Ecco un testo apparso nel 1975 e senza firma sulla rivista “Puzz”, espressione di quella corrente radicale italiana che si era formata in percorsi come quelli dell’Organizzazione consiliare o di Ludd. Lo scritto seguente è la presentazione di “Provocazione”, una serie di quaderni di critica radicale che doveva raccogliere testi di varia provenienza, accomunati dalla tendenza non “convergente” a cercare punti d’attacco contro il dominio reale del capitale. Giorgio Cesarano era il principale fautore di questo progetto.
Alle squadre politiche delle polizie e dei partiti sempre più piacerebbe capire chi siamo. Giacché noi stessi possiamo riconoscersi solo nella critica che ci chiarisce ciò che non siamo e ciò che non vogliamo; giacché noi stessi parliamo la lingua di chi vive la contraddizione e l’inidentità; giacché esistiamo come soggetto plurale solo a condizione di sperimentare collettivamente la nostra contraddizione in processo con le forme stesse delle nostre realizzazioni, a mano a mano che esse soggiaciono ad ogni sorta di recupero; lo sforzo di identificarci secondo le logiche collaudate da due secoli di controrivoluzione si ritorce risibilmente e ignobilmente su chiunque vorrebbe imprigionarci in una formula, per consegnarci più agevolmente alle mura del carcere. “Provocatori” è il termine che ricorre identico nelle prose ammorbanti della stampa di regime, con significativa coralità che accomuna nella stessa trincea giornalismo “democratico” e stampa “militante”. Accettiamo, capovolgendolo, il termine.
Se “provocatori” significa uomini e donne che non accettano le miserie del gioco politico; se significa nuclei informali che sfuggono ad ogni schema di racket gerarchizzato; se contrassegna esperienze mai riducibili ai precetti delle teorie “rivoluzionarie” sconfitte dalla storia e fatte proprie dalla controrivoluzione; se distingue chi non subisce l’interiorizzazione del capitale e combatte ogni forma d’autovalorizzazione; se qualifica lo sviluppo di un pensiero e di una pratica che rifiutano di costituirsi in sfere separate dal vissuto individuale come collettivo; se “provocatori” significa tutto questo,allora noi siamo provocatori!
Siamo provocatori di quel processo di demistificazione che costringe poliziotti, politici del regime e capi-racket dell’opposizione fittizia, a smascherare la loro sostanziale identità, alleandosi pubblicamente contro di noi, praticando la stesse tecniche di delazione, di terrorismo, di calunnia, usando lo stesso linguaggio e la stessa logica, ricorrendo alle stesse bassezza e alle stesse triviali menzogne. Siamo i provocatori di quel processo di superamento che conduce i rivoluzionari sinceri a rompere col loro passato e a congiungersi con l’altezza storica e la tensione radicale del tempo, a uscire dalle strettoie e dalle arcaiche ideologie restrittive, per fondersi in quella tendenza verso il punto di vista della totalità che, sola, guida la critica delle forme attuali di dominio capitalistico a riconoscervi la sintesi di ogni alienazione parcellare e particolare,la summa e il punto d’esplosione di ogni trascorsa oppressione superata.Siamo e saremo fino in fondo,infine, i provocatori del processo rivoluzionario.