’anni si sarebbe giunti alla proclamazione dì uno sciopero internazionale, e che si sarebbe giunti ad una tattica assolutamente nuova: «agli scioperi bianchi». Eppure lo sciopero bianco oggi è una forte arma nella lotta di classe. Un anno fa sembrava inattuabile e, forse, molti non la pensavano. Gli eventi hanno sorpassato le previsioni, i fatti hanno portato a realtà neanche supposte. La lotta ha escogitati nuovi metodi ed ha annullati tutti gli accordi precedentemente presi dai lavoratori; gli argini costruiti con tanta meticolosità, onde incanalare la marea proletaria, han ceduto ai colpi ed al dilagare della realtà che sorpassò la comune mentalità umana.
Oggi si pensa all’appressarsi di un grande moto rivoluzionario e si mira alla costituzione dei soviet.
Potrebbe darsi che fra appena qualche settimana i soviet siano già attuati senza che i proletari abbiano sopportata la prova rivoluzionaria. Invece la conquista avrà portato il bisogno di un’altra vittoria.
La vita è sovrana e libera procede. Non vi è rete o masso che la possano imprigionare. La vita vibra al di sopra della volontà umana, e anche all’infuori della nostra consapevolezza.
Gli accordi sono inutili ed i confinamenti catastrofici anche nel campo morale. Gli impegni presi imprigionano sempre un pochino la scapigliatura degli spiriti libertari, costringono ad un adattamento ed abituano alla paura di non essere in numero sufficiente. Invece l’uomo deve avere la piena padronanza della sua unica volontà e la consapevolezza della sua unica forza. Se egli è veramente libero, è preparato a tutte le manifestazioni che le casualità portano ed allora, fra le armi, sceglie la più affilata, e fra le vie la più breve.
Gli anarchici poi, devono sempre cogliere lo spirito degli eventi e ravvivare il fuoco dove esso si spegne.
La borghesia aveva creato un regime, dettate delle leggi e s’illudeva che l’adempimento del dovere ed il rispetto del diritto fossero buoni limiti ai proletari. I proletari invece non s’inchinano più ai comandi e ridono della illusione borghese. I socialisti hanno lanciato un programma, hanno dettato una disciplina, ma la massa non rispetta l’uno e non sottostà all’altra.
Borghesi e direzione del partito socialista si sono fiaccati in uno sforzo di creazione che — per non essere naturale — oggi rimane nullo. Si sono raccolti ad una stazione di partenza, ma la stazione d’arrivo fissata si è perduta causa l’illusione di trovare la strada piana e ben irrotata. Gli uni e l’altra si sentono le redini spezzate nelle mani e brancolano nell’incapacità di orientarsi. Hanno uno scopo fisso loro, ed un governo da rabberciare od un governo nuovo da costituire.
Gli anarchici non hanno che l’assoluta libertà da conquistare. Non hanno programmi da attuare o modalità da far conoscere. Tutto può valere e tutto è permesso purché miri a distruggere od a cancellare le leggi, le autorità, le tradizioni ed i confini.
Libertà: ecco il programma! Libertà, ecco il fine!
A che servono dunque i convegni anarchici, le federazioni e le unioni? Via compagni, confessatelo almeno a voi stessi, se vi vergognate di confessarlo ad altri, che gli ordini del giorno che voterete al prossimo convegno servono a scarabocchiare della carta, e che tutti i vostri accordi servono a farvi sorridere di compiacenza quando vi accorgete di averli dimenticati. Se proprio desideravate di fissare un posto ed una data nei quali convenissero gli anarchici per conoscersi, per stringersi la mano e magari… consumare un pasto insieme, potevate essere più chiari, forse avrei pensato di venirci anch’io. Fra di noi ci sono sempre tipi interessanti che si amerebbe conoscere un po’ da vicino. Ci lasceremmo in armonia più di quanto ci teniamo adesso ed a Napoli, a Milano, a Trieste, ecc. porteremmo tutti la nostra porzione di compiacimeuto e riporteremmo la nostra buona volontà di sfogare il prurito, che ci tormenta le mani, appena ci si presenta l’occasione. Ed anche se altri sente la voglia di maneggiare le redini o la frusta, noi saremmo sempre animati dallo spirito di confusione che amiamo portare nella società perché questa rovini più in fretta, e più in fretta si polverizzi la sua carogna.
[Nichilismo, anno I, n. 6 dal 21 giugno al 5 luglio 1920